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Autore: cleomery    31/01/2012    12 recensioni
Hermione non era abituata a quella pace: le stava stretta.
Le mancava Harry.
E io, Ginny Weasley, non avevo capito niente.
Storia partecipante al contest OTP Tournament del Collection of Starlight.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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He comes back for her

La storia partecipa all'OTP Tournament del Collection of Starlight.
Ci tengo a precisare che Ginny potrebbe risultare un po' OOC, la cosa mi serviva ai fini della storia.
Link a fondo pagina. Buona lettura. 

He came back for her.



C'era profumo di legno e resina nell'aria.
Sorvolando la Foresta Proibita, potevo sentire decine di odori susseguirsi senza sosta.
Niente mi era mai sembrato più emozionante del volo, niente lo sarebbe mai stato. Probabilmente ce l'avevo nel sangue o forse adoravo semplicemente la sensazione che provavo quando ero sulla scopa.
Ero comunque certa che Fred e George avessero contribuito a questa mia passione.
D'altronde, da quando mi avevano insegnato a volare, avevo impiegato tutte le mie energie per il Quidditch.
Ero brava, mi sentivo particolarmente dotata, ma soprattutto mi faceva stare bene. Sentivo che era la mia strada.
Volevo diventare una giocatrice professionista, giocare nei Cannoni di Chudley, prendere il boccino, portare la squadra alla vittoria dei Mondiali.
Persa nei miei pensieri, sospirai e cominciai a perdere quota per atterrare, infine, dietro la capanna di Hagrid.
Quando il professore mi vide, non disse niente, si limitò a sorridere e a farmi un cenno con la grossa mano.
Tornai al Castello cercando di non farmi vedere e rientrai in Sala Comune.
Hermione era seduta su uno dei divanetti, le mani che riavvolgevano veloci un lungo rotolo di pergamena, probabilmente la relazione di Aritmanzia che io non avevo ancora iniziato.
Frequentavamo lo stesso anno adesso che le nostre vite erano tornate alla normalità. Per me, almeno, quella era la normalità: frequentavo le lezioni, giocavo a Quidditch, avevo un ragazzo, una routine come quella di qualsiasi altra ragazza della mia età.
Hermione Granger, però, era una persona che, avendo sempre vissuto l'avventura come la sua normalità, trovava quella pace troppo inconsueta: non era abituata a trascorrere le giornate senza preoccuparsi di altro al di fuori dello studio.
Mi aveva confessato che le mancavano le ore passate ad aiutare Harry con i suoi guai, sentiva di non essere completa senza di lui intorno, pronto a combinare qualcosa. Semplicemente le mancava Harry.
A quell'affermazione avevo annuito fingendo di capire. In realtà non vedevo che senso avesse quel suo pensiero: Harry era il suo migliore amico, non era naturale che lo volesse così tanto al suo fianco, o meglio, non mi sembrava normale che lei volesse essere sempre presente nella vita del mio ragazzo.
Ai miei occhi la loro era un'amicizia morbosa, una forza pronta a distruggere qualsiasi cosa tentasse di sciogliere il loro legame.
Non ne avevo mai fatto parola con nessuno, mi sembrava un'osservazione stupida e totalmente fuori luogo, ma avevo il sospetto che chiunque li osservasse la pensasse come me. Era impossibile non vedere quell'alchimia, quegli sguardi fugaci che si scambiavano al posto delle parole.
