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Autore: Hiraedd    01/02/2012    8 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE:
Le scrivo prima perché ho un sacco di cose da farmi perdonare.
Accetto maledizioni senza perdono, strillettere e anche il vecchio uno-due dato alla babbana, se volete picchiarmi, o anche una chiavetta internet nuova visto che la mia a quanto pare è diventata allergica al mio pc. Risultato: connessione impossibile. Quindi mi connetto quando posso con il pc delle mie migliori amiche, che probabilmente mi odiano perché frego loro la connessione.
Coooomunque.
Oltre al ritardo, so benissimo di essere terribile anche con le risposte alle recensioni. Ora ho sonno, vista l’ora, ma prometto solennemente che domani mattina non appena mi alzo rispondo a tuuuuuutti gli arretrati, lo giuro.
Un  grazie grazzissimo a chi recensirà (lo so, non me lo merito, sono davvero terribilmente terribile), a chi ha questa storia nelle preferite, nelle seguite, nelle ricordate eccetera.
Adesso vi lascio alla lettura del tutto,
un bacio,
Hir
 
 
 
JAMES
LILY
MARLENE
SIRIUS
EMMELINE
REMUS
MARY
ALICE
FRANK
PETER
REGULUS
RABASTAN
CORRISPONDENZA
 
 
 
Ci sono sere in cui tutto sembra perfetto, in cui tutto sembra destinato a durare per sempre.
Sono sere particolari e, in genere, ho imparato a capire nel corso degli ultimi tempi, sono proprio quelle sere in cui tutto si rompe nemmeno troppo silenziosamente.
Perché questa, di sera, è iniziata proprio come doveva: c’è stata tutta la fase della preparazione, iniziata con un lungo bagno caldo e poi continuata con la scelta dei vestiti, i vari abbinamenti e poi la pettinatura. C’è stata poi la fase dell’attesa, in cui ogni due per tre mi sporgevo alla balaustra delle scale per urlare a mia madre se, fuori dalla finestra della cucina, vedeva mica qualcuno avvicinarsi al nostro vialetto d’ingresso. Poi c’è stata la fase del ripensamento, quella in cui quasi mi sono convinta a spogliarmi e ad infilarmi sotto le coperte calde del mio letto, per passare così la serata di capodanno, con la trapunta tirata fino al naso e gli occhi spauriti a far capolino nell’oscurità della mia stanza. Alla fine, a concludere tutte le fasi, è arrivato il suono del campanello, allegro, mentre quasi già iniziavo a slacciare il cinturino delle decolté nere per lasciarle sul pavimento e infilarmi a letto.
-Emmeline, cara, è per te-.
Lo so. Lo so che è per me, è tutto il pomeriggio che ci penso.
Anzi di più, da ieri sera, e forse anche dal giorno prima.
Ora devo solo trovare un po’ di quel coraggio che il cappello parlante ha scovato in me quando mi ha infilato in Grifondoro senza tanti complimenti e scendere quella rampa di scale che mi separa dal ragazzo migliore che io abbia mai conosciuto.
Detta così, forse, può sembrare facile.
-arrivo!-  urlo verso il piano terreno sporgendomi dallo stipite della porta, la voce un po’ rauca dall’ansia.
Riesco a sentire, al piano di sotto, la risata di mio padre echeggiare in sala.
-ah, donne, si fanno sempre aspettare!- lo sento esclamare rivolto, probabilmente, a Remus.
Mi basta un solo secondo per capire che Remus, in questo momento, è in salotto con niente popò di meno che mio padre e due dei miei cinque fratelli, entrambi buoni come il pane ma che quando si parla dell’unica figlia femmina della famiglia diventano un po’ irrequieti. In meno di due minuti sono sulla soglia del salotto, perfettamente vestita, con i laccetti delle decolté chiusi a meraviglia e un sorriso nervoso dipinto in volto.
-Remus, che piacere rivederti!- mormoro un po’ intimidita dalla scena, che vede schierati mio padre sul divano e Paul e Brian vicino alla porta, che squadrano Remus con un’espressione molto particolare in volto.
Remus, al contrario di quanto mi sarei aspettata, sembra molto calmo e per nulla agitato.
-andiamo?- chiedo io puntando lo sguardo alla porta e dirigendomi all’appendiabiti per prendere il cappotto.
-ma come, Emme, non ci presenti il tuo amico?- mi interrompe mio padre con uno sguardo divertito. Vedo Remus deglutire in risposta: ok, forse non è così calmo come sembra.
Fisso i miei in quegli occhi ambrati che spesso riescono ad infondermi una sicurezza quasi angelica, poi sbatto le palpebre e, con l’espressione di un condannato al patibolo mi volto verso mio padre e i miei due fratelli.
-papà, dove è la mamma?- mi viene spontaneo chiedere, ben conoscendo i suoi punti deboli. Infatti, la sicurezza che mio padre ha riflessa negli occhi cede per un attimo il posto all’ansia che prova sempre quando sa, perché lo sa, che mamma non approverebbe quello che sta facendo.
-in cucina…- mormora rivolto all’atrio –credo-.
-Remus, lui è mio padre, Oscar- via il cerotto, via il dolore, mi dico –lui è Paul, ma già lo conosci, e lui è Brian, il mio fratello medimago… ora che le presentazioni sono…-
-Remus, dimmi, sei a scuola con Emmeline?- chiede a sorpresa mio padre, piazzandosi davanti alla porta con fare minaccioso.
-si, signore- risponde Remus in tono educato.
-anche tu a Grifondoro, quindi?-.
-si, signore- risponde ancora Remus.
Non posso fare a meno, mentre cerco di spingerlo, con finta disinvoltura, verso la porta, di lanciargli un timido sorriso, a cui lui risponde con una semplice strizzata d’occhio, il sorriso di risposta che gli sfiora solo leggermente le labbra per invadergli gli occhi dorati e rassicuranti.
Mi sento incredibilmente fortunata, perché questo splendido ragazzo, che è una delle persone migliori che io abbia mai avuto l’onore di conoscere, si  interessa proprio a me senza alcuna spiegazione plausibile. Non saprei dire il perché lo faccia, so solo di essere grata a Merlino per averlo conosciuto.
-e dimmi, come vai a scuola?-.
Sbuffo in risposta.
-papà, Remus è il ragazzo più intelligente e colto di Hogwarts- interrompo queste assurde domande –e noi dobbiamo proprio andare, ora, prima di arrivare sconsideratamente in ritardo-.
-ma, tesoro…-
-Oscar Dorian Vance- tuona la voce di mia madre uscendo dalla cucina con tanto di mestolo alla mano –finiscila subito di torturare questi due poveri ragazzi e… buonasera, caro, tu devi essere Remus, Emmeline ci ha parlato così tanto di te!-.
Vedo Remus osservare mia madre con una luce divertita negli occhi.
-è un piacere conoscerla, signora- le risponde facendole un piccolo cenno con il capo, come un inchino d’altri tempi. Sento mia madre ridere deliziata.
-io sono Christabel, la madre di Emmeline- si presenta scoccando poi un’occhiata veloce all’orologio da polso che indossa sopra la maglietta, sporco di farina –oh, ma cari, se starete ancora qui arriverete in ritardo, dovete sbrigarvi-.
Era l’ora.

