Un ringraziamento speciale a Miam e Ever_Crazy, che hanno recensito lo scorso capitolo, e a tutte le lettrici/lettori.
Capitolo II: Il
Canto del Solista - Introduzione (Parte II)
Personaggi:
Yamato
Shinkami (OC), Makoto Dorama (OC)
Carolus:
Yeah!
Finalmente, ecco il secondo capitolo della Fic!!
BF:
Dell’obbrobrio,
vorrai dire …
Carolus:
*Tira
un calcio a BF* Taci tu, ignorante!
BF:
A proposito,
non dovresti studiare?
Carolus:
Sono
in pausa. E poi ho tutta la notte, ancora …
BF:
*Scuote la
testa rassegnato* Senza
parole …
comunque, il Disclaimer?
Kidou:
Perché devo farlo sempre io … Carolus in alcun
modo non possiede i diritti di
Inazuma Eleven, Inazuma Eleven GO, eccetera, ma possiede i diritti sui
suoi OC
Carolus:
*Abbraccia Kidou* Kidou-Kun!
Kidou:
*Sospira rassegnato* Sigh … sarà una lunga
lettura …
Location: Campus della Toho Gakuen Music School (14
Novembre)
La
prestigiosa ed esclusiva
Toho Gakuen Music School sorgeva al centro di un grande parco di
proprietà
dell’Istituto stesso, chiuso al pubblico, un vasto polmone
verde che,
idealmente, divideva la scuola dal resto della città,
creando una barriera tra
i fortunati studenti dell’Accademia e il resto della
città di Tokyo. In
effetti, la Toho poteva essere considerata a tutti gli effetti come una
piccola
comunità completamente autosufficiente e isolata nel cuore
della più grande
metropoli del mondo, una rinomata istituzione che, sin dalla sua
fondazione,
avvenuta nel 1948, s’impegnava nel formare giovani e
talentuosi musicisti,
offrendo insegnamenti d’altissimo livello e un esclusivo
percorso formativo che
cominciava dall’istruzione elementare fino ai corsi
specialistici per gli
studenti laureati. Gli allievi della Toho, accuratamente selezionati da
un duro
esame d’ammissione, praticamente vivevano
all’interno del Campus, dotato di
ristoranti, supermercati, negozi d’abbigliamento,
d’arredamento, di strumenti
musicali: una piccola cittadina nel cuore di Tokyo, un luogo riservato
che
molto offriva ma che molto chiedeva, perché solamente i
migliori erano ammessi
in quel piccolo paradiso, completamente pervaso dalla musica, autentico
tema
portante del Campus. Essendo una scuola privata molto esclusiva, il
numero di
studenti non era eccessivo, e i vari livelli d’istruzione
presenti erano
rigidamente tenuti separati. Insomma, la Toho era davvero un posto
idilliaco,
ma, come in tutti i luoghi arcadici, c’era sempre qualcuno
insoddisfatto, una
stonatura che spiccava nella perfetta e celestiale armonia
dell’Istituto. E
tutti gli studenti dell’Accademia, senza esclusioni,
conoscevano bene quel
qualcuno, che veniva evitato, e trattato, come se fosse un malato
mentale,
nonostante quel particolare qualcuno avesse tutte le ragioni possibili
per
comportarsi in quel modo.
Era
una normale
mattinata per gli studenti della Toho Junior High, la divisione del
College che
si occupava dell’istruzione secondaria inferiore, volgarmente
nota come scuola
media. L’immenso parco era coperto da una leggera nebbia, che
tingeva ogni cosa
d’un grigio perlaceo, e lasciava intravvedere solamente i
contorni tremolanti
degli oggetti, e le sagome dei ritardatari diretti alle lezioni
mattutine,
cominciate, come ogni giorno scolastico, puntualmente alle 7.30.
