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Autore: Heavy    09/04/2004    5 recensioni
La verità su Draco, tutto quello che avreste voluto sapere sul suo conto.
Genere: Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Draco!- la sua voce è tanto dolce, sembra fatta di zucchero filato.

Corro fino al suo grande letto, è troppo alto per me, non riesco a salire. Si china e mi afferra con le sue braccia deboli, un po’ tremanti, e con quella mano delicata, sembra una rosellina, mi carezza la mia zazzera bionda. Vedo i suoi occhi violetti che riflettono la sua gioia nell’avermi un po’ accanto a sé. Ma io sono tanto contento le poche volte che riesco ad entrare nella sua stanza luminosa.

- Draco!- ripete nel suo sussurro dolce, come il vento che passa tra i capelli nelle giornate di inizio autunno. Rido, contento di stringermi a lei, contro il suo corpicino caldo. Carezzo con una mano i suoi capelli biondi, lunghissimi, sparsi tutt’intorno al suo cuscino come raggi di un sole che lei non può vedere.

Vedo il suo viso pallido, illuminarsi come una fiamma, i suoi occhi velati, sembrano felici in quegli attimi che sembrano durare così tanto… Vedo la sua mano scarna avvicinarsi e sfiorarmi, come se avesse paura di rompermi, l’afferro con le mie mani, più piccole delle sue, rimaniamo così per tutta la vita, insieme…

- Draco!- questa voce non è dolce come quella di prima, è aspra e furente. Mi sono accorto di stare sognando ad occhi aperti, come mi succede spesso in questo periodo.

- Dimmi… mamma…- ho qualche incertezza nel pronunciare quella parola finale, come se fosse una risposta ad un quiz della McGrannit.

- Draco Malfoy! Ci sono ospiti in Sala, io e tuo padre desideriamo che tu scenda…- mi ficca le sue unghie lunghissime nel palmo della mano, strattonandomi per le scale.

- Ma chi sei tu, per comandarmi? Pretendi che ti chiami madre, ma non hai nessun legame di sangue con me…- penso spesso queste parole, vorrei dirle, ma mi manca il fegato…Forse ha ragione il Potter ha dirmi che sono un vigliacco.

Scendo le scale con riluttanza, ripensando con nostalgia al profumo della mia mamma, la mia vera madre. Lei era naturale, mentre Narcissa mi sa tanto di artificioso. Ripenso al suo profumo di rose, di pini bagnati vicino al mare al pomeriggio, di vaniglia… Di tutti gli odori che adoro…

Stendo le labbra in un sorriso triste, ripensando a quando stavo attaccato al suo collo sottile.

- Cosa hai da sorridere?- Narcissa mi interroga brutalmente.

- Mi preparavo per gli ospiti… Quale pallone gonfiato o gallinella chiocciante hai invitato, stavolta?- chiedo candidamente, aspettandomi uno schiaffo, che arriva puntualmente. Non voglio darle la soddisfazione di vedermi piangere, ma nonostante la forza di quella mano, non sento più il dolore, ne ho passate tante, ormai non riuscirei a piangere nemmeno se… Forse esiste solo un modo… Mi correggo, parlate male di Magdalene, di Magda, della mia dolce mamma e avrete Draco Malfoy ai vostri piedi.

Entro nel salotto, sedendomi accanto a mio padre, che mi presenta compiaciuto agli ospiti.

- Oh, Draco! Ma come sei fatto grande! Sei fatto un così bel ragazzo! Quanti anni hai? Diciassette?- mi interroga una vecchia che sembra conoscere vita morte e miracoli a mio riguardo.

Stringo i denti e stiro nuovamente le labbra in un sorriso, odio le falsità di questi complimenti, ma se faccio un passo falso dopo saranno guai.

Sorbisco il mio succo di zucca ghiacciato abbassando gli occhi e dopo aver annuito un paio di volte e fatto qualche domanda e aver parlato di Pozioni, chiedo il permesso di ritirarmi nella mia stanza, con la scusante dei compiti delle vacanze.

I capelli biondi di mio padre risplendono e i suoi occhi ammiccano al vecchio e grasso signore seduto in un angolo - Eh, sì! Il mio Draco tiene molto allo studio! E’ sempre chiuso in camera sua a studiare, avrà un brillantissimo futuro!- scandisce bene le parole e mi lancia un’occhiatina significativa: il messaggio è chiaro.

Sa benissimo che è solo una scusa per levarmi da lì, e i suoi occhi grigi, mi lampeggiano in uno strano codice la notizia di una futura punizione; pazienza ci sono abituato ormai.

Mi alzo, salutando cerimoniosamente gli ospiti, quando la signora riesce a fermarmi a sua insaputa con queste candide parole:

- Certo Narcissa che tuo figlio è veramente un bel ragazzo… Chissà avrà sicuramente la ragazzina…- è tutta un’ipocrisia, la bellezza non esiste, io non sono bello e tanto meno fidanzato.

Vorrei girarmi e gridarle di ficcare quel naso negli affari altrui, ma le mie gambe si rifiutano di obbedirmi e continuano a camminare lentamente verso l’ingresso.

Comincio a correre via dall’angustia che mi provoca Villa Carambola in questo periodo e mi rifugio in una macchia di gigli viola; sedendomi su una pietra a forma di podio mi accorgo con tristezza che sono dello stesso colore degli occhi di mia mamma, forse un caso dato che mio padre, spinto da una commozione del tutto estranea alla sua natura la seppellì in un luogo che avrei potuto raggiungere, ma senza nessuna lapide. Forse i gigli sono un segno mandato dalla mia Magda, per dirmi che mi vuole bene… E’ stupido da dire ma questo pensiero mi fa venire le lacrime agli occhi.

