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Autore: Molly182    31/01/2012    1 recensioni
Prendere un aereo non era mai stato così difficile come in quell’istante! C’era in gioco tutta la mia vita, i miei sogni e la speranza di stare bene, una volta atterrata.
P.s. La maggior parte dei capitoli sono accompagnati da delle canzoni che si trovano linkate nella storia :)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap 13
Quando l’indomani mi svegliai, era presto.  Il sole era sorto da poco e il vicinato dormiva ancora.
Scesi le scale lentamente e mi preparai una tazza di caffè. Mentre aspettavo che il liquido amaro scendesse dentro la caffettiera, iniziai a pensare alla sera prima e di quella strana sintonia che si era creata tra me e Thomas. Non ero realmente arrabbiata per il fatto che non si fosse fatto vedere per tanto tempo, infondo me lo aspettavo, stava andando tutto troppo bene e qualche intoppo ci doveva pur essere.
Presi la mia tazza e la riempii e senza fare troppo rumore mi chiusi la porta alle spalle e andai a sedermi sul dondolo del portico.
Le persiane delle case iniziavano ad aprirsi e alcune famiglie si stavano preparando per andare a messa. Nella seconda casa di fronte alla mia c’era un bambino che correva per il giardino seguito dalla madre che cercava di farlo salire in macchina mentre il padre era già al posto di guida che sbuffava tra uno sbadiglio e l’altro.
Ero talmente presa a guardare ciò che accadeva nel vicinato che non mi accorsi di lui finché non mi si mise davanti.
“Ciao New York” mi salutò.
“Thomas non chiamarmi così”, lo rimproverai. “Non chiamarmi New York, mi da sui nervi”
“Scusa, ricominciamo: Buongiorno Mary”
“Meglio!”, tirai un sospiro. “Non ti avevo visto arrivare”
“La tua considerazione su di me continua a diminuire”, mi disse con un sorriso.
“Non è così”, gli ricambiai. “È che ultimamente sono distratta dai miei pensieri”.
Si sedette di fianco a me e restammo in silenzio a guardare quella casa.
“Vuoi fare colazione?”, gli chiesi dopo un po’. Lui annuii ed entrammo in casa.
Si sedette al suo solito posto e gli passai la ciotola, che ormai era diventata sua, e i cereali con il cartone del latte.
Ce ne stavamo seduti attorno al tavolo a fare colazione come avevamo sempre fatto da quando c’eravamo conosciuti. Sembrava che tutto fosse tornata normale.
“Allora oggi andiamo a Seaport Village?!!”, mi disse come se fosse più un’affermazione che una domanda.
“Così avevi deciso”, dissi con indifferenza posando la tazza nel lavandino. “Vado a vestirmi tu fai... beh come se fossi a casa tua, cosa che fai già”
Salii le scale e sulla porta della mia stanza era appoggiata Nicole che mi aspettava. “Buongiorno”, disse con un sorriso a trentadue denti.
“Come mai sveglia a quest’ora?”
“Ho sentito la macchina di Tom”
“Sai che è inquietante come cosa da dire?”
 “Lo so, lo so, ma non siamo qui per discutere della mia pazzia ma di te”
“Che cosa stai cercando di dirmi?”, le chiesi e mi fece uno strano sorriso malizioso che mi spaventò. “Dico sul serio, non cercare di fare il cupido della situazione perché non ci metteremo mai insieme... siamo solo due amici”
“Mai dire mai”
“Nicole, davvero, non succederà niente, mi porta da qualche parte a San Diego, non è nulla di speciale”
“Dipende dal punto di vista, se la vedi come un ragazzo che porta fuori una ragazza sì, è normale! Ma se pensi che quel ragazzo sia una fottuta rockstar sexy non mi sembra tanto normale”, disse. “E poi sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto?”
“Non ne dubito, le ho viste al concerto...”
“Appunto, allora perché non cogliere l’occasione?”, disse sedendosi sul mio letto. “Fatti più bella del solito e fai presto”, mi sorrise prima di uscire dalla camera e chiudersi la porta alle spalle per poi scendere velocemente le scale.
Quella ragazza era tutta fuori ma era questo che mi piaceva di lei. Non potevo scegliermi coinquilina migliore.
