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Autore: sophie_85    31/01/2012    21 recensioni
Una serata normale dai risvolti imprevisti.
[...]“Hermione… già. Mi ero dimenticato.” Gli era completamente passato di mente che la sua amica gli aveva chiesto le chiavi di casa sua quel pomeriggio, perché doveva fare non aveva capito cosa, e il suo appartamento aveva il forno rotto.
“Oh, Harry! Sei arrivato giusto in tempo!” si girò verso di lui con un mezzo sorriso, indicandogli una teglia di dolci. “Assaggiane uno e dimmi che ne pensi.” [...]
Ambientata dopo la seconda guerra magica.
Fanfiction partecipante all' OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », saidMr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 », Girone III, Harmony.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Fanfiction partecipante al OTP Tournament ~ I Edizione, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 » - Girone III Harmony




Liquori, dolcetti e fantasie





Quella giornata all’ufficio Auror era stata un inferno; Harry era così stanco che quando aprì la porta della sua casa a Grimmauld Place, tirò letteralmente un sospiro di sollievo.
Era tutto il giorno che vagava per la città: qualcuno si era divertito a dare falsi allarmi di avvistamenti di Mangiamorte in giro per Londra e lui era stato mandato a controllare ogni singola segnalazione, scoprendo solamente stupide ghirlande natalizie incantate che emettevano falsi e poco credibili Marchi Neri. Non era riuscito a fermarsi neanche per la pausa pranzo, tanto era stato impegnato, e da un paio d’ore ormai il suo stomaco reclamava qualcosa in più del paio di Api Frizzole che era riuscito a rimediare frugando nella tasca del mantello.
Buttò con malagrazia la borsa sul divano e, allentandosi la cravatta, si diresse direttamente verso la cucina con l’acquolina in bocca, sognando il magnifico sandwich che si era preparato la sera prima con i resti della cena.
Nel momento in cui aprì la porta della stanza fu investito da un odore dolce e vanigliato, insieme ad una nota alcolica. Prima ancora di riprendersi dalla sorpresa, un lamento soffocato attirò la sua attenzione: Hermione era in piedi davanti al forno spalancato e agitava la mano a mezz’aria dove probabilmente si era appena scottata. La ragazza portava una sua felpa sopra a quello che sembrava essere un vestito, di cui si intravedeva solo un pezzo di gonna dalla stoffa chiara; aveva tirato su i capelli con un fermaglio improvvisato e girava per la cucina a piedi nudi.
“Hermione… già. Mi ero dimenticato.” Gli era completamente passato di mente che la sua amica gli aveva chiesto le chiavi di casa sua quel pomeriggio, perché doveva fare non aveva capito cosa, e il suo appartamento aveva il forno rotto.
“Oh, Harry! Sei arrivato giusto in tempo!” si girò verso di lui con un mezzo sorriso, indicandogli una teglia di dolci. “Assaggiane uno e dimmi che ne pensi.” Aveva le gote arrossate: nella cucina faceva alquanto caldo.
Harry non era patito di dolci, ma il gorgogliare insistente del suo stomaco lo fece accettare di buon grado, quindi prese posto vicino al tavolo, mentre la sua amica continuava a parlare a ruota libera, ancora più loquacemente del solito.  
“Meno male che mi hai permesso di usare la tua cucina, non avrei mai fatto in tempo altrimenti a tornare a casa per cucinare i babà per il party. A proposito, che ore sono? Devo prepararmi e sono ancora in alto mare! Tu vieni, vero?”
Harry allungò una mano verso il dolcetto e lo rigirò tra le mani, studiandolo.

