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Autore: unbound    29/01/2012    4 recensioni
Seconda parte della storia di Kay York, alunna della Vengeance University, e delle sue amiche, Giuls, Alisee, Beatrix e Lisa.
(siete pregati di leggere la prima parte, se no non ci capite una mazza)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non c'e' niente di più brutto di una notte senza sogni.
Buia, fredda, sembra durare più che un’eternità; è come se vagassi nel buio per ore ed ore, senza riuscire a trovare un punto d’appoggio. Ero un tipo di persona che sognava seriamente ogni notte, il più delle volte erano incubi ma perlomeno mi tenevano occupata dal nervosismo.
Era presto, gli uccellini cinguettavano felici fuori dalla finestra, distogliendomi prepotentemente dai miei pensieri; aprendo gli occhi, reduce dalla solitudine, mi accorsi che non era cambiato praticamente nulla, dato che mi ritrovai sola ancora una volta. Mi sarebbe piaciuto dormire ancora e,magari, svegliarmi il giorno dopo, senza dover affrontare la giornata peggiore dell’anno per la diciottesima volta. Purtroppo,al contrario di Giuls che potrebbe dormire per settimane senza alcun problema, non potevo riuscire in un tale intento.
Avete presente quando sentite una specie presentimento dentro che sicuramente non potrà non avverarsi? Avete la certezza della sua riuscita, e vi dannate perché non potete fare niente per non farlo accadere. Sarebbe stato uno dei peggiori compleanni della mia esistenza.
Non appena il mio stomaco iniziò a protestare per la fame, circa a trenta secondi dal mio risveglio, capii che era necessario zittirlo, perciò mi fiondai in sala comune sperando di rubare qualcosa di commestibile alle mie compagne.
La sala comune era un'enorme stanza posta all'entrata del dormitorio, dalla quale poi si poteva passare al corridoio e quindi alle stanze private; su un enorme tappeto scuro giaceva, mai usato, un tavolo da biliardo accanto al quale c'erano un paio di comodissime ed enormi poltrone. Il fuoco scoppiettante nel camino era un delizioso sottofondo per pomeriggi noiosi e privi di stimoli: amavo distendermi sul divano di fronte alla fonte di calore con le mie amiche, ma tutto questo prima di conoscere Brian, ovviamente. Preferiva stare in mia compagnia nella sua di stanza, cercando, invano, di rendermi immune dalle brutte voci sul nostro conto e di dare meno all’occhio possibile.
Scesi lentamente i gradini alla fine del corridoio, ignara di ciò che mi sarei trovata davanti; non appena aprii la porta che mi avrebbe portato in sala comune, sentii, a mio malgrado, un urlo entusiasta quanto fastidioso.
Sorpresa!
Dannazione, dannazione, dannazione! Erano tutti li, nessuno escluso – e quando dico nessuno escluso, intendo NESSUNO escluso- : Giuls teneva tra le mani un muffin al cioccolato con sopra una candela accesa, Johnny le cingeva i fianchi sorridente come non mai ed Alisee era a dir poco entusiasta al fianco del suo Matt, intento a dare pacche sulla spalla di Sullivan, che a sua volta lo fissava male.
C'era anche Bea, nascosta dall’enorme braccio di Jimmy, e quello mi sorprese parecchio.
Notai che anche Baker sfoggiava uno dei suoi migliori sorrisi mentre per mano teneva Lisa, che era incredibilmente elettrizzata dalla situazione. L'unica a non essere entusiasta, in poche parole, ero io.
A parte loro, attorno al gruppetto trovai le mie compagne di corso e di classe e, purtroppo, con loro c'era anche chi avrei preferito non vedere;  Sarah era nascosta dietro all'enorme Sanders, ma il suo occhio mi scrutava attentamente come un leone che studia la sua preda ed io mi sentivo incredibilmente a disagio. Dovevo stare attenta, e anche Brian doveva tenere gli occhi aperti.
Quest’ultimo sembrava decifrare i miei sguardi, infatti si limitava a guardarmi dolcemente dando l'impressione di un cane bastonato. Era in piedi alla destra di Bea, nascosto da tutti e parecchio in disparte; aveva i capelli scombinati, una maglietta poco più che trasparente e un paio di jeans strappati e malconci, che comunque gli davano quell’aria da grandissimo figo. Era scalzo, da quello dedussi che, come sempre, era arrivato in ritardo all’appuntamento che, probabilmente, gli aveva dato Giuls.
