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Autore: Carolus_Draken    30/01/2012    1 recensioni
Un uomo con un sogno: trasformare il calcio in qualcosa di ordinato, di simmetrico, in un’armonia celeste senza alcuna stonatura.
Un altro uomo, con un altro sogno: riportare indietro il vero calcio, il calcio libero, passionale, incostante, una sinfonia con continui cambi di tono, alterazioni, anche stonature. Un torneo di calcio, che avrebbe portato la squadra vincitrice sul tetto del Giappone, e avrebbe stabilito il vincitore nell’eterna lotta tra Caos e Armonia.
Una squadra, seguace del vero calcio, che combatte contro l’Armonia.
Due ragazzi, ciascuno lacerato dal grande conflitto tra Caos e Armonia, ciascuno costretto a combattere contro l’altro, ciascuno una stonatura nell’Armonia dell’altro.
Dolore, sofferenza, amicizia, gioia, passati disperati e sinfonie tormentate, anime lacerate, cuori infranti, strumenti musicali, un’isola misteriosa, vecchi amici che diventano nemici, e viceversa.
E il simbolo di questa lotta, anzi, l’arma di questa lotta, un’arma che rotola su un verde campo d’erba, portando in sé il canto di migliaia d’appassionati, e il grido di coloro che combattono, ciascuno per il suo ideale, ciascuno per la gloria. Perché ogni cosa comincia, e finisce, con un pallone da calcio.
Genere: Drammatico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un ringraziamento speciale a Miam e Ever_Crazy, che hanno recensito lo scorso capitolo, e a tutte le lettrici/lettori.

Capitolo II: Il Canto del Solista - Introduzione (Parte II)

Personaggi:  Yamato Shinkami (OC), Makoto Dorama (OC)


Carolus: Yeah! Finalmente, ecco il secondo capitolo della Fic!!

BF: Dell’obbrobrio, vorrai dire …

Carolus: *Tira un calcio a BF* Taci tu, ignorante!

BF: A proposito, non dovresti studiare?

Carolus: Sono in pausa. E poi ho tutta la notte, ancora …

BF: *Scuote la testa rassegnato*  Senza parole … comunque, il Disclaimer?

Kidou: Perché devo farlo sempre io … Carolus in alcun modo non possiede i diritti di Inazuma Eleven, Inazuma Eleven GO, eccetera, ma possiede i diritti sui suoi OC

Carolus: *Abbraccia Kidou* Kidou-Kun!

Kidou: *Sospira rassegnato* Sigh … sarà una lunga lettura …


 

Location: Campus della Toho Gakuen Music School (14 Novembre)

 

La prestigiosa ed esclusiva Toho Gakuen Music School sorgeva al centro di un grande parco di proprietà dell’Istituto stesso, chiuso al pubblico, un vasto polmone verde che, idealmente, divideva la scuola dal resto della città, creando una barriera tra i fortunati studenti dell’Accademia e il resto della città di Tokyo. In effetti, la Toho poteva essere considerata a tutti gli effetti come una piccola comunità completamente autosufficiente e isolata nel cuore della più grande metropoli del mondo, una rinomata istituzione che, sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1948, s’impegnava nel formare giovani e talentuosi musicisti, offrendo insegnamenti d’altissimo livello e un esclusivo percorso formativo che cominciava dall’istruzione elementare fino ai corsi specialistici per gli studenti laureati. Gli allievi della Toho, accuratamente selezionati da un duro esame d’ammissione, praticamente vivevano all’interno del Campus, dotato di ristoranti, supermercati, negozi d’abbigliamento, d’arredamento, di strumenti musicali: una piccola cittadina nel cuore di Tokyo, un luogo riservato che molto offriva ma che molto chiedeva, perché solamente i migliori erano ammessi in quel piccolo paradiso, completamente pervaso dalla musica, autentico tema portante del Campus. Essendo una scuola privata molto esclusiva, il numero di studenti non era eccessivo, e i vari livelli d’istruzione presenti erano rigidamente tenuti separati. Insomma, la Toho era davvero un posto idilliaco, ma, come in tutti i luoghi arcadici, c’era sempre qualcuno insoddisfatto, una stonatura che spiccava nella perfetta e celestiale armonia dell’Istituto. E tutti gli studenti dell’Accademia, senza esclusioni, conoscevano bene quel qualcuno, che veniva evitato, e trattato, come se fosse un malato mentale, nonostante quel particolare qualcuno avesse tutte le ragioni possibili per comportarsi in quel modo.

