Crossover
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Autore: KaienPhantomhive    29/01/2012    4 recensioni
[Cross-Over: DieBuster; LineBarrels of Iron; Infinite Stratos; Transformers; Inazuma Eleven; Star Driver; Eureka 7; Puella Madoka Magika; FFXIII]
[Spin-Off 'Aim for the Top! - GunBuster; Aim fo the Top! 2 - DieBuster; quest serie confluirà in Evangelion AFTERMATH, che si consiglia di leggere al fine di comprendere alcuni degli eventi di questa fiction]
Anno 14.000 D.C.: il piccolissimo Sam Witwicky promette alle stelle di seguire le orme del padre e divenire un pilota spaziale, affascinato dal mito della leggendaria Noriko Takaya.
Dieci anni dopo: quando la famiglia Witwicky si trasferisce a Neo-Okinawa, il ragazzo verrà ammesso alla prestigiosa Accademia Avio-Spaziale della città.
Quello che non sa è che la ST&RS conta un'improbabile squadra sportiva; una sfilza di studenti dotati di strane capacità ed una classe composta...da sole ragazze.
Ma se questo idiliaco Harem si rivelasse una paradossale Accademia per 'Topless'?
Una favola futuristica di amore, Astrofisica, mecha giganti e pasta all'italiana...
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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She’s a wave and she’s breaking,
She’s a problem to solve.

And in that circle she’s making…
…I will always revolve!

And on her sight,
These eyes depend.
Invisible and Indivisible…

That fire you ignited…
…good, bad and undecided…
…burns when I stand beside it!
Your light is ultraviolet!

Visions so insane!
Travel-unraveling through my brain!
Cold when I am denied it!
Your light is ultraviolet!
Ultraviolet…

 

  

Capitolo 2: “Posso chiamarla ‘Signorina’?” “Non chiamarmi ‘Signorina’!”

 
 
 
Tre giorni dopo.
 
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Silenziosamente, un lungo e sottile shuttle bianco sfrecciava nello Spazio curiosamente libero, da quando – nel 5.000 D.C. – la Terra aveva iniziato la colonizzazione del Sistema Solare, portando quel fastidioso traffico cittadino perfino tra le rotte avio-spaziali.
Il pianeta galleggiava muto come da milioni di anni, mentre il ciclopico anello orbitante dell’Equator Cancel ruotava lentamente su sé stesso, fissando il suo satellite lunare immacolato, dal cui Polo superiore svettavano le immense torri d’avamposto.
Il razzo nero/Dix-Neuf scortava l’aereo, precedendolo rapidamente a poche centinaia di metri.
 
L’innaturale silenzio venne bruscamente interrotto dalla vocetta acuta e petulante di un ragazzino, a bordo della navetta:
“Allora, siamo arrivati?!”
“No, Ryan.” – rispose l’uomo al suo fianco.
“Siamo arrivati?!”
“No…” – ripeté la madre.
“Siamo arrivati?!”
“NO!” – gridò lei, esasperata.
“E adesso?” – chiese nuovamente il bambino, con uno stupido e largo sorriso sornione stampato in faccia.
 
Sul sedile frontale, il giovane Sam Witwicky affondò la fronte nel palmo della mano:
“Continuo a non capire perché tu abbia concesso loro di venire con noi!”
Casio Takashiro, sul sedile di guida, gli sorrise sinceramente divertito, strizzandogli un occhio da sotto i sottili occhiali sportivi dalle lenti arancioni:
“Perché? Io li trovo simpatici!”
“Io li trovo inopportuni…” – bofonchiò il ragazzo; la guancia destra incollata contro il vetro della cabina.
“Oh, avanti! Cerca di capirli: per loro deve essere un grande onore avere per figlio un ‘paladino dell’umanità’, come continua ripetere tuo fratello da più di mezz’ora!”
“Beh, nessuno mi aveva mai detto che fare il Topless implica anche zero-privacy!”
Casio scosse la testa, bonariamente; poi cambiò discorso, rivolgendosi alla confusionaria famiglia alle sue spalle:
“Ehi, voi! Date un’occhiata di fuori!”
 
Ryan appicciò il naso all’oblò, esclamando:
“Guardate là! Cos’è?!”
 
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“Alla vostra destra…” – spiegò Casio, impettendosi come un Cicerone – “…potete ammirare il Vergil-Exelion! La più grande Nave Ammiraglia mai costruita dall’umanità: il suo scafo supera i trecentoventi kilometri! Date le dimensioni spropositate, sta venendo ultimata direttamente nella stratosfera; è talmente enorme che può essere avvistata perfino da terra! Ad ogni modo, dovrebbe essere pronta tra una decina di anni…”
“Dunque è quella!” – Ron Witwicky si compiacque di sé stesso, grattandosi il mento con una certa sentenziosità – “Ma certo, è quanto di più famoso ci sia al mondo! Sono quasi cento anni che è in costruzione; mio padre mi raccontava che era già lì, quando era bambino! Se non mi sbaglio, non è ancora in grado di muoversi per via degli ingenti costi di produzione per il suo Acceleratore Degenerativo: il ‘Progetto ALL-SPARK’!”
“Ah, vedo che lei è un intenditore, Signor Witwicky!” – si complimentò il Topless diciottenne – “E’ appassionato di Navi Spaziali, non è così?”
L’uomo sollevò la testa con orgoglio, iniziando a declamare con pompa magna i suoi titoli:
“Sai com’è, ragazzo mio: hai davanti a te il grande, celeberrimo, Ammiraglio della Terza Flotta Terrestre, Ronald…”
In pensione.” – preciso Sam, sorridendo di un’ironia sconsolata.
 
Infine Casio tagliò corto, iniziando la manovra di attracco:
“Siamo arrivati! Signori e signori…vi presento la Base Orbitale della Fondazione FRATERNITY! Benvenuti a Shiva!”
 
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Lo shuttle planò rapidamente sulle piste d’atterraggio laterali, estendendo sei blocchi d’ancoraggio, come un grande crostaceo meccanico.
Un pesante clangore metallico decretò l’approdo.
 
 
*   *   *
 
 
Venti minuti dopo. Gabbia Contenitiva n.13. Stazione Orbitale FRATERNITY.
 
“Che forza!” – il piccolo Ryan Witwicky si lasciò ondeggiare mollemente, incantato alla vista delle centinaia di sale, arredamenti ed aree della labirintica FRATERNITY – “Questo posto è incredibile! E’ talmente grande che potrei perdermi!”
“Tu ti perdi anche nel giardino di casa…” – Sam gli assestò un leggero scapaccione Lui si massaggiò la nuca, con un broncio poi non così offeso:
“Non sei divertente! Guarda che so benissimo dove vad-…oh!!”
Fu costretto ad interrompersi, nello sbattere contro una ringhiera metallica che gli fece perdere l’equilibrio e cascare all’indietro.
 