Mi spaventava quell'idea, non avrei dovuto pensare una cosa simile e non mi sarei dovuta sentire minacciata dalla presenza di Hermione; eppure sapere che Harry sarebbe stato disposto a tutto per lei mi terrorizzava, mi rendeva insicura.
Mi sentivo fragile, avevo le mie debolezze, non potevo e non volevo più combattere per avere Harry.
Avevo deciso, tempo prima, che avrei lasciato che le cose facessero il loro corso ed ero decisa a mantenere fede a quella promessa.
Andai a sedermi di fianco a lei, sforzandomi di non sembrare turbata.
- Hai già finito un intero rotolo di pergamena? - le chiesi con naturalezza.
- Sì, non avendo altro da fare, mi sono portata avanti con lo studio. - mi guardò con occhio critico e scosse la testa -Sei uscita di nuovo a volare, Ginny?- continuò, scrutandomi severamente.
- Hermione, la relazione è da consegnare tra due settimane e per domani non abbiamo niente in programma. Non vedo il motivo che avrebbe dovuto impedirmi di uscire a svagarmi un po'.
Lei sapeva perché mi comportavo in quel modo. Se ne era accorta nonostante non le avessi detto nulla.
- Harry non ti ha ancora scritto, vero? - mi chiese, poggiandomi una mano sulla spalla.
Non seppi cosa risponderle. Era decisamente umiliante il fatto che il mio ragazzo non mi spedisse nemmeno due righe da almeno dieci giorni ed era ancora peggio vedere negli occhi della mia migliore amica quell'espressione. 
Gli occhi di Hermione mi facevano sentire così piccola che non avrei saputo distinguere la ragazzina impacciata e un po' timida che ero stata anni prima da quella che ero in quel momento.
Mi sorpresi di pensare una cosa simile: non era da me. 
- Vedrai che non è niente, sarà stato impegnato e avrà dimenticato di rispondere ai tuoi messaggi.
Distolsi l'attenzione da lei e cercai di recuperare un po' di orgoglio.
- Sicuramente è così. Ci sarà stato qualcosa che l'ha tenuto occupato in questi giorni. - dissi, drizzando la schiena, mentre mi sforzavo di sorridere.
Un gufo beccò una delle finestre proprio in quel momento e Hermione si alzò per aprirgli prima che io riuscissi anche solo a concretizzare la cosa. 
Sembrava che stesse aspettando quel momento da una vita.
Mi diedi della sciocca, stavo lasciando andare la fantasia a briglie sciolte.
Staccò il biglietto dalla zampetta dell'animale e, dopo averlo accarezzato con gratitudine, lo lasciò volare via.
La vidi sorridere e arrossire appena.
-E' di Ron?- le domandai leggermente curiosa.
-No, non è sua. E'...- sollevò lo sguardo verso di me e pensai che quell'espressione fosse quasi colpevole.
-E' di Harry.
-Finalmente! Deve essere per me allora.- riacquistai un po' di brio nel sentire quelle parole; mi sembrò che il peso che sentivo sul petto si sciogliesse d'improvviso.
-Veramente è per me.
La fissai senza capire. Perché il mio ragazzo, dopo dieci giorni di silenzio, invece di mandarmi una lettera con delle scuse ne mandava una a lei?
Non riuscivo a capire, mi sforzavo di comprendere quell'evento, ma davvero non riuscivo a venirne a capo.
Mi alzai dal divano e corsi fuori dalla Sala Comune, ignorando del tutto la voce di Hermione che continuava a chiedermi di tornare indietro.



