Amrun’quessir
Capitolo 1- Amin estela ta nauva anlema.
L’acqua,
scorreva limpida nel ruscello nei pressi di casa mia, ricordo ancora mia madre
uscire ogni mattina all’alba con un otre vuoto e poi tornare, quanto era
bella. I lunghi capelli biondi lasciati liberi, spesso riflettevano la luce del
sole stesso, la sua carnagione chiara la faceva sembrare quasi di porcellana, ma
ciò che più spiccavano erano le sue labbra, rosse come il tramonto più
mozzafiato. Era caratterialmente tranquilla, nei suoi occhi del colore del miele
ti ci potevi perdere, troppe volte mi sono addormentato tra le sue braccia come
ipnotizzato dal suo sguardo, tenero e caloroso. Il suo nome suonava come una
dolce melodia, Shaneira.
Mio
padre, instancabile lavoratore, coltivava il piccolo orto dietro casa, la nostra
unica fonte di sostentamento. Quando il raccolto abbondava poteva essere venduto
presso la piccola città a non più di un giorno di marcia da dove abitavamo.
Era un uomo affascinante, con una chioma bruna abbastanza curata e una leggera
barba che incorniciava il viso. I suoi occhi erano di un verde sorprendente, uno
smeraldo a confronto sbiadiva. Il suo nome incuteva tranquillità e rispetto,
come il padre e il padre di suo padre, egli fu chiamato Yaaraer.
Non
fu affatto facile per mia madre concepirmi, nacqui verso le prime ore del
mattino, più precisamente all’alba, fu per questo che mi diedero un nome
insolito ma del quale vado molto fiero, Amrun’quessir.
Tradotto
dalla lingua elfica: Elfo dell’Alba…
11
anni prima…
“Amrun
svegliati, tuo padre ha bisogno di una mano per trasportare il raccolto sul
carro…” sentì flebile la voce della madre un adolescente che ora
giaceva pigro sul letto senza alcuna voglia di ridestarsi da un magnifico sogno.
“Madre,
scendo tra un istante” disse il ragazzo, che a fatica s’isso fino a
toccare con i piedi il tappeto soffice, amorevolmente comperato dalla madre.
Alzandosi
dopo circa cinque minuti di riflessione, il ragazzo s’affacciò alla finestra,
Amrun era ormai un’adolescente, prossimo all’età adulta, aveva 17 anni e
tra pochi giorni ne avrebbe compiuti 18 un’importante passo.
Fisicamente
non era affatto scarno, forse anche grazie alle innumerevoli cure della madre,
ma il lavoro con il padre gli aveva forgiato comunque una buona muscolatura.
Aveva capelli bruni, delle labbra sottili come disegnate di un color rosso pesco
e una carnagione abbastanza scura. Ma ciò che più aveva di speciale era il suo
sguardo, due bei occhi a mandorla con le iridi una di color verde smeraldo e
l’altra oro. Una vera stranezza ma al ragazzo piacevano molto.
Dopo
essersi sgranchito per bene, scese in fretta e furia le scale, con la
conseguenza d’inciampare e per poco non rompersi l’osso del collo.
La
madre gli si avvicinò “Quante volte ancora dovrò dirti di stare attento a
dove metti i pedi, ricordi…” il ragazzo stanco della solita ramanzina
continuò la frase “…ricordi la fiaba dove il mago che guardava sempre la
luna, non vide un pozzo e vi casco dentro.” Concluse con un sorriso vispo
stampato sul volto, Shaneira rise con
fare garbato e divertito, sembrava una principessa “Ora sbrigati, ti sei
svegliato tardi è quasi ora di pranzo. Aiuta tuo padre e poi venite a tavola.”
Il
ragazzo come se la madre non avesse detto niente cominciò nuovamente a correre,
spalancando con irruenza la porta si ritrovò all’esterno dell’abitazione.
