"Un cane, John?"
Watson si voltò di scatto, la bacchetta alzata e il patronus che scompariva in rivoli di fumo argentei alle sue spalle.
Sherlock lo osservava pigramente, appoggiato alla porta dell'aula vuota che John aveva scelto per esercitarsi - quando diavolo era entrato?
"Ti si addice".
"Ehm. Grazie". John aggrottò le sopracciglia: non era affatto sicuro di dover ringraziare.
"I cani sono fedeli. Ubbidienti".
Forse non avrebbe dovuto ringraziare, no. "Vorrei proprio sapere che forma ha il tuo patronus, invece".
"Non lo so. Sarà sicuramente qualcosa di dinamico. Pieno di risorse, enigmatico".
Le sopracciglia di John schizzarono verso l'alto. "I M.A.G.O. sono la prossima settimana, Sherlock. E' un incantesimo difficile".
"Sciocchezze, John. Fammi vedere come si fa".
Il golden retriever zampettò nuovamente per la stanza, prima di dissolversi.
Sherlock alzò la bacchetta con un gesto elegante - per un istante, John si ritrovò a chiedersi che razza di animale avrebbe potuto rappresentare il bizzarro ragazzo con cui da un paio d'anni divideva un appartamento a Diagon Alley. Un gatto, pensò, ricordandolo acciambellato in poltrona.
"Expecto patronum"
Sherlock s'impietrì alla vista della minuscola ape argentea che ronzava sotto al suo naso.
"Dinamico, Sherlock, dinamico". John scoppiò a ridere.
Fine
N.B. Sì, un'ape. Un'operosa, instancabile ape - di quelle che continuano a ronzare tutto il tempo senza farti riposare, se ce l'hai attorno. Potrebbe prenderci, in effetti. In realtà l'ho scelta pensando allo Sherlock Holmes canonico - quello che Conan Doyle manda in pensione nel Sussex, a studiare l'apicoltura. (Apicoltore, seriamente. Non ce la posso fare).
Se dovessi scegliere una casa per Holmes e Watson penserei a Corvonero per il primo e Grifondoro per il secondo. Così, per farvelo sapere.