Che senso aveva stare ancora lì? Nessuno.
L'aveva vista, era con Weasley e stava bene; cosa voleva vedere
ancora, forse l'ombra di un rimpianto sul suo viso? Voleva vedere se
il sorriso che rivolgeva a Weasley non era così luminoso come quello
che aveva riservato a lui?
No, voleva andarsene. Quello che era fatto era fatto, e se fosse
tornato indietro nel tempo l'avrebbe dovuto fare ancora: era giusto,
era così che dovevano andare le cose.
Scostò la tenda e si mosse di lato, sembrava che l'attenzione di
tutti fosse diretta alla Weasley che era appena arrivata; aveva quasi
raggiunto la porta quando la sua testa si mosse per lui e i suoi
occhi La cercarono per un ultima volta, incontrando quelli di Lei,
l'unica a guardarlo. Un frammento di secondo sospeso nel tempo dove
il passato non aveva più molto senso, forse perché era passato o
forse perché in quell'istante semplicemente non era così importante
Ciao
Hermione.
Ciao Draco,
Stai bene...
Sto bene...
Eccola, veloce come un serpente che mordeva e lesto ad indietreggiare
lasciando il suo marchio, una stilla di rimorso.
No, non rimpianto del passato, ma un impossibile desiderio del futuro
Se cambierà
per te nascerò ancora
per il tempo rimasto
cura sarò
niente più come te
Ciao Hermione.
Addio Draco.
Addio.
Afferrò la maniglia dietro di lui e scomparve.
* * *
Era
passata una settimana, e se Draco era stanco e sfibrato mille altre
volte doveva esserlo lei, costretta a dormire sempre di meno,
costretta ad obbligarlo e convincerlo costantemente alla sensatezza
delle sue decisioni, costretta a tapparsi le orecchie mentre lui si
lamentava.
A
Draco in fondo non importava molto, o almeno così si sforzava di
credere aumentando le sue angherie quando i sensi di colpa alla vista
degli occhi cerchiati e lucidi gli pungevano lo stomaco.
Erano
entrambi feriti, e questo rallentava ulteriormente il passo
specialmente quando lui dopo ore di camminata faticava a rimanere in
piedi o quando sulla fronte di lei si accumulava il sudore
bruciandole la ferita; ma entrambi avevano la sensazione che la
foresta fosse talmente immensa che il loro ritardo non era molto
rilevante.
Era
appena iniziato il suo turno di guardia, lei sfinita aveva imparato
ad addormentarsi di sasso anche nei posti più impervi, ma quella
sera in cui il fuoco non riusciva a scaldarli abbastanza dopo la
pioggia del pomeriggio sembrava che il suo sonno fosse
particolarmente disturbato.
Dopo
più di due ore in cui l'aveva sentita borbottare incessantemente
spinto dalla curiosità Draco si avvicinò lentamente a lei, non
riuscendo a capire se dormisse realmente, ma una volta accanto alla
strega scoprì che nonostante gli occhi erano chiusi il viso
arrossato era bagnato dalle lacrime. Stupito provò a tirarsi
indietro, quando d'istinto la sua mano si allungò sulla fronte di
lei, scoprendola bollente, mentre lei continuava a singhiozzare nel
sonno, e le parole si facevano più distinte
-Harry, Ron...
Una
smorfia di fastidio gli dipinse il volto, arrabbiato perché il senso
di colpa ormai era impossibile da ignorare. Si staccò il suo
mantello posandoglielo malamente addosso e si allontanò, mettendosi
più vicino al fuoco, il falò a dividerli.
La
soluzione era una sola: doveva smetterla di torturarla, sennò la
situazione della ragazza si sarebbe aggravata e lui aveva bisogno
della sua esperienza e del suo ingegno; doveva ammetterlo.
Se
c'era una cosa in cui se la cavava abbastanza bene erano le pozioni,
per cui si ingegnò con una pietra concava come calderone appoggiata
vicino al fuoco e mischiò dell'acqua a delle foglie di ortica
selvatica pestate, catturò un cervo volante in un tronco poco
distante dal loro accampamento (non si sarebbe mai arrischiato ad
inoltrarsi oltre) e strappata la coppia inferiori di ali, quella più
delicata, le spezzettò finemente e le aggiunse all'intruglio.
