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Autore: Carla Volturi    03/02/2012    5 recensioni
SEGUITO DI "LA STAGIONE DEL CUORE" / Sei mesi dopo: ancora Bianca, pittrice ventiquattrenne e Cristiano, comandante della Marina trentaseienne. Un segreto condiziona il loro amore, sapranno superare i problemi della vita? Sapranno amarsi ancora?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio! Nuovo capitolo, spero che vi piaccia.
Baci da Carla.

CAPITOLO 3- FORTUNA


Il telefono squilla. Lo prendo: è Giulio. Urla, grida per la gioia, ma comprendo poco ciò che dice. Tento di calmarlo, riuscendoci.
Bianca, Bianca ho raggiunto un accordo con il signor Russo. Due settimane di esposizione solo per te”, afferma, preso dalla notiziona.
Porto una mano alle labbra, come per zittirmi. Sono davvero fortunata, non ti capita mica tutti i giorni di ricevere una proposta del genere. Un lieve sorriso sul mio viso: “Non so che dire Giulio”.
Non dire niente. Parti stasera!”, replica.
Aggrotto le sopracciglia: “Cosa? Stasera?”. Ma è normale tutta questa fretta? Voglio dire si parla di quadri e sono certa che non li venderò tutti in un solo istante. E poi il problema principale non sono le valigie, quanto i dipinti da confezionare e spedire con corriere. Corriere che peraltro deve essere di fiducia…non sia mai ti procura qualche danno, addio soldini!.
Percepisce il mio stupore, dunque continua il suo discorso: “Bianca ti avverto. Io non partirò con te, ho ancora degli impegni da sbrigare e non posso rimandarli. Avviati, ci penserò io ad inviarti ciò che ti serve. Ovviamente mi darai un elenco dei quadri che vuoi esporre. Poi ti ho detto penso tutto io”.
Mi siedo, o meglio mi accascio sulla sedia: “Se non ci fossi tu, non so come farei. Ti invierò via mail la lista, ma puoi farmi una cortesia?”.
Tutto quello che vuoi”, risponde con voce dolce.
Io: “Il mio azzurro potresti farmelo recapitare a casa tra un po’? Vorrei portarlo con me”. Il mio azzurro è quello che definisco il mio capolavoro, come dettovi precedentemente. Non mi sposto senza quel quadro. Li c’è riassunta la mia storia, la mia intera esistenza. Mi ricorda ciò che sono e ciò che sono stata.
Giulio: “Fai conto come se fosse già da te”.
Occhi verso il soffitto bianco: “Grazie, sei un amico”. Mordo il labbro inferiore: “Giu’a proposito ma dov’è che devo andare?”.
Ride: “Ah si scusa. Il signor Russo è il sindaco di Vietri sul Mare e vuole che l’esposizione avvenga li. Tu ci sei nata, quindi sai benissimo come…”.
Scatto dalla sedia: “No!”.
Giulio: “Come no?”.
Mi altero: “No, scordatelo non ci vado”. Mi sento morire dentro. Mi piego su me stessa, portando la mano sul mio ventre. Stringo la pelle tra le mani, cerco di strapparla, non riuscendoci. La pressione sanguigna aumenta velocemente. Sudo freddo. Occhi pieni di lacrime, che a stento scendono.
La sua voce squillante: “Bianca se non vai qui ci si fa una figura di niente, senza contare il rimborso che dovremo dare per aver disdetto. E poi quando ti capita un occasione cosi?”.
Con voce tremante gli dico: “Ti chiamo dopo. Ciao”.
Stacco la chiamata e mi accascio a terra, piangendo a singhiozzi. Singhiozzi amari, pieni di dolore, pieni di tristezza, pieni di una decisione che ho preso io, senza tralasciare il ruolo svolto dal mio destino infame. Anna apre la porta. Si siede accanto a me. Mi prende tra le sue braccia, accarezzandomi. Non c’è bisogno che le parli, lei sa già tutto. Mi comprende con un solo sguardo: “Bianca, la vita non mi ha dato un bambino, ma mi ha portata da te ed ora ti parlo come se fossi tua madre: ci saranno sempre gioie e dolori lungo il tuo cammino e credimi scappare non serve a nulla. Sei qui con noi da un pò, eppure non ti ho mai vista sorridere felice di quello che sei. Ritorna in quella terra e affronta il tuo passato piu’ forte di prima. Affronta il passato per vivere il presente”.
Le sue parole vanno dritto al mio cuore: “Non so se ce la faccio”.
