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Autore: Ten chan    30/01/2012    4 recensioni
Dimenticate Amu, Ikuto, i guardian, la Easter.
Yume Hanazono è il "candido giglio" dell'accademia Saint Flower, dolce, gentile, educata, la perfetta Yamato Nadeshiko. Niente in lei sembra poter essere migliore.
Allora perchè ha uno shugo chara?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco il nuovo capitolo di Ore Wa! Ai recensori: visto che ci voleva poco?

Misaki: ehi! fammi scendere!

Ten: si, si... su, cominciamo la lettura!

Misaki fissò il caffè appena portato.

Il suo geniale piano era più difficile di quanto immaginasse. O, perlomeno, lo era iniziarlo.

In realtà, non aveva pensato a quel punto. Era passato direttamente alla fine.

E inoltre, pensava che il loro incontro sarebbe stato più… tranquillo.

«Bevi il caffè. Se si fredda, non è buono.» disse Yume, finendo il suo.

«Bevo, bevo.» borbottò Misaki, sollevando la tazzina. Il liquido emanava vapore caldo e odoroso.

«Tieni la tazzina come una vecchia arpia.»

Misaki si bloccò per qualche secondo.«Certo che, per essere una specie di angelo disceso dal cielo, un essere più candido di un giglio sei piuttosto acida.» borbottò, afferrando la tazzina con entrambe le mani.

«Sai già che il mio carattere è così, quindi non è necessario mantenere la maschera.» disse Yume, poggiando la tazzina vuota sul tavolo «Dovresti essere tu a parlare in modo educato. Non ho ancora rinunciato all’idea di buttarti giù da un tetto.»

«Dopo esserti fatta vedere a prendere amabilmente un caffè con me?»

«Chi ha detto che lo farei oggi? Aproffitterei della prima occasione, rimanendo nell’ombra.»

Misaki fissò Yume. Non c’era la minima esitazione o turbamento o niente che indicasse che stesse mentendo. Era fredda, determinata e gelida.

Misaki sentì rizzarsi i peli sulla nuca. Se quella ragazza avesse deciso che era pericoloso, sarebbe morto entro 24 ore. Per la prima e ultima volta, si pentì di aver seminato le guardie del corpo.

Si mordicchiò il labbra, fingendo di bere per coprirlo. Era nei guai. In enormi guai.

«Che proposta dovevi farmi? E, soprattutto, cosa ci guadagno?»

«Il mio silenzio.»

«Risposta incompleta, moccioso. E chiamami “Yume-dono”, marmocchio.»

«Ho la tua età.»

«Se, certo.»

Misaki si mise a frugare nella cartella. Come al solito, l’urgenza di un oggetto e la probabilità di trovarlo erano inversamente proporzionali.

Alla fine, trovò la sua carta d’identità. La passò alla ragazza. «Prova.»

Yume la aprì senza fretta, irritando sempre di più Misaki.

«Toh, hai tre mesi meno di me.» si fermò per un attimo. «Continuo a sospettare una cosa… Tu… sei assolutamente cert“o” di essere un maschio?»

Misaki ebbe la tentazione di strozzarla, ma l’istinto di conservazione lo bloccò. «Si.»

Silenzio. Yume si rigirava la tessera fra le mani.

«Misaki.»

«Uh?» Il ragazzo alzò la testa.

«Perché hai ordinato quella torta?» domandò la ragazza, indicando l’intatto dolce al cioccolato al centro del tavolo.

«Se non l’avessi presa, Hiko» indicò lo shugo chara appoggiato sulla sua spalla, che fissava praticamente ipnotizzato la torta «Non mi avrebbe dato pace. Anche la tua è golosa, se gliene dai la possibilità.» Indicò Sui, sepolta sotto la montagna di buste della cartoleria (Sia Hotogi sia Suzuki avevano il portafogli a quintuplo fondo, a quanto sembrava).

«Tu non commenti come educo il mio, io non commento i tuoi metodi troppo permissivi.»

«Hai appena commentato.»

«Tu l’hai fatto prima.»

Misaki ritenne salutare non opporsi «Ok». Tagliò un angolo della torta, poggiandolo nel piattino del caffè. Hiko si fiondò su di esso.

«Chi si mangia il resto?» Disse Yume, fissandosi le unghie.

«Non mi piacciono, m...»

«Lo mangio io. È un peccato sprecare il cibo, anche se è disgustoso.» Disse Yume, avvicinando il dolce.

Misaki non commentò e tornò a fissare la tazzina.

«Ci siamo allontanati dall’argomento principale.» disse Yume. «La tua proposta.»

«… Vado in bagno.» borbottò Misaki, alzandosi.

Yume lo fissò mentre si allontanava.

Sogghignò.

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Misaki si riempì le mani di acqua fresca. Calmarsi, calmarsi, bisogna calmarsi. Cal-mar- si. Ci come cambio, a come assegno, elle come lavoro, emme come mascolino, a come assenza, erre come rischio, esse come spread, i come intuizione.

Si gettò l’acqua sul volto.