Perché il
“prezzo” da pagare nel paradiso della Toho era
rappresentato da un severo
regolamento, modellato sul modello militare, un regime che richiedeva
obbedienza e osservanza delle regole. Così, la sveglia era
ogni giorno alle
6.30 in punto, il coprifuoco era alle 21.30, senza eccezioni, e in
più si
dovevano osservare rigide norme di comportamento. Nessuno, tuttavia, si
lamentava, o meglio, coloro che osavano protestare in qualche modo
venivano prontamente
espulsi dall’Accademia, che non ammetteva alcuno sbaglio.
C’era, in effetti,
una forte pressione sugli studenti del College, ormai mascherata dai
comportamenti divenuti abituali, ma sempre presente, un’ombra
che aveva molti
nomi: fallimento, espulsione, infrazione, un’ombra che
incombeva su tutti gli
allievi.
Lo
spettro di
quella pressione si vedeva benissimo osservando lo svolgimento delle
lezioni:
in tutte le classi dell’edificio scolastico era possibile
osservare gli
studenti, impeccabili nelle loro uniformi nere tirate a lucido,
prendere
diligentemente appunti, seguire attentamente le spiegazioni, oppure
eseguire
con abilità complicati esercizi. I pochi che si distraevano
durante le lezioni,
o disturbavano, erano severamente puniti dai docenti, che esigevano un
ordine e
un silenzio quasi maniacali.
Quel
giorno,
Yamato Shinkami era uno di quei pochi incoscienti che osavano distrarsi
durante
le lezioni: anche se il ragazzo stava prendendo appunti, il suo sguardo
era
fisso fuori dalla finestra, il mento sostenuto dalla mano destra, e il
giovane
stava osservando la nebbia che s’infittiva sempre di
più, prestando al docente
l’attenzione sufficiente per trascrivere ciò che
stava spiegando. In effetti, a
una prima occhiata poteva sembrare che il giovane albino fosse
concentrato
sulla lezione, nonostante stesse guardando fuori dalla finestra; ma
s’era
accorto benissimo della distrazione dell’amico Makoto Dorama,
seduto nel banco
immediatamente dietro; il robusto ragazzo continuava a lanciare
occhiate in
tralice all’amico, e il suo volto tradiva la preoccupazione
per Yamato, ben
memore del dialogo avuto con lo stesso la sera prima, dialogo che aveva
toccato
profondamente Makoto. Quest’ultimo approfittava di tutte le
pause disponibili,
anche delle più brevi, per guardare l’amico,
cercando di decifrarne lo stato
d’animo e al contempo di nascondere la sua agitazione
interiore. Ma, come al
solito, il volto di Yamato, freddo e inespressivo, non mostrava alcuna
emozione, se non una vaga attenzione per le parole
dell’insegnante. Al
contrario, invece, si vedeva chiaramente che la mente di Dorama era ben
distante dall’odierna lezione. Così, non
passò molto tempo che l’insegnante lo
richiamò, aspro:
<<
Dorama-San! Nel caso non se ne fosse accorto, la lezione è
cominciata! >>,
disse il
docente, un tarchiato uomo di mezz’età che
insegnava Analisi Musicale, colpendo
il banco del ragazzo con la bacchetta di legno. Makoto
sobbalzò, bruscamente
riportato alla realtà, mentre tutta la classe si voltava a
guardarlo, lieta di quell’inaspettata
interruzione. Il ragazzo incriminato si guardò intorno, poi
s’alzò, impacciato,
inchinandosi al professore:
<<
Le mie scuse, Sensei. Mi sono distratto >>,
disse umilmente il ragazzo,
conscio di essere nel torto. Nonostante lo spirito battagliero e
irascibile,
infatti, Makoto ben sapeva controllarsi, e ben sapeva che non era il
caso
d’attaccar briga con un docente, se non voleva essere espulso
dall’Accademia.
<<
Lo vedo, Dorama-San. Non essendo interessato alla lezione,
perché non s’accomoda
dal Preside per spiegare il motivo della sua distrazione >>,
disse il
docente, intransigente, e Makoto sospirò, sollevato. Andare
in presidenza non
era così grave, in fondo, nonostante le apparenze: sarebbe
stato peggio se
l’insegnate l’avesse punito lui stesso.
