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Autore: AlexysBlack    02/02/2012    1 recensioni
Inizia tutto con una preda, e ancora non so come finirà.
Collocata in un tempo alternativo rispetto al telefilm, tempo in cui anche le vittime sono importanti, questa è la storia di una di queste.
Una preda tutta particolare che ancora non si sa a cosa porterà.
Per quanto il sangue di una preda potesse essere analgesico ed anestetizzante non faceva dimenticare davvero.
Non lo aveva fatto per centoquarantacinque anni, e continuava a non farlo.
Soprattutto da quando quella voce contuava a ricordargli quanto dimenticare fosse impossibile, soprattutto attraverso il sangue di persone innocenti. Eppure, nonostante la coscienza gli urlasse di interrompersi, il cacciatore voleva ancora sentire la sinfonia di una vita spezzata, per l'ennesima ultima volta e adesso, con i canini affondati nel collo purpureo di una ragazzina di diciassette anni, con il sangue dolce, puro, e delizioso, lui non faceva che ricordare.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Heir Of A Dying Day Heir of a Dying Day

Il sole del tramonto illuminò i lineamenti tondeggianti ed armoniosi della ragazza, che stesa sull'erba si godeva l'eredità di un giorno alle soglie del declino.
Con un libro fra le dita e dei fogli da disegno sparsi sulla tovaglia da pic-nic, Arwen si tolse la matita dai capelli che aveva usato come fermaglio, iniziando a mordicchiarne l'estremità. Nei disegni c'erano sempre quei due soggetti, il corvo e la bambina, sempre in posti diversi, sempre vicini a lei al risveglio ma mai veramente raggiungibili.
Era come se li conoscesse da sempre, da un passato che per anni aveva tentato di rimuovere, e che le si stava riversando addosso pian piano.
Pensare a quella bambina equivaleva a ricordare suo padre, e di certo Arwen non voleva permettergli di colonizzare anche la realtà che era riuscita faticosamente a costruirsi intorno. Lei e Gwendolyn stavano bene, erano felici -di quella felicità triste e monotona dei compagni di solitudine che si conoscono troppo bene per provare affetto reciproco- e riuscivano a cavarsela fra la pensione della donna e il lavoro in libreria della ragazza.
Eppure, specchiandosi nella propria ombra, Arwen non vide che una bambina tremante e spaventata, scossa dalle grandi mani di un uomo.

Elena si svegliò di soprassalto, avvolta dal caldo abbraccio di Stefan, che nudo al suo fianco la cingeva in modo possessivo e allo stesso tempo delicato, protettivo nel modo più assordante e totalizzante. Una strana sensazione le cinse lo stomaco, senso di colpa e disgusto, e d'un tratto si accorse di essersi svegliata per un motivo ben preciso.
Da qualche tempo Elena faceva dei sogni, sogni strani, con figure evanescenti che correvano dinnanzi a lei. Una voce la chiamava, la melodia di una sirena la attirava verso il folto di un bosco, quel bosco stesso che racchiudeva i segreti dei baci e delle speranze rubate.
Era una ladra di amore, Elena, e guardando il cielo arancione del tramonto sentì un rumore proveniente da una stanza vicina.
Damon. Che fosse stato in casa per tutto il tempo?

La voce di Gwendolyn le esplose nel cellulare.
"Forse dovresti rientrare, cara. E' arrivata una lettera per te."
Arwen interruppe la comunicazione e raccattò tutto il suo materiale, infilandolo disordinatamente nel cesto di vimini da pic nic fornitole da Gwen  e andando a recuperare la macchina. Una lettera? Si domandò la giovane, senza prestare attenzione a dove stesse andando: tutte le strade, a quanto pareva, portavano a Gwen e alla sua casa profumata di candela e lavanda. Si ripromise di mettere in ordine i disegni per decifrare quelle figure e scoprire dove la portassero, perchè doveva esserci di certo un fine a tutti quei sogni e a tutti quei viaggi notturni.
"E' da parte di un certo...Dominic Spencer. Lo conosci, cara?"
E specchiandosi nella propria ombra, Arwen non vide che una bambina tremante e spaventata.

