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Autore: UnbreakableBond    03/02/2012    0 recensioni
Due ragazze sopravvissute.
Fuoco ed acqua, Fanny e Sophia, Fenice e Ninfa.
Ma qualcosa di oscuro si cela in questa coincidenza.
I segreti saranno rivelati, ciò che è sempre stato nascosto verrà riportato alla luce.
Il destino le farà incontrare.
Una nuova guerra incombe su Death City.
Può una profezia, ormai persa da anni, scongiurare tutto questo?
Genere: Fantasy, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last.'
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Capitolo 1
Sangue.



« Arriva Shinigami, scappate! ».
Nel villaggio di Agger, villaggio delle streghe d'acqua, si era scatenato il finimondo. Shinigami le aveva attaccate senza motivo, dicendo di voler sterminare la completa razza delle streghe.
Quella maschera bianca, quella maschera bianca e minacciosa aveva incantato Sophia: l'aveva pietrificata dalla paura.
« Muoviti, Sophia! ».
La madre la strattonava per il braccio. Nei suoi occhi scuri si poteva leggere la paura e la disperazione.
Alcune streghe cercavano di rallentare Shinigami, ma era tutto inutile: lui era troppo forte.
Sophia e sua mamma entrarono in casa, all'esterno continuavano i rumori della battaglia.
La bambina seguì la donna nella camera da letto. La madre aprì l'armadio e vi nascose la bambina.
« Non aver paura, andrà tutto bene ˗ gli occhi della donna si riempirono di lacrime˗ ti voglio bene, bambina mia ».
Dicendo così, la baciò sulla fronte e le diede la sua collana: un ciondolo di diamante, trasparente come il ghiaccio.
La donna chiuse le porte dell'armadio, correndo via in preda, pensò Sophia, ai singhiozzi.
La bambina iniziò a piangere, tappandosi la bocca con le mani per non emettere suoni.
Poi, con gli occhi impiastricciati dalle lacrime, si addormentò.
Adesso, lei era veramente sola: l'ultima stregha dell'acqua, una povera bambina di soli sei anni.
Quando si svegliò, non sentì i rumori della battaglia che veniva consumata al villaggio.
Quando si svegliò, si accorse di non essere più nell'armadio: era tra le braccia di una donna.
Al primo impatto, la bambina pensò fosse sua madre, ma dopo la osservò bene: la sua pelle era bianca, i capelli biondi erano legati in una sola treccia che le ricadeva sul petto.
Gli occhi erano gialli, con la pupilla verticale e stretta nera.
Con gli occhi azzurri la bambina studiava il volto della donna, cercando una qualche somiglianza con se stessa o con sua madre.
L'unica somiglianza che era riuscita a trovare furono i tatuaggi neri sulle braccia: dei serpenti, neri come la pece.
« Ti sei svegliata. Ti ho portata via da quel villaggio distrutto. »
Sophia continuava a fissarla, senza riuscire a parlare.
Poi, vide la donna saltare agilmente su di una scopa. Quindi, la misteriosa donna dei serpenti doveva essere una strega. Una come lei.
« Io...Io sono Sophia. »
La donna sorrise. Ma non era un sorriso dolce come quello di sua madre: era un sorriso macabro, anche abbastanza inquietante.
Volarano sul deserto, in sella alla scopa di quella strana strega bionda.
Arrivarono a delle montagne, montagne molto alte.
La scopa iniziò a scendere in picchiata, tanto velocemente che Sophia pensò di schiatarsi al suolo.
Quando smisero di volare, Sophia aprì lentamente gli occhi: si trovavano davanti ad un grande cancello di fero battuto nero, i disegni del ferro ricordavano dei serpenti intrecciati.
All'arrivo della misteriosa donna, i cancelli si aprirono, lasciandola passare.
« Adesso puoi camminare da sola ». Mise la bambina a terra. Le scarpette nere toccarono il terreno, e Sophia sentì una grande energia fluirle dentro: sembrava che quel luogo fosse intriso di magia.
La donna camminava molto velocemente: il rumore dei suoi passi scandiva anche il respiro di Sophia, che ammirava con gli occhietti azzurri e vispi tutto ciò che aveva intorno. 
Arrivarono ad un portone: un portone immenso e dorato.
La donna alzò una mano, pronunciò qualche parole appena percettibile e questo si aprì.
Un vasto corridoio bianco si presentò davanti a Sophia: non aveva mai visto un luogo così pulito in tutta la sua breve vita.
La donna si girò verso di lei e la fissò con i suoi occi gialli da rettile: « D'ora in poi questa sarà la tua casa. Io sono Medusa, la tua padrona, dovrai obbedirmi senza opporre resistenza, mai ».
Sophia, anche se un po' spiazzata, sorrise in risposta.
« Ho capito, zietta! »
Non vorrei mentirvi, ma Sophia mi disse in seguito di aver visto un piccolo sorriso balenare sul volto di Medusa.