Così, raccolse le sue cose nella
cartella e fece per andarsene, quando fu bloccato dalla voce di Yamato,
alzatosi in piedi.
<<
E’ colpa mia, Sensei >>,
disse semplicemente, tenendo il volto chino.
L’insegnate alzò un sopracciglio,
poiché non s’era accorto della distrazione di
Shinkami. Gli sguardi della classe si spostarono su
quest’ultimo, derisori e
carichi d’aspettativa, perché Yamato non andava a
genio a nessuno,
all’Accademia, anzi, tutti tendevano ad evitarlo, oppure a
deriderlo, anche se
Yamato reagiva raramente alle provocazioni, e solo se queste
interessavano
l’argomento famiglia.
<<
In questo caso, Yamato-San, la prego d’accompagnare il suo
compagno in
Presidenza. Non tollero studenti distratti, come lei sa bene >>,
disse il
docente, tornando alla cattedra. Shinkami
s’inchinò all’insegnante, raccolse i
suoi libri, poi uscì a passo rapido dalla classe, seguito
qualche secondo dopo
da uno stupefatto Makoto, preso alla sprovvista da
quell’evento. Quando la
porta dell’aula si fu richiusa alle loro spalle, il moro
s’affiancò all’amico,
avviatosi verso la Presidenza:
<<
Non era il caso, Yamato >>, disse,
serio, guardando il compagno, che
lo guardò per un breve istante prima di tornare a fissare il
corridoio davanti
a sé.
<<
Si, invece, e tu lo sai >>,
disse semplicemente, accelerando il
passo, tanto che Makoto, più basso dell’amico di
dieci centimetri buoni e
decisamente meno longilineo, dovette quasi correre per star dietro alle
lunghe
falcate del compagno. Infine, i due si fermarono davanti a una lucida
porta
nera, che proteggeva l’ufficio del Preside della Toho Music
Junior High. Yamato
bussò immediatamente:
<<
Prego, entrate >>,
rispose una voce calma e profonda. Shinkami aprì la
porta, entrando nell’ufficio del Preside. Non era un luogo
eccessivamente
lussuoso: un semplice tappeto moresco copriva il pavimento di legno, e
scompariva sotto una scrivania, anch’essa di legno, con sopra
una lampada,
alcune cartelle, un portapenne, ciascun oggetto al proprio posto. La
scrivania
era situata quasi al centro della stanza. La parete opposta rispetto la
porta
ospitava delle grandi finestre, da cui entrava la pallida luce di quel
mattino
di novembre. Le due pareti adiacenti erano coperte rispettivamente da
una
libreria chiusa da vetri, piena di libri e spartiti musicali, e da uno
schedario, anch’esso di legno. Completava l’ufficio
del Preside un vecchio
pianoforte verticale, incassato in una rientranza della libreria, e una
tromba
d’argento in una lucida custodia nera aperta, appoggiata
sullo schedario. Il
Preside, un uomo anziano dai lunghi capelli bianchi, brillanti occhi
azzurri e
l’espressione gentile, era in piedi dietro la sedia imbottita
della scrivania.
<<
Accomodatevi >>,
disse l’uomo, indicando due sedie dallo schienale
rigido poste davanti la scrivania. I due ragazzi eseguirono senza
parlare, e il
Preside si sedette sulla sedia imbottita, intrecciando le lunghe dita e
fissando i due giovani al di sopra dei rotondi occhiali che indossava.
<<
Cosa vi porta qui di prima mattina, Signori? E’ un
po’ presto, anche per i suoi
standard, Dorama-San >>,
disse l’uomo, severo ma al contempo affabile,
scoccando una penetrante occhiata a Makoto, che arrossì
impercettibilmente e
chinò il capo. Il ragazzo, infatti, era lo studente che
maggiormente veniva
mandato dal Preside, perché tendeva spesso a distrarsi o a
fare rumore, e, al
contrario di Yamato, mai riusciva a mascherare la sua disattenzione.
