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Autore: kateausten    02/02/2012    6 recensioni
Rose guardò il cielo inglese, azzurro e pieno di nuvole bianche come zucchero filato.
Bene, ecco cosa doveva fare.
Prima cosa: impedire a suo padre di giocare la partita di Quiddicht più importante della sua vita contro i Sepeverde, per evitare così la sua futura morte prematura.
Seconda cosa: cercare di riappacificare i suoi genitori diciottenni.
Rose sospirò, sconsolata.
Non sapeva perchè, ma dopo la scena che aveva visto, la prima cosa le sembrava decisamente più fattibile.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rose Weasley | Coppie: Albus Severus Potter/Rose Weasley, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Lui era il nastro dove avevo registrato i momenti più importanti.
I più belli.

 
Se c'era una cosa nella quale Albus Severus Potter non credeva, quella era il caso.
E la Divinazione.
E i presentimenti.
E tutte quelle cose che portavano un mago a diventare, da perfetta persona sana di mente, a uno psicopatico che vede segni di morte e Grami da tutte le parti.
Schiattando dopo poco, nella maggior parte dei casi.
Albus era una persona estremamente razionale e come sua zia Hermione, aveva abbandonato a metà semestre Divinazione, non potendone più di foglie di tè, sfere di cristallo e fumi che creavano sonnolenza.
E soprattutto della Professoressa Coman che sobbalzava drammaticamente ogni volta che lo guardava.
Suo padre, quando gli aveva detto di aver piantato il corso, aveva fatto finta di arrabbiarsi (mentre sua madre si era arrabbiata davvero) e poi lo aveva sentito sghignazzare di nascosto con zio Ron mentre zia Hermione reprimeva un sorrisetto soddisfatto.
Così, quando quella mattina Al si svegliò con un fastidioso peso sullo stomaco, non ci fece caso.
Quando guardò fuori dalla finestra, in quella burbera mattina di ottobre, e vide un corvo gracchiare sinistramente, si limitò a pensare che era strano perchè non era ancora stagione di corvi.
E quando Sam, un suo compagno di stanza, lo informò che la scorsa sera i Cannoni di Chuddley avevano perso 55 a 270 con un numero ridicolmente alto di Pluffe perse, si limitò ad alzare le spalle.
Tuttavia, mentre si pettinava i folti capelli neri, un piccolo dubbio si insinuò nel suo ragionevolissimo cervello.
"Andiamo Al!" si disse, mentre prendeva i libri per le lezioni di quel mattino e li metteva nella borsa "Non sono segni! Non significano niente di niente. E non significa niente che sia la squadra preferita dello zio. I Cannoni perdono praticamente quattro partite su cinque! Adesso andrò giù, racconterò tutto a Rose e ci faremo su due risate".
Ma quando scese nella sala comune, non c'era traccia di Rose.
Brutto segno, si ritrovò a pensare.
No, che idea sciocca. Cercò di calmare il battito frenetico del suo cuore.
Si girò, e vide Hugo scendere le scale con tranquillità. Il cugino gli sorrise non appena lo vide e Al ricambiò, con solievo. Se Hugo era li e soprattutto era calmo e in ritardo per la colazione, voleva dire che non era successo niente di niente.
Trovò Rose a fare colazione, con il naso immerso in un libro nella Sala Grande e si disse che aveva ragione quando pensava che i presentimenti e compagnia bella facevano perdere il senno.
Ma li maledisse ancora di più a pranzo, quando vide Rose e Hugo alzarsi e seguire una
McGranitt dal volto pallido e contratto.