Damon chiuse le tende, preparandosi ad una notte piena di grida e incubi che lo avrebbero perseguitato. Ma sta volta non sarebbero state le grida delle sue vittime a svegliarlo, oh no. Sarebbero state quelle di Elena, che era con Stefan, che stava con Stefan, che amava Stefan.
Un pugno potente si scagliò contro il muro, e solo quando sentì le proprie nocche scricchiolare, Damon capì fosse suo.
Ormai non era più un uomo da tempo. E per colpa di Elena non era nemmeno un vampiro. Era un'ombra crepuscolare senza mai pace.
"Mi dispiace", la voce alle sue spalle lo rese furioso e disperato e incredibilmente triste. Lui si voltò lentamente, massaggiandosi la mano, scrutando il viso della ragazza e non leggendovi nulla, nessuna emozione attraversava i suoi occhi color cioccolato. L'odore del sesso ancora sulla sua pelle olivastra.
Ah, vergogna! Dov'è il tuo rossore? "Non dispiacerti, Elena. Torna da lui e finiamola qui."
"Dovevo farlo, Damon. Dovevo provare." La ragazza fece un passo verso di lui, e Damon arretrò, animale ferito dal proprio padrone.
"Non mi devi spiegazioni. Torna da lui e finiamola qui." Era un disco rotto, Damon, che pavidamente arretrava.
Elena avanzò ancora, stretta nella camicia nera di...Damon.

La lettera in realtà era un biglietto, scritto in una calligrafia storta e piccola, malata come la mano che l'aveva prodotta.
Mi dispiace delle notti.
Quella frase si stagliava sul cartoncino bianco di buona qualità, un pungo nello stomaco vero e proprio.
Dovevi essere la mia bambina, e invece sei stata la mia bambola.
Quindi lui sapeva, ricordava, così come ricordava lei.
Sii felice, ora.
Facile a dirsi attraverso un biglietto del cavolo, dopo anni che non si faceva nè vedere nè sentire, suo padre.
Forse si aspettava il perdono. Forse si aspettava una visita. Forse si sarebbe semplicemente ammazzato e voleva lasciare una traccia di umanità di sè.
Arwen posò il bordo del cartoncino sulla fiamma della candela e lasciò che prendesse semplicemente fuoco.

"Mi dispiace...non ho mai voluto ferirti."
"Certo che no, Elena! Ma tanto io e lui siamo interscambiambili, giusto?"
"Non è vero, sai che non è vero. Io lo amo. Io non sono Katherine. "
"Lo pensavo anche io, prima di oggi."
"Adesso non trattarmi come un mostro, so che cosa mi hai fatto. So che sei stato con lei."
"Dobbiamo rinfacciarci i peccati a vicenda? E così sia, Elena. Voglio sapere tutto."
"Tutto cosa?"
"Tutto quello che ti ha fatto..."
"Lui non mi ha fatto niente, è colpa mia, sono stata io ad andare da lui. E' tutta colpa mia..."
"E pensi davvero che io ti creda?"
"Lo pensavo, prima di oggi. Ma dalla tua reazione penso di aver sempre frainteso quello che c'era fra noi."
"Frainteso? Sei stata con lui, Elena! Come ti aspettavi che reagissi?!"
"Mi aspettavo fossi felice per lui, come un fratello dovrebbe essere per la felicità del proprio."
Un silenzio colpevolizzante si abbatté sulla stanza e una porta si aprì. "Almeno Katherine sapeva di essere una sgualdrina."
E una porta, finalmente, si chiuse.

Angolo "Autrice":
Buon salve lettrici! (Sempre che ce ne siano oltre a Simply** xD)
Eccomi con altro capitoletto! Che ne pensate?
Avete capito chi abbia scelto Elena?...Siete sicure?
Perché io avrei qualche dubbio u.u
E il biglietto del padre di Arwen? Avrà qualche significato\utilità ai fini della storia?
Perché io avrei qualche dubbio u.u
Questo capitoletto è un po' più  frazionato del precedente, spero vi sia piaciuto nonostante tutto :)
Canzone ancora una volta dei Lacuna Coil, che fanno non solo bella musica, ma anche titoli profondamente ispiranti u.u
Sono un'autrice di nicchia, anzi...di nicchissima!
*Si ritira nell'Angolo degli Autistici Solitari con un lecca lecca gigante*
C'è qualcuno qui, a parte Simply???? Daaaaai, commentate! Lo so che faccio schifo, basta che me lo diciate! :)
Ci rileggiamo presto,
Vostra demoralizzata Alexys :)

*Simply, vuoi un lecca lecca anche tu?*





  
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