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Autore: suinogiallo    13/09/2006    0 recensioni
Il gruppo si arrestò di fronte all’enorme statua di pietra che raffigurava Azmiotecul, uno dei Grandi Antichi che i popoli primigeni di quelle lande adoravano. Ai piedi della statua un altare in marmo bianco raffigurava una giovane donna nuda distesa di schiena su di un ceppo con le mani e le caviglie legate a dei paletti infissi nel terreno.
In quella posizione, alquanto scomoda, il torace e l’addome della ragazza formavano un piano quasi perfetto sul quale gli officianti del culto potevano celebrare i loro riti ed i sacrifici al dio. Sacrifici che, a dar retta agli antichi scritti erano invariabilmente umani.
(versione riveduta)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hyarbor’s Chronicles



Capitolo IV
al Cimitero dei Draghi

Per quanto un avventuriero si trovi bene in una città, prima o poi il desiderio di compiere nuove avventure, di scoprire nuovi tesori e di mettersi alla prova lo assale violentemente. E Obert non era di certo l’eccezione che conferma la regola.
Era da meno di una settimana a Flatline e già provava il desiderio di partire per qualche nuova avventura e se non era già partito era solo perché Deadlight, ancora provata dalla brutta avventura nella caverna del mago, aveva avuto bisogno di riposo.
Non che fosse rimasto con le mani in mano comunque, anzi, tutti i giorni si era recato alla sede della Gilda e si era allenato con Linna rendendosi conto nel frattempo, di quanto scarsa fosse la sua preparazione guerriera.
Era abile nelle parate e nelle schivate, e su questo nessuno aveva dei dubbi, ma quando si trattava di attaccare lasciava molto a desiderare e in un combattimento non si può di certo parare e schivare soltanto. E Linna glielo fece presente in più di un occasione lasciandolo sfogare con le sue parate e le sue finte, per poi, dopo averlo stancato, disarmarlo con un colpo di spada ben assestato.
Quando si erano scontrati la prima volta, Linna aveva usato la lancia, e solo per quello era stata battuta. Si era allenata molto con quell’arma, ma non ci aveva mai combattuto, ma, quando aveva in mano una spada corta era una vera e propria macchina da guerra e Obert faticava molto a stargli dietro, finendo poi, per il perdere ogni volta.
E la cosa si stava facendo frustrante per il giovane guerriero che sognava gloria ed onori e che, invece, ogni sera si ritrovava sdraiato sul letto con nuovi dolori sparsi per tutto il corpo e nuove ferite, tutte lievi fortunatamente, che gli ricordavano l’ennesima sconfitta.
In più, Deadlight iniziava a sentirsi meglio e già gli aveva prospettato la sua idea di tornare al Bosco Oscuro per occuparsi di nuovo degli animali del bosco.
Tra se aveva sperato che decidesse di rimanere con lui e con gli altri. Non era ancora riuscito a capire se quello che provava quando guardava la giovane mezzelfa fosse un sentimento di semplice amicizia, di puro cameratismo, come quello che lo legava ad Olsen o a tutti gli altri, o se fosse qualcosa di più intenso.
Sicuramente Deadlight gli piaceva.
Almeno fisicamente, su quello era sicuro. Era una ragazza decisamente molto bella e qualche notte l’aveva anche sognata svegliandosi poi con un erezione decisamente fuori dal comune.
Ma anche Linna non gli era indifferente da quel punto di vista, anzi, forse Linna lo eccitava ancor di più ed il fatto che ultimamente stesse passando più tempo con lei che con Deadlight, non lo aiutava di certo a capire i suoi sentimenti.
Più di una sera si era ritrovato fuori dalle mura della città a guardare il lago che splendeva sotto il manto stellato e a chiedersi cosa doveva fare. Seguire il suo desiderio di diventare un guerriero forte e valoroso, di quelli di cui i bardi cantano canzoni, oppure di seguire Deadlight nel Bosco Oscuro ed aiutarla contro i cacciatori e rimanere nell’oblio dell’anonimato. Poi, alla fine, quando la temperatura scendeva e la fame si faceva sentire, si alzava e, dicendosi che sarebbe andata come sarebbe andata, se ne tornava alla locanda della Spada della Vittoria

E mentre il nostro giovane guerriero si tormentava con i suoi dubbi e le sue paure, Olsen e gli altri si dedicavano a godersi la vita nella splendida Flatline.