 

*

 
La madre di Emmeline è una delle figure più particolari che mi sia mai capitato di incontrare. Tutto, in lei, ispira nobiltà, dal nome alla figura arzilla e minuta che si aggira per la casa con i polsi infarinati e il mestolo di legno tenuto come il più prezioso degli scettri.
Emmeline ha preso molto da lei, i capelli biondi e gli occhi ridenti, le due adorabili fossette sulle guance e quel modo di sbattere le palpebre, che le tinge in viso l’innocenza come se ogni sguardo fosse una pennellata di perfezione. E anche quell’aria altera che, senza alcuna vanità, la innalza di qualche gradino anche con le mani immerse nei vasi delle mandragore nelle serre di erbologia.
Dal signor Vance, Emme deve aver ereditato il naso appena un po’ troppo lungo e le labbra rosee, oltre che quell’amore incondizionato per la famiglia che ha riflesso negli occhi ogni volta che parla di loro e che, questa sera, ho potuto vedere negli occhi del padre ogni volta che guardava la figlia. Anche l’arco delle sopracciglia, lieve e poco arcuato, deve averlo ereditato da lui.
-perdona mio padre, è decisamente troppo protettivo con me- sussurra alla fine quando, dopo le raccomandazioni dei suoi genitori, riusciamo ad uscire nel gelo dell’inizio della notte di capodanno.
-beh, sei l’unica figlia femmina, è comprensibile- le rispondo sommamente divertito.
Lei scuote le spalle, come a voler scacciare una mosca, poi mi guarda negli occhi.
Guardarla è una delle cose che preferisco fare, in assoluto.  Guardarla e vedere un angelo biondo che mi guarda, i suoi occhi scuri fissi su di me, che chissà cosa vedono, se il mostro o il ragazzo. Eppure, quando sono con lei il mostro è talmente lontano da poter quasi fingere che non esista, non graffia, non morde, non fa male.
In effetti, ho passato anni a guardarla:
l’ho guardata per anni leggere i suoi libri sulla poltrona vicino al caminetto, le calde fiamme del fuoco che ne accendevano il volto di colori tenui accentuando la linea affascinante delle sopracciglia, giocando con il colore dei suoi occhi e con l’oro intessuto nei suoi capelli. L’ho osservata crescere, sempre china su quei libri, ho guardato le morbide labbra muoversi quando, intenta a leggere, non riusciva a trattenersi dal modulare quelle parole a voce bassissima, quasi ad afferrarne meglio il significato.
Quando si alza sulle punte per baciarmi –non avrei mai immaginato che in un tale involucro di timida dolcezza potesse esistere un fulcro di decisione così fermo- avverto le sue labbra, ferme ed invitanti muoversi sulle mie, costringendomi ad abbassarmi con lei per prolungare questo bacio ancora un po’, giusto due secondi.
-grazie per la piuma, era bellissima- mi sussurra alla fine a fior di labbra –la desideravo tantissimo, la userò solo per scrivere le cose più importanti, così che non si rovini-.
-non ti piacerà mai quanto a me piace la raccolta di disegni che mi hai regalato tu- le rispondo con un sorriso, sempre vicinissimo, la fronte appoggiata alla sua –non sapevo che mi avessi ritratto così tante volte-.
Sorride appena.
-sei anni sono tanti da far passare con la punta del carboncino come unico diario segreto- mormora lei –e poi, hai tratti interessanti, da disegnare-.
 