Si rialzò con un dolore alquanto spiacevole al fondoschiena, prima di sgranare gli occhi dalla sorpresa.
Si sporse eccitato dal parapetto della passerella in spesso acciaio bianco:
Un’enorme testa androide affiorava tra i morsetti di sicurezza; il resto del corpo immerso nel cilindro contenitivo.
Sotto i vetrini protettivi delle orbite, i due occhi bio-meccanici del robot ruotarono verso il basso, puntando minacciosi verso il drappello di persone.
 
Casio si appoggiò ad una parete, incrociando le braccia:
“E così avete appena fatto la conoscenza di LineBarrel…”
 
Suuuugoi!” – esclamò eccitato Ryan, in una delle poche espressioni giapponesi apprese a Neo-Okinawa – “Che figata di robot! La Buster Machine del fratellone è grandissima!”
Allungò una mano verso il volto artificiale, toccandolo.
 
“Ed e più delicato di quando sembri!” – tentò di frenarlo Sam, preoccupato – “Quindi evita di…”
 
Whaa!” – il bambino lanciò un urlo di spavento, quando la grande tesa della n.13 ondeggiò in avanti, scacciandolo via con un brontolio.
 
“E’ alquanto suscettibile.” – puntualizzò Casio.
 
Ron fissò il mecha con attenzione, esaminandone con minuzia ogni angolo:
“Davvero una gran bella BM, non c’è che dire! Deve essere anche molto antica, data la quantità di raffi che la ricopre! Sii orgoglioso di te, Sam!”
“S-stai dicendo che il mio piccolino è salito su un affare del genere?!” – la donna si portò una mano alla fronte, con troppa teatralità – “Oh, sapevo che sarebbe arrivato il momento: i videogiochi non bastano più e così i ragazzi d’oggi cercano sempre di cacciarsi in qualche guaio!”
“Mamma, ti prego, non ricominciare! Questo non è un giocattolo!” – sbuffò il figlio, rosso di vergogna.
La donna si lasciò cadere tra le braccia del marito, fingendo uno svenimento.
Lui sospirò rassegnato:
“Potevi avvertirla prima, Sam! Lo sai che tua madre è un po’ emotiva!”
“Questo perché voi avete insisto per venire!”
 
“Direi che la visita è terminata.” – tagliò corto Takashiro – “Credo che la Signora Witwicky non sia al ‘Top’, letteralmente; d’altro canto sono tenuto per legge a mostrarvi solo la Buster Machine, dato che è Sam è minorenne e per tanto non ha autorità decisionale al riguardo. Il resto della FRATERNITY è altamente classificato; temo che dovremmo lasciarci qui.”
 
“Oh, è già finito?” – piagnucolò il bambino – “Uffa, d’accordo…ma dimmi la prossima volta che Sali su LineBarrel!”
 
“Per il momento non lo farà per un bel po’.” – puntualizzò Casio – “Non hai ancora sufficiente esperienza per salire di nuovo a bordo, Sam. Aspetterai finché non avrai imparato a memoria almeno questo…”
E gli ammollò un pesante manuale in carta stampata di circa duemila pagine.
 
Il ragazzo lo guardò sconsolato:
“Sempre compiti…”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo. Stanza insonorizzata. Stessa Stazione.
 
“E così saresti tu il nuovo Topless?”
Una giovane donna, alta e slanciata domandò con voce serpentina; i capelli bianchissimi ed ondulati facevano contrasto con gli occhi scurissimi, penetranti come lame sotto i fori di una piccola mascherina nera.
“Sei stato in grado di risvegliare la n.13 dal suo sonno secolare…” – parlò una ragazza del tutto identica alla prima, diffidente – “…qual è il tuo nome?”
 
“S-Sam…” – rispose in ragazzo, intimorito – “…Sam Witwicky.”
 
La voce della prima gemella risuonò ancora nell’immensa sala spoglia di qualsiasi decorazione:
“Dunque ora vorresti far parte della FRATERNITY? Suppongo tu sappia che implicherà un impegno considerevole…”
 
“Sì.” – annuì lui, azzardando una qualche parvenza di decisione.
 
“E dicci, Sam…perché hai deciso di salire a bordo di LineBarrel?” – sibilò ancora la prima delle Serpentyne – “Ognuno di noi ha uno scopo, nel proprio futuro…”
“..che ci spinge a compiere passi onerosi nel presente.” – concluse l’altra.
Qual è il tuo?” – chiese infine con un’unica voce.
 
“Io…” – deglutì e ponderò due volte ogni parola, prima di pronunciarsi – “…desidero essere un Topless. C’è qualcosa, nella mia  vita, nel mio esistere…che mi fa levare gli occhi al Cielo, ogni notte. Voglio essere sincero: non so essere un pilota spaziale possa portarmi qualche beneficio, però…raggiungendo quello Spazio a cui anelo, verso cui mi sento spingere da sempre…forse avrò le risposte che cerco. Non so nemmeno se è là fuori che si nasconde la felicità, ma voglio ugualmente sforzarmi di trovarla.”
 
Loro rimasero silenti per un breve attimo, poi un leggero sorriso tagliente si aprì sui loro volti, mentre si avvicinarono al ragazzo.
Con una movenza rettiliana, gli sfiorarono le tempie ed il torace, sussurrandogli alle orecchie:
“E noi riponiamo grandi speranze in te…”
Porsero in mano una piccola spilla dorata:
 
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“Questa è la ‘Glittering Crux Badge’: l’emblema della Fondazione ed il pegno della tua fedeltà.”
“Agisci secondo le regole…e troverai certamente la felicità, tra le Stelle.”
Infine lo spinsero poco più in là, quasi a volerlo liquidare in fretta:
“Benvenuto tra noi, Sam Witwicky, pilota della Buster Machine n.13…”
 
Lui Mise involontariamente un piede indietro ed una porta scorrevole blindata si richiuse davanti ai suoi occhi.
 
Le Gemelle Serpentyne si voltarono dal lato opposto, verso un giovane uomo in fondo alla sala, a braccia conserte:
“Che cosa ne dici, Casio? E’ lui lo ‘Star Driver’?”
 