^^

- Evaristo…- Narcissa è ha conoscenza di quanto odi essere chiamato con il mio secondo nome.

Si avvicina con passo felpato a me, avanzando come una pantera che punta una preda.

Mi sorride, un sorriso cattivo, le sue labbra rosse ammiccano, i suoi occhi azzurri sono freddi come l’acciaio e mi trapassa da parte a parte; il suo vestito scarlatto sedendosi sull’orlo del mio letto fruscia, come un sibilo di serpente.

- Evaristo, tesoro…- il suo tono non mi convince per niente, un falso tono di preoccupazione - Ti vedo un po’ pensieroso negli ultimi giorni… Capisco, si avvicina l’anniversario della morte di… Quella donna…- le sue ultime parole mi fanno correre un brivido lungo la schiena e stringo forte i pugni. - Ti ho visto, oggi, sederti lì alla sua tomba e penso che sia meglio farla rimuovere, non credi?- il sangue che scorreva dentro di me si gela all’improvviso. Sono pietrificato. Mia madre era una delle persone più buone del mondo e si è dedicata sempre ad aiutare gli altri e cosa ne riceve? Nemmeno un po’ di gratitudine, nemmeno un posto dove il suo corpo può giacere… Sollevo lo sguardo dalla coperta e fisso gli occhi glaciali di Narcissa, percepisco la sua felicità nel vedermi completamente annientato, la sento godere della mia infelicità.

Mi alzò in piedi, sono più alto di lei, anche se ho solo quindici anni, ma la sovrasto. Alzo la mano per colpirla sulla bocca, per cancellare il ricordo delle sue parole, finalmente posso vendicarmi, non sono più il Draco animaletto da compagnia, non sono più il ragazzo da seviziare nel suo animo…

-Lucius!- è arrivato il cavaliere a salvare la damigella. Mi blocco istintivamente, resto con la mano alzata.

I suoi occhi, che tutti definiscono uguali ai miei, lampeggiano di furore, sono stato io a firmare la condanna a morte di mia madre.

Dopo che se ne sono andati, Narcissa rientra furtivamente in camera mia, con la sua faccia disgustata dalla mia presenza:

- Tua madre non era un modello di virtù…- sibila massaggiandosi il braccio destro con il sinistro.

- Sennò non sarebbe rimasta incinta a sedici anni…- vede che non controbatto e cerca di provocarmi ancor di più, per peggiorare la mia situazione.

- Tu, Draco, sei figlio del peccato.- sussurra avvicinando il suo volto al mio.

^^

La fine delle vacanze è come una specie di sollievo per me. Sento il peso delle tensione che grava in casa mia scivolare via dalle spalle; è una fortuna che io passi la maggior parte del mio tempo ad Hogwarts, trascorrere tutto l’anno con mio padre e sua moglie deve essere un vero inferno.

Mi immagino un vortice rosso infuocato, con una regina dai capelli biondi macchiati di sangue che mi colpisce a suon di frusta, sorridendo ad ogni ferita che si apre nel mio corpo martoriato dal suo laccio di cuoio. Mi vedo distintamente nella mia mente, alzarmi, tremante, raggiungere la mia aguzzina e prenderle la frusta: ora sarà lei a soffrire, ad invocare pietà, umiliarsi, strisciando sulle ginocchia fino al mio corpo sul seggio. I suoi occhi blu non hanno perso la loro perfidia e ardono di una luce malvagia: sicuramente prevede per me atroci torture; ma io non demordo, continuo a fustigarla, fino a che vedo i suoi abiti completamente lacerati e il suo corpo interamente segnato da lunghe striature rosse.

Mi risveglio da quella goduriosa fantasia, non è la prima volta che immagino per Narcissa situazioni del genere, a volte anche più cruente e violente. In fondo, è colpa sua se per mio padre sono solo una persona da addestrare a mantenere alto il nome della famiglia, che deve onorare a dovere il casato dei Malfoy. Lui non capisce che un’esistenza priva del minimo calore fa di me un mostro incapace di amare, anche se all’apparenza sembro proprio così. Sono spregevole, ed amo esserlo, amo vedere le facce disgustate degli altri quando parlo, amo essere considerato un animale, nel vero senso della parola. Ma una piccola parte di me è ancora capace di provare un minimo d’affetto nei confronti della gente, e il solo merito è di mia madre, che nei pochi anni che mi ha avuto accanto a sé è riuscita ad insegnarmi tanto.

Ripenso ai suoi occhi viola, splendenti come polle di una sorgente sacra, lei è l’unica persona che conosco che è bella… Era dovrei dire… Sento uno strano pizzicorino alla gola e mi viene una grande voglia di avere qualcosa da abbracciare; sta succedendo di nuovo, sto piangendo. Le lacrime bruciano sul mio viso gelido, ma con un gesto brusco le rimuovo dal mio volto. Ripenso ai suoi capelli dorati, come le spighe maturate d’agosto, che si spandevano intorno a lei come una corona quanto mai preziosa. Afferro il libro di trasfigurazione e lo sbatto violentemente per terra.

- Non è giusto e basta… La vita è ingiusta con me…- borbottii senza senso sgorgano dalle mia labbra.

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- Se il tuo andamento si rivelerà quanto mai deludente come gli anni passati e se scopro che mio figlio si è fatto battere a Quidditch da Potter e nel rendimento da quella sporca Mezzosangue…- la predica di mio padre è uguale tutti gli anni, mi ricorda tanto il Professor Ruf… Potrebbe fare qualche volo di fantasia, così come potrebbe benissimo tingersi quei capelli chiari, non vorrei che lo riconoscessero per mio padre, il padre di quella deludente creatura chiamata Draco Malfoy.