*

 
Quando arrivo a casa dei Potter l’atmosfera è a dir poco elettrica, e l’atrio è pieno di gente.
-wow- esclamo entrando e trovando una splendida Dorea Potter in abito da sera, accompagnata da un’elegantissima Dorcas Meadowes in lungo nero con ricami bianchi –ma qui non doveva esserci una festa con un sacco di musica e schifezze da mangiare?-.
Dorea mi rivolge uno sguardo divertito.
-Mary, sei tu, per fortuna! Sir e Jamie devono ancora essere sotto la doccia, fino a un minuto fa erano talmente nervosi che per poco Lily e Marlene non li hanno piantati in asso. Noi stiamo uscendo, Dor e i Prewett sono passati dopo il lavoro, andiamo insieme a quel maledetto ballo di gala del ministero-.
-deve essere una bella occasione, siete tutti stupendi, così in tiro- esclamo piuttosto divertita, pensando a quanto io odierei partecipare ad una cosa del genere. Essendo obbligata fin dalla tenera età di due anni a partecipare a messinscena tipiche da purosangue, so benissimo cosa vuol dire l’occhiata disgustata che Dorea mi lancia.
-si, tra tutti non vediamo l’ora di deliziarci con la visione di Moody in Frat- esclama uno dei due gemelli, a occhio e croce Fabian, un braccio attorno alla vita della sua ragazza.
-frak- lo corregge velocemente Dorcas, con un sorriso dolcissimo in volto mente gli scosta una ciocca rossa dal viso.
Sorrido, indicandoli.
-siete davvero una bella coppia, voi due insieme- faccio notare con un sorriso a trentadue denti –divertitevi, stasera-.
-come una pasqua- mi risponde l’altro gemello, l’aria tetra dipinta negli occhi che mi costringe a sorridere ancora di più.
-è la voce soave della McDonald quella che sento?- esclama una voce dalla stanza attigua, voce che riconosco piuttosto facilmente come quella di una Marlene McKinnon con un diavolo per capello.
-…cosa..?-
-credo che il suo umore sia direttamente proporzionale all’umore di Sirius- mi spiega Dorea con un sorriso di scuse –in questi giorni sono intrattabili, tutti e due-.
Sorrido appena.
-beh, non è che ci si potesse aspettare esattamente che fossero tutte rose e fiori, conoscendo i tipini che sono- commento con uno sguardo rassegnato –e si che sarà sempre peggio, prevedo-.
In effetti, se penso a due persone come Sirius e Lène insieme, è già tanto se resisto alla voglia di scappare a nascondermi il più in fretta possibile. Conoscendoli, passeranno due giorni a litigare e il terzo a fare pace.
-Mac, sei qui!- non mi sono accorta dell’entrata in scena di James fino a che non me lo sono ritrovata davanti.
-sono la prima?- chiedo incuriosita.
-Alice e Frank arrivano per le otto, Remus e Emmeline dovrebbero essere qui a momenti e Peter è già su con Sir- mi dice aiutandomi a sfilare il cappotto e ad appenderlo all’attaccapanni accanto all’ingresso. Quando gli porgo il mio soprabito mi guarda con tanto d’occhi –Mac, non ci posso credere, sei vestita da donna!-.
Poco distanti da noi, vicino alla porta della sala da pranzo, i gemelli Prewett scoppiano a ridere, e posso vedere un sorriso dipingersi anche sul volto di Dorcas, che però cerca di trattenersi per rispetto.
-stai molto bene, secondo me- mi dice infatti, probabilmente per gentilezza, quando rifilo un ceffone nemmeno troppo gentile sulla nuca a James.
-non ho mai detto che tu non stia bene, solo che è strano vederti le gambe- dice alludendo al vestito lilla che arriva solo fino alle ginocchia –Paul arriva più tardi?-.
Sono ancora voltata verso Dorcas quando James mi fa la sua domanda, ed istantaneamente mi viene da sospirare abbassando lo sguardo.
-Paul non arriva, Potter-.

 

*

 
Guardo Mary procedere impassibile verso la sala, gli occhi accesi di qualcosa che oscilla tra la rabbia e la tristezza, e decido saggiamente di non fare più domande su Paul.
-Charlus, hai finito di prepararti?- urla mia madre verso le scale, per poi rivolgersi a me –caro, noi usciamo, se tutto fila liscio dovremmo riuscire a andarcene da quel covo di matti per l’una, al massimo per l’una e mezza. Non distruggete la casa, per qualsiasi cosa c’è Hill, ma non fatela disperare, povera creatura, la casa è imperturbata, quindi non disturberete nessuno, se quando torno sento puzza di alcool vi appendo tutti al nostro delizioso albero di natale come tante palline colorate-.
Sbuffo.