Non appena la ragazza dai capelli rossi mi porse il muffin, sorridente come un'attrice di soap opera di fronte a qualcosa di veramente noioso, lo afferrai e, senza aspettare la canzoncina idiota da compleanni, mi leccai la punta di due dita e spensi la fiamma della candelina grazie ad esse; dopo di che diedi un morso al dolce e lasciai che la folla si dissolvesse, con la metà dell’entusiasmo di prima. Ringraziai tutti per gli auguri e mi feci abbracciare da quasi tutte le persone presenti in stanza.
In un attimo, tutti si volatilizzarono e restarono con me soltanto i docenti e le rispettive ragazze.
Ero in condizioni pietose, ma ovviamente, da bravi amici, non fecero altro che congratularsi per l'aspetto da maggiorenne novella, lasciandosi a qualche battuta stupida sulla vecchiaia.
 Ad un tratto, non appena calò il silenzio tra di noi, Beatrix mi si avvicinò e mi trascinò in un angolo della stanza con delicatezza. Guardandola, mi accorsi che sorrideva e il suo sorriso mi scaldò il cuore in una maniera più che incredibile.
"Scusa, di tutto. Ti voglio bene"disse tutto d’un fiato, per poi stringermi in abbraccio dolce e protettivo.
La strinsi anche io, cercando di non rovinare quel momento tanto atteso con una delle mie frasi senza alcun senso; oh, finalmente qualcosa di positivo in questa settimana di merda. Il suo profumo di vaniglia mi inebriò, lasciai che sciogliesse l’abbraccio lentamente, sorridendole felicemente.
Dopo che ci riavvicinammo agli altri, intenti a fare gli stupidi, Giuls, zittendoli, iniziò a parlare a gran voce come un politico ad un’assemblea in piazza.
"Kay, vai a vestirti. Oggi andiamo a Los Angeles." Al pronunciare il nome della città, Zacky e Matt si lasciarono trasportare da non so cosa e si esibirono in un mini balletto.
Uh, grandioso, mi portavano a Los Angeles.
Lontano da occhi indiscreti avrei potuto chiarire con Brian tutto quello che era successo prima, pensandoci. C'era tensione tra noi, parecchia; sapevo che era a conoscenza di tutto ma non riuscivo a fare come se niente fosse. I nostri sguardi, però, parlavano per noi, intraprendendo discorsi lunghissimi e chiudendoli con sorrisi ingenui e impacciati.
Salii al piano di sopra e cercai, velocemente, di indossare qualcosa di decente, aggiustare i capelli in modo accettabile e di trovare qualche risparmio nascosto nelle tasche dei pantaloni da spendere in città.
Los Angeles era perfetta, era giovane ed era una dei posti che amavo visitare, senza mai stancarmi; i negozi non deludevano,la gente era cordiale ed amichevole e i paesaggi erano mozzafiato.
"Come andiamo, baby?"chiesi, non appena raggiunsi gli altri alla sala comune; avevo optato per una felpa dei pantera, uno dei miei gruppi musicali preferiti, un paio di pantaloni neri e le mie amate converse rosse. Syn, alla mia vista, ebbe un sussulto e il suo viso s’illuminò; in quel momento avrei voluto stringerlo a me baciandolo come se non lo facessi da un'eternità. 
"Andiamo in limo donna, sentiti onorata."Sanders sfoggiò prepotentemente il suo sorriso sghembo perfetto, spiazzandomi come sempre.
Wow, limousine.
Non ero amante del lusso, anzi preferivo da sempre la semplicità, ma mi sarebbe piaciuto salire in una limo. Era il mio sogno, fin da piccola. Andiamo, chi non vorrebbe farlo?
"Sanders, cosi mi emozioni."
"Abbiamo intenzione di spostarci per un po’ a casa mia, lì in citta'."Annunciò Johnny, facendo un passo avanti verso di me. Seward aveva una villa a Los Angeles, ma non avevo mai avuto l’occasione di visitarla.
"Quindi dovrei fare le valigie..?"Chiesi, aggrottando le sopracciglia.
"Kay, abbiamo gia' tutto quello che ci serve, tranquilla."Aggiunse Lisa, scambiando uno sguardo complice con Alisee. Mi avevano fatto loro le valigie, bene. Non oso immaginare quello che .. Oddio, lingerie e completini sexy, senza dubbio.