Il viaggio verso la stazione si svolge nel più completo silenzio, intuisco quindi che è ancora arrabbiato per il mio “riprovevole comportamento verso i confronti di tua madre, che si è sempre preoccupata per te”, citando le sue testuali parole, che scalfiscono il mio animo in minima parte.

Tua madre, cioè mia madre… Io non mi sono mai comportato male con lei, la amavo e amo teneramente tutt’ora, struggendomi ancora per risentire il suo profumo o per essere avvolto nel suo abbraccio leggero, come i baci che mi dava, dolci come un frutto maturo… Vorrei correggere mio padre, “nei confronti della lurida sgualdrina che ho preso in moglie…” ma so che è inutile. Più mi ribello, più duri saranno gli anni da passare con lui.

Non si gira nemmeno a salutarmi come di consuetudine, quando mi sbarca nel marciapiede della stazione babbana; io sbatto con violenza la porta e vado via, correndo, finalmente felice dopo quell’estate da incubo.

Ma veramente felice non potrò mai esserlo… Io… Io… Mi mancano le parole, non riesco a dirlo. A me manca mia madre e il fatto che non la rivedrò mai più mi provoca fitte lancinanti al petto, il cui dolore non si acquieterà mai.

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Mi sento sperso in quella grande marea di teste e divise nere, gli occhi mi si offuscano un attimo alla vista di una ragazza dai capelli dorati; corro per vederla in faccia, ma mi accorgo che è una stupida Corvonero e l’aggredisco a parole. Lei non deve osare di assomigliare a Magda, non si deve minimamente provare… Sono pazzo lo so, ma mi rende furente la minima rassomiglianza della gente con qualsiasi cosa riguardi la dolce Magadalene.

Accolgo con uno sguardo freddo Vincent e Gregory, che d’altra parte sono la miglior compagnia che potrei desiderare; loro ci sono ma sono talmente idioti che non capiscono niente di me e quando sono coloro non devo fingere e posso lasciarmi andare, non si accorgono di niente. Mi ritengono un capo fido e bravissimo e questo mi basta… Mi sento in colpa a pensare simili cose, gli voglio molto bene a tutti e due, probabilmente tutti pensano che io li sfrutti, ma anche ora, vedendoli avvicinarsi a me, provo una strana ondata d’affetto, per coloro che nonostante la loro ottusità e stupidità forse hanno capito più di chiunque altro la vita.

Vedo i mantelli delle piccole ragazzine frusciare per terra, le loro chioccianti risatine mi innervosiscano e con un cenno ordino a Gregory di provvedere; presto la strada verso il treno è sgombra e le mie orecchie hanno pace.

Mi sento stanco, stanco di dover agire nella vita, di non dover rimanere in un angolo e fare quello che voglio; mi siedo nello scompartimento libero che Vincent si è procurato e cupamente prendo a guardare il paesaggio che scorre lentamente sotto i miei occhi.

- Capo? Capo? Non andiamo a disturbare un po’ di gentaglia? Eh?- borbotta stranamente loquace Gregory.

Annuisco con un cenno del capo e mi alzo con la sensazione di essere ancora più stanco di prima. Stanco della maschera che Lucius ha creato per il ragazzino undicenne, completamente assoggettato dalla moglie perfida e dal padre cattivo. - Tu devi fare così se ti chiedono delle Arti Oscure…- ricordo che lui annientò completamente la mia personalità, è come se avesse travasato la sua mente nella mia, proprio come fece Zeus con Atena. A volte mi chiedo se abbia usato su di me la maledizione Imperius, tanto è riuscito nella sua opera. Ma le cose cambiano…

Tutti, nel cammino della loro vita (Dante? Amore mio! Toscanaccio come me! NdH) giungono ad un bivio di due strade, c’è chi lo trova a trent’anni, chi a ottanta, e chi a quindici, come me.

Ora devo decidere quale strada intraprendere, rivelare la mia vera natura e ricominciare da capo, o cedere alla tentazione del male che mio padre mi ha tramandato e farmi marchiare a fuoco dal Signore Oscuro. Sono consapevole della fine che farò se sceglierò la prima opzione, Narcissa spronerebbe Lucius a cacciarmi come un coniglio e, quando mi avrà stanato di ricondurmi sulla “retta” via; altrimenti nessun legame di sangue sarebbe sufficientemente forte da evitarmi la morte.

Magda, Magda, tu che eri così pura, a parte quella macchia sul tuo onore, cosa faresti? Mi immagino la tua voce rispondere. carezzandomi come un gatto, che è una decisione mia e solo mia.

Arrivato a metà corridoio mi blocco, sento la voce di Narcissa che ripete le parole di quella notte estiva.

- Figlio del peccato…- mormoro da solo, attirandomi gli sguardi curiosi di tutti i ragazzi lì intorno.

Come di consuetudine cerco Potter per i corridoi, preparando qualche insulto provocatorio; chissà perché lo odio? In fondo io e lui siamo molto simili, forse ci capiremmo anche bene… Io ho perso mia madre per colpa del Signore Oscuro, anche se in maniera decisamente indiretta e lui pure; io sono torturato dalla McGranitt e lui da Piton, siamo circondati da una massa di ignoranti e…

- Malfoy, ma che gradita sorpresa! Se sei venuto per sfottere potresti anche farlo invece che rimanere lì pensando alla tua felice vita sentimentale, poco fa è passata Pansy… Ti cercava…- questa è la battuta d’entrata dello scudiero del capo dell’associazione sfigati.