-mamma, solo un po’ e…-
-no, non si discute, prova a infilare in questa casa anche solo un goccio di marsala e credimi, finisci in cucina a lavare piatti per un mese- mi minaccia con la punta del dito indice davanti agli occhi, prima di aggiungere con tono fintamente innocente –ah, e… se volete, in forno ci sono dei biscotti che ho fatto per capodanno, potreste assaggiarli e…-
Manco morto, penso.
-magari domani, mamma- rispondo optando per qualcosa di un po’ più diplomatico.
Vedo Gid e Fabian ridere alle sue spalle, e devo faticare per riuscire a trattenere un eccesso di risa.
-divertitevi- auguro poi a tutti, divertito particolarmente dal volto di Gideon, che mi rivolge uno sguardo truce prima di lanciare un’occhiata incuriosita verso la porta della sala.
Forse lui preferirebbe restare con noi piuttosto che infilarsi in quella gabbia di pinguini, a quanto pare però alla serata gala del ministero è obbligatorio partecipare se si vuole fare una buona impressione.
 Li guardo sfilare davanti a me tutti vestiti in perfetto ordine, mia madre con un lungo abito verdone e Dorcas con un vestito nero ricamato di bianco e gli uomini in abito da cerimonia.
Quando raggiungo le ragazze in sala da pranzo mi accorgo che Sirius e Peter sono scesi dabbasso e che Lily, con un sorriso leggermente sollevato, parla con una Marlene decisamente più malleabile di poco fa.
In questi ultimi giorni, da quando a Natale Sir ha ricevuto quella lettera dai Black, tra lui e lei non so chi sia stato più scostante, il primo deciso a non mostrare alcun velo di dolore nell’espressione fintamente felice, la seconda ferita dall’atteggiamento del suo ragazzo che si rifiuta di soffrire mostrandolo al mondo. In questi giorni mi sono ritrovato a compatire decisamente Lène, sapendo bene quanto sia difficile vivere attorno ad un Sirius Black amareggiato che tenta di respingerti per non mostrarti la parte più debole di se. Anche Lily lo fa, sono molto simili quei due, e a volte questa cosa fa soffrire anche me.
Con lo sguardo cerco Mary, intenta a scrutare il panorama da una delle finestre esposte ad ovest, e ignorando il resto della sala mi avvicino a lei con un sorriso sul volto.
-ehi, Mac, va tutto bene?-.
Lei sussulta quando sente la mia voce.
-certo, va tutto bene- risponde continuando a guardare fuori.
-e Paul?- chiedo inclinando il capo, e raggiungendo con lo sguardo il riflesso dei suoi occhi che mi guardano dal vetro.
-Paul sta bene- mi risponde tetra, poi tira un sospiro –non è niente, davvero, James. Abbiamo solo discusso un po’, ma è normale. È che io non lo amo, capisci? E lui non ama me, assolutamente. Stiamo insieme per divertimento, e a quanto pare questo divertimento sta finendo-.
Scuoto la testa.
-beh, è durato più degli altri- sospiro alla fine.
Lei sorride appena.
-è un bravo ragazzo- annuisce –è solo che…-
Vedo che si interrompe, come se fosse indecisa se continuare oppure no con il suo discorso.
-solo che?- la sprono un po’.
-insomma, stasera siete tutte coppie- commenta con un sorriso sarcastico –io qui ci sto come la pelle di girilacco nell’amortentia-.
Scoppio a ridere divertito.
-senti un po’, ma…- chiede poi sempre con un sorriso, questa volta più dolce e vero, sulle labbra –i Prewett sono spesso a casa vostra?-.
Annuisco.
-si, spessissimo, soprattutto da quando Fabian e Gideon sono entrati nella squadra di mamma e papà, negli auror, sai. Spesso si fermano a cena, e anche Dorcas, sai, lei e Fabian stanno insieme-.
-si, lo so- annuisce.
-ah, si, avevo dimenticato che a Natale tu e Gideon siete arrivati insieme, magari avete parlato un po’- mi ricordo –sono proprio forti, i gemelli Prewett. E anche Dorcas è simpatica-.
-è molto dolce- commenta lei.
-non conoscevi i Prewett, prima?- le chiedo incuriosita.
Lei scuote la testa.
-non prima di entrare nell’ordine, no- mi dice –cioè, li ho visti una volta ad Hogwarts. Pare che il loro ultimo anno sia stato quello precedente al nostro primo-.
Confermo.
-si, Dorcas invece ha un anno in meno, era a corvonero il nostro primo anno-.
Fa cenno di aver capito.
-non ti abbattere per Paul, Mary- le dico alla fine, tirando un sospiro e dandole una pacca sulla schiena –e stai tranquilla, non ti faremo fare da tappezzeria, stasera. Senza la Mac non sapremo come divertirci!-.