Il gigantesco barbaro passava la maggior parte del suo tempo nella Gilda, allenandosi con Arethis e con gli altri guerrieri. Nessuno aveva mai visto un uomo combattere come lui. Era letale, svelto come un gatto selvatico, forte come un orso, nessuno, neanche la stessa Arethis riusciva a tenergli testa.
Soda, invece, passò la maggior parte del tempo nella Gilda dei Maghi a studiare antiche pergamene e a consultare giganteschi tomi nel tentativo di decifrare la scritta che aveva ricopiato dal cerchio di pietra dove Deadlight stava per essere sacrificata a Bal-Llur. Il fatto che il mago fosse riuscito a scappare lo metteva in agitazione.
L’intento di Roscoe non era quello di voler comandare un morto o due, ma un intero esercito e, questo gli faceva pensare che forse non agiva solo per conto suo.
Le voci di una possibile guerra tra la Gilda ed i maghi di Saspit gli tornarono alla mente. E se quel mago avesse voluto formare un esercito da mettere a disposizione di una delle due fazioni in lotta?
Una guerra combattuta con un esercito di morti viventi non era uno scherzo. Gli zombi non fanno nessuna distinzione tra i nemici. Ci sarebbe stata morte e distruzione ovunque e chiunque si fosse trovato sulla strada di quell’esercito demoniaco sarebbe stato eliminato. Il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere gli fece accapponare la pelle e lo spronò a rituffarsi con più intensità nello studio di quella iscrizione.
Gobert invece, si limitò a rimanersene nella locanda, accanto al fuoco, con un boccale di birra sempre pieno accanto ed un piatto di arrosto vicino.
Era un vagante. Da anni ormai non era rimasto mai per più di un mese nello stesso posto e se lo aveva fatto era sempre stato per un motivo ben preciso, per un lavoro che doveva fare, e quindi non era mai stato con le mani in mano come invece stava facendo adesso.
I primi giorni era uscito dalla locanda, aveva fatto un giro per i negozi, aveva fatto rifare il filo alla sua ascia. Di solito se ne occupava lui, ma per una volta decise che poteva anche stare a guardare mentre qualcun altro lavorava. Poi però, dopo aver visto tutta la città, se ne tornò alla locanda e si sedette su di una specie di poltrona accanto al camino, ordinò che accanto a lui ci fosse sempre un boccale di birra pieno ed un piatto di arrosto e se ne rimase li, a guardare le fiamme che ardevano nel camino.
Butch aveva un obiettivo.
Quel mago che aveva rivelato a tutti che li era un baro. Doveva ritrovarlo. E fargliela pagare.
Non poteva purtroppo tornare in quella locanda, e neanche aggirarvisi troppo vicino. Qualcuno avrebbe anche potuto riconoscerlo.
E quindi iniziò a girare tutte le altre locande con la speranza che quel mago non frequentasse solo quella.
Ma in una settimana non era riuscito a rivederlo neanche una volta e la sua collera nei suoi confronti stava scemando. Ancora qualche giorno e sarebbe scomparsa del tutto insieme alla volontà di vendicarsi. E allora non ci sarebbe stato più nulla che lo tratteneva li.
Gli piaceva Flatline, era la cittadina adatta a lui, ricca, tranquilla. Ed era per questo che voleva andarsene.
Il suo spirito di ladro lo avrebbe portato prima o poi a compiere qualche furto ed allora sarebbe dovuto scappare per non tornare mai più. E lui voleva invece stabilirsi in quel posto e per farlo avrebbe dovuto andarsene. Appagare la sua sete di ruberie da qualche altra parte, e poi tornarsene li, comprare magari una casetta, mettere la testa a posto, farsi una famiglia, aveva visto quanto fossero belle le donne di Flatline, e morire infine nel proprio letto.
Ma tutto questo non nei prossimi anni.
Sentiva ancora lo spirito dell’avventura ruggirgli dentro e prima o poi lo avrebbe seguito.
Sicuro

Dalla finestra della sua stanza alla locanda poteva vedere i tetti delle case più basse della città e sentiva di non appartenere a quel posto. C’era qualche chiazza di verde di tanto in tanto. Poteva anche vedere un albero o due ma, ogni volta che li guardava sentiva i loro lamenti di prigionieri.
Era nata in un bosco ed era sempre vissuta tra gli alberi e gli animali. E sentiva quel richiamo cosi forte agitarglisi nel sangue.
Ne aveva parlato ad Obert. Quando sarebbe stata in grado di camminare senza stancarsi sarebbe tornata al Bosco Oscuro.