Era una normale mattinata per gli studenti della Toho Junior High, la divisione del College che si occupava dell’istruzione secondaria inferiore, volgarmente nota come scuola media. L’immenso parco era coperto da una leggera nebbia, che tingeva ogni cosa d’un grigio perlaceo, e lasciava intravvedere solamente i contorni tremolanti degli oggetti, e le sagome dei ritardatari diretti alle lezioni mattutine, cominciate, come ogni giorno scolastico, puntualmente alle 7.30. Perché il “prezzo” da pagare nel paradiso della Toho era rappresentato da un severo regolamento, modellato sul modello militare, un regime che richiedeva obbedienza e osservanza delle regole. Così, la sveglia era ogni giorno alle 6.30 in punto, il coprifuoco era alle 21.30, senza eccezioni, e in più si dovevano osservare rigide norme di comportamento. Nessuno, tuttavia, si lamentava, o meglio, coloro che osavano protestare in qualche modo venivano prontamente espulsi dall’Accademia, che non ammetteva alcuno sbaglio. C’era, in effetti, una forte pressione sugli studenti del College, ormai mascherata dai comportamenti divenuti abituali, ma sempre presente, un’ombra che aveva molti nomi: fallimento, espulsione, infrazione, un’ombra che incombeva su tutti gli allievi.

Lo spettro di quella pressione si vedeva benissimo osservando lo svolgimento delle lezioni: in tutte le classi dell’edificio scolastico era possibile osservare gli studenti, impeccabili nelle loro uniformi nere tirate a lucido, prendere diligentemente appunti, seguire attentamente le spiegazioni, oppure eseguire con abilità complicati esercizi. I pochi che si distraevano durante le lezioni, o disturbavano, erano severamente puniti dai docenti, che esigevano un ordine e un silenzio quasi maniacali.

Quel giorno, Yamato Shinkami era uno di quei pochi incoscienti che osavano distrarsi durante le lezioni: anche se il ragazzo stava prendendo appunti, il suo sguardo era fisso fuori dalla finestra, il mento sostenuto dalla mano destra, e il giovane stava osservando la nebbia che s’infittiva sempre di più, prestando al docente l’attenzione sufficiente per trascrivere ciò che stava spiegando. In effetti, a una prima occhiata poteva sembrare che il giovane albino fosse concentrato sulla lezione, nonostante stesse guardando fuori dalla finestra; ma s’era accorto benissimo della distrazione dell’amico Makoto Dorama, seduto nel banco immediatamente dietro; il robusto ragazzo continuava a lanciare occhiate in tralice all’amico, e il suo volto tradiva la preoccupazione per Yamato, ben memore del dialogo avuto con lo stesso la sera prima, dialogo che aveva toccato profondamente Makoto. Quest’ultimo approfittava di tutte le pause disponibili, anche delle più brevi, per guardare l’amico, cercando di decifrarne lo stato d’animo e al contempo di nascondere la sua agitazione interiore. Ma, come al solito, il volto di Yamato, freddo e inespressivo, non mostrava alcuna emozione, se non una vaga attenzione per le parole dell’insegnante. Al contrario, invece, si vedeva chiaramente che la mente di Dorama era ben distante dall’odierna lezione. Così, non passò molto tempo che l’insegnante lo richiamò, aspro:

<< Dorama-San! Nel caso non se ne fosse accorto, la lezione è cominciata! >>, disse il docente, un tarchiato uomo di mezz’età che insegnava Analisi Musicale, colpendo il banco del ragazzo con la bacchetta di legno. Makoto sobbalzò, bruscamente riportato alla realtà, mentre tutta la classe si voltava a guardarlo, lieta di quell’inaspettata interruzione. Il ragazzo incriminato si guardò intorno, poi s’alzò, impacciato, inchinandosi al professore:

<< Le mie scuse, Sensei. Mi sono distratto >>, disse umilmente il ragazzo, conscio di essere nel torto. Nonostante lo spirito battagliero e irascibile, infatti, Makoto ben sapeva controllarsi, e ben sapeva che non era il caso d’attaccar briga con un docente, se non voleva essere espulso dall’Accademia.