 

*

 
Osservo la piccola falce di luna nel cielo, lo specchio intatto delle stelle e l’oscurità della notte rischiarata dai fuochi d’artificio babbani che esplodono ormai a intervalli irregolari dalle sette di stasera.
È una strana notte per dare inizio ad un anno nuovo.
È passata poco più di una settimana, non ho ancora notizie della mia famiglia, eppure mi sento inspiegabilmente felice. Felice come raramente mi è capitato di essere.
Certo, non mancano i momenti bui.
Come quelli in cui rivedo gli occhi di Regulus che mi guardano sentendosi traditi, o immagino quelli di Max che mi osservano delusi.
Non mancano nemmeno i momenti in cui mi pare di sentire gli improperi e le urla di Walburga, o i sospiri traditi di mia madre.
Però c’è sempre qualcuno che, con un gesto, una parola, un semplice sguardo, riesce a respingere questi dolori con la speranza che, più si allontanano, meno possano pesare in futuro.
So bene che non è così, tuttavia mi piace crederlo.
Resta comunque il fatto che, nonostante tutto, sono qui. L’ultimo giorno dell’anno, la prima notte di un nuovo mondo, insieme ai miei migliori amici.
Mi volto e osservo la facciata chiara di casa Potter, animata dalle luci della festa e dalla musica leggera. A Godric’s Hollow sono talmente tanti, i maghi, e talmente evidenti, le stranezze, che i pochi babbani hanno imparato a non notarle nemmeno più.
Zia Doree e zio Char sono invitati ad una delle tante serate di gala, e ci hanno lasciati a festeggiare sia capodanno che, anche se di qualche giorno in ritardo, il compleanno di Sirius.
Sospiro ripensando a Sirius.
Dopo aver ricevuto l’amara notizia da suo fratello, Sirius è semplicemente andato avanti.
È così abituato a nascondersi in se stesso, quel ragazzo, da rifiutare che una qualsiasi sua emozione turbi la quiete dei suoi amici. Credo sia per questo, infatti, che mi evita da una settimana.
O meglio, non è proprio che mi eviti.
Quel ghigno irresistibile che ha sulle labbra è sempre lo stesso, non è mutato di una virgola, così come la luce negli occhi, così malandrina, è quella di uno, due, tre mesi fa. A volte, in questi giorni, mi ha sorpreso con qualche suo sguardo strano, talvolta avvicinandosi forse con l’intenzione di abbracciarmi, eppure tirandosi indietro all’ultimo momento. Mi chiedo perché tra noi ci sia di nuovo questo vetro odioso che ci permette di vederci e non di toccarci, di respirarci addosso.
Adesso capisco perfettamente quello che devono aver provato Emmeline, Mary, Alice e Lily nei primi giorni in cui avevo ricevuto la notizia del mio fidanzamento con Regulus, quando mi sforzavo di apparire normale eppure mi veniva naturale odiare tutti.
Mi chiedo qual è stato il momento preciso in cui ho iniziato ad interessarmi a Sirius Black, a scorgerne i cambiamenti d’umore nonostante la solita maschera di spavalderia elegante che indossa quasi costantemente.
La cosa frustrante, di tutto questo, è che potrei capire perfettamente tutto quello che gli è successo, ora che anche io ho preferito me stessa alla mia famiglia, potrei tentare di ascoltarlo, di capirlo, di consolarlo, per questa morte improvvisa di una delle poche persone degne di questo nome della sua famiglia.
Ma non ci riesco, non ci posso riuscire se lui per primo non tenta un passo verso di me.
Sembra semplicemente che per lui sia tutto normale, che non sia successo nulla dalla mattina del venticinque dicembre ad oggi.
Perché fra noi due non può quadrare tutto come dovrebbe?
Anche stasera, non ha fatto altro che ignorarmi.
Cioè, non è che mi ignora, è che non mi coinvolge, che è diverso. Mi parla come se fossi una uguale agli altri, di tanto in tanto mi guarda, ma nemmeno più di tanto. E con questo, non è che io voglia dire di essere diversa da tutti gli altri, ma credo proprio di meritarmela, un po’ di considerazione!
Aveva detto più o meno giusto, la sera ad Hogwarts in cui mi ha invitato alla sua festa. Siamo in pochi, i malandrini più Frank e noi ragazze.
È passato Natale, ormai, e ancora non mi sono decisa a dargli quello che gli ho comprato. È che non c’è mai un momento solo per noi, non c’è ancora stato, lui sembra non volerlo e con tutto quello che è successo…
Sembra stupido.
Solo una settimana fa mi sembrava un sogno l’idea di avere tutta una vita, senza matrimoni o fidanzamenti combinati, da vivere davanti a me, e oggi mi sento senza nemmeno un po’ d’aria, con la certezza assoluta di non avere abbastanza tempo, di volere che tutto quadri e quadri adesso, non domani, non tra un mese, ora.
Torno a guardare il cielo, torturando con la dita della mano nervosa le frange della morbida sciarpa panna che mi ha regalato Lils.
-non hai freddo, Lène?- mi chiede all’improvviso una voce.
Quella voce, ovviamente.
Mi volto appena, giusto per incrociare i suoi occhi grigi.
-e tu, Sir, non hai freddo?- gli chiedo in risposta notando che porta solo una maglia leggera.
-nah, io non soffro il freddo- scuote le spalle, affiancandomi. Già, a quanto pare lui non vuole soffrire mai.
-a volte fa bene…- mormoro rivolta al cielo –è… liberatorio-.
-soffrire il freddo?- mi chiede alla fine con un accenno di sorriso sulle labbra.
Io rimango seria scuotendo la testa.
-soffrire e basta- rispondo enigmatica.
Continuo a guardare il cielo, ma con la coda dell’occhio noto che lui si è girato e mi sta guardando, forse attentamente, forse svogliatamente. Credo sia sempre impossibile dirlo, con Sirius Black.
-credo di aver sbagliato tutto, in questi giorni- mi dice a sorpresa.
Alzo gli occhi su di lui, restando a fissarlo interdetta.
-cosa intendi?- chiedo.
Lui mi guarda, con un sorriso.
-penso sia l’ora di fare una cosa. Anzi, avrei dovuto farla giorni fa, ma con tutto quello che è successo, io non… avevo bisogno di un attimo di tempo- mormora in risposta.
Sono sempre più indecisa. Cosa pensare?
Quando Sirius Black esordisce così, cosa ci si può aspettare?
-devo preoccuparmi?- chiedo scherzosa, cercando l’appoggio di un sorriso e una risata, magari una di quelle battute che sanno spezzare il momento e l’imbarazzo.
Al contrario, lui rimane serio.
E mi guarda in un modo che…
Merlino, sono questi i momenti in cui mi arrabbio con Sirius Black!
Perché mi deve guardare così?
Probabilmente sono la centesima ragazza che fa sentire unica solo con lo sguardo.
-forse è meglio di si- mi dice a sorpresa, appena un mormorio –è meglio se inizi a preoccuparti-.
Eh?
Ma è ubriaco?
Solo successivamente noto il pacco che tiene tra le mani.
È piuttosto voluminoso, fasciato in carta blu notte, lucida, un nastro d’argento e un ricciolo nel fiocco.
Rimango bloccata, non mi azzardo a prenderlo nemmeno quando me lo porge.
-cos’è?- chiedo, e se la mia faccia è stupida quanto la mia voce siamo messi bene.
-è il tuo regalo di Natale- mi sorprende.
Non voglio farlo, eppure rido.
-natale è passato da una settimana, Sir- gli faccio notare prendendo però il pacchetto e rigirandomelo tra le mani come se mi potesse attaccare da un momento all’altro.
Lui sorride in risposta.
-beh, infatti dovevo darti questo regalo quando fossimo stati soli insieme, e questo è il primo vero momento che ci capita di passare da soli… e poi, questo regalo ha bisogno di qualche spiegazione- aggiunge in ritardo, come se dirlo gli costasse fatica.
Lo guardo.
-e le spiegazioni intendi darle prima o dopo che io lo apra?-.
Lui ricambia il mio involontario sorriso.
-dopo, altrimenti ti svelerei il contenuto del pacchetto-.
Logico, mi rispondo.
Con dita tremanti raggiungo il nastro e tiro il ricciolo, osservando il filo d’argento snodarsi e avvolgersi al mio polso come un bracciale.
Velluto, lo riconosco.
Luccica alla luce delle stelle, chiudendosi in un elaborato nodo.
La carta cede alle insistenze della mia mano, e con un fruscio la sento cadere a terra mentre le mie dita affondano in qualcosa di morbido e serico.
È voluminoso, manda riflessi argentei alla luce della luna.
Lascio che si spieghi, lieve.
È un mantello e, anche senza vederlo, posso indovinarne il colore.
Rosso porpora.