Lui non aveva detto nulla. Si era solo limitato ad annuire. Poi era uscito dalla stanza.
Erano cosi diversi.
Non sapeva quasi nulla del suo passato. Sapeva che Olsen lo aveva incontrato a Silfid piuttosto malconcio. E quella era l’unica cosa che sapeva del suo passato, ma era certa che ci fosse molto di più dietro agli sguardi tristi che di tanto in tanto notava aleggiare sul suo volto.
Gobert una volta gli aveva detto che gli sembrava uno di quei damerini delle regioni del sud, ormai completamente rammolliti dalla ricchezza e dall’agiatezza.
Non fraintendermi, gli disse, non che Obert sia come loro, ma glieli ricordava molto.
Ma per quel poco che sapeva, erano cosi tanto diversi da essere quasi incompatibili.
Lei era una creatura dei boschi e mai si sarebbe adattata a vivere in una città, in una casa di mattoni, mentre lui sembrava del tutto a suo agio in quei posti.
Un leggero rumore dietro di lei la fece voltare di scatto. Il volto sorpreso di Linna la salutò.
- Ciao sorellina - sorrise guardandola - stavi pensando a qualcuno! Ho bussato, e non mi hai risposto, cosi sono entrata e ti ho osservato per un paio di minuti, eri cosi assorta nei tuoi pensieri che non ti sei accorta di nulla -
- Ciao Linna - la salutò sorridendo. Da quando si erano rincontrate avevano passato un po’ di tempo insieme a parlare, a dirsi cosa gli era accaduto - si, stavo pensando che questo posto non è per me -
- Lo so, Obert mi ha detto qualcosa - mormorò sedendosi su di una delle due sedie che componevano l’arredamento della stanza insieme ad un armadio ad un letto e ad un catino con sopra uno specchio - vuoi tornare a Bosco Oscuro -
- Si - le disse sedendosi sul letto. Un ombra scura le passò sul volto.
- Se questo è il tuo destino, non vedo come tu possa opporti - le disse sbirciando le reazioni della sorella. Quando aveva fatto il nome di Obert il sorriso le era scomparso dal volto - sei una mezzelfa dei boschi, una sacra vergine di Lithis, la dea della natura, il tuo posto è in un bosco -
- Tu come hai fatto? - le domandò improvvisamente guardandola - Anche tu sei una mezzelfa dei boschi, sei nata come me in una foresta, senti le piante gridare di dolore quando vengono intaccate dalle accette dei taglialegna, senti il pianto dei cuccioli che vedono la loro madre morire in una trappola, come fai a vivere in una città! -
Non era una domanda, Linna ne era certa, era una richiesta di aiuto.
Come aveva fatto lei? Insegnami come hai fatto! Per favore aiutami a non dover vivere cosi lontano da Obert!
- Io ero una bambina quando sono andata via - le disse - ancora non ero cosi legata ai boschi, e sono cresciuta in questa città, si, sento le piante gridare, ma solo se c’è molto silenzio nella mia anima - poi si alzò ed andò a sederglisi accanto - se vuoi qualcosa devi lottare per averla e sacrificare anche qualcosa di tuo - ed infine l’abbracciò rimanendo cosi, abbracciata a lei per qualche minuto - adesso devo andare - si alzò - Arethis ha convocato Obert per affidargli una missione ed io come sua istruttrice devo essere insieme a lui -
- Posso venire anche io! - le domandò improvvisamente alzandosi - Ho recuperato le mie forze e posso essergli d’aiuto -
- Ero sicura che l’avresti detto - sussurrò tra se sorridendo alla sorella.

- Juviok mi ha chiesto di procurargliele - stava dicendo Arethis quando Linna e Deadlight entrarono nella sua stanza. Obert era in piedi davanti al capo della Gilda e la stava ascoltando con interesse - non credo che sia un incarico, ah, Linna sei qui - notò la sua presenza - stavo spiegando ad Obert quale fosse l’incarico che deve svolgere per la Gilda -
- Mi scuso per il ritardo - mormorò vedendo lo sguardo di disapprovazione che Arethis gli aveva lanciato - di cosa si tratta! Mi sembra che dietro ci sia una richiesta di Juviok l’armaiolo -
- Si - annuì - ha ricevuto una richiesta un po’ particolare, un’armatura di scaglie di drago, da un ricco nobile delle regioni del sud -
- Scaglie di drago! - quasi urlò Deadlight - Non vorrà mandare Obert a combattere contro un drago! -
- Dead! - la zittì con un gesto il giovane guerriero.