Beh, un piccolo antipasto ci vuole prima del panino… ho una fame…

“No, Hermione, sono stanco morto, non mi va proprio. Anzi, me n’ero addirittura dimenticato.”
“Sei un guastafeste! Non puoi mandarmi da sola… lo sai che io devo andarci per forza, ci sarà anche la delegazione italiana delle Sirene del Mediterraneo, non posso mancare, minerebbe tutto il mio lavoro di contrattazione.”
“Fortunatamente io non ho nessuna sirena a cui rendere conto. È stata una giornataccia, l’unica cosa che voglio è mangiare qualcosa, farmi una doccia e buttarmi sul letto.” Si stravaccò sulla sedia come a enfatizzare il suo discorso. “Come hai detto che si chiamano questi cosi?”
“Non sono ‘cosi’, sono babà, dei dolci tipici italiani. Voglio fare colpo sulla delegazione, le sirene sono molto golose. Mentre tu li assaggi intanto vado a levarmi la tua felpa. Scusami se l’ho presa in prestito, ma non volevo rischiare di macchiare il vestito.” Poi, proprio mentre Harry stava aprendo la bocca per morsicare il pasticcino, aggiunse: “Ah, ho mangiato il panino che era in frigo, spero non sia un problema!”
Harry si bloccò con il babà a mezz’aria, lo guardò per un attimo prima di riposarlo sul tavolo, intatto. “Bene...”
Osservò sconsolato la cucina per un momento. Appena arrivato non se n’era accorto, ma sembrava che ci fosse stata una piccola esplosione: c’erano ciotole sporche e teglie un po’ ovunque, mentre strani attrezzi sgocciolanti, di cui Harry non conosceva neanche la funzione, facevano bella mostra di loro nel lavello. Sperava ardentemente che la sua amica pulisse tutto prima di andare via, perché lui non ne aveva la benché minima intenzione.
Hermione tornò molto prima del previsto. Sotto la felpa si scoprì che aveva in effetti un vestito color crema non molto elaborato ma comunque raffinato, senza spalline, che le sottolineava morbidamente la figura arrivando appena sopra il ginocchio. Aveva liberato i capelli, meno ribelli del solito, e li aveva raccolti tutti su un lato in una treccia morbida e sofisticata. Le davano un’aria elegante, anche se lui li preferiva sciolti.
Era così abituato a vederla con gli abiti seriosi che usava mettere in ufficio, che quasi si era dimenticato di quanto Hermione sapesse essere affascinante. Eppure ai tempi della scuola lo sapeva bene. Era stato un piccolo shock quando aveva capito che al suo migliore amico piaceva la sua stessa ragazza, ma per lui aveva deciso di farsi da parte. Li aveva visti innamorati e felici, ma dopo la guerra, quando tutto tornò alla normalità, si erano allontanati e alla fine lasciati. Un po’ come lui e Ginny del resto.
Quando la vide zampettare su un piede solo per infilare l’altro tacco vertiginoso, si rese conto di star fissando le sue gambe, giusto in tempo per prenderla al volo prima che cadesse per terra.
“Maledetti tacchi,” bofonchiò la ragazza tra le sue braccia, mentre cercava di rimettersi in piedi. “Devo smetterla di lasciarmi convincere da Ginny. Ha ragione lei, con la gonna al ginocchio il tacco è d’obbligo, ma non così alto.”
Osservandola più da vicino, si rese conto di nuovo del rosa acceso che le colorava le guance. Se non l’avesse conosciuta da anni, avrebbe avuto l’impressione che la sua amica fosse un po’ alticcia.
“Allora?” domandò lei, ansiosa, ridestando Harry dalle sue considerazioni.
“Allora cosa?”
“I babà. Come sono?”
Harry si affrettò a riprendere in mano il dolcetto e morderlo. Dopo averlo masticato con cura sotto l’occhio attento della sua migliore amica, sentenziò: “Buono.”
Hermione lo guardò dubbiosa. “E questi qui?” gli chiese passandogli un altro vassoio.
“Forse troppo forti, ma buoni anche questi.”
La ragazza prese un altro vassoio, molto più piccolo, avvolto da una bella carta blu notte. “E questi?”
Harry la guardò, sempre più confuso. Prese il babà e lo morsicò. “Questi forse sono i migliori. Anche gli altri erano buoni, ma in questi c’è qualcosa…”
Hermione si alzò di scatto, sbuffando sonoramente. “Ecco, lo sapevo!” e con un gesto di stizza fece Evanescere tutte le teglie di dolci pronti, cominciando a richiamare ingredienti un po’ ovunque. “Forse sarebbe meglio se preparassi dei Pasticcetti Svenevoli, così almeno nessuno farebbe poi tanto caso a ciò che ha mangiato!”  