Prima fisso Weasly nei suoi occhi inespressivi osservando come distolga intimorito lo sguardo. In questo momento leggo la paura nel suo volto e sorrido aspramente pensando a come devo apparire, lo sguardo folle e uno strano mutismo che non è da me.

Passo in rassegna la Granger che arrossisce, dato che sa benissimo ciò che penso... Ma se è una persona fottutamente intelligente, perché non arriva a capire niente di me? Anche negli anni passati ha dimostrato logica, ma si trova davanti ad un muro quando cerca di capire come mai mi comporto in maniera così arrogante. La piccola Ginny Weasly mi fissa intimorita con i suoi occhi neri e le regalo un sorriso triste, tanto per confondere le idee in giro. Mi fa tenerezza quel cosino lì, dimenticato da tutti, che crede di essere accettata nella banda di Potter, anche se in realtà non la scacciano perché la loro schifosa bontà li rende falsi.

Per ultimo ho lasciato lui, quel che dovrebbe essere il mio nemico giurato ma che in questo momento sembra stanco quanto me di questa vita.

I suoi occhi verdi riflettono come uno specchio la mia immagine sconvolta e penso che i miei, di rimando, daranno la sua; non so quanto sono rimasto lì a fissarlo ma deve essere stato un bel po’. Il nervosismo si poteva tagliare con il coltello e gli altri sembravano del tutto estranei al tacito duello che si sta svolgendo tra me e Potter. Mi ricordo della passata rinascita del Signore Oscuro e mi rendo conto che la situazione di me e Potter è praticamente la stessa, moriremo tutti e due: lui, ucciso dal Padrone delle Anime, io ucciso o da mio padre, o cadrò per sostenere lo stendardo di Voi Sapete Chi.

Potter si distoglie dalla nostra lotta con gli sguardi e si alza sfoderando la bacchetta; si vede che non ha capito le mie vere intenzioni. Questa specie di colloquio senza parole con l’anima di Potter mi ha fatto venire delle idee per la mia vita, e non ci sarà sicuramente tempo per attaccarlo, né ora né mai.

Esco velocemente dalla porta, immaginando l’antipatica faccia lentigginosa di Weasly parlare sconvolto con Lui.

- Figlio del peccato, tu sei il suo gemello oscuro.- ripeto tra me queste parole, che dopo tanto tempo mi infondono sicurezza e la speranza prendere a brillare davanti ai miei occhi.

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Tutte le volte che l’ Hogwarts Express si arresta bruscamente alla Stazione di Hogsmeade non riesco a trattenere un sussulto; ma chi lo guida è forse un elfo domestico che ha bevuto tre bottiglie di Burrobirra? Vincent recupera il mio baule e aspetta un ringraziamento, con tutte queste smorfie da donnicciole mi sento come il piccolo Lord Fauntleroy, il protagonista di un libro che mia mamma mi leggeva per addormentarmi.

- Capo? Ti porto il baule?- ripete come un automa Gregory.

Dopo che una vaga espressione stupefatta compare sulla sua faccia stupida, come un bozzetto di una statua da scolpire, si rassegna a lasciarmi portare da solo la cassa.

Cammino a testa bassa e osservo il motivo del terreno, neve, fango, cartaccia, terra. Sembra che un artista pazzo abbia decorato con una simmetria geometrica il tratto che va dalla stazione fino all’area delle carrozze.

La combriccola di miseri pezzenti di Potter mi osserva come se fossi un alieno e regalo loro un sorriso sarcastico; prima in quello scompartimento mi sono lasciato prendere la mano dalla mia idea geniale.

Se loro sapessero il perché di tutta la mia rabbia, la rabbia che devo sfogare su di loro perché non ho alternative.

Magda, so perché sei morta. Questo pensiero accantonato si fa largo a gomitate nella mia mente; ho dimenticato mia madre quando ero in prima, quando ero in seconda e anche in terza. Ero troppo assorbito dalle mie prime esperienze dal resto, e anche Lucius ha avuto la sua parte, insegnandomi i basamenti dell’esser Malfoy.

Ma questa volta vincerò, lo sento. E’ una certezza che mi arriva dal cuore: io ti vendicherò mamma. Lo so che tu lo amavi tanto ma non c’è speranza, ormai. Il suo destino è perire per la mano di suo figlio e adempierò la mia missione con gioia. Non vedo l’ora di vedere il corpo di Lucius giacere accanto a quello di quella sgualdrina, nudi, sia nell’anima che nel corpo.

Sarà un piano difficile da realizzare, innanzitutto ho bisogno del completo appoggio di Potter. So che non si fida di me, ma ho bisogno di lui e devo conquistarmi la sua fiducia. Gli scossoni della carrozza aiutano il mio cervello ha concepire il mio piano diabolico, ma non ho dubbi, parricidio o no, vendicherò l’onore di mia madre.

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- Malfoy?- vedo un umbra stagliarsi contro la parete. Vedo due lunghe gambe e una gonna corta, una mano sottile che si agita e lunghi capelli che svolazzano allegramente, la testa dondola.

- Dimmi Pansy.- borbotto senza alzare lo sguardo dal libro che leggo. L’ombra di una persona è sempre meglio della persona reale, a mio parere.

- Hai saputa la novità? Sei tu il capitano della squadra di Quiddicth quest’anno! Io mi sono proposta per il ruolo di portiere, ti sembro adatta?- mi chiede volteggiando su sé stessa, nella patetica imitazione di una ragazza spigliata.

- Io ho chiesto le dimissioni… Ho cose migliori da fare!- sbotto secco, allontanandola con un cenno del capo.