“Ancora non lo so.” – ammise lui, torvo – “Non vorrei pronunciarmi sulla Fonte di Gravità Variabile. Tuttavia è lampante la sua ‘First Phase’: LineBarrel ha risposto di sua iniziativa all’Exotic Manoeuvre del ragazzo: per il momento mi accerterò che se ne tenga lontano, però…”
 
“Non dobbiamo preoccuparci nulla.” – lo interruppe la ragazza dalla divisa Topless viola – “L’allineamento dei Pianeti è propizio: tutto seguirà il giusto corso.”
“E poi…anche Ayingott ha previsto il suo arrivo.” – riflettè la sorella, ad alta voce.
Casio si calcò gli occhiali sul naso, in dubbio:
“Quelli di ‘Vanishing Age’ non sembrano molto d’accordo ad impiegare LineBarrel; ma d’altronde è l’unico modo per riesumare l’ALL-SPARK, no?”
 
“Non hai motivo di darti pena per quei miserabili voltafaccia; dobbiamo tenere a mente il nostro unico obiettivo. ‘Adult Bank’ si sta adoperando per i fondi necessari alla GOULD ENTERPRISE: gli scavi su Aegis-7 relativi al MARKER sono già terminati e tra non molto anche la Douze-Mille sarà operativa per la Degenerazione di Giove-3.”
 
Lui voltò lo sguardo altrove.
Compiacendosi di un pensiero univoco ed oscuro, le Serpentyne sussurrarono in un sibilo:
“Il nostro piano non fallirà…”
 
 
*   *   *
 
 
Un’ora dopo.
 
“Quindi, ricapitoliamo per l’ultima volta.” – Takashiro sospirò affaticato, scostandosi dalla lavagna luminosa al centro dell’ampia stanza – “Ogni Topless dispone di almeno due ‘Fasi’: una First Fase -che si instaura tra il pilota e la Machine stessa e ne stabilisce il tipo di legame- ed una Second Phase, che determina l’Exotic Manoeuvre. Oltre a queste due, un elevato tasso di Energia Topless può dar luogo ad una ‘Terza Fase’: la capacità di innescare il Motore a Degenerazione della BM, sbloccandone il potenziale segreto. Sfortunatamente, nessuno c’è mai riuscito, prima d’ora…”
 
“Non capisco perché dobbiamo sempre ripetere le stesse cose!” – si lamentò ad alta voce una ragazza bionda dal viso coperto da una maschera dorata e avvolta in uno sgargiante e complicato abito carnevalesco – “Come non ne sapessimo abbastanza!”
 
“Magari non tutti sono così informati; tu che dici, Madoka?” – la riprese Casio, stizzito, alludendo al nuovo arrivato.
 
Sam chinò la testa sul tavolino riservato, mentre sentì puntare su di sé tutti gli sguardi dei quindici ragazzi dalle divise improbabili, seduti scompostamente sui sedili imbottiti di quella che sembrava un aula-pub.
 
“Oh, certo! Il novellino!” – un ragazzo sui diciotto anni dal sorriso spavaldo gli spinse un piede sulla sedia – “Sempre ammesso che la n.13 non lo abbia aiutato per pietà!”
 
Un risolino di scherno serpeggiò tra i presenti.
 
“Almeno lui ha qualcuno che lo considera, George.” – una voce di ragazza arrivò da un lato del locale – “Tu sei così disperato da andare a dormire ancora con tua madre!”
“Non darti tante arie, Presidentessa!” – ringhiò lui, abbassando poi di colpo la testa – “In fondo, lo faccio solo una volta settimana…!”
 
I Topless sghignazzarono ancora; questa volta, anche Sam ebbe motivo di riderci su, con un inconscio senso di rivalsa.
Poi strizzò gli occhio, per mettere a fuoco la donna semi-nascosta nel buio:
Era perversamente bella, fasciata in quelle calze ed in quella giacca in latex nero; i lunghi capelli verdi gli suggerirono un volto, ma non poté constatarne i lineamenti, coperti dalla classica maschera dorata della Glittering Crux:
 
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“Ok, ok! Credo non si possa fare più di così, oggi!” – concluse Casio, passandosi una mano tra i capelli biondi – “Cerchiamo di evitare inutili polemiche: tornatevene tutti a casa, prima che mi facciate scoppiare la testa!”
 
La combriccola si alzò svogliatamente, in un chiacchiericcio confuso.
Prima di seguire il resto del gruppo, la ‘Presidentessa’ passò davanti al ragazzino appena arrivato, tirandogli con un gesto malizioso l’orecchio:
“Cerca di non farti strapazzare troppo dai quei piantagrane…cutie-honey.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Sam si gettò pesantemente su una poltroncina sferica galleggiante, nella serra ricreativa della FRATERNITY:
“Non posso crederci! E’ solo il mio primo giorno alla Fondazione e già mi sono fatto i primi nemici tra gli altri piloti, mi sono beccato una spiegazione strizza-cervelli di un’ora ed in più c’è una sexy-pazza con la frusta che mi guarda come se volesse mangiarmi!”
 
“Non male, no?” – sorrise l’unico vero amico finora incontrato.
 
“Scusa, Casio, potresti passarmi gli ultimi dati su…” – una ragazza dai lunghissimi capelli neri entrò frettolosamente nella serra, per poi interrompersi bruscamente. Sgomenta e sbigottita, squadrò da capo a piedi il ragazzo gettato come uno straccio sul sofà:
“Che diavolo ci fa lui, qui?!”
 
Sam scattò in piedi, mentre la sua faccia divenne di un rosso quasi fosforescente:
“M-Mikaela Banes?! Ma allora…sei una Topless!”
 
Lei sembrò quasi infastidita:
“Certo che sì, mi pare ovvio! Ma tu…lui…insomma, Casio, perché questo tizio è davanti me?!”
 
“Per il motivo per cui ci siamo tutti.” – si limitò a rispondere il ragazzo giapponese.
 
“Non è vero! Non ci credo!” – protestò la ragazza – “Lui non è un Topless! Altrimenti…dovrei saperlo, no?!”
 
Senza nemmeno badare alla scarsa considerazione che quella donna provava nei suoi confronti, Sam chiese incantato:
“Se sei una Topless…vuol dire anche che hai una Buster Machine?”
 
“Direi che ti sei riposto da solo! Ma che…?!” – Mikaela si lasciò sfuggire un gridolino, mentre il ragazzino gli si gettò in ginocchio, con lo sguardo colmo di infantile ammirazione.
Ogni traccia di cinismo e riservatezza di Sam era svanita come il broncio di un bambino a cui si vuol concedere un capriccio:
“Che incontro meraviglioso! Allora lei è proprio come Kazumi Amano! Oh, per favore, posso chiamarla ‘Signorina’? Me lo permetta!”
“Certo che no!” – si stizzì lei, tentando di staccarselo dalle gambe – “Non sopporto questo genere di formalismi inutili! Il cognome va più che bene…ma non azzardarti a chiamarmi per nome!”
“Mi spiace di rendermi inopportuno, Signorina Banes…”
“Non chiamarmi ‘Signorina’!”
“Certo, scusi, Signorina…”
“Oh! Ma è deficiente o cosa?!”
 