Harry le si avvicinò, schivando  per un pelo una dozzina di uova che stavano passando rasenti alla sua testa.
“Insomma, Hermione, vuoi spiegarmi? Erano buoni anche quelli di prima, solo diversi! Deve essere il rum… in ogni caso, mi spieghi cosa sta succedendo?”
La ragazza lo guardò per un momento, poi lasciò perdere per un attimo la preparazione. “Gli ultimi che hai mangiato non li ho fatti io, ma Lavanda.”
“E allora?”
“Come, ‘e allora’?! In ufficio li hanno assaggiati tutti, anche quelli della delegazione, ed erano entusiasti. Le hanno addirittura chiesto di portarli alla festa stasera, ma lei ha detto di non avere tempo. Così… mi sono offerta io di farli.”
“E perché li hai fatti sparire allora? Anche i tuoi erano buoni.”
“Tu non capisci, Harry. Non devono essere solo buoni, devono essere migliori. Per una volta voglio essere io quella…” ma Hermione non terminò la frase, suscitando la curiosità dell’amico che la incalzò: “Quella…?”
Dopo aver fissato con insistente mutismo la punta delle sue scarpe, alla fine lei cedette. “E va bene! Voglio essere notata, ok? Quando passano per il mio ufficio parlano con me perché sono il caporeparto, ma devi vedere come si fermano a chiacchierare con Lavanda. La guardano, scherzano, ridono, le portano il caffè.” Fece un verso per imitarla, cosa molto poco da Hermione, poi continuò come se niente fosse. “Con me invece sono tutti formali, a malapena mi guardano negli occhi e mi dicono solo lo stretto necessario. Per una volta voglio che si complimentino anche con me, che non mi vedano solo come la capoufficio del dipartimento della Regolazione e Controllo delle Creature Magiche. Non posso certo competere con la bellezza di Lavanda, ma posso sicuramente preparare meglio degli stupidi pasticcini. O almeno così credevo!”
Harry rimase basito per un attimo a guardarla. Possibile che la sua amica avesse ancora simili insicurezze? Possibile avesse ancora complessi di inferiorità nei confronti delle ragazze reputate ‘belle’? Certo, Hermione non poteva considerarsi una bellezza classica, ma con gli anni il suo corpo aveva perso l’acerbità tipica dell’adolescenza, rendendola più femminile, e i suoi occhi intelligenti e il suo sguardo spesso così penetrante, davano al suo viso un fascino tutto particolare, che solo lei aveva. Harry non riusciva a capire come l’amica non riuscisse a rendersene conto. Eppure aveva sorpreso più volte colleghi in giro per il Ministero a osservarla di nascosto. Stava per dirglielo ad alta voce, ma sapeva già che quell’approccio non avrebbe funzionato, così provò con un’altra tattica.
“Ma tu non hai mai approvato questo tipo di comportamento in ufficio, o sbaglio? Comunque non dovresti sentirti in difetto perché flirtano con lei. Non è che tu sia meno bella di Lavanda, il problema è che tu un po’ spaventi le persone. Sei troppo professionale, senza contare che la tua intelligenza può mettere in soggezione chiunque.”
Hermione sembrò indignata. “Io non spavento le persone! E soprattutto non mi sento in difetto verso nessuno!”
“Bene, perché ti assicuro che non ne hai davvero motivo. Non so se ti sei vista, sei splendida stasera. Sei la cosa più bella che abbia visto oggi.”
Hermione arrossì di colpo, ma ignorando completamente le sue parole, gli borbotto: “Smettiamola con queste sciocchezze e aiutami, altrimenti arriverò in ritardo.” Appellò cinque diverse bottiglie di rum e due bicchierini. “Secondo te quale ha usato? È tutto il pomeriggio che cerco di capirlo, ma non ci riesco.”
Improvvisamente una consapevolezza prese largo nella mente di Harry “Vuoi dirmi che li hai assaggiati tutti?”
“Certo! Altrimenti come avrei potuto capire quale ha usato?”
La guardò di nuovo e in quel momento, ricollegando la sua parlantina, le guance arrossate, l’odore che aveva sentito appena entrato, tutto assunse improvvisamente un senso: Hermione era effettivamente brilla.
“Hermione, ma tu non eri astemia?”
“Qualche bicchierino di rum non ha mai ucciso nessuno!”