<< Lo vedo, Dorama-San. Non essendo interessato alla lezione, perché non s’accomoda dal Preside per spiegare il motivo della sua distrazione >>, disse il docente, intransigente, e Makoto sospirò, sollevato. Andare in presidenza non era così grave, in fondo, nonostante le apparenze: sarebbe stato peggio se l’insegnate l’avesse punito lui stesso. Così, raccolse le sue cose nella cartella e fece per andarsene, quando fu bloccato dalla voce di Yamato, alzatosi in piedi.

<< E’ colpa mia, Sensei >>, disse semplicemente, tenendo il volto chino. L’insegnate alzò un sopracciglio, poiché non s’era accorto della distrazione di Shinkami. Gli sguardi della classe si spostarono su quest’ultimo, derisori e carichi d’aspettativa, perché Yamato non andava a genio a nessuno, all’Accademia, anzi, tutti tendevano ad evitarlo, oppure a deriderlo, anche se Yamato reagiva raramente alle provocazioni, e solo se queste interessavano l’argomento famiglia.

<< In questo caso, Yamato-San, la prego d’accompagnare il suo compagno in Presidenza. Non tollero studenti distratti, come lei sa bene >>, disse il docente, tornando alla cattedra. Shinkami s’inchinò all’insegnante, raccolse i suoi libri, poi uscì a passo rapido dalla classe, seguito qualche secondo dopo da uno stupefatto Makoto, preso alla sprovvista da quell’evento. Quando la porta dell’aula si fu richiusa alle loro spalle, il moro s’affiancò all’amico, avviatosi verso la Presidenza:

<< Non era il caso, Yamato >>, disse, serio, guardando il compagno, che lo guardò per un breve istante prima di tornare a fissare il corridoio davanti a sé.

<< Si, invece, e tu lo sai >>, disse semplicemente, accelerando il passo, tanto che Makoto, più basso dell’amico di dieci centimetri buoni e decisamente meno longilineo, dovette quasi correre per star dietro alle lunghe falcate del compagno. Infine, i due si fermarono davanti a una lucida porta nera, che proteggeva l’ufficio del Preside della Toho Music Junior High. Yamato bussò immediatamente:

<< Prego, entrate >>, rispose una voce calma e profonda. Shinkami aprì la porta, entrando nell’ufficio del Preside. Non era un luogo eccessivamente lussuoso: un semplice tappeto moresco copriva il pavimento di legno, e scompariva sotto una scrivania, anch’essa di legno, con sopra una lampada, alcune cartelle, un portapenne, ciascun oggetto al proprio posto. La scrivania era situata quasi al centro della stanza. La parete opposta rispetto la porta ospitava delle grandi finestre, da cui entrava la pallida luce di quel mattino di novembre. Le due pareti adiacenti erano coperte rispettivamente da una libreria chiusa da vetri, piena di libri e spartiti musicali, e da uno schedario, anch’esso di legno. Completava l’ufficio del Preside un vecchio pianoforte verticale, incassato in una rientranza della libreria, e una tromba d’argento in una lucida custodia nera aperta, appoggiata sullo schedario. Il Preside, un uomo anziano dai lunghi capelli bianchi, brillanti occhi azzurri e l’espressione gentile, era in piedi dietro la sedia imbottita della scrivania.