Mi sento il re nella sala comune. Le grandi poltrone argentate si stagliano cupe contro le pareti decorate da astratti dipinti verdi, che confluiscono sul soffitto a volte nero pece. I grandi tappeti verdi bordati di broccato argentato fanno la felicità degli studenti che vi si crogiolano come gatti al sole.

Ripenso a tutte le persone che prima di me si saranno sedute su questa poltrona speciale, quella accanto al fuoco laterale che permette di guardare liberamente il cielo nero. In lontananza si vedono le lucine rosse del paese di Hogsmeade che lampeggiano inquietanti. La cosa più prossima è un campanile babbano, di pietra nera, che batte sinistramente i rintocchi, sembrano un lugubre canto di morte per gli scomparsi.

Penso a come vorrei essere sepolto e giungo alla conclusione che essere seppellito allo scoccare della mezzanotte, con dodici rintocchi di campana e tutta la folla avvolta in neri e fruscianti mantelli dalle larghe maniche e dal cappuccio spesso. Le teste chine, riflettono sulla persona appena andata via da loro che non rincontreranno per moltissimo tempo; voglio che a gettare la prima dose di terra sia Potter, questo provocherà sui suoi deboli nervi un’azione devastante.

Già, dimenticavo. Devo scordarmi di odiarlo e conquistarmi la sua fiducia per potere mettere in atto la maledizione contro mio padre.

Innanzitutto devo procurami un libro che mi spieghi come posso farlo e poi gli ingredienti: di sicuro Adrian Pucey potrà aiutarmi, lui che è Caposcuola.

Sorrido sardonico al cielo: mamma, ti vendicherò.

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Per ora è stato facile come non mai. E’ bastato procurarsi il libro giusto e sfogliarlo con attenzione, per trovare la formula giusta.

Per ora l’unico a vincere è stato mio padre, ma ha fatto il suo tempo ed ora è arrivata l’ora del giovane cervo.

Richiudo il libro velocemente terrorizzato da quel che ho appena letto. Ma cosa sto facendo? Io… Nessuno mi ha mai insegnato a pregare un Dio, e ho rinnegato tempo prima tutto quello che Magdalene mi aveva insegnato. E’ una delle volte in cui mi sento solo come non mai. Congiungo le mani e poso la testa sul tavolo, inginocchiato; penso attentamente a quello che sto per fare.

Riapro il libro a quella pagina brillante, né scolorita, né sbiadita, ma perfettamente conservata, come se nessuno avesse mai osato leggere quelle righe agghiaccianti.

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- Potter, scusami tanto… Quale era il cognome di tua madre?- mi risveglio e colgo al volo l’occasione per indagare.

- COSA?- il famosissimo trio gospel Potter Weasly Granger dà l’ennesima prova del suo talento.

- Potter, scusami tanto… Quale era il cognome di tua madre?- chiedo pazientemente.

- Allora, Malfoy… Sei un genio… Per quattro anni sfotti come non so ché, poi il quinto anno ti riveli dolce come Ginny Weasly e pieno d’attenzioni… Sei un genio! Io ci rinuncio a capire qualcosa di te, mi arrendo!- la Granger scavalca lo steccato e corre verso Hagrid.

- Io… Evans… Ma…- Potter si interrompe velocemente nel vedere, scandalizzato, il serio e posato Draco Malfoy che fa un balzo da terra e si solleva di mezzo metro.

Questa è l’ennesima conferma di quel che penso da qualche tempo. Il sole di inizio autunno mi batte sulla schiena e mi crogiolo felice in quel caldo; i capelli di Pansy vengono illuminati da caldi riflessi color rame e per un momento mi perdo nella fantasia di un mare in tempesta che si calma con la comparsa del sole, che poi tramonta e colora l’acqua di riflessi rossi… rosso sangue… Come il viso di una donna, il sangue sparso intorno a lei… Il viso dolce, deformato in una smorfia di dolore, la bocca contratta, i tagli sulle guance scarne, gli occhi vuoti, viola spento, spento, spento, spento per sempre… Perché hai ucciso mia madre? Perché? Ti odio, so di odiarti. L’illusione di una terribile malattia non regge, mi dispiace. Lei si è lasciata morire per te, bastardo. Tu, l’ hai uccisa, tu… Solo perché si chiamava Evans…

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- Cosa?- un uomo biondo è sdraiato sul bagnasciuga, e cinge con un braccio una figura sottile.

- Hai capito.- la voce femminile è dolce e molto triste, sembra che la sua vita sia finita - Aspetto un figlio.- conclude massaggiandosi il ventre ancora magro.

L’uomo biondo si irrigidisce e rattrappisce le spalle ampie, è consapevole di aver causato lui la nascita del nuovo essere. - Sono un uomo d’onore, amore… Non ti abbandonerò! Ma ti sposerò e vivrai a Villa Carambola, insieme al nostro piccolo… Ma sei proprio sicura?- chiede con una nota d’esitazione nella voce, come se non fosse pienamente convinto di quello che ha appena detto.

- Dici sul serio? Vuoi dire, che… che…- lei lo guarda scattando all’improvviso, con i grandi occhi violetti spalancati per lo stupore, brillanti di speranza.

Di fronte a tutta quella bellezza non può che baciarla, toccare quelle morbide labbra, tuffare il naso nei suoi capelli dorati.

- Però, non so se sarebbe giusto sposarci tu hai appena… Cielo, devi ancora compiere sedici anni…- scuote la testa e i suoi fluenti capelli biondi, come se si rendesse appena conto del loro dislivello di età; lui pare vecchio, sembra avere ventiquattro anni.