Forse
gli ingredienti non erano del tutto corretti rispetto alla ricetta
originale, ma qualche effetto sarebbe riuscita ad averlo.
Quando
la brodaglia iniziò a sobbollire si aiutò con i lembi del mantello
che momentaneamente tolse alla Sanguesporco per travasarla in una
foglia abbastanza grande ed abbastanza resistente di un rampicante
perenne, e si avvicinò a lei porgendogliela
-svegliati, questa ti farà passare la febbre- le disse, provando a non essere troppo
sgarbato.
Notò
che il respiro di lei si era fatto più affannato, e facendo
attenzione a non versare la pozione accostò nuovamente una mano alla
fronte, scoprendola più calda; sbuffando irritato le fece scivolare
la mano dietro alla nuca, capendo che non si sarebbe svegliata, e le
sollevò la testa un poco, accostando la foglia alle sue labbra
premendovi sopra perché le schiudesse del tutto.
Versatovi
la pozione le portò una mano al mento, chiudendole la bocca, e
tirandola un poco più su la intimò di inghiottire, sicuro che
nell'incoscienza avrebbe capito.
Una
volta certo che non sarebbe affogata si allontanò nuovamente,
ritornando al suo posto e monitorando di tanto in tanto le condizioni
della strega per tutta la notte, fiero che la sua pozione
improvvisata stava facendo un po' d'effetto: nonostante la fronte
fosse ancora calda l'affanno era diminuito e la temperatura era un
poco scesa.
La
vide sbattere gli occhi quando i raggi del sole mattutino le
colpirono il volto
-ma
che...- disse stupita cercando di alzarsi, non riuscendo a darsi una
spiegazione per il suo sonno protratto. Guardò stranita i rimasugli
degli ingredienti della pozione sparsi, il pestello improvvisato ed
il paiolo di fortuna ancora umido e sporco, e accanto a lei la foglia
usata come scodella -mi hai avvelenata?- domandò spaventata.
-hai
la febbre, ti lagnavi così tanto che ho dovuto prepararti una
pozione per fartela scendere: eri una vera noia- sbottò lui
Lei
si portò una mano alla testa, socchiudendo gli occhi e rimettendosi
sdraiata lentamente, come colpita da un capogiro
-e
perché non mi hai svegliato per il turno di guardia? Ti sei
addormentato?- domandò stanca
-no,
ti ho lasciato dormire- ribatté lui. Vide gli occhi di lei
spalancarsi scioccati e voltarsi a guardarlo interrogativi -non ti
emozionare- proseguì allora sibilando -guarda che l'ho fatto solo
perché malata o morta saresti solo un peso, Sanguesporco- concluse,
calcando il tono su quell'appellativo che lei non avrebbe mai dovuto
scordare. La testa castana si voltò in silenzio, e dopo qualche
istante la ragazza provò ad alzarsi
-dobbiamo
metterci in viaggio- lo informò, fredda.
Mentre
la vedeva barcollare Draco si alzò di scatto, infastidito
-stattene
lì- la intimò, severo -ci penso io a raccogliere le cose- spento il
fuoco e legate le bisacce alla sua cintura si fermò dandole le
spalle, indeciso. Lei non era in grado di camminare, era ovvio; dopo
dei lunghi attimi di silenzio si avvicinò a lei, prendendole
malamente un braccio sulla sua spalla -sali- sbuffò
-no,
ce la faccio- ribatte fiera
-sali-
ringhiò allora lui -non sei certo in condizioni di camminare, e per
quanta poca strada riuscirò a fare con te in spalla è sempre meglio
che fermarsi qui, vuoi essere ancora di più un peso di quello che
già sei? Muoviti
La
ragazza fece appello alle sue ultime forze per issarsi in silenzio
sulla sua schiena, tacendo l'orgoglio che urlava di preferire andare
a cavallo di un Troll piuttosto che lasciarsi trasportare da lui.
Sospirò,
chiedendosi quanto ancora doveva durare quella storia
-so
che preferiresti essere con Potterino e Weasley, ma così stanno le
cose- la voce del ragazzo era uscita talmente piano che si domandò
davvero se avesse detto quelle parole: cosa volevano essere, delle
scuse? Vaghi ricordi nella sua mente le riportarono alla memoria la
mano fresca che sentiva sulla fronte durante il delirio della febbre,
e la pozione che lui le aveva preparato. Forse
non era così cattivo come voleva dimostrare, nonostante era come se
ci tenesse a sottolineare il contrario
-non
sapevo che le Sanguesporco pesassero di più delle Streghe normali-
borbottò poi lui, per cancellare quello che aveva appena detto.