Mi vestii velocemente e scesi anch’io al pian terrendo.  Dell’ombra di Thomas non c’era traccia. Per un secondo mi era venuto il terrore che fosse sparito così come le sere prima.
“Ti aspetta in macchina”, mi disse Nicole affacciandosi dalla cucina e tirai un sospiro di sollievo. Mi diede un’occhiata e alzò il pollice in segno di approvazione. “Sei stupenda, baby”, aggiunse facendomi l’occhiolino.
“A dopo”, la salutai per poi scomparire dietro la porta.
Raggiunsi Thomas in macchina che stava canticchiando una canzone che passavano alla radio.  “Andiamo?”, gli chiesi sorridendo, lui accese il motore e partimmo.
Quando la macchina si fermò ci trovammo davanti una grande insegna di legno con scritto Seaport Village in bianco.
Camminammo lungo la strada dove ai lati di questa erano posizionati negozi di vario genere e dall’altra c’era il litorale, c’era perfino una giostra con i cavalli.
“Posso farti una domanda?”, mi chiese.
“Dimmi”
“Non ti mancano i tuoi genitori e i tuoi amici? Io non riuscirei mai ad andarmene da un momento all’altro e abbandonare tutto”
“Ma io non me ne sono andata da un momento all’altro, ci ho pensato e ripensato e quando ho sentito che fosse il momento giusto di andarmene, l’ho fatto”
“E hai già chiamato qualcuno?”
“No, non sono ancora pronta a farlo…”
“Allora credono che sei stata rapita da qualcuno tipo... li alieni”, disse ridendo e iniziando a camminare davanti a me senza perdere il contatto con i miei occhi.
“Non dire sciocchezze!”, risi. “Non sanno dove sono andata, certo, però ho lasciato a loro un biglietto con scritto che me ne ero andata”
“Ancora non mi hai detto perché l’hai fatto”
“Vedi, a un certo punto tutto intorno a te inizia starti stretto”, dissi appoggiandomi alla ringhiera di legno e guardai il sole alto in cielo, volevo prendere tutti i raggi possibili così da sentire il calore sulla mia pelle. “Gli amici ti tradiscono, la città ti soffoca, le persone su cui potevi contare erano sparite nel momento del bisogno e diventavano sempre più false, arrivati a questo punto pensi ‘Che si fottano tutti!’”, aprii gli occhi e lo guardai.
“Sei determinata a dire queste cose”
“Lo sono!”, affermai fiera.
“E davvero non ti manca nessuno di questi?”
“Per nulla”, continuai. “Sono cresciuta senza legarmi a niente, non mi sono mai affezionata troppo a qualcosa o a qualcuno, più gli vuoi bene e più velocemente se ne andrà o farà qualcosa che ti ferirà e sarà troppo tardi per rimediare allo stupido errore commesso”
“Presto le cose cambieranno, però...”
“In che senso?”
“Adesso se qui, sei abbastanza lontana da tutti loro, sei dove hai sempre voluto essere, non vedo il motivo per non legarti alle persone, non pensi?”
“Durante la mia vita, ho sempre avuto paura di perdere chi amassi, ma poi, certe volte mi sono chiesta se qua fuori ci sia qualcuno che ha paura di perdermi”, sospirai. “La cosa è strana e lo so che non ha senso però quello che sto cercando di dire è che non credo che ci riuscirò”
“Però potresti provarci”, non risposi, non sapevo cosa dire. “Ehi, non sto dicendo che se ti affezionerai a noi, noi ti feriremo, soltanto che magari…”
“Ho capito cosa stai dicendo”, dissi sorridendo.
“E come mai hai scelto proprio San Diego?”
“Non lo so, mi sarebbe piaciuto andate a Los Angeles magari soltanto a visitarla oppure magari andarci a vivere”
“Quindi stavi andando a Los Angeles?”
“Se il primo aereo non fosse stato la mattina successiva probabilmente, ora, sarei a L.A. con altre persone ma non mi sono pentita della decisione che ho preso, atterrando a San Diego ho conosciuto Nicole e te ma non prometto che resterò qui per sempre”, per pochi istanti i nostri occhi si scontrarono e una strana elettricità passò tra di noi.
“Vieni”, mi afferrò per mano e mi trascino davanti a un locale.
   
 
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