*


Cinque diversi tipi di rum e dieci assaggi più tardi, Hermione sembrava essere stata messa a dura prova: ormai era in preda a risolini immotivati, mentre ascoltava l’amico raccontare le  disavventure di quella mattina, apparentemente immemore del motivo di quella bevuta improvvisata.
“Insomma, cosa facevano queste ghirlande mannare? Ti trasformavano in un vampiro glitterato?”
Anche Harry iniziava a sentirsi in difficoltà. Era abituato a bere ogni tanto qualche bicchiere con i colleghi, ma lo stare a stomaco vuoto dall’ora di pranzo non migliorava la situazione.
“Tu ci scherzi! Da quelle maledette… cose, una volta disattivato il finto Marchio Nero, uscivano fuori dei rami che ti immobilizzavano, e se riuscivano a morderti ti trasformavi in un-”
Ma Hermione non scoprì mai in cosa ti trasformava perché Harry si interruppe all’improvviso come folgorato e, alzandosi in piedi, esclamò: “Giusto!”
Anche Hermione si alzò quando lo vide scattare verso l’altra stanza.
“Amico mio, lasciatelo dire: non lo reggi molto bene l’alcol,” farfugliò, dondolando appena sul posto.
Harry tornò subito dopo, con un oggetto stretto in mano. “Siediti e chiudi gli occhi!”
“Il morso di quelle ghirlande natalizie ti trasformava in una bottiglia? Non è uno scherzo molto divertente,” rispose confusa la ragazza.
“Ma no, sciocchina. Le ghirlande non c’entrano nulla.” Mise la bottiglia sul tavolo e, posandole le mani sulle spalle, la costrinse gentilmente a sedersi. “Siediti e chiudi gli occhi.”
“Va bene… hai delle mani davvero calde, lo sai?” sussurrò a occhi chiusi, ma lui non le stava dando retta e trafficava con la bottiglia.
“Assaggia.”
Hermione sentì il freddo del vetro contro le labbra, sorrise e prese un sorso. Subito dopo spalancò gli occhi entusiasta. “È il liquore dei dolci di Lavanda! L’hai trovato! Ma cos’è?”
“Whiskey Incendiario!” esclamò Harry.
 La ragazza si rialzò in piedi saltellando e tra l’indispettita e l’eccitata disse: “Ecco perché non lo trovavo! Non ha usato la ricetta Babbana classica!”
Mentre correva di nuovo ad armeggiare con gli ingredienti, lui continuava a guardarla ridacchiando.
Ad un certo punto Hermione se ne accorse. “Harry, smettila di ghignare. Sei fastidioso. Perché continui a guardarmi così?”
Il ragazzo rimase per un po’ in silenzio e quando lei finì di montare le uova con gli altri ingredienti  decise di sbilanciarsi. “Tralasciando il fatto che non ti ho mai vista brilla? Niente… è che il discorso di prima sulle ghirlande mi ha fatto tornare in mente una cosa che volevo dirti da quando mi hai detto che quei dolcetti erano di Lavanda.”
Hermione agitò la bacchetta per amalgamare bene il burro al resto. “Cosa volevi dirmi?”
“Uno dei primi avvistamenti questa mattina è stato nel nuovo quartiere magico vicino Piccadilly Circus.”
Lei continuava ad ascoltarlo distrattamente, cercando di capire se l’impasto fosse montato a dovere “E allora?”
“Beh, quella zona è rinomata soprattutto per la culinaria, sta diventando famosa per i ristoranti, le paninoteche, le gelaterie… e indovina chi ho visto uscire da una di queste pasticcerie, con in mano un pacchettino avvolto da una carta blu?”
Hermione lì per lì non rispose, intenta a far girare il cucchiaio di legno con la bacchetta, quando improvvisamente voltò di scatto la testa, fissando la carta con cui aveva portato i pasticcini di Lavanda.
“No, non mi dire che…”
Harry si limitò a sghignazzare.
“Mi hai fatto perdere un sacco di tempo quando sapevi che Lavanda non aveva preparato lei quei dannati dolci, ma li aveva comprati!”
Le fece un sorriso storto. “Così impari a mangiare il mio sandwich.”
“Non ci posso credere…” Con un gesto di stizza agitò la bacchetta con troppa foga e l’impasto appiccicoso che aveva davanti praticamente esplose. Hermione si ritrovò schizzi ovunque, sul vestito, in faccia, tra i capelli; ovunque. Una risata di cuore la travolse alle sue spalle. Harry si teneva la pancia e quando la ragazza si girò, la risata crebbe di intensità.
“Dovresti vederti, sei buffissima!”
“Tu…!” Hermione lo guardò indignata per qualche istante, poi ficcò l’intera mano dentro la scodella con l’impasto semiliquido.
“Che intenzioni avresti, signorinella?”
“Non lo immagini?”
“Speri di avere qualche speranza di sporcare il miglior Auror del Ministero?”
“Lo vedremo…” Soffiò, guardandolo con una luce minacciosa negli occhi.
Iniziò una bizzarra rincorsa per la cucina. Hermione seminava gocce di preparato per dolci su tutto il pavimento con la mano sporca, mentre Harry evitava gli attacchi e gli incantesimi che ogni tanto la ragazza gli lanciava. Ridevano come matti. Ad un certo punto però, Hermione scivolò su una goccia d’impasto; Harry stava per afferrarla come poco prima, ma alla fine, con un ghigno, tirò indietro le braccia, facendola ruzzolare a terra.
“Sei cattivo! Avresti potuto prendermi. Mi sono fatta male alla caviglia per colpa tua.”
Vedendo il suo broncio, Harry le si avvicinò sorridendo.
“Dai, non pensavo ti facessi male. Fammi vedere.” Si inginocchiò accanto a lei per esaminarle il piede quando, con la coda dell’occhio, vide un movimento repentino: Hermione non si era fatta male realmente e adesso era riuscito a bloccarlo spingendolo a terra e montandogli sopra a carponi; aveva intenzione di passargli la mano sporca sul viso, ma Harry, nonostante la sorpresa, riuscì ad afferrarle il polso giusto un attimo prima.
“E ora che farai, mio presuntuoso signor Auror? Non ti ho toccato, ma è solo questione di tempo prima che tu ti sporchi.”
Harry guardò la mano di Hermione ferma sopra il suo viso, con l’impasto che stava iniziando a colarle lungo le dita: sarebbe sicuramente caduto a breve.
“Eh, mia cara, ormai dovresti saperlo… la miglior difesa è l’attacco!”
Aprì la bocca e le prese tra le labbra l’indice e il medio, succhiandoli appena. Hermione avvampò, spiazzata, e Harry, approfittando del suo momentaneo turbamento, invertì le loro posizioni facendola finire sotto di sé.
“Sai che è proprio buono?” tenendole sempre la mano, leccò via l’impasto anche dalle altre dita, una per una, guardandola. Qualcosa era cambiato. Mentre le passava la lingua, lentamente, sulla pelle, la vide socchiudere gli occhi e la bocca dischiudersi in un respiro spezzato. L’atmosfera di scherzo di poco prima era svanita; improvvisamente si ritrovarono immersi in qualcosa di mai provato, di intenso, di proibito. Il ragazzo le bloccò i polsi contro il pavimento, senza trovare la minima resistenza, e scese ad aspirare l’odore del suo collo. Sapeva di vaniglia e di alcol. Quando con il respiro lambì la sua pelle tesa, la sentì fremere. A fior di labbra le catturò una goccia d’impasto finitale nell’incavo della clavicola.
“…Harry…”
Era quasi un sospiro ma, come richiamato alla realtà, il ragazzo tirò su la testa di scatto.

