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Autore: SimplyMe514    27/01/2012    5 recensioni
Avete presente quelle fanfiction in cui non solo i personaggi, ma perfino Hogwarts stessa non sembra più quella che conosciamo? Ecco, in questa storia potrete accompagnare i nostri eroi alla scoperta della Hogwarts alternativa, una giungla impenetrabile in cui vince solo il più forte... o il più sexy? E c'è di più: contemporaneamente, le strane creature che popolano quella giungla avranno un assaggino di com'è veramente la Scuola di Magia e Stregoneria che tutti amiamo... pronti a questo viaggio mozzafiato?
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Contesto generale/vago
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 Hermione si ritrovò seduta di fronte a una finestra alta e stretta che poteva appartenere solo a un castello senza sapere bene come ci fosse finita. Scosse forte il capo come se dare una scrollatina ai suoi pensieri confusi avesse potuto aiutarla a mettere un po' d'ordine. Brutta mossa. Il principio di mal di testa peggiorò, pulsante e insopportabile. Che diamine era successo?

Dunque, un bel respiro profondo. L'ultima cosa che ricordava era Ron che si accaniva a colpi di bacchetta contro il computer, poi una luce accecante, e poi... poi cosa? Osò guardare fuori e riconobbe la superficie familiare del lago, simile a una gelida lastra d'acciaio. Era il parco di Hogwarts! Quanto tempo!

Ma che ci faceva lì? Che c'entrava Hogwarts con il computer di casa? Stavano soltanto... oh, no. Stavano cercando di leggere una storia che si svolgeva proprio a scuola. E se – idea folle, sconclusionata, ma pur sempre l'unica con un briciolo di senso – fossero stati chissà come risucchiati nella fanfiction?

Doveva trovare gli altri due, e subito. Ma tutti si sarebbero accorti che era un tantino troppo grande per essere una studentessa, no? Per fortuna non c'era nessuno (il che era strano, ma ripose il pensiero in un angolino per dopo). Ripromettendosi di trovare una qualche soluzione al problema dell'età prima di essere vista, si alzò e partì in direzione del primo posto dove potesse essere logico rintracciare Ron, la Torre di Grifondoro che era stata il loro punto di riferimento per tutti quegli anni. Fu solo quando si mosse che notò che c'era qualcosa di strano nel suo corpo, anche se non riusciva a capire bene cosa. Si fermò sul posto e squadrò ogni centimetro di se stessa che riusciva a vedere, incuriosita.

Oh, diamine. Non sapeva bene come né perché, ma era decisamente ringiovanita. Quello era il corpo da adolescente di cui non le era mai piaciuto niente, a parte il cervello. E per completare l'opera, era in divisa. La sua vecchia divisa, che nostalgia... no, un momento. A ben pensarci, la cosa che stava indossando non le somigliava affatto. Per cominciare, non c'era traccia del lungo mantello da strega d'ordinanza. Secondo, la cravatta rossa e oro era slacciata – perché? Meglio affrettarsi a rifare il nodo prima che la sorprendessero –, e terzo, ma non meno importante, la camicia era stata sostituita da qualcosa di semitrasparente che si incollava in un modo che sperava di essere provocante alle sue non proprio eccellenti forme e alla gonna mancavano diversi centimetri di stoffa. L'unico dettaglio riconoscibile in quel disastro era lo stemma con il leone, il resto avrebbe trovato posto più in un film per adulti che in una scuola seria e rispettabile.

Forse a una ragazza più bella quell'uniforme indegna di questo nome avrebbe donato moltissimo, ma non aveva bisogno di uno specchio per sapere che su di lei il risultato era ridicolo, una grottesca imitazione di una sensualità che non aveva mai avuto se non, chissà come, ai suoi occhi. Ricacciando indietro la vergogna, ripartì per la sua missione.