Avrebbe voluto avere James accanto in quel momento: solo lui avrebbe fatto una battuta divertente e completamente fuori luogo che gli avrebbe sollevato il morale.
Si alzò scalpitante insieme a Lily e agli altri Weasley quando, dopo un bel pò, la McGranitt chiese a tutti loro di raggiungere Rose e Hugo al San Mungo.
Anche ad Al non era mai piaciuto l'ospedale, e fece una smorfia quando seguì, insieme agli altri, Dominique, che si muoveva con sicurezza in quei lunghi corridoi.
Una volta raggiunta la porta di suo zio Ron, trovò sua madre pallida come uno spettro con le spalle contro il muro e suo padre, con la barba sfatta e nonna Molly con la mano appoggiata sulla sua spalla.
James, che fortunatamente era già li, gli aveva detto che zio Ron sarebbe stato operato tra poco ma che le possibiltà di una riuscita dell'operazione erano molto, molto basse.
Rose uscì in quel momento da quella porta chiusa, con un espressione che Al non gli aveva mai visto. La ragazza guardò tutti i cugini raggruppati li, gli zii che stavano pian piano arrivando e si rese conto che la ragazza stava per scoppiare.
Quando lo vide, qualcosa sul suo volto sembra rilassarsi.
"Al..." disse.
Albus fece un sorriso tirato- non gli sembrava giusto sorridere veramente quando suo zio era in un letto d'ospedale- e gli porse la mano a cui Rose si aggrappò come un'ancora.
Si allontanarono da li, da tutta quella gente che adesso sembrava solo fastidiosa e irritante, camminando in silenzio, le mani fortemente allacciate.
Al si rese conto che si stavano toccando e la cosa lo stupì: avevano limitato i contatti fisici durante gli anni. Sapeva infatti che quando Rose lo sfiorava, non lo sfiorava per caso. Lo sfiorava perchè aveva bisogno di sentire qualcosa di consistente sotto le sue dita, qualcosa di lui.
Ma d'altra parte, anche per lui era la stessa identica cosa.
"James mi ha detto che Teddy e Victorie arriveranno tra poco" disse Al per interrompere quel silenzio prolungato.
Rose si limitò ad annuire, fermandosi vicino a una finestra che dava su un piccolo giardino dell'ospedale. Mentre osservava la gente in camice e accappatoio che ci camminava lentamente, fece una domanda:
"Cosa farò se lui morirà?".
Al si avvicinò.
"Non morirà, Rose" disse.
"Morirà invece" replicò lei "Mi lascerà da sola. Non riderò più come prima, non sarò mai più completamente felice".
Albus chiuse gli occhi, sentendosi completamente impotente.
"Non sarai da sola" sussurrò "Ci saranno un sacco di persone insieme a te".
Lei fece un sorriso amaro.
"Nessuno lo potrà mai compensare".
"Ci sarò io".
Si sentì coraggioso mentre disse quelle parole, e anche un pò arrogante.
Rose continuò ad avere quel suo sorriso amaro, intriso di lacrime non ancora versate.
"Per la prima volta in assoluto Al, non mi basteresti".
E Al sapeva che, come quasi sempre, Rose aveva ragione.

                                                         *

Hermione Granger aveva sempre sentito dire che quando una persona moriva, vedeva passare la vita davanti.
Questo ancora non lo sapeva, ma aveva scoperto un'altra cosa: quando una persona che amavi era in bilico tra la vita e la morte, eri tu - la persona seduta sulle squallide sedie di plastica della sala d'attesa- che vedevi tutta la vita passare davanti.
Hermione cercò con tutte le sue forze di scacciare dalla mente l'immagine di un bambinetto dai capelli rossi e la divisa di seconda mano.
Cercò di scacciare l'immagine di un ragazzo lentigginoso che sbuffava su fogli di pergamena
sdraiato sul pavimento della sala comune.