Cosa sto facendo?

Imbarazzato, si schiarì la voce, aiutando anche lei a rimettersi in piedi. “Credo… emh… credo che abbiamo bevuto un po’ troppo.”
Hermione, piuttosto confusa, ci mise qualche secondo a rispondere. “Sì… forse è il caso che non mi presenti alla festa in queste condizioni. Manderò un gufo.” Prese un tovagliolo per togliersi il grosso dell’impasto di dosso. “Sono troppo brilla per Materializzarmi. Hai la macchina?”
Parlavano senza guardarsi negli occhi. “No. Immagino che dovrai rimanere a dormire qui. Vieni, ti preparo una delle stanze di sopra.”
Mentre attraversavano l’ingresso la tensione tra loro era quasi tangibile. Non riuscivano a guardarsi, il loro silenzio rispecchiava l'imbarazzo, fino a quando, a metà scalinata, Hermione non scoppiò in risolini incontrollati.
Harry si voltò sorpreso.
La ragazza alla fine esplose in una risata di cuore. “Ancora sono qui, questi? Meno male che sei praticamente il miglior Auror del reparto! Ma come li hai conciati?”
Stava fissando, con le lacrime agli occhi dal ridere, le teste degli elfi domestici di casa Black, addobbati con cappellini di Babbo Natale e ghirlande colorate al collo.
“È stata Luna. L’altro giorno è passata da me dopo il lavoro per portarmi un rapporto e ha detto che erano poco natalizi. Lo so che dovrei staccarli da lì, ma non ho un attimo libero in questo periodo.”
Vedendola poi barcollare pericolosamente tra una ristata e l’altra, l’afferrò per la vita sospingendola per costringerla a salire. “Meno male che qualche bicchierino non doveva farti niente. Sei completamente ubriaca.”
Hermione protestò debolmente, ridacchiando. “Non è vero! Sono solo allegra!”
Una volta arrivati in stanza, Harry le diede degli asciugamani puliti e una sua camicia per permetterle di cambiarsi per andare a dormire.
“Mi raccomando, cerca di non affogare nella doccia.”
Il ragazzo stava per lasciare la stanza quando lei lo richiamò: “Harry, aspetta…”gli diede la schiena, spostando i capelli. “Aiutami, non ce la farò mai ad abbassarla da sola.”
Harry deglutì a vuoto: improvvisamente la tensione spezzata poco prima dagli elfi inghirlandati era tornata ad attanagliargli lo stomaco. Con estrema lentezza le abbassò la chiusura lampo fino a metà schiena, scoprendo la pelle chiara. Non seppe resistere e l’accarezzò piano.
“Le tue mani sono davvero calde…” Hermione si girò, guardandolo dritto negli occhi, tenendo su il vestito con le mani per non farlo cadere. Harry sembrò di nuovo riprendersi dall’improvviso momento di inaspettata intimità e fece un passo indietro.
“Hermione sei ubriaca. Anche io sono ubriaco.”
“Ma…”
“No. Fai la doccia e mettiti a letto, prima che succeda qualcosa di cui domani mattina potremmo pentirci.” E, senza darle il tempo di replicare, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