Non impiegò molto a capire che la divisa non era l'unica stranezza che avrebbe incontrato sulla sua strada. Non solo tutte le ragazze erano abbigliate allo stesso modo – e nessuna, con sua gran sorpresa, pareva a disagio o assolutamente patetica: avevano tutte parecchio da mostrare e lo sapevano – e gli abiti maschili erano ugualmente alterati, con pantaloni in pelle ovunque voltasse lo sguardo e fior di addominali parzialmente in mostra, ma la scuola in generale era molto meno popolata del normale. Niente caos di voci sovrapposte né folle di studenti che migravano frettolosi di aula in aula lamentandosi della mole di compiti, solo qualche perdigiorno che passeggiava indolente per i corridoi semideserti e, per un buon novanta per cento, fidanzatini fin troppo felici che si sbaciucchiavano in ogni angolo libero, completamente incuranti del fatto di essere in pubblico o delle conseguenze che avrebbero subito se fossero stati scoperti da qualche insegnante. C'era decisamente qualcosa di strano, quasi palpabile, nell'aria: il pensiero fisso di tutti sembrava essere quello di trovare al più presto qualcuno a cui avvinghiarsi come un polpo lì dove si trovava, infischiandosene del pudore, dell'orario delle lezioni e di tutto il resto. Alla tredicesima “adorabile” coppietta, di cui diverse omosessuali – non che si fosse mai considerata omofoba, ma si era chiesta più di una volta quale fosse l'atteggiamento del mondo magico, che per certi versi era ancora così antico, nei loro confronti – Hermione cominciò a sviluppare il ragionevole sospetto che qualcuno, magari Pix (che non aveva ancora né incontrato né udito far baccano in lontananza, altro particolare da registrare), avesse messo le mani su un filtro d'amore nei sotterranei e l'avesse oculatamente distribuito nei succhi di zucca mattutini degli studenti.

«Oddio, 'Mione! Quasi non ti riconoscevo!» strillò una voce vagamente familiare alle sue spalle. Si voltò, ma solo perché le pareva di conoscere chi la stava chiamando: il diminutivo “'Mione” le giungeva nuovo.

«E da quando mi chiami “'Mione”?» chiese automaticamente, guardando finalmente in faccia la ragazza misteriosa. I capelli rossi le dicevano che si trattava di una versione a sua volta ringiovanita di Ginny, ma il resto era irriconoscibile sotto un pesante strato di trucco che se voleva somigliare a quello di una star di Hollywood aveva fallito miseramente, facendola sembrare invece un incrocio tra un pagliaccio e una... ehm, “donna scarlatta”.

«Diciamo da sempre?»

«Cosa? Davvero? A me non pareva proprio». Sempre più incomprensibile.

«Ehi, dico, ma hai preso una botta in testa? E a proposito di testa, mi spieghi cos'è che hai fatto ai capelli?»

Hermione si passò una mano in quella massa crespa che continuava ostinatamente a resistere a tutti i suoi tentativi di domarla, trovandola identica a quella di sempre. «Niente, perché? Ti sembrano diversi?»

«Diversi? Cioè, ma ti sei vista? Sono esplosi! Eri tanto carina con quei boccoli... hai messo le dita nella presa di corrente?»

«Frena, frena, frena. Tanto per cominciare non ci sono prese di corrente a Hogwarts, e lo so che tuo padre colleziona spine, ma non credevo che tu avessi idea di cosa fosse una presa, complimenti. Terzo, i miei capelli non sono cambiati di una virgola, e anche se fosse non ne farei un dramma, lo sai meglio di me». E quali boccoli, tra parentesi?

Ginny scoppiò in un'orribile, incontrollata risatina acuta che non era affatto da lei. «Come, non ci sono prese? Ma dove ti credi di essere, nella preistoria? Senza prese la gente dove ricaricherebbe i cellulari?» Hermione sentì gli occhi che le uscivano dalle orbite.

«I cellulari non prendono qui, Ginny. È uno scherzo, vero?»

«Come sarebbe a dire che non prendono? E poi, fammi il favore, “Ginny” è troppo un soprannome da bambina, non lo usa neanche più mia madre».

«Ah, no?» Meglio assecondarla. «E come ti dovrei chiamare?»

«Come ti pare, Gin, Gin-Gin, ne ho a miliardi. O se proprio vuoi fare la Caposcuola noiosa puoi anche dirlo per intero, Virginia».

«Ma il tuo nome completo è Ginevra!» Per non dire poi che allo status di Prefetto era arrivata, ma mai a quello di Caposcuola, visto che aveva avuto... diciamo di meglio da fare durante il settimo anno.

«Oddio, ti hanno fatto un trapianto di personalità o cosa? Neanche ti ricordi più il nome della tua migliore amica! Tu stai male, ragazza».