"Kay non fare la lagna, io ho fame perciò partiamo subito, cosi siamo già lì a pranzo."Sullivan, l'uomo dallo stomaco senza fondo, non si smentisce mai. Gli sorrisi aprendo le braccia, e lui ricambiò abbassando lo sguardo. 
In un attimo, ci ritrovammo a bordo di una grandiosa limousine da trasporto; l'interno era in pelle nera, al centro dei due grandi sedili giaceva un tavolino ornato da diversi e colorati drink e pacchetti di sigarette. Salendo, mi accomodai accanto a Sullivan, mentre, al mio fianco, inaspettatamente, prese posto Haner. Mi fissò come se fosse in attesa, facendo in modo che mi sciogliessi davanti ai suoi grandissimi e bellissimi occhi. Che confusione, cosa cazzo dovevo fare?
Il viaggio fu abbastanza divertente, quasi tutti i ragazzi e le ragazze, a parte me e Baker, ovviamente, si appisolarono come bimbi dopo un paio di aperitivi.
Haner si addormentò nella dolcezza più assoluta; sembrava un angelo nel corpo di un diavolo, era perfetto, da mozzare il fiato. La sua testa era poggiata sulla mia spalla, il suo braccio mi cingeva i fianchi e le sue gambe erano distese sul sedile.
Il silenzio era imbarazzante.
Zackary era intento a studiarmi con sguardo attento e severo, tanto da farmi venire in mente mio padre.
Dopo una lunga riflessione, decise di parlarmi, mettendomi ovviamente in difficoltà.
"Kay, posso chiederti una cosa?"Chiese, accarezzando la chioma della sua Lisa, che ronfava beatamente tra le sue braccia come se fosse una bambola. Non avevo mai parlato con lui da sola, mi dava l’impressione di un preside a tutti gli effetti e mi sentivo in soggezione a rivolgergli la parola.
"Dimmi Vee." Lo guardai, cercando di mascherare il nervosismo.
"Un uccellino mi ha detto che hai picchiato qualcuno."
Sentii il sangue gelarsi dentro le mie vene; iniziai a tremare e a deglutire rumorosamente, sentivo il battito cardiaco aumentare vertiginosamente.
"Zacky non volevo. Io.. Io non.."Lui, però, mi interruppe con un sorriso, alzando la mano.
"E' tutto ok, ho saputo tutto e volevo dirti che va tutto bene e che avrei fatto la stessa cosa. Sei grandiosa!" Sembrava convinto delle sue parole, e ciò mi tranquillizzò parecchio. 
"La mia domanda è.. Com'e' finita con Gates?"
Non appena pronunciò il suo nome, mi girai a guardarlo; dormiva ancora, ma è come se stesse ascoltando. "Penso che sia tutto ok, ma non credo che possa continuare tra di noi in modo "pubblico" " feci le virgolette con le dita, Zacky si accigliò. "Non voglio che Sarah inventi stupidaggini e false voci che possano far del male a Brian.."
Vengenz mi rivolse un'occhiata benevola, come se volesse tranquillizzarmi, dandomi una pacca sulla spalla.
"Con me non devi preoccuparti, io sono un professore ma per prima cosa sono vostro amico." Mi sorrise.
"Grazie Baker." Risposi io, cercando di abbracciarlo ma non ci riuscii, perciò mi limitai a stringergli un braccio intorno al collo, facendo attenzione a non scuotere e svegliare Brian. 
"Devi soltanto aver paura se dice qualcosa a qualcuno fuori dalla scuola. Perchè in quel caso si passa a fatti grossi e io non posso sospenderla senza motivo."
"Lo so.. cercherò di mantenere segreta questa relazione almeno per ora. Credimi, l'ultima cosa che voglio è il suo male"
puntai il ragazzo al mio fianco, e Vee si strinse tra le spalle.
Okay, forse dovrei chiarirvi il perché di tutta questa paura nei confronti della Monroe: suo padre, Bill Monroe, era in sostanza l'uomo più forte e ricco della California. Con un solo schiocco di dita, poteva uccidere o mandare in gattabuia, nel migliore dei casi, i superstiti delle storie andate a male di sua figlia la puttana. Che fare in questi casi, quindi? Assecondare.
A Los Angeles, però, avrei potuto rompere i miei limiti e cercare di scendere a compromessi con Syn.
Il viaggio durò un'altra mezz'ora  durante il quale tutti si risvegliarono e, dopo un pisolino e dialoghi privi di serietà, raggiungemmo la nostra meta, la città della bella vita: L.A baby!