Il pilota giapponese non trattenne una risata gustosa, che lo fece lacrimare:
“Ha-ha! Sembrate usciti da una tele-novella! Beh, dovreste abituarvi l’un l’altra se non volete litigare anche a letto!”
 
Entrambi si voltarono, arrossendo (lei per la rabbia e lui per il godimento):
“COSA?!?!”
 
Casio fece spallucce:
“Mi spiace non avervelo detto prima: gli appartamenti privati della FRATERNITY sono al completo; temo che dovrai ospitarlo per qualche tempo, Mikaela.”
 
“No…no!” – impose due mani avanti, quasi a voler frenare quella serie sconclusionata di eventi .- “Non ci penso nemmeno! Ma neanche sotto tortura!”
“Oh, Signorina, è fantastico! Non è incredibile: potrò condividere la mia stanza con la più grande paladina della giustizia al mondo!”
“Smettila di chiamarmi in quel modo!”
 
Il terzo rimase a guardare quella ridicola e paradossale scena:
“Tutto questo può finire solo in un modo: o a tragedia o a lieto fine! Dal canto mio…meglio che vada a farmi un panino!”
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente. Ore 15:00. ST&RS
 
Sam infilò il portatile nella cartella, sistemando la tracolla; solo nell’aula scolastica.
Nel aggiustare la lunghezza della cinghia, si fermò a riflettere:
Che bello! Stasera dormirò con la Signorina! Speriamo che non la prenda male…forse le cose iniziano a migliorare, in questo posto! Che sia merito della Machine?
 
“Eh-ehm.” – un colpetto di tosse allusivo lo richiamò all’ordine.
 
“Cosa c’è, Capoclasse?” – chiese alla ragazza davanti a lui.
 
Laura Bodewig: la rappresentante della sezione; l’intransigente e riservata studentessa dalla Germania del Nord, ora era ritta innanzi a lui; l’occhio destro di un rosso porpora sempre rivolto altrove; quello sinistro coperto da una benda nera, per qualche drammatico ed intimo motivo.
 
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“In qualità di portavoce delle studentesse della nostra classe, sono venuta per riferirti un invito, Witwicky.”
“Perché mi chiami per cognome? Siamo compagni, giusto? Non c’è bisogno delle formalità, tra noi…”
Lei rimase un poco interdetta, mentre un leggerissimo rossore le colorì le guance diafane.
“N-non sono tenuta a darti confidenze!” – si schiarì la voce, in imbarazzo – “Dovevo solo comunicarti che Miss Spencer aveva piacere ad invitarti a pranzo, quest’oggi. L’appuntamento è tra mezz’ora, al ristorante italiano sul Lago Hanjuku.”
Lui rimase perplesso:
“U-un appuntamento? Dalla ragazza dietro il mio banco? Ecco…io…a dire il vero, non sapevo che oggi…”
“Fossi in te accetterei.” – continuò la Bodewig, chinando lo sguardo – “E’ la ragazza più popolare della scuola, dopotutto. E’ una donna di grande fascino e carattere, che riesce ad ottenere sempre ciò che vuole. Per un ragazzo come te, dovrebbe essere un onore…”
“Allora credo che sia costretto ad accettare.” – la interruppe lui, sorridendole accomodante – “Specie se me lo chiede una graziosa fanciulla come te, no?”
 
La studentessa tedesca s’irrigidì, voltandosi di spalle:
“Beh, buon per te, allora! Io non centro nulla, spero che ti divertirai!”
Ed uscì dall’aula, nascondendosi dietro la porta.
Per la prima volta in vita sua, Laura Bodewig provò una sensazione di calore bruciante in mezzo al petto.
Portò una mano al seno, tremante come foglia…ma sorridente:
Mi ha chiamata…‘fanciulla’…
 
 
*   *   *
 
 
Mezz’ora dopo.
 
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“Eccoci qui. Solo io e te.” –fu il saluto dell’avvenente ragazza Marziana, nel sedersi al tavolino del piccolo e luminoso locale italiano.
“Già…” – annuì lui, tentando ad ogni costo di distogliere lo sguardo da quella quarta misura piuttosto in mostra – “…allora, che volevi dirmi?”
“Oh, nulla in particolare!” – cinguettò lei, raggiante – “Sai com’è: sei l’unico ragazzo della classe e, beh…mi sembrava carino conoscerci un po’ meglio. Tu che ne dici…cutie-honey? So che mio fratello non è stato molto cortese con te…”
“Oh, non fa nulla! Cose che capitano, davvero.” – tentò di discolparsi lui, agitando una mano in aria come a voler scacciare un pensiero – “Piuttosto, dato il luogo, ti piace la cucina italiana?”
“In realtà non la conosco per nulla.” – ammise la ragazza – “Però è sempre bello provare cose nuove con una persona che ti piace, dico bene?”
U-una persona…che ti p-piace?” – balbettò lui, arrossendo.
“Ma sì! Sei simpatico, in fin dei conti. Comunque! Allora, vediamo il menù…che prendi?”
 
Puttanesca.”
 
Lei sollevò di scattò lo sguardo, inviperita:
“Come mi hai chiamata…?!”
 
“E’ pasta.” – Sam si affrettò a chiarire l’equivoco. – “Pasta alla Puttanesca. E’ buona!”
 
Un cameriere si avvicinò, incuriosito, parlando in un accento mediterraneo:
“Cosa prendete, ragazzi?”
“Due di quello che ha detto lui…” – ripose lei.
“Ah, la Puttanesca!
Lei squadrò il cameriere, arricciando la bocca in un gesto scocciato:
Esatto. Quella.”
 
Quando l’uomo si fu allontanato, Carly tornò alla sua ‘conversazione a senso unico’:
“Senti, mi piacerebbe avere un parere da un ragazzo…”
“Spara!”
“Ecco, vedi…” – iniziò a giocherellare con le unghie perfettamente smaltate, con falsa ingenuità – “…io ho una specie di ‘vizio’: mi piace baciare attraverso il vetro delle finestre. Non che questo significhi che io preferisca un bacio del genere ad uno vero, però…mi piace: c’è mistero, complicità, la voglia di rompere un tabù…secondo te è un gesto riprovevole?”
Lui sgranò gli occhi, grattandosi la tempia
 
Ma che cavolo di domande fa?! Oddio, non me ne capita una dritta! – pensò tra sé.
 