«Senti, se proprio ci tieni dopo farò un salto in infermeria, ora sto cercando Ron. Sai dov'è?»

«Ah, boh... o è ad allenarsi o è nelle cucine a divorare tutto quello che trova. Come fa a mantenere il fisico da Quidditch con tutto quello che mangia, non lo so».

«Che fisico da Quidditch?» Non che avesse qualcosa da ridire sul tono muscolare di suo... be', se erano ringiovaniti doveva ricordarsi di non chiamarlo più “marito”, ma da quando il nobile sport degli stregoni dava un fisico mozzafiato? Pazienza per i Battitori, che usavano non poca forza fisica, ma a parte fare meraviglie per i glutei – e qui Hermione si assestò uno schiaffo mentale per riportarsi sulla retta via – il Quidditch non era il genere di attività che regalava muscoli torniti da statua greca.

«Ma che, sei cieca? I ragazzi della squadra hanno tutti degli addominali da paura. Che c'è, hai bisogno di rivederli per dare una rinfrescatina alla memoria?» Perché l'aveva detto come per attribuirle l'abitudine di vedere petti maschili nudi regolarmente? Hogwarts era forse diventata una scuola per aitanti indossatori di biancheria intima firmata anziché per maghi?

«Io controllo le cucine, allora» annunciò Hermione, fin troppo contenta di avere un'occasione di separarsi da quella Ginny che non era più quella che conosceva. Girò sui tacchi e diversi piani dopo – e avere la fortuna di imbattersi in una scala semovente che invece di portarla da tutt'altra parte l'aiutasse no, eh? Per una buffa serie di coincidenze, rimasero tutte immobili lungo il percorso, facendole ricordare con dolore quant'era irritante dover affrontare ogni santo giorno tutti quei gradini. Era proprio fuori esercizio – eccola sotto il castello, con le nature morte piene di generi alimentari assortiti a suggerirle che la fonte di tutto il ben di Dio servito alle ore dei pasti dovesse essere vicina. Sapeva anche che la Sala Comune di Tassorosso era da quelle parti, ma non le parve di vedere le botti che ne nascondevano l'entrata. Forse non ci aveva fatto caso, o forse non era esattamente dove credeva.

Fece il solletico alla pera del quadro e, come promesso da quella strana Ginny, Ron era lì, con un intero banchetto tutto per sé e apparentemente nessuno che l'avesse preparato, tornato a sua volta al vecchio se stesso tanto alto e scoordinato che pareva l'avessero stirato con la forza.

Ripensandoci, dov'erano finiti gli elfi domestici? Il suo lato da paladina dei loro diritti si mosse da qualche parte nelle sue viscere, ma lui era più importante.

«Ron! Finalmente! Ti prego, dimmi che almeno tu sei normale...»

«Normale come?»

«Normale nel senso che non sei una specie di invasato, sai come funziona questo posto e non vedi niente di diverso nei miei capelli».

«Tre su tre. Perché? E che c'entrano adesso i tuoi capelli? Sono sempre gli stessi, no?»

«Be', tua sorella non è d'accordo, a quanto pare».

«Hai visto Ginny? È qui anche lei? E come sta?»

«Be', ecco, non sono proprio sicura di aver visto Ginny».

«Sarebbe a dire?»

«È diversa, è strana, sembra che le abbiano fatto un incantesimo. Mi ha detto cose assurde, tipo che dovrei avere i boccoli, che la gente qui ha i cellulari e che il Quidditch sviluppa gli addominali. E crede di chiamarsi Virginia!»

«E non l'hai risistemata? A me pare che sia stata Confusa, da come me l'hai descritta».

«Mmm, sarebbe possibile, se non fosse che secondo me il problema è un altro».

«E cioè?»

«Onestamente, Ronald, hai fatto lo sforzo di chiederti che ci facciamo qui?»

«Be', il mio ultimo ricordo è che stavo cercando di far funzionare quella fan-cosa...»

«Ecco, appunto. Credo che siamo stati risucchiati nella storia!»

«Come, scusa?»

«Siamo a Hogwarts perché la fanfiction era ambientata lì. O almeno, nella Hogwarts che si immagina chi l'ha scritta. È una pazzia, ma è l'unica cosa vagamente sensata».

«Non mi dire che anche Malfoy è nella stessa barca».

«Non l'ho ancora visto, ma a rigor di logica direi di sì».

«Troviamolo».

