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Autore: UnbreakableBond    02/02/2012    0 recensioni
Due ragazze sopravvissute.
Fuoco ed acqua, Fanny e Sophia, Fenice e Ninfa.
Ma qualcosa di oscuro si cela in questa coincidenza.
I segreti saranno rivelati, ciò che è sempre stato nascosto verrà riportato alla luce.
Il destino le farà incontrare.
Una nuova guerra incombe su Death City.
Può una profezia, ormai persa da anni, scongiurare tutto questo?
Genere: Fantasy, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last.'
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*Frase* sono frasi varie. (es. messaggi, ecc…)        
*Frase* sono i ricordi.
Frase sono i pensieri.
 
*<< Dai Fanny andiamo! Altrimenti non arriveremo mai alle cascate dei sospiri uffaaaa. >>
<< Arrivo Nail dammi tempo! Devo preparare la sacca con il pranzo e arrivo! >> Presi la sacca che Anne, mia madre, mi aveva preparato e salutai con un bacino sia lei che Kyle, mio padre. Vivevo in un piccolo villaggio, il villaggio del fuoco. E’ sempre stato considerato leggenda perché nessuno si era mai addentrato nel bosco che lo circondava. Eravamo poche famiglie e la mia e quella di Nail, il mio migliore amico, erano le famiglie dei Guardiani. Lui viveva con sua mamma Molly, era una donna fantastica con i bambini e per questo la chiamavano la “zia”.
Era un bel giorno di sole e, dato che era il mio compleanno, io e Nà decidemmo di andare a passare il pomeriggio alle cascate.
Lui era leggermente più alto di me, portava i capelli neri a caschetto e aveva degli splendidi e luminosi occhi celesti, era un bambino adorabile, naturalmente solo quando eravamo soli perché al villaggio lo chiamavano “piccola peste”. << Ecco siamo arrivati! >> urlò soddisfatto, una piccola radura colma di piccoli fiori di campo si mostrò davanti a noi, << Però, la facevo più grande la cascata dei sospiri >> mi misi a ridere << Beh in effetti è un po’ piccola. >> la cascata era grande circa un metro però riusciva ad essere lo stesso bellissima. << Fanny vieni a vedere! >> andai e nel laghetto sottostante ad essa e vidi dei pesciolini piccoli e iridescenti << Wow sono stupendi! >>. Giocammo per un po’ con i pesci poi Nail mi buttò nel laghetto e cominciammo a schizzarci e ci divertimmo come matti. Arrivò l’ora di pranzo e mi accorsi che Nail aveva uno zainetto << Senti Nà, perché hai portato lo zainetto? Il pranzo lo portavo io. >>
<< Beh ho portato una cosa per te. E’ il tuo compleanno giusto? >>
<< Si. >> arrossii.
<< Ecco su apri il tuo regalo! >> esclamò con un sorriso a trentadue denti, mi porse una scatolina fatta con delle foglie (probabilmente l’aveva fatta la zia Molly) e l’aprii, conteneva una collana fatta di cuoio e come ciondolo aveva una pietra brillante rossa che univa insieme delle piccole penne di fenice.
<< E’ bellissima. >>
<< Ci credo te l’ho regalata io. Il regalo perfetto per i tuoi 6 anni! >> e ci mettemmo a ridere.
Ci sdraiammo ad osservare il cielo ed indovinare la forma delle nuvole però dopo poco, ci addormentammo. Si era fatto il tramonto così decidemmo di tornare a casa. Sulla strada del ritorno notai che il cielo si stava oscurando e delle grosse nuvole nere presero il posto di quelle bianche ed una folta nube di fumo a copriva l’uscita del bosco.
Quando arrivammo era tutto distrutto, c’erano solo fiamme e fumo. Una figura si ergeva nel centro del villaggio. Tentammo di nasconderci ma si accorse di noi. Ci attaccò e si prese Nail, lo strappò dalla mia mano mentre urlava e si divincolava, poi il silenzio. Sentivo i  secondi scorrere lenti. Mi avrebbe presa e fatta fuori, lo sapevo, ma non fu così. Le fiamme mi avvolsero e mi protessero scacciando via quell’essere maligno. Fuggii, senza una meta ben precisa, lasciandomi tutto alle spalle. Lontana ormai dal villaggio mi sdraiai stanca sull’erba bagnata dalla rugiada. Ce l’avevo fatta, i miei poteri si erano manifestati, ma a quale prezzo? Nail non c’era più, ero sola, avevo solo la collana come ricordo del villaggio.
 