Poi rispose, insicuro:
“Beh, no…almeno credo. Voglio dire: se non c’è malizia non vedo il problema, infondo il contatto non c’è stato. Certo, se lo facessi con tutti allora si potrebbe pensare che non dai importanza al gesto, però…”
“Ho capito…” – sbuffò lei, imbronciata – “…tu sei un altro di quei ragazzi che guarda solo le mie tette e poi fa il santarellino!”
“Ma no, cosa dici!” – tentò di giustificarsi, paonazzo – “Insomma, non voglio dire che mi dispicciano…le tue…sì, insomma…quello che intendo è che bisogna dar peso a determinati gesti!”
 
Lei si tirò indietro, agitando con involontaria sensualità un indice nell’aranciata:
Mhmm…e va bene. Allora dammene uno vero. Ora. Qui.”
E si sporse leggermente sul tavolino, afferrandolo per il colletto della divisa.
“Nonononono!” – Sam iniziò a sudare freddo, con gli ormoni a mille e le idee in un guazzabuglio confuso – “Non credo che…!”
“Stavo scherzando!” – la ragazza si fermò a pochi millimetri dalle sua labbra – “Ed in ogni caso non avrei potuto…perché una donna orribile ci sta guardando!!”
 
Si voltarono verso la finestra laterale: la Banes aveva appiccicato il naso contro il vetro; il volto livido di rabbia.
Se non fosse stato fisicamente impossibile, si sarebbe detto che dalle sue narici uscisse un fumo di ciminiera.
 
Il ragazzo deglutì, alquanto preoccupato.
 
 
*   *   *
 
 
Sei ore dopo. Appartamento n.27. Stazione Orbitale FRATERNITY.
 
I due ragazzi rimasero schiena contro schiena, sulle lenzuola sfatte ed infreddite dall’aria notturna; indosso solo una canottiera nera e dei pantaloncini poco più corti delle ginocchia.
Un silenzio quasi assordante tra loro.
Poi, stringendo tra le dita un lembo di lenzuolo, lui sussurrò:
“Signorina…”
“Ti ho detto decine di volte di non chiamarmi ‘Signorina’.”
“D’accordo. Banes?”
“Che c’è?” – quel sospiro infastidito nascondeva dietro un desiderio di dialogo represso.
“Tu…sei una ragazza, giusto?”
“Però! Che occhio!” – esclamò Mikaela, con una punta di sarcasmo.
“Ecco…” – tentò di farsi coraggio per trovare le parole adatte – “…oggi, ho incontrato la Signorina Spencer.”
Mpf! Come se non me ne fossi accorta!”
Lui fece finta di niente e continuò:
“Volevo sapere, da una ragazza…secondo te è sbagliato baciare attraverso il vetro?”
“Cosa vuoi che ne sappia?! Non sono certo questi i miei problemi!”
“Però, in linea di massima, cos’è che rende davvero speciale un bacio?”
Lei soffiò scocciata…poi chiuse gli occhi e abbassò il tono di voce, cercando qualche ricordo piacevole nella sua mente:
“Credo dipenda…dalla persona. Non solo chi hai davanti ma come ti sta davanti: possono esserci persone insicure, che non riuscirebbero a baciarti nemmeno se fossi tu a porgere loro le labbra; altre egoiste e prepotenti, per quel tipo di persone un bacio non vuol dire assolutamente nulla. E poi ci sono…beh, quegli altri. Quelli in grado di accontentarsi di un bacio così come di uno sguardo: quelli che non ti stanno baciando ma offrendo la loro anima.”
Lui sorrise appena, nel buio:
“Davvero? Ne conosci qualcuno?”
“Non sono affari tuoi! Ed ora dormi!”
 
Si rincantucciò su una sponda del letto, allontanandosi da lui.
Il ragazzo strinse le ginocchia nude tra le braccia, per riscaldarsi; poi chiese ancora, a bassa voce:
“Senti…”
“Cosa?”
“…secondo te…cosa sono i Mostri Spaziali? Voglio dire: perché li combattiamo? Da dove vengono?”
“Ma che domande sono, in un momento simile?! Sono degli alieni brutti e schifosi che divorano le Stelle per nidificare e colonizzare i Pianeti; questa è la spiegazione scientifica. Delle odiose bestiacce che mi rompono le scatole, invece, è la definizione della sottoscritta!”
Lui rimase in silenzio ancora per un breve istante, prima di riprendere il discorso:
“Posso farti un’ultima domanda?”
“Cosa vuoi?! Che c’è ancora?!”
Lui mormorò quella frase come un segreto doloroso:
“Banes…tu perché piloti la Buster Machine?”
“Per dimostrare il mio valore al Mondo intero, mi pare ovvio!”
“Per dimostrare che esisti?”
Lei indugiò prima di rispondere, messa alle stretta da quella frase:
“Sì…credo si possa dire anche così. E tu, invece? Perché hai deciso di salire sulla n.13?”
“Credo per rendere orgogliosi coloro che mi circondano…”
Mpf! Orgogliosi?! Combattere solo per gli altri non ha alcun senso! Di’ piuttosto che vuoi fuggire dalle tue responsabilità…!”
“A dire il vero…” – il ragazzo chiuse le palpebre – “…non ho idea del perché.”
“Come sarebbe a dire ‘non ne ho idea’?! Ma dico: per caso sei stupido?!”
 
E gli allungò un calcio nel letto.
 
“Potrebbe anche essere…” – gemette lui.
Tsk! Sei proprio stupido…!”
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente. Ore 16:45. Stessa Stazione.
 
Un allarme risuonò per i bianchi corridoi metallici della Shiva, mentre centinaia di schermi e finestre-digitalizzate si riempirono di segnali luminosi rossi.
 
Casio sorseggiò distrattamente l’Ubik dolciastro di Venere, ruotando gli occhi all’in su:
“Attività WARP-gravitazionali, eh? E’ già il secondo Mostro Spaziale nello spazio aereo civile in meno di una settimana…oh, beh: ci penserà lei. Io sono ancora in pausa!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. ST&RS (esterno).
 
Mikaela Banes oltrepassò il grande cancello metallico dell’Accademia, dirigendosi verso destra.
Una Camaro gialla rallentò in corsa, fiancheggiandola.
Il finestrino oscurato si abbassò, ed il ragazzo all’interno fece capolino:
“Ehilà, come stai? Ti va un passaggio?”
“Oh, ma come siamo galanti!” – lo apostrofò cinicamente lei – “Ora Casio ti presta anche Bumblebee per andare a scuola?!”
“Pensavo che ti potesse essere comoda una macchina, per quanto vecchia! Vai a casa?”
Lei ripose con un secco: “No. Me ne torno alla FRATERNITY.”
“Lo Spazio-Porto più vicino dista almeno tre kilometri, da qui! Ti ci accompagno…”
 
Lei si fermò, visibilmente irritata:
“Ho detto di no. Smettila di rompere!”
“Ok…come vuoi…”
Poi la ragazza sollevò gli occhi al cielo, al debole squillo del suo cercapersone:
“Ah, ci risiamo! Ecco che ne arriva un altro!”
 