 

*

 
La vedo srotolare il mantello con dita dapprima tremanti, poi sempre più sicure.
Il mantello rosso si spiega tra le sue dita morbidamente, frusciando appena.
Spio la sua reazione, vedo i suoi occhi brillare e so, prima ancora di sapere come mi sento io stesso, che quel luccichio è provocato da lacrime represse.
Non mi chiedo nulla, semplicemente apro la bocca, confidando che qualcosa di buono ne uscirà.
Semplicemente, la vita me lo deve.
Ce lo deve.
-so quanto ti è costato fare quello che hai fatto, Lène- le dico quindi –e questo regalo ha molti compiti. Il primo, è quello di chiederti scusa in modo adeguato. Sono stato un cretino ad isolarmi così in questi giorni, avrei dovuto parlarti di più, cercarti di più. Eppure cerca di capirci qualcosa, Lène, visto che io non ci riesco. Insomma, sei la prima ragazza con cui mi impegno seriamente, e credo di dover sbagliare ancora molte cose prima di riuscirci nel modo giusto-.
So che il mio discorso ha preso una piega inaspettata, forse delirante. La vedo, tuttavia, reprimere un sorrisetto che sembra soddisfatto.
Ora mi sta guardando negli occhi con quei tizzoni neri che si ritrova piantati in volto. È straordinariamente bella, e per un secondo maledico mio fratello per essersela fatta scappare.
Solo ora realizzo completamente che se lei si fosse anche solo degnata di guardarmi, forse avrei trovato il coraggio di farmi avanti mesi fa.
-mio fratello è un cretino. Regulus, è un idiota. aveva la possibilità di essere felice, con te, e l’ha lasciata sfumare per mia madre e mio padre, per i loro desideri. Non ha avuto fegato per combattere, e lo conosco abbastanza da dirti che se ne pentirà tutta la vita. Tua madre capirà, la aiuteremo noi a capire. Che averti felice è molto meglio che averti ricca. Tuo padre capirà che averti felice è molto meglio che averti sposata ad una tradizione. Tuo fratello capirà che tu hai avuto il coraggio di fare quello che lui si è rifiutato di pensare. Anche lui aveva la possibilità di tirarsi indietro, ma non l’ha fatto. Adesso è fidanzato con la Rosier, che sarà bella ma è un guscio vuoto con un marchio sull’avambraccio, come un animale. Capirà che averti felice e piena, è molto meglio che averti infelice e vuota. Walburga capirà che esiste qualcuno in grado di tenerle testa fieramente, mio padre probabilmente non capirà niente, ma non ci sarà molto di cui stupirsi-.
Ride appena, alle mie ultime parole, e io la seguo, incapace di distogliere gli occhi dai suoi.
Vedo una lacrima lasciarle le ciglia e gettarsi nel vuoto, proprio come ha fatto lei una settimana e mezzo fa, in quell’ufficio.
-e io?- chiede alla fine –capirò mai?-.
-capirai che non rimpiangerai mai quello che hai fatto, che hai deciso da sola per quanto possa fare male. E nel frattempo, nel mentre, noi…-
-nel frattempo cosa?- chiede interdetta.
-nel tempo che impiegheranno per capire tutto questo, nel tempo che Reg impiegherà per capire di essere stato un idiota, tua madre nel capire che sei felice e va bene così, tuo padre nel capire che non ti pieghi ed è bello così, tuo fratello nel capire che il coraggio è una virtù prima che un difetto, Walburga nel capire che non può permettersi di passare in testa a tutti, mio padre nel capire che non capirà. Nel frattempo, ti aiuterò io. Siamo due scappati di casa, rifugiati con il nostro piccolo mondo a brandelli cercando di tenerlo saldamente insieme… beh, quattro mani sono meglio di due, no?-.
Le asciugo la lacrima, quell’unica, che poi le ha disegnato uno sbuffo argenteo sulla guancia.
Delicato, quasi assente.
-possiamo tenerci in piedi a vicenda- le dico alla fine, avvicinandomi a lei –formare insieme ai nostri amici la famiglia che ci manca. Insomma, lì dentro c’è Remus, che già si comporta come una mamma, Lily che può fare tranquillamente la parte del papà, Mary e James che sono come fratelli dispettosi, la Vance che può passare per la sorella saggia della combriccola, Frank e Alice che fanno gli adolescenti innamorati, Peter che è come un fratello che cerca protezione. C’è tutto, lì dentro, tutto quello che ci serve per essere felici. E poi, ovviamente, ci sono io!-.
-ovviamente- ride lei in risposta, gli occhi divertiti puntati sul mio viso.
-ovviamente, certo- le dico con un sorriso –qualche mese fa mi è… capitato, penso si possa dire così, di cercare la tua famiglia e le sue tradizioni in un libro di genealogia antica…-
-…genealogia antica? Vuoi dire che sei davvero entrato nella biblioteca di Hogwarts di tua spontanea volontà senza esserci stato trascinato dentro per un orecchio?-.
Sembra davvero stupita.
Sbuffo.
-stavo dicendo, che mi è capitato di leggere che nella tua famiglia ci si regala un mantello porpora per sancire l’entrata ufficiale nel clan-.
Alla fine, le mie parole sembrano fluttuare nell’aria prima di dissolversi.
Vorrei che capisse da sola, il sottinteso di tutto questo discorso, perché non sono abituato a parlare di sentimenti e a cedere fino a questi punti, è difficile per me farlo e non mi viene naturale.
So di doverglielo, ma non è facile.
-vorresti entrare nel mio clan, Sirius Black?- mi chiede alla fine in un sussurro che ha ben poco della ragazza pensosa che ho incontrato poco fa in questo cortile e molto di quella che mi ha fatto dannare tanto in questi mesi.
-vorrei esserlo, il tuo clan, Marlene McKinnon- le sussurro in risposta.
Le mie parole suonano talmente sdolcinate alle mie stesse orecchie che ho come l’impulso di soffocare tante romanticherie con il bacio con cui vado a occuparle le labbra, a cercarle la lingua mentre le mie mani si incastrano tra i suoi capelli con la stessa irruenza con cui si impiglierebbero ad una matassa di lana filata malamente.
Questo bacio stride pericolosamente se messo a paragone del discorso che ho appena fatto, del modo in cui l’ho appena guardata, dell’atmosfera della serata. Eppure stride in modo armonioso, perché è un po’ che lo desidero, e l’idea di aver finalmente, dopo tutti questi mesi, il diritto di poterlo fare mi raggiunge all’improvviso, facendomi spalancare gli occhi e restare imbambolato tanto che anche lei se ne accorge, si scosta e mi guarda insospettita.
-Black?- mi chiede passandomi la mano davanti agli occhi –tutto bene?-.
-io e te stiamo insieme- mormoro alla fine.
Lei inarca le sopracciglia finemente disegnate.
Poi annuisce, interdetta.
-mi pareva avessimo deciso così- mi dice esitante.
-quando il mio fan-club lo saprà, a quelle benedette ragazze prenderà un colpo!-.
Sento un po’ in ritardo lo scappellotto raggiungermi la nuca, e non posso far altro che massaggiarmi la testa grugnendo in risposta, perché so benissimo di essermelo meritato.
 