«Mi-sa-chin.»

Misaki rimase zitto, chino sul lavandino.

«Mi-sa-chin, sei troppo nervoso.»

Forse mettere la testa sotto l’acqua sarebbe utile. No, non riuscirei ad asciugarmi i capelli.

«Su, rilassati! Devi solo ingannarla, non chiederle di sposarti!»

Misaki sospirò e chiuse il rubinetto.

----------

«Sono tornato.» Borbottò Misaki, sedendosi sulla sedia.

«Alla buon’ora.» Disse Yume. Stava di nuovo bevendo il caffè. Non avrebbe dovuto chiedermelo, prima di prenderlo? In fondo, pago io…

Solo allora si accorse che c’era qualcosa di strano.

Davanti a lui non c’era più la tazzina del caffè. La tazzina era nelle mani di Yume.

E al posto suo…

La sua adorabile, deliziosa, profumata, bellissima, adorabile (ops… questo l’ho già pensato) cioccolatosa torta era di fronte a lui.

«Ma… che….»

«Un buon caffè, anche se freddo, è meglio di una disgustosa torta.» disse Yume, appoggiando la tazzina vuota sul tavolino. «E tu stavi sbavando dietro alla torta.»

«Non mi piacciono i dolci.» borbottò Misaki.

«Se vuoi essere convindente, evita di dire che non ti piacciono i dolci e poi mangiarne una fetta intera con un singolo boccone. Ora ingoia, sembri un criceto.»

Misaki, con le guancie gonfie, emise un mugolio incomprensibile, che Yume interpretò (correttamente) come “Come diamine hai fatto a capirlo?”

«Hai lasciato sfreddare il caffè. Nessuno, se non un maniaco dei dolci l’avrebbe fatto.»

Altri mugolii.

«A confermare i miei sospetti, ti è caduto questo.» mostrò un pezzetto di carta. Lo scontrino della merenda di prima. «Ti sei pappato seimila yen (60 euro circa) di dolci, e hai ancora spazio nello stomaco? Diventerai un piccolo criceto obeso. O stai facendo le scorte e passerai l’estate a dormire senza nutrirti? Allora ti consiglio di nutrirti meglio. La mancanza di sali minerali ti potrebbe far cadere il pelo.» riafferrò la tazzina.

Misaki degluttì e le sue guancie si sgonfiarono immediatamente.

«Misachin, posso picchiarla, posso?» sussurrò Hiko, perfettamente udibile.

Misaki gli fece cenno di stare zitto.

«Uno: Posso lanciarti via con uno schiocco di dita, nanetto pestifero. Rinrazia che la doppia dose di caffeina mi ha rallegrato.» Yume allungò le gambe sotto il tavolo.

Misaki non commentò.

«Due: Per quanto hai intenzione di fere lo sciopero della parola?»

Misaki inspirò, e disse qualcosa di completamente inaspettato. «Sposami.»

 

Silenzio

 

La tazzina scivolò dalle mani di Yume, miracolosamente senza rompersi.

 

Silenzio.

 

Hiko fu il primo a riaversi, urlando.

«Misachin, sei impazzito? La mia era solo una battuta! Non buttare via la tua vita così, Misachiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!»

Anche da sotto le buste provenivano mormorii stupiti.

«La piccola peste golosa ha ragione, “Misachin”. Il tuo cervello deve essere delle dimensioni di quello di un criceto, per desiderare una cosa del genere.» Disse Yume, riprendendo la tazza.

«Il mio cervello è normale.»

«Chiedere la mano a una con cui hai scambiato si e no 50 parole, per lo più insulti, senza neanche considerare il mio carattere, non è normale.»

«Meglio che una che sorride sempre e si prepara a pugnalarti alle spalle.»

«Sai di avermi appena descritto alla perfezione?»

«Si, ma se tu cominciassi a comportarti così saprei le tue intenzioni con dovuto anticipo potrei prendere provedimenti.» Misaki incrociò le braccia «Senza contare che con separazione dei beni e testamento da cui tu sei completamente esclusa, non ti sarebbe molto conveniente uccidermi.»

Yume aprì la bocca, poi la richiuse. Ruotò la schiena rigidamente, si piegò allo stesso modo, afferrò la carta d’identità di Misaki, ritornò alla posizione iniziale.

La aprì.

Rimase immobile per qualche secondo.

«Tu…. Sei… Uno di Quei Reino?» Sillabò

«Che intendi con “quei”?»

«Quelli della Reino’s enterteiment. Quelli delli industrie Reino. Quelli degli alberghi Reino. Quelli di praticamente Tutto. La terza famiglia più ricca del giappone.»

«Seconda.»

«Insomma, sei uno di Quei Reino.»

«Temo di si. È un problema, forse?»

«Accetto il fidanzamento.»

Fine capitolo nono: Il giglio carnivoro aspetta, la rosa rossa insanguinata si confessa.

Rivelazione shock? Ve lo aspettavate? In ogni caso, non posso rovinare il momento, quindi smetto di blaterale.
Al prossimo capitolo!
Ten
  
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