Oltre le nuvole immacolate, un gigantesco oggetto nero – simile ad un velivolo aero-spaziale – veleggiava pericolosamente, gettando ampie ombre sotto di sé:
 
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Sam inchiodò con la vettura:
“Un altro Mostro Spaziale! Non ne avevo mai visto uno così; se solo potessi materializzare LineBarrel…!”
“Tu non ne hai mai visti in assoluto, a parte gli ultimi due!” – fece notare Mikaela, con stizza – “Comunque sia non puoi restare qui! Cerca di dirigerti verso i rifugi della città, mentre io me la sbrigo con lui!”
“Non parlerai sul serio?!
“Certo! Oh, a proposito…abbiamo compagnia!”
 
Una sezione della cupola centrale dell’Accademia si dive in due, rientrando nella struttura.
Su una predella elevatrice, undici RX-17 dai colori sgargianti attendevano ordini informazione.
 
 
*   *   *
 
 
“Ragazzi!” – la voce del Coach Evans risuonò dal mecha prominente – “Il nemico avanza in coordinate 1:367:2! Velocità di crociera: 800 km/h! Altitudine a 5.000 metri e sta iniziando la discesa! Probabile capacità di aprire WARP!”
“Allora dobbiamo solo distruggerlo prima che possa fuggire!” – minimizzò galvanizzato Tenma, in un video laterale all’allenatore.
“Formazione ‘Victory’! Schema di gioco I-11!” – dispose il Coach – “Inazuma Eleven…decollo!”
 
I reattori dorsali della squadra androide si infiammarono contemporaneamente, mentre le Unità accelerarono ascensionalmente da 0 a 400 in meno di tre secondi.
 
Schizzarono come proiettili sulla limpida superficie del ciclopico lago Hanjuku, lasciando al loro passaggi lunghe scie bianche.
 
Salirono rapidamente di quota in una disposizione a ‘V’ rovesciata, intercettando il Mostro semi-meccanico.
 
“L’ho inquadrato!” – esultò un bambino dai capelli rasta, calandosi gli occhiali da aviatore sul naso – “Vi trasferisco i dati di previsione statistica!”
“DISPERSIONE!!” – ordinò il leader.
 
La formazione triangolare si infranse, mentre i mecha si divisero a coppie d’assalto, avvitandosi secondo schemi bellici barocchi eppure perfettamente logici.
Imbracciarono i mitragliatori, scaricandone il contenuto contro l’obiettivo, mentre la Machines planarono rapidamente lungo la fusoliera del Mostro, martoriandola di colpi.
Si gettarono nel vuoto, intrecciandosi in molteplici spirali di vapore condensato.
 
Il tipo corpulento alla guida dell’Inazuma-3 imbracciò un pesante lanciarazzi, espellendo sei enormi torpedini incendiarie verso il mostro.
Contemporaneamente, un RX-17 salì di quota, capovolgendosi totalmente e portando il puntatore dello Sniper Rifle al visore ottico; la ragazzina al comando premette il grilletto della leva di movimento.
Un proiettile elettrostatico venne scagliato verticalmente, in una coda di archi elettrici.
Infine, il piccolo ma tenace Tenma avvertì il superiore:
Coach! Ad ore 9:00! INAZUMA…
La Battlesuit scagliò con una mano una grande granata sferica al Californio.
 
L’uomo a bordo dell’RX-17 di comando la raggiunse a mezz’aria:
…KIIIIICK!!!”
La Machine sferrò un calcio alla bomba, come un pallone, propellendo a velocità sub-sonica.
 
In una sola, grande, esplosione coreografica, tutti i proiettili scagliati in precedenza detonarono contemporaneamente al contatto con il bersaglio.
Una nuvola di fumo oscurò la vista.
Poi, lentamente, un campo elettromagnetico di estensione sferica risaltò tra i vapori della battaglia:
La creatura aliena era ferma al suo posto, schermata da una gigantesca barriera.
 
“Non è possibile! Non siamo nemmeno riusciti a scalfirlo!” – gridò qualcuno.
“Si protegge sviluppando un campo anti-intrusione vettoriale!” – Mark Evans si morse un labbro – “Le armi convenzionali non sortiscono alcun effetto, contro una simile barriera!”
 
Improvvisamente, le due code inferiore del Mostro si scomposero in decine di esagoni regolari, spargendosi casualmente e riempendo lo spazio aereo di brevi emissioni laser scarlatte, in una ragnatela frammentata e disordinata.
 
“Alla fine ha deciso di passare all’attacco, eh?! Così facendo colpiranno i civili!”
 
Le Machines I-11 si gettarono in picchiata, nel tentativo di eliminare le sub-unità orbitanti.
 
 
*   *   *
 
 
La Camaro gialla e nera saettava sulle strade urbane, per quanto intasate di pedoni e rottami di autovetture a levitazione.
Una pioggia acida di raggi rossi ricadeva dal cielo, costringendo l’automobile senziente a sovrasterzi di potenza al limite della capacità meccanica.
Un mitragliatore si formò dalle lamiere del cofano, facendo fuoco verticalmente e disperdendo un piccolo gruppo di micro-creature cristalline.
I cubi scesero rapidamente, ostruendo la strada e riunendosi in una grande piastra esagonale, pronta a vomitare un intenso raggio ai tachioni.
Bumblebeefrenò con una derapata che lacerò i copertomi delle ruote.
 
Prima che il raggio fosse emesso, una scarica orizzontale di proiettili luminosi distrusse l’aggregato di Mostri, riducendoli in pezzi.
Comparendo praticamente dal nulla, una sorta di tank meccanico bipede atterrò davanti alla macchina.
Una ragazzina dai vestiti improbabilmente leggeri ed esotici si voltò indietro, raggiante:
 
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“Ehi, novellino, dovresti fare più attenzioni alle strade che percorri!” – lo redarguì lei, con una sorta di sorriso protettivo.
 
Sam boccheggiò sconcertato, appiattendosi contro i sedili dell’auto:
“Tu…tu sei un’altra Topless?!”
 
“Chi altro credi possa governare una Machine come il mio Hecatoncheir? Mi chiamo Oerba Dia Vanille; ma tu puoi chiamarmi anche solo ‘Vanille’.”
E, senza aggiungere altro, il piccolo mecha senza volto ritirò le gambe sottili, sollevandosi in volo.
 
Il ragazzo ansimò con affanno, volgendo istintivamente gli occhi al cielo:
“Se ci sono dei Topless, allora…lei deve essere sul punto di scendere in campo!”
 