*

 
-che ore sono?- chiede ad un certo punto Sirius rientrando con un braccio attorno alla vita di Marlene, che sorride radiosa.
-le undici e mezza- risponde Lily mentre, seduta sul divano, passa le dita tra i capelli già di per se parecchio spettinati di James. James, dal canto suo, si gode le attenzioni di Lily con uno sguardo ebete dipinto negli occhi, l’espressione da triglia grigliata. Alle parole di Lily, però, scatta sull’attenti senza ritrarsi del tutto dal tocco della sua ragazza.
-siamo in ritardo, siamo in ritardo- inizia a dire spostando lo sguardo da me a Sirius a Peter.
-in ritardo?- ripete stranita Lène, voltandosi verso Sirius con un punto di domanda enorme impresso negli occhi.
Sirius sorride, poi con la tipica irruenza che lo caratterizza trascina la povera McKinnon sul divano insieme a lui, facendola sedere con molta poca grazia sulle sue gambe.
-è un’usanza dei malandrini- spiega poi alla sua “ragazza” (Merlino, quando me l’ha detto per poco non ci sono rimasto secco) –la sera dell’ultimo dell’anno, prima che scatti la mezzanotte, facciamo la lista di tutte le regole di Hogwarts che abbiamo già infranto e quella di tutte quelle che ci mancano-.
Se posso permettermi, non è stata una cosa molto saggia rivelare il tutto davanti a Lily, sapendo quanto la ragazza è ligia alle regole.
Infatti, con un sospiro e una manata sulla fronte induce James a mettersi seduto composto per poter iniziare la propria ramanzina.
-James, tu quest’anno sei un caposcuola, non puoi mica…-
-suvvia, Evans, siamo in vacanza, togliti la spilla almeno in questi giorni!- la rimbrotta amichevolmente Sirius.
Vedo Lily scuotere la testa, fingendosi rassegnata.
-siete proprio una massa di arroganti, viziati, palloni…-
-…gonfiati e rincretiniti, talmente pieni di ego da non sapere come fa la nostra scopa a reggerci quando voliamo- finisce Sirius per lei –si, Evans, lo hai già detto più o meno settanta volte, esclusa questa-.
Vedo James sporgersi verso di lei e chiuderle la bocca con un bacio a stampo. Nello stesso identico istante, Lily diventa più o meno dello stesso colore dei propri capelli quando sente la voce del suo ragazzo continuare.
-ti devo ricordare, Lils, che avevi detto anche che piuttosto che uscire con me saresti andata ad Hogsmeade con la piovra gigante?-.
Una risata collettiva invade la sala, mentre tutti, chi più velocemente chi meno, ci raduniamo attorno al divano.
Alice e Frank siedono sulla poltrona vicino al caminetto acceso, Mary è accomodata sul tappeto persiano a gambe incrociate, intenta ad accarezzare Adone, che a quanto pare è il regalo di Natale a Lily di James, Peter è seduto in equilibrio precario su uno dei braccioli del divano, che è occupato da Sirius e James, il primo con Lène in braccio e il secondo tutto preso a schivare i piccoli schiaffetti imbarazzati di una Lily ancora rossa come un peperone, seduta accanto a lui. Io e Emme, infine, siamo seduti sulla poltrona più vicina al tavolino da tè.
Questa è, senza dubbio, da annoverare tra le serate più belle della mia vita. Questa, quella in cui Sirius, James e Peter hanno deciso di diventare animagi per me, quella in cui lo sono diventati davvero, e quella di solo una decina di giorni fa, nell’ufficio di Lumacorno.
-allora, chi inizia?- chiede James facendo il giro dei presenti con lo sguardo.
Mary ridacchia.
-come funziona esattamente?- chiede curiosa.
-funziona che a giro si dice una regola di Hogwarts, la prima che ti viene in mente, e gli altri devono rispondere se l’hanno infranta oppure no. È semplice, una sorta di inventario- spiega James a beneficio di tutti quelli che, presenti nella stanza e nel circolo delle sue amicizie solo nell’ultimo anno, non hanno mai partecipato a quest’usanza –inizia Remus-.
Sorrido, poi dico la prima regola con cui di solito inauguriamo quest’attività.
-vietato violare il coprifuoco. Io l’ho fatto-.
-Remus, è ovvio che tutti hanno violato un coprifuoco almeno una volta, sei proprio banale!- mi riprende Sirius scuotendo la testa –ti ricordo io come si fa: vietato uscire senza permesso dai confini di Hogwarts. io l'ho fatto-.
-anche io- risponde Peter dalla sua posizione in bilico sul bracciolo.
-fatto- annuisco in risposta.
-io no, non è giusto!- esclama Mary sgomenta.
Lily le rivolge uno sguardo di fuoco.
-e meno male, che non l’hai fatto! Si rischia l’espulsione!- ribatte, poi si volta verso James –tu non l’hai fatto, vero?-.
L’espressione innocente di James è già di per se un’ammissione di colpa.
-io no- scuote la testa Emmeline, appoggiata alla mia spalla.
-io si- annuisce Marlene tutta contenta, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sua migliore amica.
La risposta di Frank e Alice è, come è prevedibile, negativa.
-bene- annuisce James –vietato… entrare nelle cucine! Eddai, Lils, io so per certo che sei recidiva su questo reato!-.
-cosa non devono sentire le mie orecchie, Lily Evans!- esclama ad alta voce Marlene indispettita –sei entrata nelle cucine con James quando io, da sei anni, ti chiedo di farlo per me!? Nemmeno più degli amici, ci si può fidare, a questo mondo-.
Ridacchiamo tutti delle sue parole e del cuscino che letteralmente le vola in volto scagliato con precisione assoluta da Lily.
-taci McKinnon!- abbaia prima di strizzare il naso con aria buffa e altezzosa –non ho alcuna intenzione di spiegare alcunché a nessuno-.
-Pete, tocca a te- richiamo il nostro amico per continuare l’attività.
-vediamo… vietato l’ingresso alla Stamberga Strillante?- esita annuendo poi più sicuro –fatto-.
-la stamberga strillante?- chiede Lène ad occhi sgranati –mai avvicinata a più di cinquanta metri-.
-fatto- esclama invece un vittorioso Sirius sporgendosi per dare il cinque ad un altrettanto vittorioso James.
-fatto anche io- convengo.
-anche io ci sono stata!- dichiara una soddisfatta Emmeline, prima di rimanere per un attimo interdetta –insomma, non me lo ricordo però…-
-Vance, Evans, devo dire che la nostra compagnia vi fa decisamente male!- commenta Sirius tutto giulivo –una che sgattaiola di notte nelle cucine, l’altra che gironzola impunita per la stamberga strillante… anche se, me lo perdonerai Evans cara, se ti dico che il premio temerarietà per questa volta lo vince decisamente la Vance e…-
Il cuscino che prima aveva centrato in pieno Marlene viene richiamato indietro con un incantesimo d’appello, solo per essere rilanciato con ancora più forza e decisione, facendo ridere tutti i presenti.
-Lily, dai, ora tocca a te!- cerca di entusiasmarla James, guardandola carica di aspettativa –stupiscici!-.
Lily sembra pensarci un attimo, gli occhi rivolti pensosamente al cielo, poi un sorriso vittorioso le si dipinge sulle labbra.
-volete vedere, Black e Potter…- comincia vittoriosa –che riesco a trovare una regola che io ho infranto e voi invece no?-.
Sirius ride con quella sua risata così simile ad un latrato.
-Lils, non ti conviene sfidarli- la ragguaglia Mary.
Io mi chiedo cosa mai intenderà sfoderare Lily.
-ebbene, signori- sussurra con fare da cospiratrice –vietato mangiare in biblioteca!-.
James e Sirius la guardano straniti per qualche secondo, prima che James prenda la parola.
-lo sai, amore- dice inclinando la testa come farebbe un bambino davanti ad un enigma –io il tuo senso dell’umorismo non lo capisco proprio, a volte… però ti amo lo stesso un sacco- cerca di riparare alla fine, in risposta all’ennesimo cuscino, che vola per l’ennesima volta centrando in pieno, adesso, Potter.