Ad
ogni azione positiva ne compensava con una negativa, e viceversa.
Non
fecero molta strada quel giorno, si fermarono dopo circa un'ora di
camminata perché la ferita di Draco iniziava a pulsare
insopportabile, anche se lui addusse come scusa la fronte della
ragazza che aveva ripreso a scottare. Riprodusse la pozione con gli
ingredienti che si era tenuto, e mentre lei sonnecchiava ne
approfittò per riprendere fiato.
Mangiò
un paio di mele, segnandosi mentalmente di stare attento lungo al
cammino per trovare qualcosa che avrebbe potuto migliorare le
condizioni della sua ferita: il dittamo a quella latitudine era
altamente improbabile, immaginò, ma avrebbe potuto preparare una
pozione alternativa.
La
svegliò quando si fu riposato e le fece ingollare l'amara brodaglia,
che da cosciente fece più fatica a mandare giù, prima di
riprendersela sulle spalle.
Fece
effetto più in fretta rispetto alla notte precedente, dopo una
manciata di minuti si sentiva la testa più alleggerita dalla morsa
della febbre.
-sai
Malfoy- disse, cercando di ringraziarlo -tutto sommato né Ron né
tanto meno Harry avrebbero potuto curarmi come hai fatto tu, loro
sono una frana in pozioni- rivelò goffamente.
Inutile
dire che probabilmente con loro non si sarebbe ammalata, aveva capito
che doveva eguagliare i suoi sforzi e rendere meno sgradevole la loro
permanenza nella foresta, cercando di sotterrare l'ascia di guerra.
Non
era certo facile, ma un tentativo non guastava.
Di
tutta risposta lui sbuffò rumorosamente, e continuò a camminare
* * *
Il suo compito era andare lì, affrontarli, fermarli: Potter, Lei e
Weasley.
Non poteva tirarsi indietro, con leggero movimento del capo fece
cenno a Tiger e Goyle di seguirlo verso la stanza delle necessità,
dove definitivamente avrebbe combattuto contro di Lei.
Un sacrilegio affrontarla, una blasfemia puntarle contro la sua
bacchetta, un peccato mortale esserle avverso; ma lo aveva scelto
E verrà l'inverno
neve scenderà
il silenzio ti cancellerà
come avanzare ancora verso quella stanza se non ripetendo a mezza
voce, indifferente quanto mai della presenza dei suoi tirapiedi, la
menzogna ultima come un incantesimo a dargli coraggio: l'avrebbe
dimenticata un giorno, Lei sarebbe stata meno importante.
Nel momento stesso in cui lo diceva però l'ombra della sagoma di Lei gli ricordava
che non era possibile.
* * *
L'importante
non era uscire da quella foresta? Ormai era quello l'obiettivo, passo
dopo passo, fitta dopo fitta. Sentì solo la sua voce in lontananza
-Malfoy!-
prima di rendersi conto che era diventato tutto nero.
Il
dolore era aumentato, il peso della Sanguesporco gli gravava sulla
ferita schiacciando i lembi di pelle e comprimendoli, ma a lui
importava solo proseguire; ora, mentre riprendeva conoscenza,
iniziava a percepire quanto fosse diventato insopportabile.
-sto
facendo di tutto- ora la voce della Granger suonava come una scusa
-ma tutto quello che ci hanno insegnato non sembra funzionare: non è
una ferita normale, è come se fosse maledetta. Non ti preoccupare,
sentirai meno male tra un po'- gli assicurò mentre i suoi contorni
sfocati prendevano forma.
-è
rimasta un po' di pozione che avevo preparato per te- digrignò lui
-trova delle bacche di ginepro e correggila, dovrebbe aiutare
-l'ho
già fatto, l'hai bevuta, cerca di stare tranquillo adesso
Era
una parola, quando il fuoco lo divideva in due, e il suo cuore
sembrava essere sceso all'altezza della ferita tanto che pensava
potesse uscirne, data la forza con cui lo sentiva pulsare. Poco a
poco si fece nuovamente tutto indistinto, prima che riuscisse a
capirlo.