Sophia seguì la donna nel lungo corridoio bianco, quando arrivò ad una porta.
« Questa sarà la tua stanza. Troverai un altro bambino, non uccidetevi a vicenda. Mi servite entrambi. »
Detto questo, la donna se ne andò.
Sophia si mise sulle punte e abbassò la maniglia. Dentro, seduto su di un letto, stava un bambino: i capelli neri gli ricadevano sul volto, le mani erano bagnate e singhiozzava.
Sophia entrò sorridendo, cercando di pulirsi al meglio le guance e le mani sporche di terra e cenere.
« Ciao! ».
Il bambino alzò il volto: aveva dei bellissimi occhi azzurri, arrossati dal pianto.
« Ciao.. ».
Il ragazzino si passò il braccio sotto il naso per asciugarsi il moccio. I suoi vestiti erano malandati e bruciati, come se fosse stato coninvolto in un incendio o qualcosa di simile.
« Io sono Sophia, la zietta mi ha salvata dal mio villaggio, è stato distrutto ».
Sophia continuava a sorridere: le mancavano gli incisivi superiori; aveva un'aria dannatamente buffa così.
« Io -sniff- sono Nail. Lei ha distrutto il mio villaggio, ecco per sono qui ».
« Lei...Lo ha ditrutto? ». L'idea di Medusa che Sophia aveva costruito nella sua mente era crollata come un castello di carte. « No, una strega così potente non può essere malvagia...». Oppure poteva esserlo?
Questo era troppo per una bimba di soli sei anni.
« Nail-senpai, adesso ho paura! ». C'era un letto libero, Sophia si buttò su quello e strinse forte il cuscino.
Quindi, se era lì, era perché sua madre e le altre streghe del villaggio erano tutte morte?
« Cos'hai lì sulla schiena? »
« C-Come sulla schiena? ». Sophia tutto si aspettava, meno che quella domanda.
« Massì, sulla schiena hai come i tatuaggi di Medusa! ».
« D-Dici quello? 
E' il simbolo di appartenenza alla mia razza. E' come un codice che significa "acqua"».
La bambina si sforzò di sorridere, e quasi riuscì a strappare un sorriso al bambino.
« Adesso però ci conviene dormire, domani potrebbe farti quello che ha fatto a me ». Nail scoprì le braccia e mostrò delle cicatrici delle piegature dei gomiti e sui polsi, segni come di siringhe e tagli.
Sophia non rispose, ma rimase spaventata da quelle cicatrici.
Si tolse le scarpette, i calzini e si sciolse i capelli bianchi; dopo di che si infilò sotto le coperte ruvide.
Ci mise un po' a prendere sonno: fissava il viso del bambino addormentato, la sua pelle scura, le sue cicatrici.
Quando Sophia venne svegliata da Nail, il sole non era ancora sorto.
« Cosa c'è, Nail-senpai? ». Chiese la bambina, stropicciandosi gli occhietti stanchi.
« Sta arrivando ».
Infatti, la porta si aprì poco dopo: Medusa entrò, seguita da una bambina strana, con gli occhi grigi ed i capelli rosa.
« Bambini, seguitemi, dobbiamo fare alcuni esperimenti ».
« Te l'avevo detto », sussurrò Nail a Sophia, che stava ancora legandosi i capelli.
Seguirono Medusa e la bambinetta fino ad una stanza piena di provette.
Ogni porvetta conteneva un liquido rosso scuro, con su di ognuna un'etichetta come: "Spada", "Falce" o "Strega", "Lupo Mannaro".
"E' sangue", pensò Sophia, inorridita.
« Vieni qui ». Medusa fissava lei; gli occhi gialli intimidivano Sophia. « Subito, zietta..».
Medusa fece sedere Sophia su uno sgabello, le legò il braccio sinitro con un tubo di gomma e poi usò una siringa con del liquido rosso, il sangue di qualcuno.
« Ti ho impiantato il sangue di una Buki, adesso vedremo come reagirà il tuo sangue. 
Ho grandi progetti per te, piccola strega ». Medusa sorrise con quel suo sorriso macabro e Sophia rispose con una smorfia mista tra dolore e disgusto. Sentì il sapore del sangue in bocca dopo pochi minuti.
E poi, vomitò sangue per la prima volta: una pozza scura si formò sul pavimento candido.
Dopo, una ferità si aprì sulla sua schiena: seguiva perfettamente il disegno del tatuaggio, quasi sembrava che qualcuno l'avesse scorticata seguendo quelle linee guida. Sentiva il sangue scorrere sulla shiena, sentiva il calore ed il dolore. Perché perdeva tutto questo sangue?
« Chrona, scrivi: perde sangue dal tatuaggio, il suo sangue da strega ripudia quello da Buki ».
A Sophia si annebbiò la vista, aveva perso troppo sangue.
Quando si risvegliò, era stesa sul letto nella sua camera, con i vestiti impiastricciati di sangue e le mani bianchissime, quandi si confondevano con i suoi capelli.
« Sei svenuta, hai perso tantissimo sangue.
Medusa ha detto che sei un soggetto interessante, vuole usarti per altri esperimenti ».
Era la voce di Nail, era steso sul letto affianco.
« Se così posso aiutare la zietta, perderò fino all'ultima goccia del mio sangue, Nail-senpai...»
Sophia sorrise e si riaddormentò.
Le loro giornate andavano avanti così, tra esperimenti e chiacchierate a letto. Intanto, i due ragazzi crescevano e con loro cresceva anche Chrona.
Quando Sophia compì dieci anni cominciarono gli allenamenti per incrementare i suoi poteri acquatici, ma era come se qualche sigillo le impedisse di utilizzarli a pieno. Forse la collana di sua madre? Sua madre sapeva che l'avrebber sfruttata per i suoi poteri?
Comunque, Medusa continuava ad allenarla ad usare la magia e continuava a fare esperimenti su lei e su Nail.
Con Nail ebbe più successo: lo trasformò in una mezza Buki, adesso riusciva quasi a trasformarsi.
« Fa male trasformarsi, è come se il mio corpo venisse stritolato » disse una volta a Sophia, massaggiandosi le braccia.




*L'angolino*
Primo capitolo scritto dall'altra autrice, la mia amica. Se volete contattarla è Mara_Sarotta ^^
Che ne dite? :)
  
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