- Non preoccuparti, sistemeremo tutto…- lascia la frase in sospeso, continuando a rimirare l’orizzonte, cingendo con più forza il fianco di quella ragazzina.

- Oh, io… Siamo stati imprudenti… Ameremo questa creatura? O la riterremo responsabile di tutte le nostre disgrazie?- lo interroga, sprofondando nel suo abbraccio avvolgente.

- Io sono ricco e non ci mancherà nulla… A nessuno dei tre… Vedrai!- i due si stendono sulla sabbia dorata, e rimangono abbracciati, per sempre forse.

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- No!!- il grido rompe il silenzio nella sala buia. Ansimo. Sposto con malagrazia le cortine del baldacchino e mi precipito alla finestra. La luna è minacciosa, si percepiscono i dodici rintocchi del campanile nero.

- No… No…- continuo ad ansimare e il mio petto si abbassa e si alza furiosamente.

- Sì, mio signore. Lo farò, mio Signore… Tutto quello che desidera per poter riacquistare la sua piena fiducia.- la testa china, coperta da un grande cappuccio nero, annuisce ed il cappuccio scivola via, mostrando capelli biondo chiarissimo.

- Mi fiderò di te, solo se mi darai prova della tua fedeltà…- una breve pausa di silenzio da parte di quella figura sinuosa, appoggiata su un rozzo sgabello di legno, che però sembra un trono.

- Nessun affetto terrestre deve legarti… Pensa alla Signora Lestrange… Lei sì, che ha sofferto!- la voce sottile, bassa e roca, come se non venisse usata da molto tempo, sussurra.

Altro cenno di quella testa bionda; sembrano nel bel mezzo di una vera e propria riunione.

- Sarà fatto mio signore…- la voce, stranamente chiara e limpida si alza, come per poter maggiormente affermare quello che dice.

- Oh,- si interrompe per una breve risata, cupa, - Ci deve essere una maniera precisa… Voglio che soffra… D’altra parte con gli squallidi natali che ha avuto… Ha fatto la mossa sbagliata a ribellarsi alla tua autorità, mio viscido amico… Voglio che soffra, hai capito? Va benissimo, attaccarlo con la Maledizione Cruciatus e poi finirlo con l’Imperius… Non credo che nessuno sospetterà niente ma anche se lo facessero… Che importanza ha?- altra risata breve e bassa.

- S..Sarà fatto, non ci saranno problemi.- questa volta la voce sembra avere qualche incertezza, ma i cenni di assenso sembrano significare che veramente sarà fatto.

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Mi sento inquieto, oggi. E’ come se percepissi qualcosa di molto strano nell’aria, qualcosa di terribile. Non ne ho la minima idea… Mi sento confuso. Scrivo lento sulla pergamena la descrizione completa del mio funerale. Potrà sembrare un po’ tetro, ma voglio che la mia volontà venga rispettata.

- Scusami…- una vocina timida si frappone tra me ed i miei vaghi pensieri. Sorrido triste alla piccola Weasly e la faccio passare, non mi ero accorto di ingombrare il passaggio.

Quegli occhi neri, come tizzoni ardenti, mi affascinano molto e non posso che deliziarmi del suo visetto dolce e di quelle piccole lentiggini che conferiscono un tono spensierato alla sua espressione malinconica.

E’ così piccola ed indifesa… Deve essere dura essere l’ultima di una grande schiera di fratelli, sicuramente non si sentirà all’altezza degli altri... Anche lei avrà i suoi problemi.

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- Signore… Abbiamo trovato questa colombella con una lettera a lei indirizzata…- le due goffe

figure strapazzano tra le mani una piccola colomba, segno di purezza.

La lettera, tra le ossuta dita del Signore, appare infinitamente piccola, ma il risultato evidentemente lascia sorprendentemente gradito il suo lettore.

Un ghigno malefico si stampa su la faccia scarna e la mano sinistra, stringe convulsamente la colombella, afferrandola saldamente per un ala.

Forse non si è accorto, che la vita sotto le sue dita ha smesso di scorrere e che le candide piume sono imperlate di goccioline rosse, spruzzi di liquido infame…

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Il parco, alla domenica, è molto popolato, ma ci sono posti scarsamente frequentati.

E’ proprio vero che la solitudine porta la riflessione, in questo periodo mi sono allontanato da tutto e tutti, da Vincent e Gregory, da Weasly e dalla Granger e anche le mie conversazioni extrascolastiche con Severus sono terminate da tempo. Quando ripenso alla faccia da sanguisuga di Narcissa, sento un brivido correre lungo la mia schiena: non ho dimenticato. Non ho dimenticato le sue offese, le sue sevizie, di come mi terrorizzava, di come fossi viziato... Molta gente crede che mio padre usasse su di me alcune maledizioni per poter controllarmi meglio, ma si sbagliano. E’ molto peggio, lui usa semplicemente la sua influenza su di me e di questo non può essere accusato... Sono legato a lui, a doppio filo, e non riuscirò mai a liberarmi di questo legame... Oh, mamma perché ti ha fatto soffrire tanto? E’ morboso il modo in cui io sia attaccato a te, ma non posso dimenticarti, non ora che ho scoperto chi sei... Sono il cugino di Potter, sono figlio di una dolce ragazzina che aveva appena un anno in più di me; ha forse abbandonato anche la scuola per me, per Lucius? Oh, quante volte ho desiderato di non esser nato! Tu saresti ancora qui, non ti saresti fatta consumare dalla malattia per un uomo che non ti amava...

