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Autore: Elenie Estel    12/09/2006    1 recensioni
il seguito di "Vacanza da ricordare". Kate e i malandrini sono tornati ad Hogwarts, e mentre i quattro cercano di aiutare Remus diventando animagi Kate cerca di sopravvivere da sola...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi siedo nell’ufficio della McGrannit. In silenzio. Anche lei si è seduta.
Non so cosa dire. E non penso di avere niente da dire. Ho visto rosso e ho fatto una cosa stupida. E non ho bisogno che lei me lo ribadisca.
Se non posso dire niente, c’è una cosa che invece posso fare.
Mi tolgo la spilla rossa e oro che dall’inizio dell’anno porto al petto e la appoggio sulla scrivania ingombra di carte. La professoressa la fissa a lungo.
“Perché?” chiede, alla fine.
Alzo le spalle. “Non è per me.”
“Stai scherzando? Quando ho deciso di affidartela sapevo che eri la persona giusta. E resti la persona giusta. Lo sai anche te, se no l’avresti rifiutata prima.”
“Un Prefetto non perde la testa come è capitato a me. E non è la prima volta.” Rispondo.
“Non è tuo compito scegliere la tua punizione. Perché stavolta non potrò passarci sopra. Ma non è questa la punizione giusta.”
“Professoressa, io…” mi blocco di scatto. Non so cosa dire. Non lo ho mai saputo.
“Potter… so che non vuoi. Ma penso che accettare questa responsabilità sia per te la cosa migliore. Hai bisogno di distrarti. Ora andiamo. Il Preside ha chiesto di te.”
Mi alzo e mi avvio verso la porta.
“Potter… Katleen… la tua spilla.” Me la sta porgendo.
La prendo. Ma non la metto. La infilo in una tasca, lentamente, in modo che la McGrannit lo noti.
“Vieni. Il preside sta aspettando.”
Ci avviamo insieme lungo i corridoi. Per fortuna a quest’ora sono tutti a pranzo. Non incrociamo nessuno.
Ci fermiamo solo davanti al gargoyle dell’ufficio di Silente. La parola d’ordine è “caramella mou alla pesca”.
Spiritosa, ma di ridere proprio non ne ho voglia.
Mentre la scala ci porta su non posso fare a meno di ricordare la mia ultima conversazione con Silente. Posso solo sperare che questa sia meno sconvolgente.
La McGrannit bussa alla porta.
“Avanti.”
Entriamo. Mi viene istintivo camminare senza fare rumore, in punta dei piedi. Non sono mai stata qui.
“Venite, venite. Prego, accomodatevi!” Silente è dietro la sua scrivania. È ancora più ingombra di quella della McGrannit. Non solo di carte, documenti, pergamene, ma anche di strani attrezzi metallici, che emettono lievi tintinnii.
“Ho saputo dell’incidente che è avvenuto nel Salone d’Ingresso. Vorrei che mi dicessi di preciso come è andata. Ho sentito la versione dei tuoi compagni Serpeverde e della tua amica, la signorina Vance. Ora mi piacerebbe sapere la tua versione dei fatti.” Non sembra arrabbiato.
Che posso fare? Comincio a raccontare tutto, a partire da quando mi sono alzata all’incontro sulle scale. In tutto, non più di tre quarti d’ora.
Silente continua a fissarmi per tutto il racconto. Non nascondo niente. Sarebbe inutile visto che ha già parlato con gli altri.
“…Quindi, è colpa mia. Ho perso la testa. Mi dispiace. Ma non ho saputo trattenermi.” Ma davanti al preside non ho il coraggio di fare come con la McGrannit, e non riesco a impormi di tirare fuori la spilla. Comincio a giocherellarci in tasca.
“C’è qualcos’altro che vorresti dirmi?” Chiede Silente.
Sì. No. Sì. No. Non so decidermi. Tutte e due le risposte non sono del tutto corrette. Non voglio dire niente, ma qualcosa da dire c’è. La conversazione di ieri (ieri?) con Jim, il senso solitudine, la voglia di fuggire…
“No. Niente di importante.” Risposta facile. E vera. Almeno un po’.
“Come vuoi. Sappi che se hai bisogno di qualcosa la porta del mio ufficio è sempre aperta. Arrivederci.”
“Arrivederci…” Esco il più in fretta possibile dallo studio e faccio tutto il castello di corsa, fino alla torre di Grifondoro. Continuo a correre fino al mio dormitorio. Frugo nel baule e trovo una scatola di biscotti che i nonni mi hanno mandato qualche tempo fa.
Non la ho mai toccata. Ora però ho fame, e non ho voglia di andare a pranzo. Mi siedo sulla finestra e comincio a mangiare i biscotti guardando il lago. È una giornata bellissima, per essere ottobre.
  
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