<<
Ci dispiace molto, Sato-Sama >>,
disse Makoto, chinando ancora la
testa, e scoccando al contempo un’occhiata in tralice
all’amico, che sedeva
impassibile con le braccia incrociate, apparentemente molto interessato
al
portapenne posto sulla scrivania. Il Preside notò il
comportamento di Yamato, e
sul suo volto, per un momento, apparve un barlume di comprensione. Poi
sorrise
affabile:
<<
Non si preoccupi, Dorama-San. Giornate difficili possono capitare a
chiunque.
Ho ragione, Yamato-San? >>,
disse l’uomo, senza lasciar cadere il
suo sorriso. Contrariamente a molti suoi colleghi, infatti, il Preside
della
Toho Gakuen Junior High era un uomo aperto e comprensivo, che cercava
sempre d’andare
incontro agli studenti e di aiutarli nei momenti di
difficoltà. Questo era l’unico
motivo per cui lo spirito libero Makoto e il taciturno e cupo Shinkami
non
erano ancora stati espulsi dall’Accademia, nonostante i
numerosi tentativi da
parte dei docenti e degli studenti stessi, che non sopportavano quella
coppia
così fuori dai canoni del College.
Vedendo
che
Yamato non dava segno d’aver sentito il Preside, Dorama lo
colpì con un calcio
alla gamba, cercando di non farsi notare. Shinkami sussultò,
tornando alla
realtà, e chinò il capo in un gesto affermativo.
L’anziano direttore annuì, poi
tirò fuori una lettera da una cartella, e il suo sorriso fu
rimpiazzato da un’espressione
grave: <<
Vi avrei convocati presto entrambi,
in ogni caso. Yamato-San, stamattina è arrivata una lettera
dal Quinto Settore
>>, disse l’uomo, serio, porgendo la lettera
all’albino. Makoto
spalancò gli occhi, stupefatto, mentre Shinkami, i segni
della sconfitta e
della rassegnazione ben evidenti sul suo volto pallido, prendeva la
lettera con
mano ferma. Dorama si sporse per leggerla, accigliandosi.
<<
In breve, con questa lettera, il Quinto Settore chiede il suo esonero
da tutte
le attività facoltative pomeridiane, e le prescrive di
recarsi ogni giorno,
senza eccezioni, presso la Rikugun Gakuen per gli allenamenti, ore
15.00.
Inoltre, la giustifica anche per ogni eventuale sua assenza di durata
superiore
alla giornata >>,
disse l’uomo, sospirando, mentre i due amici
terminavano di leggere. Lo sguardo di Yamato indugiò sulle
firme in fondo allo
scritto, poi l’appoggiò sulla scrivania,
distogliendo lo sguardo, ma per il
resto rimanendo impassibile. Non così Makoto, che
batté un pugno sulla
scrivania, facendo tremare gli oggetti posti sul ripiano.
<<
Sato-Sama! E’ un’ingiustizia! Non potete fare
qualcosa! >>,
esclamò il
ragazzo, infervorandosi e respirando pesantemente. Il Preside lo
guardò
severamente senza dire nulla, finché Dorama non si
calmò, pur conservando l’espressione
indignata e arrabbiata. Lo sguardo dell’anziano uomo si
spostò su Shinkami,
rimasto impassibile durante lo sfogo del compagno, ed era uno sguardo
triste:
<<
Mi dispiace molto, Yamato-San. Purtroppo, questa storia esula dalla
competenza
della nostra Accademia. Le posso solamente assicurare che quello che
farà al di
fuori delle mura del College non avrà alcuna influenza sulla
sua vita
accademica. Tuttavia, deve capire che c’è un
limite a quello che noi possiamo
fare. >>,
disse il Preside, chinando leggermente il capo in un gesto di
sconforto. Yamato però si alzò, e
s’inchinò profondamente all’uomo: << La
ringrazio, Sato-Sama. Può congedarmi?
>>, disse rispettoso, ma sia il Preside che Makoto
notarono che la
sua voce suonava stranamente fredda ed inespressiva.