 
*   *   *
 
 
Mikaela Banes raggiunse la sommità di un edificio, strappando il Sigillo Topless sulla fronte; un diagramma azzurro si allargò ai suoi piedi, mentre sollevò un palmo verso le nuvole:
Buster Machine Vingt-Sept; Alphonse…LANCIO!!!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Stazione Orbitale FRATERNITY (esterno).
 
Un cancello magnetico si sollevò, sullo scafo della Shiva.
Avvolto in un nugolo di scintillii azzurri, un robot antropomorfo dalle enormi ali bianche prese il volo, discendendo verso la Terra.
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Un fulmine bianco squarciò una nuvola, planando a velocità sorprendente.
Il gigante alato allargò le braccia, mentre tutto il torace si aprì per accogliere al suo interno la ragazza, afferrandola in volata.
 
Con uno spostamento d’aria in grado di produrre un piccolo ciclone, risalì di quota, fendendo le nuvole come ovatta sulle punte delle ali.
Si tuffò nuovamente in picchiata, avvitandosi in una scia di luccichii e scintille azzurre, per poi stabilizzarsi a mezz’aria, a braccia conserte.
La ragazza strinse le leve di movimento:
Macchina Combattente n.27: attivazione! Soppressione Inerziale bilanciata! Exotic Manoeuvre!”
L’abitacolo si riempì della luminosa radianza turchese sulla fronte della Topless.
 
“Quella è la Buster Machine della Signorina?!” – a terra, Sam si sporse con tutto il torso fuori dalla vettura, a bocca aperta dallo stupore.
 
L’Hecatoncheir si sollevò in volo, raggiungendo la n.27.
Poi, una cascata di proiettili si riversò contro la barriera del Mostro Spaziale, mentre un gigante rosso discese verticalmente; attivò i repulsori sparsi sulla corazza, rallentando fino ad immobilizzarsi.
 
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La voce decisa di una ragazzina dall’accento nord-europeo risuonò dall’interno:
Sessantesima Macchina Bellica da Sfondamento Pesante costruita sotto il Governo Tedesco! Buster Machine Soixante: Alteisen!
“La silenziosa Weiss-Ritter ha deciso di fare compagnia al resto della squadra, per una volta?” – chiese Mikaela, sarcastica.
“Mi è stato impartito.” – rispose bruscamente la Topless dai capelli d’argento – “Piuttosto…preoccupatevi per lei.”
 
A poche decine di metri di distanza, un robot slanciato e longilineo, dalle finiture leonine, atterrò con grazia su un edificio; impose i palmi sui fianchi sottili, in un gesto di forzata sensualità.
“Ma guarda chi si vede!” – esclamò la Topless dai lunghi capelli verdi, rimuovendo la maschera dorata dal volto e rivelando due grandi occhi ametista – “Banes, Bodewig, Vanille…la squadra ‘Zuccherini’ al completo!”
 
“La MachineBetreida’?!” – la ragazzina esotica dai corti capelli rosati si portò una mano al collo, sorpresa.
“Che ci fai qui, Spencer?!” – Mikaela spostò lo sguardo altrove, infastidita – “Da quando una di ‘Adult Bank’ opera insieme a noi?!”
 
“In realtà non molto spesso…” – rispose la ragazza, puntando un indice sul labbro, in un gesto di falsa perplessità – “…ma volevo divertirmi in po’! E poi…non posso perdermi una simile occasione, sapendo che il mio cutie-honey mi sta guardando! Cosa c’è, Mikaela? Invidiosa?”
 
 
Da terra, Sam sgranò gli occhi, a bocca aperta:
“Carly e Laura?! Tutte le mie compagne di classe…sono delle Topless?!”
 
 
A bordo di Ving-Sept, la studentessa britannica strinse le leve di accensione:
Tsk! Concentrati sul nemico, piuttosto! Tre…”
“Due…” – la pilota della n.60 continuò il conto alla rovescia.
“Uno...!” – fremette eccitata Vanille.
“…PARTENZA!!” – gridò d’euforia la Marziana.
 
Le quattro Machines si disperso diametralmente, raggiungendo altezze impressionanti.
Il gigantesco essere alieno caricò il corpo di energia luminosa, vomitando una miriade di fasci scarlatti che riempirono il cielo:
 
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Volteggiarono agilmente nello sbarramento laser del Mostro, evitando i tentacoli di luce.
La n.27 sbatté un paio di volte le grandi ali meccaniche, sollevandosi oltre una fitta serie di raggi e spalancando due sezioni nascoste; sei grandi lenti ottiche si illuminarono sulle ali del mecha:
Buster Barrage!”
Altrettanti vettori di luce ultravioletta vennero proiettati nell’etere, intrecciandosi come dita agli ostili e neutralizzandone più della metà, in un ginepraio di luce sottile.
 
L’Alteisen si allontanò rapidamente, afferrandosi l’avambraccio destro.
La ragazza diafana calcò la presa sulla leva corrispondente:
Progressive Breaker!”
Con uno sbuffo di vapore, il rostro appuntito venne sparato come un proiettile, zigzagando istericamente fino ai limite dell’orizzonte, trattenuto da un’interminabile corda d’acciaio.
Si allontanò a perdita d’occhio, per poi virare bruscamente e tornare indietro.
Colpì la barriera elettromagnetica dell’obiettivo; la punta dello sperone si elettrificò, sfondando totalmente lo scudo.
“Registrato il collasso delle difese nemiche!” – assicurò la ragazza tedesca – “Iniziamo l’ultima fase! Burning Wall!”
I grandi sostegni sulle spalle della BM-60 si schiusero totalmente, mentre centinaia di razzi teleguidati sciamarono velocemente verso il Mostro.
 
L’Hecatoncheir saettò sotto la carena bio-meccanica del bersaglio, roteando su sé stesso in modo nauseante , spargendo convulsamente un fiume di munizioni luminose contro gli alettoni inferiori ed evitando miracolosamente le torpedini della n.60.
L’ala destra e le appendici ventrali esplosero assieme ai razzi ed alle pallottole.
Il Mostro Spaziale si piegò da un lato, sbilanciandosi.
 
“Lo abbiamo destabilizzato!” – esclamò Carly, spavalda – “Ora osservate: le battaglie contro i Mostri Spaziali devono sempre essere rapide ed eleganti! Buster…
La Buster Machine Trente-Huit/Betreida, si avvitò magistralmente tra i laser alieni, incrociando polsi e caviglie come un’impossibile piroetta d’étoile.
Infine strinse le ginocchia al torace:
…Punch…
Eseguì una quadrupla capriola a mezz’aria, discendendo rapidamente e sferrando un poderoso pugno contro la superficie dorsale della creatura.
…COLLIDER!!!”
L’onda d’urto generata si allargò in un immenso anello.
Una frazione di secondo in quiete.
Poi, una grande porzione di Mostro Spaziale s’incrinò e sollevò in decine di frammenti, disposti a petalo di ninfea.
 