L’acqua del lago è verde scuro e ogni tanto un tentacolo della piovra spunta fuori all’improvviso per arraffare le briciole di pane che gli studenti le gettano divertiti, sedermi è un sollievo, dopo aver pensato a quelle cose terrificanti per ore.

Non ho più nemmeno la forza di tirare un sassolino bianco nell’acqua e mi abbandono per terra, con spossata stanchezza di una vita piena di dolore; il cielo azzurro è uniforme e non lascia spazio a nemmeno una nuvoletta candida.

- Ciao!- l’audacia di quella ragazza mi sorprende.

- Ciao!- rispondo tirandomi su, scrollando la testa di fronte alla piccola Weasly.

- Aspetta, un attimo! Tu non mi offendi da un sacco di tempo... Posso parlarti, devo dirti una cosa che ti farà felice!- esclama sorridendomi con imbarazzo. I suoi capelli rossi, scivolano dolcemente sulle sue spalle, e solleticano il suo collo. Gli occhi scuri e lucenti ispezionano con evidente curiosità i miei vestiti stropicciati e sporchi, chiedendosi forse come ho fatto a ridurli in quello stato pietoso.

- Beh... Siamo nella stessa barca... Vieni, con me! Potrebbero sentirci!- balbetta prendendomi per una mano, cercando di condurmi con lei (teco, direbbe Leopardi. NdH).

I nostri mantelli svolazzano sotto il vento della nostra corsetta e cerchiamo di non dare nell’occhio; giungendo infine, con i nostri passettini moderatamente veloci al limitare della foresta proibita.

- Beh... Volevo sapere che ormai non sei più solo...- continua prendendomi una mano, in una romantica cornice sentimentale. Credo di essere arrossito, la sua audacia mi confonde e poi penso alla dichiarazione che sta per farmi.

- Ho sempre aspirato al potere... Io... Ho sempre avuto questa brama, incredibile... Finalmente mi sono decisa ed ho deciso di prendere la decisione più giusta per me... Io... Io, sono come te... Draco! Io... Ma tu non sai nemmeno come mi chiamo... Ma non ha importanza!! Non ha importanza! Io... Voglio dirti che... Sono anch’io una Mangiamorte!- le sue ultime parole risuonano nella mia testa come colpi di cannone. Non è possibile, anche lei, anche lei... Anche lei tradisce. Anche lei è entrata a far parte del circolo delle intoccabili donne del Signore Oscuro... Fedele servitrice, bramosa di potere... No...

Scappo via, senza dire una parola. Corro a perdifiato fino alla mia torre e mi rifugio nella solita poltrona, udendo il suono familiare del crepitio del fuoco.

Anche lei, mi ha tradito...

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Una colomba bianca vola tristemente, come un condannato al patibolo, verso una ragazza abbandonata in un prato costellato di fiori neri come i suoi occhi; si posa delicatamente sul suo indice e porge la testa per consegnare il pesante plico di pergamena scura. La giovane rabbrividisce alle rivelazioni che reca la missiva e senza accorgersene, stringe tra le sue dita il corpo esanime della colomba.

- Tu non sai quanto mi chiedi... Ma lo farò... Lo farò per te, mio padrone.-

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Tutta la mia vita è stata costellata di infelicità e di insuccessi. Non credo di esser mai stato felice... Ogni sera, sdraiato sul letto, perso nell’oscurità, ripassavo come una lezione importante tutti gli avvenimenti importanti della giornata; ma ripensandoci erano pensieri grigi, foschi e tristi. La vita mi ha voltato le spalle, tutte le promessa di una felicità sono svanite presto, troppo presto... La notte avvolge la sagoma scura del parco di Hogwarts e prendo questo segno di inequivocabile fascino come un invito ad uscire dalla tetraggine che provo nel mio Dormitorio.

Scendo dal letto con passo leggero dal letto, ben attento a non svegliare qualcuno dei miei camerati per poi abbandonarmi ad una sfrenata corsa per le scale e successivamente per il pavimento di lucida pietra nera. Mi trovo infine nel corridoio dei sotterranei, pericolosamente vicino alla dimora di Piton, che potrebbe mandarmi al creatore se mi vedesse in questo momento; riesco però a scivolare via nella penombra delle piccole fiammelle fatue che aleggiano nel corridoio ed ad arrivare al Portone Principale.

La porta si apre con un cigolio e vengo investito da un soffio di vento: la porta della libertà è aperta.

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Fiammetta si rimira nello specchio incastonato di rubini, dono del suo padrone; studia attentamente il suo profilo e i suoi tratti del viso.

- Ginny è il mio nome da bambina... Ormai è finita questa squallida vita...- sussurra sciogliendo i suoi lunghi capelli vermigli che si sparpagliano ordinatamente lungo le sue spalle magre.

Fissa attentamente i suoi occhi neri, color carbone e non si sorprende vedendo che il riflesso della sua immagine comincia a vorticare per poi confluire in due grandi occhi blu che la fissano attenti.

- Mia cara Fiammetta, ti piace il mio dono? Sono sempre felice quando posso soddisfare le mie nuove adepte... Non richiede nessun impegno da parte tua... Ma è in giardino, seguilo ed agisci!! Sai cosa devi fare per essere completamente accettata, mia dolce creatura... Vai!- il sussurro roco si affievolisce fino a terminare completamente.

La snella ragazza si alza in piedi, scotendo le chiome fulve per poi abbassare la maniglia della porta, lasciando incustoditi i segni del massacro appena avvenuto tra le ragazze del quarto anno. Tutto è ridotto ad un lago di sangue e ormai la vita di quelle ingenue ragazze, che speravano liete in un futuro piacevole, è terminata.

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- Accio libro!- odo distintamente la mia voce sbottare nell’incantesimo.