Ho sempre vissuto come una nomade, rubavo e mi godevo la vita. Ho girato il mondo ed imparato le diverse culture dei piccoli paesi. Non sono mai andata nelle grosse città, di sicuro mi sarei persa, però un giorno capitai in una di esse e conobbi due ragazze che vivevano come me. Si chiamavano Elizabeth e Patricia Thompson, o meglio, Liz e Patty. Eravamo un bel trio finchè un giorno quelle due scellerate non decisero di andare a rubare ad un ragazzino dall’aria spocchiosa. Si chiamava Death the Kid, non si oppose anzi, ci dette un aiuto. All’inizio ero riluttante ma accettai dato che ormai ero abituata a stare con le ragazze e non volevo lasciarle sole. Ci ospitò a casa sua e dopo circa un mese ci chiese di andare a vivere definitivamente con lui, le ragazze accettarono io invece decisi di continuare il mio viaggio promettendo però di tornare di tanto in tanto. Kid mi dette tutto il necessario per poter sopravvivere, soldi, indicazioni, consigli e un cellulare per poterlo chiamare in caso di bisogno. Li salutai e partii. *
 
Sono passati diversi anni da quando ho lasciato casa di Kid. Il mio viaggio è concluso ed adesso eccomi qui, al punto di partenza, il villaggio.
Oggi mi sono data da fare rovistando tra le macerie in cerca di qualcosa, un ricordo, l’unica cosa che ho trovato è la bambola che mi regalò Nà la prima volta che ci siamo conosciuti. Quando me la dette rimasi un po’ meravigliata perché la mia famiglia non aveva ancora tramandato il segreto e quindi ero all’oscuro di tutto. Solo adesso capisco perché mi hai regalato quella fenice, se solo avessi saputo. Mi misi a piangere e mi sdraiai sull’aspro terreno.
Sentii la tasca dei pantaloni vibrare.
*Auguri Fanny-Chan.
                           LizPatty.*
Nonostante non mi fossi mai fatta sentire, in questi tre anni mi avevano sempre scritto per il mio compleanno. La cosa mi rallegrò ma allo stesso tempo mi rattristò maggiormente perchè le loro premure sono inutili per una come me. Ho paura di legarmi alle persone perché so che spariranno, sono destinata a rimare da sola ed a vivere nella leggenda. Sono fatta per stare nei libri, non in questo mondo.
Mi rialzai e cercai di pulire i pantaloni dalla terra, poi presi lo zaino e ricominciai il mio viaggio.
Arrivata alla stazione riuscii ad entrare di straforo sul treno. Esausta, mi addormentai sul sedile.
*Ultima fermata, Death City*
Uhm cosa? Death City? L’ho già sentito.
Scesi dal treno e mi incamminai verso la città. Sentivo la brezza del deserto sfiorarmi la pelle con il suo calore mentre i piedi faticavano a muoversi nella sabbia. Finalmente, dopo una mezz’ora abbondante, varcai il portone d’entrata. Dunque, la costruzione più grande è sempre qualcosa dove trovi molte informazioni quindi si va verso quel coso con le punte!
Mi diressi verso un’enorme costruzione e quando arrivai notai un cartello “Death Weapon and Meister Accademy: Shibusen.”
Beh, di sicuro in una scuola sapranno indicarmi qualche ostello per la notte.
Entrai e mi diressi verso la segreteria dove mi indicarono un ostello poco distante da dove mi trovavo, mi bastava girare l’angolo e proseguire di poco. Ringraziai e me ne andai. Sarei rimasta a Death City giusto per la notte, il giorno dopo sarei ripartita con il giusto treno.
Era calata la sera e faceva freddo così mi strinsi nella felpa. Voltai l’angolo e rimasi paralizzata.
 
<< E quello che cosa diavolo è? >>
 
Una figura nera si mostrò davanti ai miei occhi. No, NO! Non di nuovo! Chiusi gli occhi e mi misi a singhiozzare silenziosa. E’ tornata ad uccidermi.  Sentivo la paura crescere dentro di me, le tempie dolevano per i mille pensieri, gli occhi bruciavano per le lacrime e il cuore pulsava consapevole che tra poco avrebbe smesso di battere. Aprii di scatto gli occhi perché volevo guardare bene in faccia il mio assassino però mi resi conto che l’essere era girato di schiena.
Mi accostai al muro per riuscire a vedere meglio che cosa stava succedendo.
Quel mostro è attaccato al corpo di una ragazza? Allora non è il mio assassino. Lui era un uomo.
La ragazza aveva i capelli corti e rosa, era esile e riuscii a scorgere nei suoi occhi bianchi terrore e paura.
 