<< Accomodatevi >>, disse l’uomo, indicando due sedie dallo schienale rigido poste davanti la scrivania. I due ragazzi eseguirono senza parlare, e il Preside si sedette sulla sedia imbottita, intrecciando le lunghe dita e fissando i due giovani al di sopra dei rotondi occhiali che indossava.

<< Cosa vi porta qui di prima mattina, Signori? E’ un po’ presto, anche per i suoi standard, Dorama-San >>, disse l’uomo, severo ma al contempo affabile, scoccando una penetrante occhiata a Makoto, che arrossì impercettibilmente e chinò il capo. Il ragazzo, infatti, era lo studente che maggiormente veniva mandato dal Preside, perché tendeva spesso a distrarsi o a fare rumore, e, al contrario di Yamato, mai riusciva a mascherare la sua disattenzione.

<< Ci dispiace molto, Sato-Sama >>, disse Makoto, chinando ancora la testa, e scoccando al contempo un’occhiata in tralice all’amico, che sedeva impassibile con le braccia incrociate, apparentemente molto interessato al portapenne posto sulla scrivania. Il Preside notò il comportamento di Yamato, e sul suo volto, per un momento, apparve un barlume di comprensione. Poi sorrise affabile:

<< Non si preoccupi, Dorama-San. Giornate difficili possono capitare a chiunque. Ho ragione, Yamato-San? >>, disse l’uomo, senza lasciar cadere il suo sorriso. Contrariamente a molti suoi colleghi, infatti, il Preside della Toho Gakuen Junior High era un uomo aperto e comprensivo, che cercava sempre d’andare incontro agli studenti e di aiutarli nei momenti di difficoltà. Questo era l’unico motivo per cui lo spirito libero Makoto e il taciturno e cupo Shinkami non erano ancora stati espulsi dall’Accademia, nonostante i numerosi tentativi da parte dei docenti e degli studenti stessi, che non sopportavano quella coppia così fuori dai canoni del College.

Vedendo che Yamato non dava segno d’aver sentito il Preside, Dorama lo colpì con un calcio alla gamba, cercando di non farsi notare. Shinkami sussultò, tornando alla realtà, e chinò il capo in un gesto affermativo. L’anziano direttore annuì, poi tirò fuori una lettera da una cartella, e il suo sorriso fu rimpiazzato da un’espressione grave: << Vi avrei convocati presto entrambi, in ogni caso. Yamato-San, stamattina è arrivata una lettera dal Quinto Settore >>, disse l’uomo, serio, porgendo la lettera all’albino. Makoto spalancò gli occhi, stupefatto, mentre Shinkami, i segni della sconfitta e della rassegnazione ben evidenti sul suo volto pallido, prendeva la lettera con mano ferma. Dorama si sporse per leggerla, accigliandosi.

<< In breve, con questa lettera, il Quinto Settore chiede il suo esonero da tutte le attività facoltative pomeridiane, e le prescrive di recarsi ogni giorno, senza eccezioni, presso la Rikugun Gakuen per gli allenamenti, ore 15.00. Inoltre, la giustifica anche per ogni eventuale sua assenza di durata superiore alla giornata >>, disse l’uomo, sospirando, mentre i due amici terminavano di leggere. Lo sguardo di Yamato indugiò sulle firme in fondo allo scritto, poi l’appoggiò sulla scrivania, distogliendo lo sguardo, ma per il resto rimanendo impassibile. Non così Makoto, che batté un pugno sulla scrivania, facendo tremare gli oggetti posti sul ripiano.

<< Sato-Sama! E’ un’ingiustizia! Non potete fare qualcosa! >>, esclamò il ragazzo, infervorandosi e respirando pesantemente. Il Preside lo guardò severamente senza dire nulla, finché Dorama non si calmò, pur conservando l’espressione indignata e arrabbiata. Lo sguardo dell’anziano uomo si spostò su Shinkami, rimasto impassibile durante lo sfogo del compagno, ed era uno sguardo triste:

<< Mi dispiace molto, Yamato-San. Purtroppo, questa storia esula dalla competenza della nostra Accademia. Le posso solamente assicurare che quello che farà al di fuori delle mura del College non avrà alcuna influenza sulla sua vita accademica. Tuttavia, deve capire che c’è un limite a quello che noi possiamo fare. >>, disse il Preside, chinando leggermente il capo in un gesto di sconforto. Yamato però si alzò, e s’inchinò profondamente all’uomo: << La ringrazio, Sato-Sama. Può congedarmi? >>, disse rispettoso, ma sia il Preside che Makoto notarono che la sua voce suonava stranamente fredda ed inespressiva. L’anziano uomo guardò comprensivo il ragazzo, e fece uno strano gesto con la mano, come se volesse posargliela sulla spalla. Poi si ricordò della sua posizione: << Certamente. La prego di fare attenzione. Dorama-San, lei resti ancora un momento, per favore >>, disse il Preside. Yamato si raddrizzò, poi uscì dall’ufficio, senza guardarsi indietro. Lo sguardo di Makoto lo seguì finché la porta non si fu richiusa alle sue spalle, poi tornò a fissare il Preside. L’uomo teneva la testa tra le mani, e appariva invecchiato di colpo.

<< Dorama-San, la prego di prendersi cura del suo amico. Le stia accanto, e cerchi d’aiutarlo in ogni modo possibile. Può considerarla la sua punizione per non aver prestato attenzione alla lezione, e per tutte le volte che la manderanno da me. Può andare >>, disse il Preside, senza guardare Makoto, che lo fissò sbarrando gli occhi. Poi annuì, alzandosi ed inchinandosi, e uscendo dall’ufficio. Si chiuse la porta alle spalle, e si guardò freneticamente intorno, alla ricerca di Yamato. Lo trovò appoggiato al muro, poco distante dall’ufficio. Il moro s’avviò in direzione dell’amico che, come lo vide, si diresse spedito verso la zona dei dormitori, situati in un edificio separato rispetto alle classi ma collegato ad esso da alcuni camminamenti chiusi.

<< Yamato? Sai che dovremmo essere a lezione, vero? >>, disse, rincorrendo l’amico. L’albino non aveva mai saltato una lezione sin dall’inizio dei corsi, al contrario di Dorama stesso. Era quindi una sorpresa, per il robusto ragazzo, vedere il compagno avviarsi verso i dormitori, quando in quel momento i due avrebbero dovuto essere a lezione d’Analisi Musicale, materia più importante di quell’anno.

<< Credi davvero che il Sensei ci riammetterà in classe, oggi, dopo che ci ha cacciati fuori? >>, disse Yamato, senza voltarsi. Makoto, dopo un attimo, annuì, e seguì l’amico senza aggiungere altro, e i due raggiunsero la loro stanza. Di nuovo, Shinkami si lasciò cadere sul letto, affondando il volto nel cuscino, mentre Dorama rimase in piedi, incerto sul da farsi: non aveva idea di come potesse fare per aiutare il suo amico, né osava tirar fuori l’argomento “Quinto Settore”, poiché poteva ben prevedere quale sarebbe stata la reazione del ragazzo. Quindi, rimase in piedi, appoggiandosi all’armadio a due ante, finché non fu Yamato stesso a rompere il silenzio, girandosi prono e fissando il soffitto bianco.

<< Mi dispiace di averti coinvolto in questa storia, Makoto. Mi dispiace davvero >>, mormorò il ragazzo, incrociando le braccia dietro la testa. Si vedeva chiaramente che il giovane stava lottando per trattenere le sue emozioni, e infatti Dorama non si lasciò ingannare dal volto inespressivo dell’altro. Il moro gli si sedette vicino, e gli posò una mano sulla spalla, sorridendo:

<< Non devi scusarti, sul serio. E poi … amico, qui dentro la vita è una noia! Un sacco di stupide regole, e nessun divertimento! Ci voleva un po’ di casino! >>, esclamò Makoto, recuperando la consueta allegria e spensieratezza. Yamato in risposta gli scaraventò addosso il cuscino, facendolo volare per terra, non riuscendo a trattenere un sorriso, che però svanì immediatamente.