 
*


Dopo una lunga e fredda doccia, Harry si avvolse un asciugamano sui fianchi, strofinandosi i capelli con vigore.

Ma che diavolo mi prende… è Hermione, cazzo. Siamo praticamente fratello e sorella! Come diamine mi è venuto in mente. Stavo per saltarle addosso.

Lanciò con un gesto di stizza l’asciugamano sul letto e stava per togliersi anche quello sui fianchi quando per poco non cacciò un urlo dalla sorpresa: Hermione lo aspettava nella stanza, in piedi vicino la porta, con indosso solo la sua camicia e le scarpe col tacco.
“Quel ‘no’ non mi è piaciuto.” disse quasi in un sussurro.
“Cosa…” ma le parole gli morirono in gola perché Hermione aveva iniziato a camminare verso di lui e la camicia, non abbottonata del tutto, si aprì appena lasciando intravedere il pizzo delicato della sua biancheria. Non l’aveva mai vista così, era da togliere il fiato.
Accorgendosi del suo sguardo, la ragazza arrossì, ma non si fermò, arrivando a pochi centimetri da lui.
“Io non credo che tutto quello che ho provato sia solo il risultato dell’alcol.”
Harry si schiarì la gola, sperando di ritrovare un po’ di autocontrollo, oltre che la voce. “Hermione, è evidente che è così, non sei abituata a bere e-”
Non lo lasciò finire, interrompendolo. “Forse se non fossi ubriaca non sarei venuta qui in pigiama, esponendomi così, ma questo non cambia ciò che provo.”
“E lo chiami pigiama, questo?!”
“Sei tu che mi hai dato questa camicia come pigiama.”
“Avrei dovuto darti dei pantaloni. O il pigiama di flanella più pesante che avevo. Perché diavolo ti sei rimessa i tacchi, poi?”
“Il tuo pavimento è freddo.”
“Avrei dovuto darti anche dei calzini.”
“Insomma, Harry!” la ragazza sbuffò, allontanandosi appena. “Non mi stai prendendo sul serio! Io sono qui a dirti che ho provato davvero qualcosa giù di sotto e tu non mi ascolti. È perché… tu non hai provato lo stesso? Mi trovi ridicola, non è vero?” Si strinse nella camicia, voltandosi.
“Hermione, ma stai scherzando?!” la prese per le spalle, costringendola a guardarsi allo specchio appeso al muro. “Guardati. Sei incredibile, sei…” le accarezzò il collo, facendo scivolare via la camicia scoprendole la spalla e baciandogliela delicatamente. Poi guardò il suo riflesso, seguendo tutta la linea del corpo, e quando arrivò a fissarla negli occhi attraverso lo specchio, il suo sguardo era velato di desiderio. “L’ultima parola che userei per descriverti è ‘ridicola’. Ma tu sei ubriaca. E anche io. Non sono in grado di capire se è davvero questo ciò che vuoi.” Distolse lo sguardo.
La ragazza si girò, trovandosi di fronte a lui, costringendolo a guardarla di nuovo. “Probabilmente se fossi sobria lo negherei, ma io so quello che sto provando ora.” Era imbarazzata, lo percepiva, e sembrava più lucida che mai.
Gli posò la mano sul petto nudo, accarezzandolo delicatamente.
“Così non mi aiuti, Hermione…”
Gli prese le mani e, scostando la camicia, se le posò sui fianchi, a contatto diretto con la propria pelle.
“Ti prego, Harry…  baciami, o credo che morirò.”
Alla fine il ragazzo cedette e strinse la presa sulla vita, avvicinandola a sé. Sembrava assurdo ma anche incredibilmente giusto. Con una mano salì ad accarezzarle il viso. Scese sulle sue labbra quasi con foga, ma proprio mentre stava per sfiorarle…
 