 

*

 
Fuori fa freddo, e appena mettiamo il naso all’esterno rabbrividisco stringendomi leggermente nelle spalle.
Sento le braccia di Remus, delicate e gentili, stringermi in un abbraccio che ha un po’ la funzione di farmi sentire parte del tutto e un po’ quella, ne sono certa, di farmi sentire un po’ meno freddo.
-sei felice?- mi chiede dopo qualche istante di silenzio.
Mi volto verso di lui ma, a causa della nostra posizione, non riesco a vedere del suo volto che la parte inferiore. Sorrido alla sua domanda, perché sento che è sincera, che non mi ha chiesto se sono felice tanto per chiedermi qualcosa, ma perché è quello che vuole sapere, come se la sua felicità dipendesse dalla risposta alla sua domanda. Sembra tutto così naturale, con lui.
-non potrei chiedere di più, alla vita- gli sussurro in risposta quando, proprio allo scoccare della mezzanotte, sento tutti attorno a me agitarsi e brindare, e urlare frasi assurde e ridere come matti.
Mi guardo attorno, e quello che vedo è la mia seconda famiglia, quella che pezzo dopo pezzo, in questi quattro mesi, mi si è costruita attorno, quella che ha sofferto con me, ha pianto le mie lacrime e sorriso le mie risate, quella che ha penato e vegliato sul mio sonno in infermeria e fremuto la sera del mio appuntamento con Remus.
Frank e Alice si sorridono guardandosi negli occhi, come se al mondo non esistesse altro che il loro amore.
James e Sirius, uno vicino all’altro, difendono ognuno la parte più debole del fratello, sorridendo entrambi ad un cielo pieno di stelle probabilmente chiedendosi cosa ci riserverà il futuro, o ancora più probabilmente sperando che Dorea non sarà così cattiva come ha promesso quando scoprirà che in casa è entrata una bottiglia di Whisky incendiario.
Marlene, Mary e Lily si abbracciano e indicano tra di loro i fuochi d’artificio babbani più belli in tutto il cielo.
E Peter, vicino a me e Remus, squittisce entusiasta ridacchiando delle parole con cui il mio lupo mannaro preferito inaugura il nuovo anno.
Si, sono felice.




NOTE 2 LA VENDETTA:
bene, adesso, con la coscienza un po' più pulita, solo un paio di parole:
per prima cosa, so bene che questo capitolo inizia ben una settimana dopo il natale a casa Potter. L'ho fatto apposta, mi pareva inutile dilungarmi su giornate che ho intenzione, comunque, di raccontare in un secondo momento in una storia a parte dedicata solo a Lily e James, una piccola long di massimo tre/quattro capitoli che scriverò in un secondo tempo.
la seconda cosa riguarda Mary e Paul, la cui storia verrà approfondita nei prossimi capitoli, quindi non vi preoccupate se non ci state capendo molto.
sicuramente c'era anche una terza e una quarta cosa, ma adesso proprio non me le ricordo.
Non  mi resta che augurarvi una buonanotte (o un buongiorno) e andarmene a dormire.
Ancora scusa per il tempo che vi ho fatto aspettare, non si ripeterà più (voglio sperare),
Hir


   
 
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