-quanto
tempo siamo stati fermi?- disse aprendo gli occhi: il dolore era
ritornato ad essere sopportabile, e la sua mente riacquistò subito
lucidità
-un
giorno- lo informò.
-maledizione-
cercando di mettersi a sedere scoprì che una stretta fasciatura gli
costringeva il torace, e notando la nudità della sua pelle sotto al
mantello capì che le bende erano formate dalla sua camicia
-non
potevo usare il mantello il tessuto era troppo ruvido e poi la
camicia non ti proteggeva dal freddo, quello sì. Ho avuto cura di
non strapparla, così se la ferita migliorerà potrai indossarla di
nuovo
-quanto
diamine dovremo stare in questa foresta?- imprecò a denti stretti
-non
lo so, ma è meglio essere lungimiranti- si strinse lei nelle spalle.
Ricordò le sue condizioni del giorno prima, sembrava stare meglio,
anche se era come se faticasse a parlargli.
Capì,
gli aveva tolto la camicia, aveva visto che cosa celava.
Doveva
forse scusarsi per essere sé stesso? Per appartenere alla sua
famiglia? Per non essere quello che suo padre chiamava Traditore del
Sangue?
Il
senso di colpa che lo aveva tormentato nei giorni precedenti lo punse
in maniera diversa: non c'erano altri oltre a lei, avrebbe potuto
abbandonarlo mille volte e lasciarlo al suo destino, che sarebbe
stato senz'altro breve, ma non lo aveva fatto.
Avrebbe
potuto ribellarsi alle sue angherie, ma aveva sopportato con dignità.
Senza
una società magica o meno intorno a loro le loro diversità
sembravano azzerate, rimaneva solo la fierezza e la lealtà non
dovuta di lei che aveva il potere di farlo apparire piccolo ed
insignificante.
Provò
a ripetersi che in fondo anche lui l'aveva curata ed assistita, erano
pari, ma quella consapevolezza non gli bastò.
Erano soli.
-mi è stato imposto, per me non ha importanza- spiegò indifferente, capendo quanto fosse vero.
Lei
lo fissò allibita
-per
me ne ha invece- ribatté istintiva -sei al corrente che quel
tatuaggio corrisponde per me ad una condanna a morte? In nome di che
cosa?- tremò avvicinandosi a lui: lo aveva forse risparmiato per
ucciderlo con le sue stesse mani? -io so
quanto valgo e perché, non mi interessa dimostrarlo: chi
sei tu per dirmi che
non è vero?
Il
sangue, lo stesso che lo legava alla devozione per la sua famiglia,
ora sembrava sgretolarsi di fronte alla semplicità e all'ardore con
il quale lei si difendeva.
-non
parliamo più di questo- propose. Non poteva dirle che in qualche
modo avrebbe potuto avere ragione, sarebbe imploso se avesse
pronunciato quelle parole; eppure non era neanche in condizione di
perorare la sua causa, perché Draco di cause sue non ne aveva.
Hermione
lo fissò brevemente, né vinta né vincitrice di quella discussione
ma molto più di lui, paradossalmente in entrambi i casi.
Gli
controllò la fasciatura
-come
pozione non sembrava fare molto effetto così ne ho fatto un unguento
e te l'ho messo direttamente sulla ferita: perché non mi hai detto
che si era aggravata così tanto?
-non
me n'ero accorto, evitavo di guardarla- rispose laconico.
La
sentì sospirare, e si mise a sedere allontanando le dita di lei che
stavano ispezionando la benda; non voleva sentirsi ancora più in
difetto di quanto già non fosse.
Quella
dannata foresta, quel dannato isolamento: in un altra situazione mai
avrebbe creduto di sentire a disagio nei suoi confronti, di capire
cosa volesse dire sentirsi in
debito; ora invece i contorni di quella frase prendevano
forme più reali ed era tutta colpa di quella dannata foresta.
Da
quanto erano lì, quanto avevano camminato? Un altro turbamento lo
colpì
-usciremo
mai di qui?- disse cogliendola di sorpresa, mentre lei stava
raccogliendo il loro scarno equipaggiamento.
-speravo
non me lo chiedessi
Nda Cosa cela in realtà la foresta? Hermione ha capito qualcosa?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!