L’anziano uomo guardò
comprensivo il ragazzo, e fece uno strano gesto con la mano, come se
volesse
posargliela sulla spalla. Poi si ricordò della sua
posizione: <<
Certamente. La prego di fare attenzione.
Dorama-San, lei resti ancora un momento, per favore >>,
disse il
Preside. Yamato si raddrizzò, poi uscì
dall’ufficio, senza guardarsi indietro.
Lo sguardo di Makoto lo seguì finché la porta non
si fu richiusa alle sue
spalle, poi tornò a fissare il Preside. L’uomo
teneva la testa tra le mani, e
appariva invecchiato di colpo.
<<
Dorama-San, la prego di prendersi cura del suo amico. Le stia accanto,
e cerchi
d’aiutarlo in ogni modo possibile. Può
considerarla la sua punizione per non
aver prestato attenzione alla lezione, e per tutte le volte che la
manderanno
da me. Può andare >>,
disse il Preside, senza guardare Makoto, che lo
fissò sbarrando gli occhi. Poi annuì, alzandosi
ed inchinandosi, e uscendo dall’ufficio.
Si chiuse la porta alle spalle, e si guardò freneticamente
intorno, alla
ricerca di Yamato. Lo trovò appoggiato al muro, poco
distante dall’ufficio. Il
moro s’avviò in direzione dell’amico
che, come lo vide, si diresse spedito
verso la zona dei dormitori, situati in un edificio separato rispetto
alle
classi ma collegato ad esso da alcuni camminamenti chiusi.
<<
Yamato? Sai che dovremmo essere a lezione, vero? >>,
disse,
rincorrendo l’amico. L’albino non aveva mai saltato
una lezione sin dall’inizio
dei corsi, al contrario di Dorama stesso. Era quindi una sorpresa, per
il
robusto ragazzo, vedere il compagno avviarsi verso i dormitori, quando
in quel
momento i due avrebbero dovuto essere a lezione d’Analisi
Musicale, materia più
importante di quell’anno.
<<
Credi davvero che il Sensei ci riammetterà in classe, oggi,
dopo che ci ha
cacciati fuori? >>,
disse Yamato, senza voltarsi. Makoto, dopo un attimo,
annuì, e seguì l’amico senza aggiungere
altro, e i due raggiunsero la loro
stanza. Di nuovo, Shinkami si lasciò cadere sul letto,
affondando il volto nel
cuscino, mentre Dorama rimase in piedi, incerto sul da farsi: non aveva
idea di
come potesse fare per aiutare il suo amico, né osava tirar
fuori l’argomento “Quinto
Settore”, poiché poteva ben prevedere quale
sarebbe stata la reazione del
ragazzo. Quindi, rimase in piedi, appoggiandosi all’armadio a
due ante, finché
non fu Yamato stesso a rompere il silenzio, girandosi prono e fissando
il
soffitto bianco.
<<
Mi dispiace di averti coinvolto in questa storia, Makoto. Mi dispiace
davvero
>>,
mormorò il ragazzo, incrociando le braccia dietro la testa.
Si vedeva
chiaramente che il giovane stava lottando per trattenere le sue
emozioni, e
infatti Dorama non si lasciò ingannare dal volto
inespressivo dell’altro. Il
moro gli si sedette vicino, e gli posò una mano sulla
spalla, sorridendo:
<<
Non devi scusarti, sul serio. E poi … amico, qui dentro la
vita è una noia! Un
sacco di stupide regole, e nessun divertimento! Ci voleva un
po’ di casino!
>>,
esclamò Makoto, recuperando la consueta allegria e
spensieratezza. Yamato in
risposta gli scaraventò addosso il cuscino, facendolo volare
per terra, non
riuscendo a trattenere un sorriso, che però svanì
immediatamente.
<<
Non c’è da scherzarci, Makoto. La situazione
è grave >>,
disse il
ragazzo, mettendosi seduto e guardando severamente Dorama, che si
rialzò
lanciandogli il cuscino. Il moro continuò a sorridere, e di
nuovo si sedette a
fianco dell’amico, circondandogli le magre spalle con il
robusto braccio.