<< Crona. Puoi fermarti adesso, è morto. >> ma da dove diavolo viene quella voce?
<< Devo proprio m-mangiarla? Non so come comportarmi con il mangiare un’anima.>>
<> riecco la solita voce dal nulla.
<< O-o-ok. >>
<< O MIO DIO! E’ MORTO! >> urlai terrorizzata alla vista di un corpo sventrato a terra.
La ragazza si volto e l’enorme essere alzò un braccio e mi scaravento dall’altro lato della strada. Sbattei la testa e toccandola notai che sanguinava.
<< Che c’è piccina ti ha fatto male il mio Ragnarok ? >> La voce aveva assunto un corpo finalmente.
Era una donna alta e snella con dei serpenti tatuati sui bracci. Portava i capelli biondi legati in una bizzarra treccia che le ricadeva sul petto, una tuta nera e dei bracciali argentati. La cosa spaventosa erano gli occhi gialli e dal taglio a serpente.
<< M-Medusa-sama … Ragnarok ha colpito senza che glielo dicessi … Io … Io… Non sapevo come comportarmi … Ha fatto tutto da solo … >>
<< Zitta Crona! Ragnarok è stato bravo tu no! Muoviti, uccidila e mangia l’anima a entrambi. >>
Medusa stava per tornare sulla sua scopa quando si voltò di scatto e si soffermò sulla mia collana. Non gliel’avrei lasciata prendere neanche da morta! Quella era solo mia e di Nà.
<< Così appartieni al villaggio del fuoco. >>
Probabilmente se fossi rimasta zitta sarebbe stato meglio, però lo schianto aveva notevolmente influito sul mio buonsenso.
<< Appartenevo. >> dissi fredda.
<< Hai lasciato il clan? >> chiese sorpresa.
<< No, è stato distrutto. >> dissi con la voce rotta dal pianto.
<< E così sei rimasta solo te. L’ultima fenice. >>
C-cosa??? Come fa a saperlo? Nessuno mi ha mai vista trasformata. Da 10 anni non utilizzo i poteri.
<< Io non sono una fenice. Non ho ereditato i poteri perché sono scomparsi da anni. >> sono sempre stata abbastanza brava a mentire in caso di bisogno.
<< Umpf, peccato. Crona vieni qua. >>
Medusa sussurrò qualcosa alla ragazza che, una volta ascoltate le parole della donna, iniziò a fissarmi. Sembrava quasi che mi stesse analizzando.
Appena ebbe finito si rigirò dalla donna e le disse qualcosa.
<< Come sospettavo. >> disse soddisfatta Medusa.
<< C-cosa? >> balbettavo ma non per la paura, per il dolore.
<< Non puoi mentire sulla tua anima. Devi sapere che Crona è una maestra d’armi molto allenata pertanto riesce a vedere l’anima delle persone. >>
<< E quindi? E’ riuscita a vedere che la mia è un’anima normalissima, giusto? >> dovevo continuare a mentire e sarebbe finito tutto per il meglio.
<< No, ha visto che sei una fenice. L’ultima per la precisione. >> mi disse pungente.
Sentivo la mia fermezza vacillare. Mi ha scoperta è finita.
<< Quindi? Che vuoi fare? >>
<< Ucciderti e prendermi la tua anima e il tuo sangue. Saranno ottimi per il Kishin. >>
Mi paralizzai.
<< Crona fai il tuo dovere. >> detto questo saltò sulla scopa e si librò in alto.
La ragazza alzò la spada, e io mi rannicchiai e chiusi gli occhi in attesa della morte ma al posto di sentire la spada penetrarmi nella carne sentii come due spade che cozzano l’una contro l’altra. Aprii gli occhi. Un ragazzo alto, snello e dai capelli bianchi mi stava proteggendo però c’era qualcosa che non mi tornava, al posto del braccio aveva una falce.
La ragazza venne sbalzata via.
<< Tutto bene? >> il ragazzo mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi, accettai.
<< G-grazie, non c’era bisogno. >> dissi imbarazzata.
<< Davvero? Eppure ero sicuro che ti stessero per uccidere. >> rispose il ragazzo con un ghigno. Aveva degli splendidi occhi rossi.
<< Tu vattene da qui, a loro ci penso io. >>
Annuii e decisi di correre a chiamare aiuto.
