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Autore: Patta97    30/01/2012    4 recensioni
Ciao! E' la prima ff che scrivo su Fairy Oak, ma avevo quest'idea già da un po' e finalmente ho avuto il tempo di scriverla! Questa long parlerà di Felì che, dopo che sono trascorsi altri 15 anni e ha accudito un maghetto in un altro paese magico, scopre di aver ricevuto una lettera da parte di Vaniglia, che la prega di venire ad accudire la sua bimba, che nascerà a breve. Questa storia sarà molto tranquilla e piena di descrizioni di luoghi e delle vite dei nostri non più così giovani eroi e dei loro degni figli. Spero vi incuriosisca e vi piaccia! Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vaniglia Periwinkle non era mai stata così bella nei miei ricordi.
Era molto più alta di quando l’avevo lasciata,  ma sempre snella e aggraziata nelle forme, persino nel ventre, grande e tondo. I lunghi capelli color del pane le arrivavano alla vita, spazzolati in modo ordinato, con la riga nel mezzo. Gli occhi verdi erano contornati da ciglia lunghe e folte, il naso era all’insù e con qualche lentiggine e il suo sorriso… quella forse era l’unica cosa immutata in quel volto dolce e adulto.
- Felì! – esclamò, felice come non mai.
Io abbandonai ogni esitazione e mi gettai sul suo viso, dandole tanti baci. Poi mi allontanai da lei, per ammirarla ancora una volta. Una lacrima mi scese lungo il viso: com’era grande! La mia bimba stava per diventare madre.
- Oh, Felì… - sussurrò lei, poi si mise di lato per lasciarmi passare.
– Entra! Jim vuole vederti! Sei un po’ in ritardo, ti aspettavo stamattina… – mi disse, incamminandosi per un lungo corridoio, mentre io mi guardavo intorno, curiosa. C’erano foto in bianco e nero o seppia e quadri colorati appesi alle pareti di legno, e, a volte, pezzi di pergamena incorniciati, su cui erano disegnate bozze di complicate macchine, che intuii fossero invenzioni di Jim. - …Comunque ho pronti dei panini alle rose. Mi ricordo che ti piacevano… ti piacciono ancora, vero, fatina? – mi domandò.
Io le sorrisi e le accarezzai i capelli. Capivo che era un po’ nervosa: parlava sempre a vanvera quando lo era, fin da bambina.
Arrivammo in salotto: una stanza ampia con le pareti di legno chiaro, dominata da un grande lampadario, un divano bianco e un camino di pietra. C’era un buon odore di pulito e castagne. Jim era seduto su una poltrona in tinta col divano, ed era intento a leggere un voluminosissimo mazzo di carte. Era come lo ricordavo, solo che portava una barba incolta e gli occhiali per la lettura.
Appena entrammo nella stanza alzò lo sguardo dalla lettura.
I suoi occhi scuri si illuminarono vedendomi e mi sorrise.
Si alzò e poggiò i fogli su un tavolino basso di legno e mi venne incontro, dandomi un buffetto sulla testa, che io accettai contenta.
- Vieni, Felì, accomodati – disse poi, indicandomi un piatto sul tavolino, coperto da un tovagliolo di stoffa bianca. Lo sollevai piano e le antenne mi fremettero: panini alle rose, che bontà! Nel frattempo, Jim fece accomodare Vaniglia sulla poltrona, galante, e si appoggiò al bracciolo, tenendole la mano. Io sorrisi osservandoli.
- Ci piacerebbe tanto sapere del tuo altro incarico, fatina – disse Vaniglia. – Ma vorremmo aspettare che ci siano anche Vì, Grisam, la zia, mamma e papà. Non sarebbe bello ripetere le stesse cose più volte! – mi sorrise, mentre la guardavo annuendo.
– E poi anche noi ti dobbiamo raccontare tante di quelle cose…! Ma non adesso! – si frenò. Presi un pezzetto di panino alle rose e lo ingoiai, gustandolo; ne misi un altro in tasca, per Stellalucentedisera.
Mi alzai. – Vaniglia, Jim – esordii. – Vi vorrei tanto presentare una mia cara amica che sta aspettando fuori. Sapete, verrà qui, ogni mezzanotte, tra qualche tempo… - sottintesi.
Vaniglia balzò in piedi, pentendosene subito e massaggiandosi la schiena, sorretta da Jim.
- Parli della fatina che ho convocato per Vì? – si accertò Vaniglia, stretta al braccio del marito. Annuii.
- Sta aspettando fuori, hai detto? – chiese.
Feci sì con la testa.
- Bé, allora andiamo da Pervinca e Grisam insieme a lei, no? – propose Jim.
Uscimmo nell’aria fresca della sera e subito Stellalucentedisera ci venne incontro dal ramo dell’olmo su cui stava riposando.
Si sistemò al mio fianco e agito la manina timidamente, tenendo il braccio attaccato al corpo.
Le rivolsi un sorriso d’incoraggiamento e lei deglutì.
- S-salve – disse in un sussurro. – Io sono Stellalucentedisera e… -
- Oh, ma ciao, fatina! – la interruppe gentilmente Vaniglia. – Come sei bella! Non c’è bisogno che tu usi il tuo nome completo… mia zia ti ha già trovato un soprannome! Mi sembra fosse… -
- Lalù – le suggerì Jim, passando avanti ed aprendo il cancello basso di legno bianco che dava sulla piazza.
- Grazie, Jim – sorrise Vaniglia. – Lalù. Ti piace, fatina? – chiese.
Stellalucentedisera arrossì fino alle antenne, ma annuì, facendo un debole sorriso.
- Su, andiamo – disse Jim, prendendo Vaniglia sottobraccio per aiutarla col suo pancione ingombrante e facendo strada. Io e Lalù li seguivamo, volando sopra le loro teste.