«Di tutte le persone al mondo, non riesco a credere che sia tu a suggerirlo, Ronald Weasley».

«Non sarà divertente, ma da come parli sembra che qui siano tutti matti. Potrebbe aver bisogno di una mano».

Mentre uscivano, Hermione domandò: «Che ci facevi nelle cucine, tra parentesi?»

«Non ne ho idea, ma siccome mi ci sono trovato ho pensato che per qualche motivo dovessi restarci».

«E non ti sei fatto tentare neanche un po' da tutta quella roba?» lo punzecchiò lei.

«Nah... sono una buona forchetta, ma non fino a quel punto».

Essendo già in uno dei punti più bassi della scuola, impiegarono meno del previsto a trovare Draco, che non si era allontanato molto dalla Sala Comune dove disse di essersi misteriosamente ritrovato.

«... e quei due sono scomparsi nel nulla, proprio ora che avevo messo in conto di rivedere Vincent, e Nott e Zabini sono impazziti, fanno gli amiconi quando era già tanto se studiavamo insieme sotto esame! Sempre che quello sia Zabini... dice di esserlo, ma ha completamente cambiato faccia! Ditemi che è un incubo...»

«No, Malfoy, questo è peggio di un incubo» sospirò Hermione, e gli fece il riassunto delle sue vicissitudini.

«Quindi questo qui...»

«“Questa qui”, è sicuramente una ragazza».

«... va bene, va bene, questa qui è convinta che a Hogwarts si vestano tutte», e indicò la divisa di lei con un ampio gesto, «così? Ma è stupida o cosa? Non ce li hanno dei college o qualcosa del genere, questi Babbani? Posti con delle regole, non so se mi spiego...»

«Sì, i college ci sono, ma ho come la mezza sensazione che lei non ne abbia mai frequentato uno. Anzi, mi sono appena resa conto che non ho visto una singola persona con un libro in mano qui in giro. Forse non ha proprio capito che è una scuola».

«Be', adesso che facciamo?» interloquì Ron.

«Brancolo nel buio quanto te. Che ne dici di far rinsavire Ginny?»

«Vale la pena di tentare».

«E io dovrei seguirvi come un cagnolino?»

«Hai un altro posto dove andare, Malfoy?» lo rimbeccò lui.

«Va bene, come vi pare. Ma non aspettatevi che vi dia una mano. Vi vengo dietro solo perché siete gli unici due sani di mente a parte me».

Hermione decise a nome di tutti che tornare sui propri passi e cercare nei pressi della Torre di Grifondoro sarebbe stato un buon punto di partenza, ma ben prima di raggiungerla i tre si resero conto di essere seguiti da sussurri, sobbalzi di sorpresa e maleducati che addirittura li segnavano a dito.

«Ma che cos'hanno tutti quanti?» sbottò lei alla fine.

«Sai una cosa, Hermione? Mi sa che fanno così perché siamo diversi».

«Diversi da chi?»

«Da tutti gli altri! Abbiamo le divise strane, ma loro sono tutti bellissimi, mentre noi... senza offesa, eh, lo sai che ti amo lo stesso... siamo normali. E non ci stiamo sbaciucchiando selvaggiamente. Ci toccherà mimetizzarci».

«Mimetizzarci? Sei entrato in modalità Auror?»

«Diciamo di sì. C'è un solo modo per non farci notare troppo».

«Avanti, dimmelo...» Ma sospettava già di cosa si trattasse, e a metà di lei l'idea piaceva, mentre l'altra recalcitrava.

«Comportarci un po' più come loro». E la baciò a tradimento, lì sul posto, percependo il suo imbarazzo all'idea di essere vista da tutti ma sacrificandolo in nome della mimetizzazione. Peccato solo che il suo gesto sembrò peggiorare le cose invece di migliorarle.

«Ommioddio!»

«Non ci credo!»

«E lui... lui è lì a guardarli... e non dice niente?»

«Ma allora te l'eri inventato?»

«No, ti giuro, li ho visti con i miei occhi, avrà cambiato idea...»

«Ohssignore, i Caposcuola si sono lasciati, non si parlerà d'altro per un mese...»

«Anch'io credevo che lei stesse con Malfoy!»

Al che Ron mandò al diavolo la modalità Auror e, bacchetta in resta, scattò: «Questa me la spieghi».

  
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