La limousine ci portò di fronte ad una grandissima villa mozzafiato; non appena scesi dalla macchina e misi a fuoco ciò che mi trovavo davanti, rimasi semplicemente a bocca aperta.
Il grande cancello nero era spalancato e dava su un enorme cortile pieno di cespugli e alberi di ciliegio, alla destra dell’enorme edificio color nocciola giaceva una grandissima piscina al chiuso dalle pareti trasparenti.
Soffermandomi sulla villa, notai che era molto stile londinese, dalle grandi vetrate ed immensi balconi; non riuscivo a capire come fosse possibile che quella casa appartenesse ad una persona così piccina come Seward.
I ragazzi avevano sguardi soddisfatti, le ragazze fremevano dalla voglia di entrare ed anch’io avevo una certa curiosità. Brian, rivolgendomi uno sguardo ammiccante, avvicinò la mia bocca al mio orecchio.
In questa settimana non voglio sentire storie, sarai mia, e basta.” Mi sussurrò, facendomi rabbrividire.
Gli rivolsi un’occhiata accigliata ma lui si limitò a sorridermi e a fissare lo spettacolo senza precedenti che aveva davanti.
Non appena entrammo, mi persi nella bellezza del soggiorno; era completamente arredato in color carta da zucchero, i divani erano in pelle ed erano grandissimi, il camino era acceso e la tv al plasma sembrava brillare di luce propria. Accanto a tale spettacolo notai la presenza di un’enorme scala a chiocciola che probabilmente portava al piano di sopra dove dedussi ci fossero le stanze da letto e il bagno.  Come stanza adiacente trovai un’altrettanto enorme cucina, chiara di colori anche lei, che dava l’impressione di qualche stanza da fornelli di ristoranti, con tanto di chef al lavoro.
Johnny si piazzò davanti a noi e ci illustrò la divisione della casa dopo una decina di secondi, necessari a farmi sbavare davanti a tutto quello spettacolo.
Al piano di sopra ci sono 5 stanze da letto e 3 bagni, dotati di vasca idromassaggio ma, per favore” fissò Brian e poi Sanders “non fate porcate lì dentro, perché se rilasciate i vostri regalini pulite voi.”  I ragazzi presi in questione risero, ma lui sembrò più che serio.
“Comunque. Di lì c’è la cucina, e poi c’è la sala giochi. Fuori troverete la piscina al chiuso e una serra, ma mi sbatte di farvele vedere.” Ci studiò ad uno ad uno e dopo una decina di minuti si fiondò verso l’enorme albero di Natale posto accanto al camino,raccogliendo una decorazione caduta per terra. Studiandola, la ripose tra i rami con una delicatezza abbastanza spiazzante che dava l’idea di un maniaco dell’ordine.
Guardandomi intorno, mi accorsi che tutti gli altri erano scomparsi a parte Giuls e Brian; quest’ultimo mi strinse a se con un braccio intorno ai fianchi.
Che ne dici di collaudare il letto?” mi chiese, accarezzandomi la schiena. Sentii la ragazza dai capelli rossi alle mie spalle sbuffare divertita dalla situazione di Seward, che si scusò per il disordine con tono da bambino colpevole.
Dico che mi piacerebbe. ” gli sorrisi e mi sentii alzare da terra almeno un metro.
Mi caricò sulle spalle e mi porto al piano di sopra; riuscii a vedere soltanto le scale ed il pavimento, dato che non mi permise di alzarmi fino al nostro arrivo.
Non appena aprì la porta di una stanza a caso, fortunatamente vuota, mi gettò di peso sul letto e si distese sopra di me.
Hey.” Gli dissi, sospirando pesantemente.
Dimmi bellezza.” Iniziò a baciarmi il collo, come se fosse in astinenza.
Scusa per tutto. Scusa perché sono una fifona e sono un’incapace. Haner, so che meriti di meglio e non voglio che tu creda che mi vergogni di te.
Si strinse tra le spalle, sorridendomi.
Ascolta, non l’ho mai pensato. Sapevo che eri stata costretta e credimi, non puoi capire quanto io ti sia grato.” Mi diede un bacio sulle labbra ed io gli accarezzai le guance.
Vuoi sdebitarti? Credo che tu sappia come fare.” Sorrisi, alzando le sopracciglia. Sentii la sua mano sulla mia schiena gelata.
Chiudi la bocca dolcezza, fai fare a me.


   
 
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