Ci fermammo davanti a una casa con la facciata praticamente gemella a quella di Babù e Jim.
Vaniglia bussò alla porta.
Aspettammo qualche minuto ma nessuno aprì; poi sentii due voci a tono alto e, dalle facce sconcertate di Vaniglia e Jim, capii che non erano solo le mie antenne ad aver captato quella discussione.
Vaniglia aprì la porta con la magia ed entrammo. Mentre Jim ci precedeva avanzando a falcate lungo il corridoio verso dove si udivano le voci – urla, a dire il vero -, ebbi appena il tempo di notare che l’interno della casa dei due maghi del Buio Vì e Grisam era un pizzitantino diversa da quella della strega della Luce e dell’inventore.
Entrammo in quella che intuii fosse la cucina. Lì stavano Pervinca – le antenne mi fremettero nel vedere com’era bella coi capelli lunghi e il viso magro e delicato – e Grisam – assomigliava sempre di più a suo padre Vic, o almeno com’era nei miei ricordi – nel bel mezzo di una discussione.
Lanciai un’occhiata a Lalù, che stava con le antenne al livello del mento e il faccino spaventato, poi cercai di concentrarmi sulle grida.
- Non riesco a capire come tu abbia potut…! – si interruppe vedendoci. Non fece nemmeno caso a me e a Lalù.
- Jim! Vaniglia! Voi due lo sapevate, immagino! Lo sa tutto il paese! Tutta la Valle! Tutti tranne me, il diretto interessato! –
Vaniglia lanciò un’occhiata di rimprovero a Pervinca, che girò la testa dall’altro lato, incrociando le braccia.
- Sono settimane che tutti fanno battutine che io sembravo troppo stupido per capire! Questa, mia cara Vì, questa me la paghi… -
- Grisam, andiamo – intervenne Jim, cercando di portare la pace. – Cosa avrebbe fatto Pervinca di così grave? Su, non agitarla nel suo stato… -
- È proprio del “suo stato” che si parla! – sbraitò Grisam. – Il “suo stato”… lo stesso stato che si è scordata di dirmi nonostante sia incinta da mesi! – sibilò.
Mi coprii gli occhi con le mani. Lalù stava a bocca spalancata. Jim mormorò “ahio…”.
Mentre Vaniglia si limitò a scuotere la testa e a guardare di nuovo Vì, stavolta con una faccia da “te l’avevo detto”.
- Stavo solo… aspettando il momento giusto! – Pervinca sembrava assolutamente calma.
- Se non lo avessi scoperto da solo quando sarebbe stato questo momento? Quando mio figlio avrebbe imparato a parlare o quando avrebbe finito gli studi? –
- Nostro figlio, caro mio! Quella incinta sono io, non tu! –
- Ma sono tuo marito! – accusò Grisam, sventolando la mano sinistra, dove la fede nuziale brillava all’anulare. – Mi aspetto che tu mi dica… questo tipo di cose! – si lasciò cadere su una sedia, massaggiandosi le tempie.
L’atmosfera nella stanza si acquietò. Vaniglia si accomodò su una sedia, con Jim accanto. Ancora non notate, io e Lalù ci sistemammo su una credenza di legno scuro.
Vì andò verso Grisam e si sedette sulle sue ginocchia.
- Andiamo, Grisam! Se ci rifletti non ho fatto nulla di male… sai che ti amo tanto – sussurrò Pervinca, mentre Vaniglia e Jim, imbarazzati, intraprendevano una discussione sul più e il meno.
Io temetti di non aver sentito bene: Pervinca che diceva “ti amo tanto” senza essere sotto tortura? Eh già, era proprio cresciuta!
- E va bene – Grisam la abbracciò e la strinse a sé. Poi si rivolse al ventre di Vì, che non lasciava per nulla intendere che la strega fosse in dolce attesa. – E tu, piccolino? Quanto ancora devo aspettare per conoscerti? -
- Uhm… poco più di quattro mesi – disse Pervinca, tranquilla.
- Sei incinta da cinq… - Jim gli fece cenno di stare tranquillo. - D’accordo, sono calmo. Sei incinta da cinque mesi, tesoro? – si ricompose. Jim annuì, approvando.
- Sì, Grì… ma guarda il lato positivo… prendi Jim! Lui dopo averlo saputo sta dovendo aspettare otto lunghi mesi prima di vedere la sua creatura, tu solo quattro! Non suona tanto meglio? Pensaci su – ragionò Vì. Grisam la baciò per zittirla e lei accettò di buon grado.
Quando si separarono, i suoi occhi caddero su di me e Lalù.
- Felì! Sei già arrivata! – disse balzando in piedi.
Sorrisi e volai da lei, dandole un bacio sul naso, come facevo quand’era piccola.
– Sono contenta di vederti, fatina, davvero! – mi sorrise anche lei.
Ero sempre più arcifelice. Mancava solo…
- Andremo domani da zia Tomelilla, Felì – disse Vaniglia, intuendo i miei pensieri.
- Intanto tu puoi venire a dormire da me e Jim mentre Lalù può restare qui… dov’è Lalù? –
La mia giovane amica stava parlando amabilmente con Grisam e Pervinca, le sue paure di prima sembravano svanite.
- A domani… - sussurrai a Lalù.
- A domani – mi rispose lei, abbracciandomi.
Andava tutto bene.

_______________
Ciao! :)
Sono in un ritardo assolutamente vergognoso, lo so...
Per fortuna c'è stata Cate Tassorosso col suo freddo ma efficace incitamento a smuovermi e la ringrazio, dedicando a lei questo capitolo, bello lungo ^-^''
Spero aumenterete recensitori e dico a voi, lettori silenziosi! 
Un abbraccio,
Chiara
  
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