Cercò perfino di scacciare l'immagine dell'uomo che teneva fra le braccia uno scricciolo dai capelli rossi e cespugliosi che rideva, improvvisando una danza nel salotto, volteggiando insieme a lei.
Non lo avrebbe più visto.
Hermione sentì chiudersi la gola.
Ron.
Ron.
Ron.
Lo sapeva, sapeva che questa operazione era solo una formalità, che lui non si sarebbe più svegliato. Lui non l'avrebbe più guardata con i suoi occhi blu, non ci avrebbe più parlato ne litigato.
Non lo aveva neanche salutato.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi e si affrettò ad alzarsi, a camminare quasi alla cieca, travolgendo il vicino Teddy. Non poteva farsi vedere da Rose e Hugo.
Non adesso, non mentre loro nutrivano ancora qualche speranza.
Si fermò anche lei in un corridoio semideserto, poggiando la fronte al vetro sporco della finestra, stringendo i pugni.
"Te ne stai andando Ron Weasley, vero? Si, lo stai facendo. E' tipico di te, no?" pensò con rabbia disperata.
L'immagine di lui che se ne andava, lasciando lei e Harry in quella tenda era un immagine che non aveva mai rimosso. Si era sentita abbandonata dalla persona che amava, completamente tradita.
E' vero, lui se ne era andato.
Solo che poi era tornato. Perchè lui era quel genere di persona. Quel genere che pensavi ti poteva abbandonare, ma non era così. Anche i primi tempi in cui erano sposati e lui andava in missione per gli Auror le diceva sempre "Stai tranquilla Hermione. Tornerò. Tornerò".
Un delicato colpo alla spalla la fece sobbalzare e si girò di scatto.
"Sei tu" disse Hermione e sospirò, gettandosi su quella spalla familiare.
"Non volevo spaventarti" disse Harry "Scusa".
Hermione pianse un pò contro la sua spalla, inspirando quell'odore così dolorosamente familiare- perchè gli ricordava l'infanzia, le ricordava Hogwarts, le ricordava Ron- cercando di non andare in mille pezzi.
Una madre, in quel momento, non poteva permetterselo.
Harry non piangeva, non diceva nulla, la abbracciava e basta. Hermione non si era aspettata di sentire niente; lui non era mai stato bravo nel parlare dei sentimenti che provava o delle cose che gli facevano paura.
Ma Hermione lo conosceva come le sue tasche e sapeva che se oggi, Ron moriva, anche una parte di Harry se ne sarebbe andata con lui.
Era inevitabile.
Ron era stato per lui un fratello, un amico, un compagno di vita. Era stato la prima persona che aveva accolto quel bambino di undici anni, magro, triste, con una strana cicatrice sulla fronte.
"Torniamo in la" disse Harry, posandole una mano sulla spalla "Le due ore di attesa sono quasi finite".
Hermione si staccò da lui e annuì, asciugandosi le lacrime. Erano così calde, sembravano essere state sul fuoco fino a quel momento.
Sorreggendosi l'un l'altra, arrivarono in sala d'attesa. Hermione notò che c'era troppa gente. Perchè c'era così tanta gente?
E perchè era raggruppata tutta intorno a quell'uomo dall'assurdo camice blu?
"Harry?" disse con una voce che non sembrava neanche la sua "Harry?".
Non sapeva neanche perchè stava chiamando Harry. Non voleva chiamare lui.
Ma Harry non rispose, gli occhi assenti su quella scena.
Hermione cercò freneticamente con lo sguardo Rose e Hugo, staccandosi dal suo amico, ma la persona, l'uomo che era in mezzo ai Weasley, si era improvvisamente materializzato davanti a lei.
"Mi dispiace signora" disse guardandola negli occhi "Mi dispiace davvero, davvero tanto".

Il riconoscimento non era esattamente necessario. Tutti sapevano che era Ron Weasley la persona che era deceduta, ma le regole erano regole.
E lei, doveva andare in quella stanza fredda e vedere il corpo di suo marito sbattuto su quel lettino inospitale.
Prima, aveva stretto forte a se i suoi figli per un pò, mormorando a entrambi parole dolci come il miele sentendole però false e poco opportune, lasciandole in bocca un sapore amaro e disgustoso.
Ma d'altra parte, cosa potevi dire a due ragazzini che avevano appena perso il padre?
Ginny si era offerta di riconoscere il corpo di Ron al suo posto, ma Hermione l'aveva ringraziata- no, non è necessario, aveva detto- e con le gambe malferme aveva seguito quel gentile medimago nella stanza dove avevano messo il corpo di Ron, ripulito e asettico con una benda che gli ricopriva il cranio.
"E' lui signora?" aveva chiesto velocemente il giovane medimago, forse per evitare di prolungare la scena straziante.
Era lui, si.
Era indubbiamente lui. Le lentiggini risaltavano sul volto bianco e i capelli sembravano più rossi del solito, più scuri. Le labbra ben disegnate erano quasi viola, ma la cosa che colpì di più Hermione, fu la totale mancanza di espressioni sul suo volto. Perfino quando dormiva, Ron dimostrava cosa stava provando.
Si ricordava che dopo la guerra, dopo Fred, l'espressione nel sonno era tesa; così come dopo la nascita di Rose il viso era disteso, molto più sereno.
Hermione si avvicinò ancora un pò a quel corpo immobile, tentando di non guardare il petto dell'uomo: certe volte, quando non riusciva a dormire, aveva preso l'abitudine di guardare proprio quel petto abbassarsi e alzarsi lentamente nella penombra della camera, ascoltando il respiro regolare di Ron e sentendosi piacevolmente al sicuro.
"Signora?" chiese ansiosamente il medimago. Gli avevano detto- i medimaghi più esperti- che meno le persone stavano con il cadavere della persona amata, meglio era.
"Si?".
"L'ha riconosciuto, no? Sarà meglio andare".
Hermione sbattè le palpebre, sbigottita.
Era l'ultima volta che lo vedeva. Da adesso in poi, non avrebbe più visto Ron Weasley se non in foto o nei suoi sogni. Non avrebbe più toccato la sua pelle pallida e calda. Lui era sempre caldo- sembrava avesse la febbre- mentre lei era sempre fredda e si accucciava contro lui.
Lo dovrei scaldare io adesso?
No, che pensiero stupido.
Non poteva andare a pezzi, non ancora. C'erano mille cose da fare, da organizzare, da pensare. Era talmente devastata da non sentire il dramma della perdita.
Intanto il medimago guardava silenziosamente lei e lui, sentendosi improvvisamente di troppo: voleva andarsene, voleva lasciare loro la giusta privacy e ringraziarli anche, perchè lui era un Nato Babbano e se eri li in quel momento era grazie a loro due, ma doveva portarla via.
"Signora?" tentò ancora, gentilmente "E' ora di andare".
Hermione annuì e passò un dito sulla guancia del marito. Velocemente, perchè era fredda e
lei se lo voleva ricordare caldo.