Mi da un bacio sulla fronte: “Certo che ce la farai. Sei cosi forte, ce la farai e se avrai bisogno di me sappi che ti raggiungerò”.
Ci stringiamo l’una con l’altra: questa è Anna, la compagna di mio padre. Quando sono venuta qui a Venezia lei mi è stata vicina notte e giorno, ha persino dormito con me, pur di non lasciarmi sola. E’ l’esatto opposto di mia madre. Anna è una persona buonissima: anni fa ha perso in un incidente stradale suo marito e da allora è rimasta sola al mondo. Forse per questo ci comprendiamo a perfezione: entrambe sole in un grande mondo. Mio padre è cosi sereno, da quando c’è lei in casa. Sono sicura che sarebbe stata un ottima madre se avesse avuto dei figli.
Sfiora i miei capelli: “Io ci andrei. Quando ti ho vista in queste condizioni ho subito capito cosa ti era successo. Solo Vietri ti fa quest’effetto. Ma non permettere alla vita di decidere per te. Non lo fare, non cadere nei miei stessi errori. Sii forte e sappi che ci siamo noi con te”.
Annuisco: “Ti voglio bene Anna, davvero tanto. Un giorno farò qualcosa per te, te lo giuro”.
Ride: “Il fatto che tu mi voglia bene è già tanto. Vieni, c’è tuo padre di là, parlane anche con lui”.
Ci alziamo. Asciugo le lacrime e tiro un sospiro di sollievo. Anna incrocia la mia mano con la sua per infondermi coraggio e devo dire che ci riesce tranquillamente. Varchiamo il corridoio ed entriamo in cucina, dove mio padre Paolo è intento a leggere un quotidiano. Gli spiego della chiamata di Giulio e dell’opportunità di andare a Vietri. Si solleva, senza dire una parola. Apre un cassetto e tira fuori due mazzi di chiavi: “Decidi tu in quale casa vuoi stare. Bianca quando mi hai chiamato per dirmi che saresti venuta qui, sono stato felicissimo. Tutti i padri vorrebbero le proprie figlie accanto. Ma ha ragione Anna: per essere felice devi chiudere con il passato e solo a Vietri puoi farlo. Io posso consigliarti, posso aiutarti, ma non posso entrare nella tua mente e nel tuo cuore, i due posti dove albergano le tue paure e il tuo dolore. Sei una donna ormai…devi farcela per forza, lo devi a te stessa”.
Gli vado incontro, sfioro il suo viso, sorridendogli. E’cosi…è cosi purtroppo. La mia è una non-vita. La mia esistenza si è fermata a sei mesi fa, al giorno della sua partenza. Anna spesso mi ripete che si vive una volta sola, dunque è giunto il momento di riessere semplicemente Bianca e chi sa ricominciare proprio da quel luogo che tanto ho odiato. Opto per la casa nel vicoletto, via Pinnarella numero 50. Un abbraccio di gruppo e il calore di una famiglia che ho tanto desiderato e che finalmente ho.
Corro in camera mia. Apro il mobile e tiro fuori le valige: ci butto dentro i miei indumenti, la mia biancheria intima e varie cose, che peraltro poco uso. Nello svuotare i cassetti mi ritrovo tra le mani un portafoto di legno scuro, ci tolgo quel po’ di polvere presente sul vetro: io e lui, abbracciati sulla barca. Posiziono anche tale oggetto nel mio bagaglio: nel mio passato c’è lui…e non solo!.
 
                                                                           ***
 
Dopo tre ore e soprattutto dopo l’aiuto di Anna e papà  la mia indimenticabile Panda gialla è carica di ogni cosa possibile. Inutile dire che unicamente il posto guidatore è libero da vari pacchi e pacchettini. Al posto passeggero il mio quadro azzurro. Sbotto: arriverà il giorno che gli darò un nome!.
Saluto il mio papà con un forte bacio, un grande abbraccio ad Anna, che mi regala un cornetto rosso portafortuna. C’è anche Giulio: mi promette che mi raggiungerà a Vietri per aiutarmi con l’esposizione e con la vendita, visto che in questo sono una frana. 
Verrò il prima possibile da te, te lo giuro”, afferma, mentre entro in macchina
Fai con calma, non preoccuparti. Ci sentiamo via telefono”: chiudo la porta della mia auto. Metto in moto e parto, lasciandomi Venezia alle spalle. Dallo specchietto retrovisore vedo i tre salutarmi e augurarmi buona fortuna. Francamente è proprio ciò di cui necessito…la fortuna!.
  
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