Ero quasi arrivata quando sentii un urlo così mi voltai. La ragazza aveva colpito l’albino che adesso era accasciato a terra con una grossa ferita sul petto. Se avessi perso tempo a cercare qualcuno probabilmente sarebbe morto. Dovevo trasformarmi e cavarmela da sola. Mi nascosi in un angolo e liberai il potere del mio sigillo. Ogni fenice del mio villaggio aveva un proprio sigillo con un proprio significato, il mio era una fenice sul fianco sinistro e purtroppo non mi è mai stato detto il significato.
Sentivo il calore che mi avvolgeva e piano piano mi trasformai. A causa del poco allenamento non riuscivo a completare la trasformazione e quindi ero solo in grado di coprirmi di fuoco. Riuscivo però a creare una maschera a forma di occhi e becco di fenice.
Arrivai in tempo, la ragazza stava per dare il colpo di grazia al mio salvatore.
<< Ardemonio >> sussurrai spalancando le braccia.
Un’onda incredibile di fuoco mi avvolse. Cominciai a lottare contro Crona, lei mi colpiva con la spada ed io la colpivo con il fuoco.  L’ultimo colpo la ferì. Prima che potessi colpirla di nuovo medusa l’afferrò e la portò via.
Un gruppo di ragazzi stava correndo verso di noi ed io decisi di scappare verso l’uscita della città. Una volta al sicuro tornai normale.
Cosa ho fatto di male! Se non fossi mai arrivata qui quel ragazzo non sarebbe stato ferito! E’ tutta colpa mia.
Le lacrime bagnavano le mie calde e madide guance. Camminavo senza una meta precisa con pesanti passi sconnessi. Il cuore batteva fievolmente ed il respiro affannoso piano piano scomparve. La testa si fece pesante e gli occhi si annebbiarono. Stremata per la fatica mi rannicchiai con la schiena appoggiata ad una roccia.
Con la testa che mi scoppiava tra le mani mi addormentai lasciando cadere le ultime calde e amare lacrime che bagnarono l’ormai fredda sabbia.
La notte passò lenta e fu colma di incubi e risvegli causati da profondi urli di liberazione.
Venne la mattina e con lei il calore del sole che accarezzò dolcemente la mia pelle. Mi svegliai e mi rimisi in marcia con gli occhi ancora lustri per le lacrime e chiusi per il sonno mancato. La lunga traccia di orme cresceva mentre la mia ormai abbandonata casa si restringeva sempre più. L’ombra di una ragazza contrita e stanca si allungava con il passare delle ore di fronte a me.
Il crepuscolo si presentò ed io mi sistemai accanto all’ennesima roccia.
La nottata passò come un battito di ciglia, priva di sogni e di riposo.
La città era svanita così come la mia energia. Rimasi a contemplare il paesaggio che mi circondava, sembrava che la mia mente si fosse riversata attorno a me. Chiusi gli occhi in attesa di dormire. Il sonno arrivò e con lui la sensazione di buio e vuoto che ormai da tre giorni aveva preso possesso della mia anima.
C’erano ombre scure e indefinite attorno a me che farfugliavano e sogghignavano. D’un tratto sentii come un fruscio e il mio fianco iniziò ad intorpidirsi e bruciare. Sentii come quattro lame che mi tagliarono la pelle. Il sangue scorreva veloce e il cuore pulsava irregolare. Le mie membra si irrigidirono e il respiro iniziò a farsi affannoso. Cercai di aprire gli occhi per fuggire da quell’incubo ma non ci riuscii. Compresi che stava accadendo davvero e la paura cominciò a prendere il sopravvento facendomi lanciare gridi disperati che vennero soffocati dalla voce roca per via delle lacrime provocate dal dolore. Il sangue scorreva, mi sentivo prosciugare.
Le ombre si allontanarono soddisfatte e mi lasciarono in balia del mio misero destino.
Trovai la forza di alzarmi e alla fievole luce dell’alba esaminai il fianco dove si trovava il tatuaggio, era lacerato da quattro profondi tagli che non la smettevano di sanguinare. Cercando si seguire le mie vecchie orme arrivai nei pressi di Death City.
Con ferite così gravi, oltretutto sull’unico mezzo di trasformazione, non sarei sopravvissuta senza aiuto.
Ormai allo stremo mi accucciai sulla sabbia tiepida e strinsi le ginocchia al petto.
Chiusi gli occhi beandomi per l’ultima volta del sole che mi aveva accompagnata nei miei ultimi giorni.
 