<<
Lo so bene, vecchio mio. Ma a volte scherzarci sopra aiuta >>,
disse, e
Shinkami sorrise nuovamente, scoccando all’amico
un’occhiata colma di
gratitudine, perché Makoto era sempre stato al suo fianco,
in qualunque
situazione. Anche quando aveva scoperto il suo segreto, gelosamente e
vergognosamente occultato, il robusto ragazzo era rimasto al suo
fianco, senza
chiedere nulla in cambio, ma dandogli solamente la sua amicizia e
lealtà.
Yamato non poteva esprimere quanto Dorama significasse per lui. << Allora ti
sei deciso >>, disse
ancora il moro, togliendo il braccio e fissando fuori dalla finestra il
grigio
paesaggio. Shinkami non lo guardò né rispose, ma
si lasciò cadere indietro, sul
letto, tornando a fissare il soffitto con sguardo freddo e inespressivo.
Makoto
sapeva
che in quel momento l’amico stava pensando, e che era meglio
lasciarlo stare,
così si alzò, e si piegò davanti al
comodino dell’albino, occupato da una
lampada, un libro, alcuni piccoli spartiti, e due foto. La prima
ritraeva lo
stesso Yamato, qualche anno prima, in compagnia dei suoi genitori: una
donna
pallida dai lunghi capelli dorati e gli occhi azzurri, sorridente, e un
uomo
alto, dai corti capelli bianchi e gli occhi grigi, serio e posato. La
seconda,
invece, riportava ancora l’albino,
all’età di 8-9 anni, che sorrideva allegro,
e con le braccia stringeva le spalle dei suoi vecchi migliori amici,
due
bambini che sorridevano a loro volta, lo sguardo pieno di gioia, di
speranza, d’innocenza.
Era quasi impossibile accostare quell’allegro e spensierato
bambino con il
tredicenne Yamato, malinconico e ombroso.
<<
Yamato … come farai a distruggere le persone che ti sono
più care? >>,
mormorò a
mezza voce Dorama, sfiorando con la mano il vetro della foto con i tre
bambini
sorridenti. Shinkami non diede segno d’averlo sentito, anche
se Makoto poté
giurare di aver sentito un lungo sospiro provenire
dall’amico, un sospiro
triste e rassegnato, il sospiro di chi è costretto a fare
qualcosa contro la
sua volontà.
Carolus:
Phew … Stupidi esami. Si, lo so, non è ancora
successo niente … ma questo
capitolo e il prossimo mi servono per definire meglio i personaggi
… penso che
dal quarto s’entrerà un po’
più nel vivo!
BF:
*Sbuffa
incredulo* Cioè? Ci sarà una partita a scacchi?
Shindou:
*Legge, poi tira un sospiro di sollievo* Phew, sono ancora vivo
…
Carolus: Shindou-Kun!
*Abbraccia Shindou*
Shindou:
*Sguardo interrogativo* Ehm …
BF:
*Scuote la
testa* Lascia perdere.
Note
dell’Autrice
Ok,
siamo ancora nell’Introduzione, quindi non è
ancora successo nulla d’interessante … penso che
dal quarto capitolo la trama
entrerà un po’ più nel vivo
… ma lo scoprirete solo leggendo, sisi. Spero il
capitolo sia piaciuto. Mi raccomando, leggete e recensite!
Alcune
note: Yamato
= nome che
significa Grande Armonia
Shinkami = da Shin (vero) e Kami (divinità).
Scoprirete più avanti la ragione di questo nome.
Toho Gakuen = Conservatorio di Tokyo. Esiste davvero,
ma ho preso solo il nome.
Sato = significa “Preside” (mi pare, almeno
… )
Rikugun Gakuen = s’indicano con Rikugun le Accademie
Militari Giapponesi (fonte: Wikipedia). Anche qui, scoprirete
più avanti il perché
del nome.