Un
sole fantastico era ormai alto in cielo, il rumore del ruscello faceva da
sottofondo assieme al sibilo del vento, come a formare una tranquilla melodia
che l’erba verde e rigogliosa dei prati seguiva come se stesse danzando. A
distanza vide una coppia di conigli saltellare e poco dopo scomparire nel
boschetto poco lontano.
Una
voce lo ridestò dai suoi pensieri “Figlio, pensi di rimanere a bocca
aperta ogni volta che esci di casa?” chiese con tono falsamente burbero il
padre.
“Certamente,
padre come si può rimanere indifferenti a tanta bellezza.”
affermò il giovane voltandosi e raggiungendo il padre nel piccolo orto
recintato.
“La
natura ci ricompensa con ciò che più ha di buono da donarci se noi la
trattiamo come nostra pari.” Disse il padre sorridendo e afferrando un
fascio di carote che mise con cura sopra il carro.
“I
vostri insegnamenti sono al sicuro con me padre.” Entrambi sorridevano,
mentre s’apprestavano a mettere gli ultimi fasci di cipolle sul carro.
“Posso
dare una carota a Oreste, padre?” chiese Amrun afferrando una carota tra
le tante disposte in modo ordinato.
“Certamente
Amrun” disse osservando il figlio negli occhi “Io intanto rincaso,
sbrigati che la mamma deve aver preparato qualche cosa di buono.” Detto ciò
scomparve dietro l’angolo in direzione dell’ingresso di casa.
Il
giovane porse la carota al mulo appositamente legato al carro “Mangia
bello, e fai la guardia a papà quando questa sera partirete alla volta della
città.” Accarezzo il muso dell’animale e poi, sempre correndo: si avvia
verso casa.
La
giornata trascorse tranquilla, Amrun andò verso il pomeriggio a giocare nel
boschetto, il ragazzo non aveva amici, ma gli animali del bosco oramai lo
consideravano uno di loro. Quando vide il sole calare oltre le fronde degli
alberi s’apprestò a tornare a casa, fermandosi prima nei pressi del torrente
per sciacquarsi il volto e le mani, fu allora che accadde il fatto che avrebbe
cambiato per sempre l’esistenza tranquilla di Amrun…
Dall’altra
parte della riva, accasciata a terra vi era una persona, coperta da molti veli
logori e sporchi. Il giovane d’istinto attraverso il torrente poco profondo e
giunto nei pressi dell’individuo si chinò su di esso, allungò la desta e lo
scosse leggermente dalla spalla “Hei, scusi, si sente bene?”
L’individuo
non mosse un muscolo, fu allora che Amrun scoprendogli il volto venne a
conoscenza che l’ammantato era una fanciulla. Le sue gote avevano un colorito
pallido, le ciocche di capelli che scendevano dai veli stretti in modo da
formare cappuccio erano di color biondo.Le sue labbra spiccavano sul volto perché
fine ma del colore dei petali di rose.Lentamente la fanciulla aprì gli occhi,
occhi blu, profondi come l’oceano.
Amrun,
rimase da prima a bocca aperta, poi chiese alla ragazza leggermente agitato
“Posso aiutarti in qualche modo?”
La
fanciulla che lentamente si ridestò disse con voce flebile, appena percettibile
“Amin estela ta nauva anlema.”
Poi
avvenne un fatto che avrebbe segnato Amrun per sempre. Dal corpo della fanciulla
iniziò a scaturire una luce dai mille riflessi, lentamente piccoli lumi
provenienti dal petto della fanciulla s’innalzarono al cielo. Gli occhi della
ragazza si riempirono di lacrime anche se un sorriso nostalgico persisteva sulle
sue labbra. All’improvviso come se un fulmine fosse caduto sul giovane sentì
un forte boato, tutto scomparì intorno a lui, tutto era bianco. Una dolce
melodia lo circondò e poi più nulla…Amrun era svenuto…