Quando mi sentii abbastanza stanca, atterrai sul prato del campo di Quidditch. Avevo volato per ore con il cuore in gola e una rabbia che non avevo mai provato prima. Ero riuscita a spedire tutte le Pluffe nei cerchi, una dopo l'altra, con foga, volando a riprenderle a velocità impressionante. Non credevo di poter essere così rapida come cacciatrice, ma evidentemente il sentirmi così arrabbiata aveva i suoi benefici.
Mi ero sfogata, ma non credevo di essere ancora pronta per rientrare al Castello: non volevo sentire, non volevo che Hermione mi dicesse cosa c'era scritto nel biglietto di Harry.
Cercai di tornare lucida e mi dissi che era inutile rimanere lì al freddo.
Sarei tornata in dormitorio, avrei chiesto spiegazioni e poi mi sarei scusata per il mio comportamento infantile.
Ero sicura che Hermione mi avrebbe capita.
Orgogliosa di quel pensiero così maturo, tornai sul sentiero che conduceva alla Scuola e, dopo pochi minuti, arrivai alla Torre con il fiatone e i capelli in disordine.
Quando però mi fermai sulla soglia della Sala Comune, gelata da ciò che stavo ascoltando, cercai di non fare rumore.
Harry era lì, stava ridendo con Hermione.
Sbirciai oltre la fessura tra il ritratto della Signora Grassa e il muro e non riuscii a muovere un passo.
- Questo non si fa, Harry! - Hermione si stava asciugando il viso dall'acqua che lui le aveva appena spruzzato addosso.
La vidi chinarsi su di lui e passargli un panno umido sulla nuca con gentilezza, una premura negli occhi a cui non avevo mai fatto caso.
- Tieni, prendi questa, è una pozione veloce e indolore che ti farà passare quella nausea.
- Grazie Hermione, non so come farei senza di te. - Harry le rivolse uno sguardo complice, affettuoso, le strinse la mano e si lasciò andare sullo schienale della poltrona.
- E dire che dovresti essere abituato alle Passaporte ormai.
Continuarono a chiacchierare, senza accorgersi della mia presenza dietro il ritratto semiaperto.
Mi stavo immaginando tutto, quella scena non era reale. Harry non era veramente lì con la mia migliore amica, non aveva quell'espressione rilassata mentre lei continuava a inumidirgli il collo, non teneva la mano di lei saldamente stretta tra le sue, non sembrava incurante del fatto che io non fossi lì.
Percepii un vuoto all'altezza del cuore.
- Allora, ti piace l'idea? - le chiese, girandosi a guardarla.
- Non potrei esserne più felice, sapevo che avresti fatto la scelta giusta.
- Non che tu non me l'abbia suggerita da un pezzo.- rispose lui, continuando a bere la sua pozione.
Mi sentii morire, dovevo essere fuori strada: quei due non stavano insieme, non sarebbe mai successo.
Se Harry mi avesse lasciata di nuovo...
Non riuscivo a formulare alcun pensiero.
L'avevo capito la prima volta che era successo, avevo compreso le sue ragioni. Voleva proteggermi, ma avevo lottato per lui e gli ero stata vicina il più possibile. Finita la guerra aveva detto di amarmi, voleva tornare con me.
Non poteva lasciarmi adesso che tutto era tornato alla normalità.
-L'hai detto a Ginny?
-No, sono riuscita solo a dirle che il biglietto era tuo, poi è scappata. Ti è passata la nausea?
Hermione gli passò una mano tra i capelli scomposti e lui le sorrise annuendo.
Era sempre pronta a soccorrerlo in ogni momento, si preoccupava anche per una stupida e insignificante nausea da Passaporta.
Lei ci sarebbe sempre stata per lui, non lo avrebbe mai lasciato, non gli avrebbe mai fatto del male, avrebbe sempre saputo consigliarlo nel modo migliore.
Mi sentii una stupida per non aver mai dato ragione a Ron: lui non li aveva mai visti di buon occhio. Aveva sempre sospettato che ci fosse qualcosa di strano in quel loro rapporto.
Harry mi avrebbe messa di nuovo al secondo posto.
Hermione sarebbe stata sempre più importante di me, sempre un gradino più in alto.
Era sempre stato così, me ne rendevo conto solo in quel momento.
Pensavo che prima fosse il desiderio di sconfiggere Lord Voldemort a tenerli insieme. Si conoscevano da sempre, era normale che volessero rimanere insieme, affrontare i problemi sapendo di poter contare l'uno sull'altro.
Avevo capito anche dopo la fine della Guerra, avevo cercato di capire che volessero rimettere insieme i pezzi delle loro vite. Non avevo fatto storie nemmeno quando Harry l'aveva accompagnata a cercare i suoi genitori.
Erano partiti da soli perché Ronald era stato costretto a rimanere a casa ad aiutare la famiglia.
Avevo capito tutto, avevo giustificato tutto.
E, in fondo, non avevo capito niente.
C'era dell'altro, era il bisogno fisico di sentire l'altro vicino, presente.
Non erano fratello e sorella, non erano nemmeno amici.
Forse non se ne rendevano conto nemmeno loro, ma a me era chiaro.
Non riuscii a resistere, entrai spalancando il ritratto come una furia.
-Cosa devi dirmi?- sibilai, piazzandomi di fronte a lui.
-Ginny! Da quanto sei lì dietro?- mi chiese, spalancando gli occhi per lo stupore.
-Abbastanza da godermi la scena. Cosa devi dirmi, Harry?
Stavolta l'avrei affatturato, ne ero più che certa. E se non avesse aperto bocca, se non avesse trovato le parole per spiegarmi quanto era meschino a tradirmi con la mia migliore amica, l'avrei affatturato comunque.
Mi guardò, non afferrando il senso delle mie parole.
-Torno a Hogwarts, Gin.- mi sorrise, seduto sulla sua poltrona.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Solo dopo pochi istanti realizzai l'accaduto e mi rilassai appena.
Hermione gli poggiò una mano su una spalla e lui l'abbracciò.
-Ancora non riesco a crederci, tornerai qui!- disse lei con la voce che le tremava per l'emozione.
Ripresi a respirare.
Harry tornava a casa
Harry finalmente tornava a Hogwarts.
Eppure qualcosa continuava a non tornare, sentivo che c'era ancora un blocco che mi impediva di gioire per quella notizia.
Lui lo aveva detto prima a lei, era corso da lei, non era venuto a cercare me e quando non mi aveva vista in Sala Comune non si era preoccupato. Era rimasto lì, con lei.
Capii solo in quel momento e una lacrima, che Harry confuse per felicità, mi rigò il viso.
Era tornato per lei.

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