Nuda e smarrita camminavo senza una meta tra il buio e l’oppressione. L’oscurità, così profonda da poterla stringere e toccare con le dita, mi circondava.
Così è questa la morte? Vagare per chissà quanto tempo alla ricerca dell’eterno riposo.
Sentivo i piedi umidi così mi chinai e mi rispecchiai sul pavimento bagnato. Il sangue che colava dalla ferita sporcò il riflesso e la mia immagine si dissolse nel vento.
Una leggera brezza si era alzata portando con se freddo e sussurri. Sentivo il mio nome.
Come un topo in un labirinto che cerca disperato l’uscita io cercavo la fonte dei suoni.
Giravo all’impazzata nel buio. Correvo e tentavo di fuggire dalla mia gabbia di paura. Ansimavo e arrancavo per il dolore.
Mi fermai di colpo e con le ultime forze rimaste cacciai un urlo finché la voce non diventò roca per lo sforzo. Iniziai a piangere e singhiozzare disperata.
Distesa sul lieve strato d’acqua chiusi gli occhi con la speranza di non riaprirli più. Non avevo paura del buio, avevo il rimpianto di non aver rivisto le mie “sorelle” e Kid. Dio quanto mi mancano! Ho bisogno di vedere ancora i sorridenti occhi di Patty quando stringe il suo peluche oppure Liz e la sua fissazione per la moda. Ma si dai, anche Kid e le sue nevrosi!
Sentii nuovamente il vento sfiorarmi il corpo poi un intenso calore prese il suo posto. Aprii gli occhi e mi ritrovai sull’ardente sabbia del deserto.
Aspetta ma sono viva?
Girai lo sguardo e vidi Death City, ero viva. Ero svenuta per non so quanto però a giudicare dal sole direi delle ore. La ferita era sempre più profonda e sanguinava ancora.
Strappai la felpa ed abbozzai una fasciatura. Con il piede spostai della sabbia e coprii la pozza di sangue che si era formata.
Era ora di rimettersi in marcia. Non mi allontanai molto dalla mia precedente posizione perché ero decisamente debilitata. Mi girai verso la città e vidi delle ombre nere che si allontanavano da essa.
Con la paura di essere nuovamente ferita cominciai a correre. Inciampai diverse volte peggiorando le mie condizioni e la distanza tra le ombre diminuì notevolmente. Più mi chiamavano e più fuggivo con il fiatone e il cuore che batteva veloce facendo sanguinare di nuovo la ferita.
Trovai una roccia e mi nascosi. Arrestai il respiro dato che i passi si erano fermati. Il cuore palpitava forte così mi strinsi il petto tentando di calmarlo. La ferita pulsava e le lacrime scorrevano silenziose.
<< Probabilmente ha già lasciato il deserto. >> disse una voce familiare.
<< E’ ferita non è andata lontano. >>
<< Allora è finita. >> 
I passi ricominciarono però stavolta li sentivo lontani.
Appoggiai la testa alla roccia ed ancora con gli occhi chiusi mormorai << Non lasciatemi qui.>> svenni.
 
Sentivo caldo ed una sensazione di sballottamento. Mi sembrò quasi di non toccare terra. Aprii gli occhi e mi ritrovai stretta tra le braccia di uno strano tipo con una vite in testa.  
<< Ma che diavolo? >> mormorai stranita.
Sentii una mano carezzarmi la testa. << Ho promesso che ti avrei lasciata libera di fare quello che volevi però morire non rientrava nei piani. >> mi girai verso la voce e mi ritrovai persa nei profondi occhi dorati di Kid.
<< Grazie. Ti aspettavo. >> sorrisi dolorante.
<< Come sempre. >> ricambiò.
 
 
 
 
 
 
*L’angolo della vergogna*
Si beh ho deciso di cambiare la storia perché l’altra era ad un punto morto.
Dunque:
Saranno introdotti nuovi personaggi e probabilmente la storia prenderà una piega diversa ma con qualche riferimento al manga. I personaggi saranno OOC.
Sarà scritta da me e da una mia amica.
Fatemi sapere che ne pensate.
Baci.
  
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