"Mi mancherai tutta la vita" pensò.
Quando uscirono, il medimago guardò Hermione a disagio.
"Mi dispiace molto per la sua perdita. Davvero" disse sinceramente "Era un grand'uomo".
Hermione lo guardò per la prima volta negli occhi.
"Il migliore" confermò e fu come se in quelle parole avesse trovato la forza sufficente per girarsi e andare via.
Aveva mandato Rose e Hugo da Harry e Ginny.
Sapeva che in quei momenti nulla sarebbe stato meglio della presenzaa di Albus e Lily per i suoi figli. Sarebbe andata a riprenderli presto, prestissimo, perchè aveva bisogno di loro. Di attaccarsi alla loro pelle, ai loro capelli, al loro odore.
Tuttavia, in quel momento, anche solo per una breve mezz'ora, aveva bisogno di stare da sola.
Posò con calma la borsa sulla sedia dell'ingresso e guardò casa sua.
Ron non c'era più, eppure nulla era cambiato. I post it con la sua scrittura erano ancora attaccati al frigo, la coperta con la quale di si coprivano quando erano stesi insieme sul divano era ancora appallottolata sopra un cuscino e, quando arrivò nella loro camera, scoprì che il giornale che Ron aveva letto quella mattina maledetta era ancora sul comodino, spiegazzato e pieno di riccioli agli angoli delle pagine.
Glielo diceva sempre di non lasciare le cose così... glielo diceva sempre...
Le lacrime cominciarono a caderle leggere, quasi incerte, ma dopo qualche secondo il pianto si tramutò in un vero e proprio singhiozzare.
Urlò, accasciandosi a terra e urlò ancora e ancora e ancora. Pianse fino a quando lo stomaco non cedette e non corse in bagno per vomitare quel poco che aveva mangiato.
Spossata, Hermione si toccò la fede, incurante dei capelli appiccicati alla fronte e alla bocca.
Ron non ci aveva fatto incidere la loro data di nozze. Ci aveva fatto scrivere un'altra data.
1 settembre 1991.
Hermione aveva riso quando, tutto gongolante, glielo aveva annunciato, ricordandosi di quel ragazzino che tentava di far diventare giallo il suo topo.
Si ricordò anche la sera del loro matrimonio, quando, guardando l'anello, si era girata verso Ron e aveva detto:
"Non mi sembra ancora vero. Ce l'abbiamo fatta"
Ron aveva sghignazzato tirandola a se.
"Lo so. Pensa alla fortuna che hai avuto. Insomma... sei sposata con me!".
Lei gli aveva tirato un cazzotto, nascondendo un sorriso divertito.
Guardò ancora l'anello e poi si girò verso di lui.
"Promettimelo Ron. Promettimi che non mi lascerai mai".
Lui divenne insolitamente serio.
"Mai Hermione. Non ti lascerò mai".
A quel ricordo, così vivido, Hermione crollò sul letto. E ricominciò a piangere.
"L'avevi promesso" singhiozzò "L'avevi promesso".

 

Note:
Salve, mie dolci donzelle!
Ok, lo so che questo capitolo è veramente, veramente fatto apposta per tagliarsi le vene, ma prometto che dai prossimi capitoli le cose si metteranno meglio.
Ma soprattutto non saranno così disperate.
E' solo che il punto di vista di Hermione ce lo dovevo mettere. Mi sembrava giusto.
Inoltre, so che non ve ne importa, ma volevo informarvi che ho preso 30 all'esame che ho avuto stamattina!!! Sono veramente molto happy! : )
Un bacio belle, spero che questo capitolo vi piaccia!

  
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