Thud

“Ahai!” Sia Harry che Hermione si presero la testa tra le mani: la ragazza si era data lo slancio per ricevere il bacio, ma con troppa foga, tanto da dare una testata a Harry.
Dopo uno sguardo un po’ sorpreso, entrambi scoppiarono a ridere. Il momento magico era passato.
Una volta in cucina, però, guardandolo seminascosta dalla borsa del ghiaccio che aveva poggiata sulla fronte, Hermione ribadì in un sussurrò: “Comunque, non me ne sarei pentita, Harry. E neanche tu…”


*

    
“Harry? Harry?”
Il ragazzo si sentì scuotere con vigore, prima di riuscire ad aprire finalmente gli occhi.
“Ehi, mi stavi facendo preoccupare, non ti svegliavi più!”
Hermione lo guardava sorridente, vestita elegante, in quella che sembrava la sua cucina. Lui si stropicciò gli occhi, alzandosi dal tavolo dove evidentemente si era appisolato.

Possibile fosse solo un sogno?

“Ora ricordo… ho assaggiato uno dei tuoi dolcetti e poi… devo essermi addormentato.” disse indicando la scatola colorata di fronte a lui. Sembrava piuttosto confuso. E anche turbato.
Hermione scoppiò a ridere. “Ci credo che ti sei addormentato! Quelli non sono i miei dolci, sono i Pasticcetti Svenevoli Modello Delux di George! Me li ha dati perché voleva che li mostrassi alla delegazione italiana. Vuole espandere il suo mercato all’estero.”
Harry sbadigliò sonoramente e si versò del succo di zucca per cercare di riprendersi, ma quando vide la ragazza fissarlo maliziosa, distolse lo sguardo.
“Che c’è?” Le chiese imbarazzato. Non riusciva a guardarla senza ripensare al sogno di poco prima.
“Chi hai sognato?”
Harry per poco non si strozzò. Quando finì di tossire riuscì ad articolare un: “Come, scusa?”
Hermione sorrise, sorniona. “È inutile che fai il vago. Questi Pasticcetti non sono come quelli che avevamo noi a scuola. Mentre sei svenuto ti permettono di avere fantasie romantiche sulla persona da cui sei maggiormente attratto. Chi hai sognato, Harry?”
Il ragazzo tentò di prendere tempo. “Non devono funzionare granché bene, perché nella mia fantasia non è successo niente. Più o meno.”
“Magari perché non ne eri consapevole e il tuo inconscio tentava di rendere la situazione più logica. Comunque sembri sconvolto! Dimmi chi hai sognato! Lavanda, forse? Oppure la biondina che lavora con te?”
Harry fece una risatina nervosa. “Sei fuori strada…” poi notò che nella scatola mancava un altro dolcetto. “E tu? Chi hai sognato tu?”
A questo punto fu Hermione ad essere imbarazzata. “Li ho assaggiati solo per essere sicura degli effetti prima di darli alla delegazione.”
“Non ti ho chiesto perché li hai mangiati, ma chi hai sognato.”
“Nessuno che tu conosca.”
Harry la guardò attentamente e da come giocava con l’orlo della gonna capì che stava mentendo. Quando poi lo cercò di sfuggita con gli occhi, distogliendo subito dopo lo sguardo, ne fu sicuro.
“Non mi dire che anche tu hai sognato me?”
Hermione divenne rossa, sembrava decisamente sorpresa dalla sua affermazione, ma alla fine scoppiò a ridere. “Vuoi dire che ti sei sognato da solo? Non ti facevo così presuntuoso!”
“Che simpatica… sai cosa intendevo.”
La ragazza continuò a ridacchiare. “Certo che siamo strani, noi due. Dobbiamo farci presentare al più presto qualcuno, perché avere solo il proprio migliore amico su cui fare fantasie denota la tristezza delle nostre vite sociali!”
“Come fai a prenderla così tranquillamente, Hermione?” Harry sembrava improvvisamente serio. La guardava come se per la prima volta da anni la vedesse realmente, come se per la prima volta si rendesse consapevole di sentimenti mai sospettati. Non aveva mai voluto vedere Hermione in altro modo se non come un’amica. C’era Ron, c’era Ginny… le poche volte in cui il suo cuore aveva provato a suggerirgli qualcosa in più della semplice amicizia, la ragione l’aveva soffocato sul nascere. Eppure tra di loro c’era sempre stata quella complicità, quel legame, che non aveva mai sentito con nessun’altra. Nessuno sapeva dargli quello che gli dava Hermione. Nessuno. E quella illusione di poco prima gli aveva svelato fantasie bramate da tempo, desideri e sentimenti da sempre presenti in lui, ma custoditi segretamente in un angolo nascosto del suo cuore.
La osservò.
Si guardava intorno nervosamente, nonostante l’aria falsamente rilassata.
Sapeva che anche lei era turbata.
Alla fine le chiese: “Anche nel tuo sogno non è successo nulla?”
Questa volta la ragazza avvampò letteralmente e gli diede le spalle per non farsi vedere, ma lui la prese per il polso, costringendola a guardarlo.
“Era solo una fantasia, Harry. Un sogno. Lo sai che quando eravamo più piccoli avevo avuto una cottarella per te, ma da quando mi sono messa con Ron è tutto cambiato, siamo diventati quasi come fratello e sorella, e non-“
Harry sembrava serissimo. “Dimmi che non hai provato niente.”
Per un attimo gli venne in mente una frase della Hermione della sua fantasia:

“Probabilmente se fossi sobria lo negherei, ma io so quello che sto provando ora.”

Lei continuava a sfuggire il suo sguardo. “Era solo un sogno.”
“Dimmelo.”
Alla fine la ragazza sbuffò. “Non c’è bisogno di turbarsi tanto.” Gli prese il viso tra le mani e gli stampò un bacio sulle labbra. “Vedi? Erano i Pasticcetti ad alterare le nostre sensazioni, nella realtà-“ ma non riuscì a finire la frase perché Harry la tirò a sé, posando di nuovo le labbra, con decisione, sulle sue. E questa volta non fu un bacio veloce, né fraterno; la sua bocca si mosse contro quella di lei, piano, ma determinata a scoprire tutte le sensazioni che per anni erano rimaste non dette. Era come se aspettasse quel momento da sempre. Fu un bacio lento, profondo, intenso.
Quando si separarono, negli occhi di entrambi si rifletteva ciò che avevano vissuto nelle loro rispettive fantasie.
“Dimmi che non hai provato niente.” Ripeté lui, tenendola per mano.
La ragazza si morse il labbro, senza sapere cosa rispondere.
“Hermione.”
Per un attimo ebbe l’impressione che lei stesse per scappare, ma inaspettatamente il suo viso si rischiarò in un sorriso titubante; la voce le tremò appena. “Sono un po’ spaventata. Sta accadendo tutto così in fretta…”
Anche Harry sorrise, più rilassato. Le prese il viso tra le mani, poggiando la fronte contro la sua.
“Sì, un po’ lo sono anche io, ma non è detto che dobbiamo correre, no? Iniziamo a piccoli passi e poi si vedrà.”
“Sì…” chiuse gli occhi, assaporando quel momento di dolcezza.
“A meno che tu non voglia mostrarmi cosa è successo nel tuo di sogno.”
Hermione diventò di tutti i colori e, ridendo, gli diede un piccolo pugno sul braccio.
“Per quello è decisamente presto! Ora devo andare…”
Si infilò il cappotto, prese i Pasticcetti Svenevoli, il vassoio con i dolci e guardò imbarazzata Harry, senza sapere bene come salutarlo. Lui le sorrise e le posò un bacio delicato sulle labbra.
Era così strano, eppure sembrava la cosa più naturale del mondo. Quel piccolo gesto confermò ad entrambi le loro emozioni: qualcosa era cambiato. Mentre la vedeva scomparire sotto i suoi occhi, il suo sorriso dolce e imbarazzato gli disse che sarebbero stati felici, insieme, a piccoli passi.
 


Fine












Sophie' space
Quando mi è arrvato l'invito del CoS ero letteralmente su di giri! Mi sono davvero emozionata :)
Purtroppo non è la trama che avevo pensato di sviluppare inizialmente, ma spero che vi possa piacere lo stesso, nonostante sia una storia 'classica'. Ci tengo a ringraziare di cuore la mia beta Fabi_ e jaybree88, che mi ha dato un parere più ‘auroroso’. I prompt da sfruttare erano: pasticcetti svenevoli, un'antica maledizione (che dovevo inizialmente usare) e ghirlande di fiori. 
Spero di non avervi deluso :)

La vostra Sophie!

ps: ci tenevo a precisare che il riferimento ai ‘vampiri glitterati’ era solo un escamotage per far sorridere; non ci voleva essere nessuna cattiveria nei confronti di Twilight, contro cui personalmente non ho niente :)
Potete trovare la mia pagina su fb qui: http://www.facebook.com/pages/Sophie_85/297003163686205 dove inserirò eventuali nuove storie e chiacchiericci vari ^_^


   
 
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