<< Non c’è da scherzarci, Makoto. La situazione è grave >>, disse il ragazzo, mettendosi seduto e guardando severamente Dorama, che si rialzò lanciandogli il cuscino. Il moro continuò a sorridere, e di nuovo si sedette a fianco dell’amico, circondandogli le magre spalle con il robusto braccio.

<< Lo so bene, vecchio mio. Ma a volte scherzarci sopra aiuta >>, disse, e Shinkami sorrise nuovamente, scoccando all’amico un’occhiata colma di gratitudine, perché Makoto era sempre stato al suo fianco, in qualunque situazione. Anche quando aveva scoperto il suo segreto, gelosamente e vergognosamente occultato, il robusto ragazzo era rimasto al suo fianco, senza chiedere nulla in cambio, ma dandogli solamente la sua amicizia e lealtà. Yamato non poteva esprimere quanto Dorama significasse per lui. << Allora ti sei deciso >>, disse ancora il moro, togliendo il braccio e fissando fuori dalla finestra il grigio paesaggio. Shinkami non lo guardò né rispose, ma si lasciò cadere indietro, sul letto, tornando a fissare il soffitto con sguardo freddo e inespressivo.

Makoto sapeva che in quel momento l’amico stava pensando, e che era meglio lasciarlo stare, così si alzò, e si piegò davanti al comodino dell’albino, occupato da una lampada, un libro, alcuni piccoli spartiti, e due foto. La prima ritraeva lo stesso Yamato, qualche anno prima, in compagnia dei suoi genitori: una donna pallida dai lunghi capelli dorati e gli occhi azzurri, sorridente, e un uomo alto, dai corti capelli bianchi e gli occhi grigi, serio e posato. La seconda, invece, riportava ancora l’albino, all’età di 8-9 anni, che sorrideva allegro, e con le braccia stringeva le spalle dei suoi vecchi migliori amici, due bambini che sorridevano a loro volta, lo sguardo pieno di gioia, di speranza, d’innocenza. Era quasi impossibile accostare quell’allegro e spensierato bambino con il tredicenne Yamato, malinconico e ombroso.

<< Yamato … come farai a distruggere le persone che ti sono più care? >>, mormorò a mezza voce Dorama, sfiorando con la mano il vetro della foto con i tre bambini sorridenti. Shinkami non diede segno d’averlo sentito, anche se Makoto poté giurare di aver sentito un lungo sospiro provenire dall’amico, un sospiro triste e rassegnato, il sospiro di chi è costretto a fare qualcosa contro la sua volontà.


 

Carolus: Phew … Stupidi esami. Si, lo so, non è ancora successo niente … ma questo capitolo e il prossimo mi servono per definire meglio i personaggi … penso che dal quarto s’entrerà un po’ più nel vivo!

BF: *Sbuffa incredulo* Cioè? Ci sarà una partita a scacchi?

Shindou: *Legge, poi tira un sospiro di sollievo* Phew, sono ancora vivo …

Carolus: Shindou-Kun! *Abbraccia Shindou*

Shindou: *Sguardo interrogativo* Ehm …

BF: *Scuote la testa* Lascia perdere.


Note dell’Autrice
Ok, siamo ancora nell’Introduzione, quindi non è ancora successo nulla d’interessante … penso che dal quarto capitolo la trama entrerà un po’ più nel vivo … ma lo scoprirete solo leggendo, sisi. Spero il capitolo sia piaciuto. Mi raccomando, leggete e recensite!
Alcune note: Yamato = nome che significa Grande Armonia
Shinkami = da Shin (vero) e Kami (divinità). Scoprirete più avanti la ragione di questo nome.
Toho Gakuen = Conservatorio di Tokyo. Esiste davvero, ma ho preso solo il nome.
Sato = significa “Preside” (mi pare, almeno … )
Rikugun Gakuen = s’indicano con Rikugun le Accademie Militari Giapponesi (fonte: Wikipedia). Anche qui, scoprirete più avanti il perché del nome.

 

 

  
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