La creatura lanciò un grido stridulo, generando una sorta di Buster Beam scarlatto di immense proporzioni.
 
Decisa e diritta, la n.27 accelerò fino a mach-10, puntando verso il fascio ai protoni.
Mikaela Banes sorrise sprezzante, mentre le radiazioni dell’Exotic Manoeuvre divennero accecanti:
BUSTEEEER…”
Vingt-Septsfoderò un’Avenger nascosta, portandola in posizione di parata.
“…SSSSLLLLIIIICE!!!”
Con un unico Arial Ace, la Machine alata divise in due il raggio incandescente del Mostro, attraversandolo da parte e parte.
La creatura si divise in due metà speculari; uno sprazzo di luce bianca lo separava.
 
La n.27 si voltò nuovamente, a grande distanza, spalancando le ali:
Una nuvola turbinante di piume meccaniche si allontanarono da esse, frusciando nel cielo.
Si spiralizzarono in molteplici scie, aggregandosi in una gigantesca sfera di metallo compatto, racchiudendo ciò che rimaneva del bersaglio.
 
Infine Vanille si gettò dalla Machine, incurante della spaventosa altezza che la distanziava dal suolo.
Ordinò sprizzante d’euforia:
Hecatoncheir: Exotic Manoeuvre! Final Flash!
Il tank snodò le canne da fuoco dei mitra più piccoli, dando forma a dodici braccia semi-organiche, che avvolsero la giovane domatrice in un gesto protettivo.
Una testa stilizzata si issò sul torso del robot, mentre le piccole gambe si estesero in una lunghezza antropomorfa.
I canoni più grandi si rovesciarono in avanti, caricando due sfere di Materia Oscura.
Con due piccoli bagliori crociformi, gli agglomerati si estesero in potenti getti d’anti-materia, penetrando in una ‘X’ perfetta la sfera di contenimento.
 
Tutta la struttura degenerò in punto, per poi esplodere una ciclopica deflagrazione sferica che dissipò via le nubi immacolate.
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Spazzando il terreno con le bianche ali digitiformi, Vingt-Sept atterrò con quanta più delicatezza possibile.
Le altre tre Machines non furono altrettanto leggiadre, posando i piedi al suolo con un tremore che fece sobbalzare le auto circostanti ed incrinò i vetri dei grattacieli.
 
Sam rimase seduto al suolo, boccheggiante, alla vista dei quattro giganti meccanici.
Portarono una mano destra alla fronte, in un saluto marziale, ed il motto unisono delle giovani pilote risuonò agli altoparlanti:
“Situazione risolta con grazia e classe!”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Luogo sconosciuto.
 
Il cordless sulla scrivania squillò piano, mentre l’uomo si affrettò a rispondere.
Si alzò in piedi, fissando il panorama dalla grande vetrata dello studio.
 
Iniziò a parlare lentamente, meditando ogni risposta e perdendosi nell’accarezzare la lunga sciarpa di cachemire:
“Sì…sì, ho capito.[…] No, certo. […] Direi che non vedere quell’esplosione era impossibile. Tuttavia sono soddisfatto del risultato: i soldi impiegati nella costruzione di quelle Machines sono stati ben spesi. […] Sì, anche la n.87 e la n.89 sono quasi ultimate. Il MARKER è al sicuro, ma le spese di costruzione per la Douze-Mille sono quasi più onerose di quelle del Vergil-Exelion. […]. Non preoccupatevi: tutto seguirà i nostri disegni…Gemelle Serpentyne.
 
 
*   *   *
 
 
Giorno seguente.
 
Il sole riscaldava appena quella fredda mattinata d’autunno, nonostante un profumo di pulito aleggiasse nell’aria ed una luce splendente brillasse nel cielo e tra le fronde degli alberi non ancora spogli, esaltandone i colori.
 
Sam addentò un panino, nel suo procedere lento e rilassato sulla via di casa.
Poi, l’acuto suono di un clacson lo costrinse a voltarsi:
Una limousine a levitazione magnetica si accostò al marciapiede, mentre il finestrino posteriore si abbassò quel tanto che bastava a far luccicare due occhi violetti, incorniciati da una lucida cascata di capelli verde brillante.
“Ciao, cutie-honey!” – lo salutò l’avvenente ragazza, strizzandogli un occhio.
“C-ciao, Carly…” – biascicò in imbarazzo.
“Ti sono piaciuta, ieri?” – chiese, piegando la testa da un lato.
“Direi proprio di sì…” – le sorrise stentatamente, grattandosi la nuca – “…non credevo fossi una Topless di alto livello!”
“Noi ragazze possiamo essere piene di sorprese!” – la ragazza si avvicinò di più allo spazio libero del finestrino – “Ti va di farmi un piacere, dato che ti abbiamo salvato la vita?”
Sam iniziò a preoccuparsi, data l’improbabilità delle richieste di quella ragazza indiscutibilmente prorompente:
“Credo di non poter rifiutare…”
“Allora facciamolo ora! Il bacio, intendo. Dammeno uno attraverso il finestrino!”
Lui arrossì di colpo, irrigidendosi:
“O-ok…spero solo di esserne in grado. Non sono un gran baciatore…”
“Tu fallo e basta…”
 
Si piegarono entrambi in avanti, in quel lungo secondo interminabile.
Sam chiuse gli occhi dalla vergogna, poggiando le labbra contro il freddo vetro della vettura.
Spinse un po’ di più…
Lei tirò di colpo giù il finestrino e le sue labbra incrociarono quelle del ragazzo.
Lui sgranò gli occhi, ritirandosi prima di poter iniziare a prenderci gusto…:
“Uhm...ecco…io…mi dispiace…”
“Sta’ tranquillo.” – Carly Spencer si risedette al suo posto, lanciandogli uno sguardo malizioso – “Te la cavi meglio del previsto…”
E l’auto ripartì…lasciando il sedicenne solo sul marciapiede, con un rivolo di sangue a sgorgargli dalla narice.
 
Dentro la lunga macchina di lusso, una ragazzina dai corti capelli biondi chiese alla Topless:
“Non concede le sue labbra a tutti, Signorina. E’ forse davvero innamorata di quel tipo?”
“Chissà, Simòne!” – ripose lei, fissando il cielo fuori dalla vettura, sognante.
Sorrise al Sole:

“Per il momento sto solo…cantando l’Inno alla mia Giovinezza!”

 
   
 
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