Presto il libro vola tra le mie mani e sono libero di meditare sul mio piano al lume di bacchetta, seduto sul prato, costellato di piccoli fiori dalla sagoma scura.

- Draco... Sono Fiammetta...- ha una voce dolce, la piccolina.

Si stende di nuovo accanto a me, molto vicino. I suoi capelli mi solleticano il collo e lei sbotta in una risata argentina.

- Ti piacerebbe poter vivere a lungo, molto a lungo?- continua ad interrogarmi e io continuo a non rispondere, preferendo evitare la domanda.
- Crucio.- è secca e scandisce bene ogni lettera, forse per darmi il tempo di comprendere.

Urlo, grido, mi contorco, ma non serve a niente. Ogni parte del mio corpo pulsa in maniera orribile, la testa mi si sta spaccando per il dolore. Mi sento bruciare, brucio in ogni parte, non ce la farò mai... Non resisto, non ce la faccio... No...

Tornare normale è forse anche più angosciante, il brusco distacco dal dolore è peggio della sua presenza continua.

- Draco... Sai, ti ho amato, forse per un’oretta... Ti ho amato per un’oretta nella mia vita, e sii felice per questo...-

Mi ha amato per un ora, sono felice... Molto felice, qualcuno mi ha amato.

-Avada Kedavra.-

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Il silenzio cala nel piccolo spazio tra le piante. La luna arde nel cielo, le stelle bruciano e il corpo steso riverso sull’erba è morbidamente avvolto in riflessi metallici.

- Mi dispiace...- la frase sussurrata a mo’ di scusa dalla figura china sul ragazzo supino; una piccola mano carezza i suoi capelli biondi, in maniera protettiva.

Lei si alza, scuote i capelli e si avvia verso la strada principale, verso la sua nuova vita.

- Addio, Draco Malfoy... Ti ho detto che ti ho amato per un’ora... Il tuo ricordo sarà vivo in me, ma almeno hai smesso di soffrire.- la voce candida della ragazzetta fulva si incrina momentaneamente.

Il corpo steso sulla terra, sembra quieto e un sorriso aleggia sul suo volto, simbolo dell’eterna pace in cui è appena penetrata la sua anima dannata, l’anima del figlio del peccato.

FINE

Figlio del peccato - Epilogo

La campagna scozzese, se possiamo chiamarla così, è silenziosa e buia.

Il silenzio del gruppetto di persone vestite con grandi mantelli neri, dalle ampie maniche, lascia presupporre che qualcosa di brutto sia accaduto.

Siamo in prossimità di un campanile in pietra nera, scuro, che si staglia contro il cielo senza stelle; nulla in quella buia notte può rischiarare il dolore e l’orrore dei presenti.

Due sagome alte e lineari sono sedute su uno steccato con i pesanti cappucci tirati all’indietro, una brezza leggera scompiglia i loro capelli biondi discutono in tono piatto e calmo.

Un grande oleandro sparge intorno a sé il suo profumo dolce e sinistro nello stesso tempo, il profumo dell’ambiguità.

Non vista spunta un’altra figura scura, nascosta dietro le fronde appesantite dell’albero, che spia con circospezione la porta della Chiesetta e le due figure che potrebbero catturarla, appena avesse fatto un passo falso.

I battenti scuri della porta si aprono con un tonfo sordo e esili figure nerovestite trasportano una lucida bara d’ebano, senza intarsi o ghirigori, bella nella sua semplicità; continua ad uscire un drappello di persone che proseguono per una piccola stradina sterrata che conduce, passando per due grandi campi, ad un piccolo cimitero, chiuso da un quanto mai debole cancelletto di ferro arrugginito. L’odore è intenso, l’aria fredda della notte lascia invisibili tracce sugli arti dei presenti ed ogni soffio di vento gelido e pungente evoca il ricordo dello spirito della morte, pronta a prendersi chiunque tra i presenti.

Tutte le persone sono radunate intorno ad una fossa poco profonda, dove viene calato il feretro, in attesa di essere ricoperta da terra, per far tornare polvere quel che era polvere.

Si odono distintamente dodici rintocchi di campana, lugubri, e voci prossime al passaggio da adolescenti in adulti, malinconiche intonano un inno funebre, agghiaccianti nei loro toni metallici.

Un ragazzo avvolto nel frusciante mantello nero che lo accomuna a tutti gli altri presenti, con una pala in mano, dosa la terra in maniera tale da non lasciare più intravedere il legno della bara; scappa via, abbandonando l’attrezzo per terra. Il cappuccio scivola via dalla sua testa e rivela morbidi capelli neri, che ondeggiano sotto il vento.

Presto la radura rimane incustodita, la processione svanisce e il piccolo cimitero rimane perso nella solitudine tipica della sua natura; ma forse, no, un’ombra si avvicina alla tomba fresca e si china per avvicinarsi a vedere il ritratto del defunto.

Due grandi occhi grigi, pieni d’espressione, grondanti di infelicità e dolore, la fissano; perdersi dentro di loro è come finire in mezzo ad un piccolo tunnel luminoso, tutto si confonde, fissandoli. Lunghi ciuffi di capelli dorati ordinatamente scomposti, incorniciano il viso ovale e pallido, dai tratti morbidi e dolci; il collo lungo e sinuoso, come quello di un cigno è piegato dolcemente, per sottolineare la stanchezza della vita che aveva vissuto.

Brandendo un coltello, l’ombra si alza e taglia una ciocca dei propri capelli, per poi scavare una buca dove sotterrare il mazzetto di chiome fulve.

- Addio. Questa volta per sempre.-

  
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