- Il cimitero dei draghi - mormorò Linna capendo quale fosse l’incarico - può andare a prendere li le scaglie -
- Al porto dovrete parlare con Capitan Jack che già sa dove dovete andare - continuò Arethis - vi ci porterà senza fare troppe storie -
- Quale sarà il compenso! - intervenne improvvisamente Deadlight meritandosi di nuovo un occhiataccia da parte di Obert.
- Piuttosto legata al denaro la nostra giovane mezzelfa - sorrise Arethis - ma dovresti stare attenta, a volte l’oro può abbagliarti e portarti a morte - poi, rivolgendosi a Obert - non si tratta di combattere contro un drago vivo, ma solo di prendere le scaglie da una carcassa, tuttavia, non nego che ci sia qualche rischio, Juviok mi ha promesso seicento monete d’oro, la metà saranno per te e per i tuoi compagni -
- D’accordo - accettò l’incarico e, senza dire altro si congedò da Arethis ed uscì dalla stanza insieme alle due ragazze - Deadlight! Mi spieghi cosa ti è saltato in mente! -
- Volevo solo essere sicura di essere pagata il giusto - si giustificò.
- Per caso hai deciso di venire anche tu! - le domandò Linna pur sapendo già quale sarebbe stata la risposta della sorella.
- Perché, hai qualche problema! - la guardò con una aria di sfida, poi, improvvisamente, scoppiarono a ridere mentre Obert, confuso, le guardava chiedendosi cosa avevano in mente.
- Non avevi deciso di tornare a Bosco Oscuro! - mormorò poi il giovane guerriero quando le due ragazze smisero di ridere.
- Si - si adombrò improvvisamente. Aveva pensato che forse sarebbe stato almeno un po’ felice nel sapere che sarebbe rimasta ancora qualche giorno e che lo avrebbe accompagnato in quell’incarico. Quando gli aveva detto della sua intenzione di tornare a Bosco Oscuro non lo aveva visto particolarmente felice, anzi, gli era sembrato triste, come se gli dispiacesse perderla. E quindi, quando aveva deciso di accompagnarlo al cimitero dei draghi, rimandando la sua partenza, aveva creduto che sarebbe stato felice.
Gli sarebbe bastato anche una semplice alzata di spalle, come per dire, se vuoi venire vieni pure. Anche un niente le sarebbe andato bene.
Perché, invece, le aveva ricordato che aveva deciso di tornarsene a Bosco Oscuro! Forse non la voleva! Certo, non sarebbe sicuramente stato da solo. Con un lampo di malcelata gelosia si voltò a guardare Linna che si era allontanata di qualche passo per permettere a loro due di parlarsi in tutta tranquillità, e forse era per questo che non voleva che andasse con lui.
C’era lei!
Oh, ma accidenti perché proprio adesso che forse era riuscita a capire cosa fosse quella strana cosa che le si agitava nel petto quando incrociava il suo sguardo con quello di Obert, ci doveva essere lei e per di più, per quale crudele scherzo di qualche dio, quella lei doveva essere proprio sua sorella!
- Si - sussurrò voltandosi di scatto e perdendosi cosi lo sguardo deluso di Obert.
- Sorellina - mormorò Linna avvicinandoglisi - puoi sempre andare a Bosco Oscuro dopo che ci hai aiutato nella missione - non riusciva più a capire cosa stesse accadendo. Solo poco prima gli era sembrato che Deadlight volesse rimanere con Obert, ed invece, eccola qui che, gli sta dicendo che se ne sarebbe tornata subito al suo bosco. E con un tono che non sembrava affatto un arrivederci, ma un addio.
- No, è meglio cosi - mormorò senza voltarsi - partirò domani mattina, dopo aver comprato ciò per cui sono venuta qui a Flatline - e, quasi correndo per evitare dei ripensamenti che l’avrebbero senza dubbio fatta stare ancora più male, scese le scale e uscì dalla sede della Gilda dirigendosi verso la locanda mentre qualcosa gli scendeva lungo il volto.
Lacrime.

Trovarono Capitan Jack dove gli aveva indicato Arethis, seduto ad un tavolo vicino alla finestra grande della Locanda della Sposa, con un grosso boccale di rum a portata di mano e l’unico occhio buono, l’altro era completamente bianco, rivolto verso il lago oltre la finestra.
Linna aveva già conosciuto Capitan Jack in occasione di un viaggio che lei e Arethis avevano fatto a Saspit per far incantare delle armi e non gli era apparso assolutamente come un uomo degno di qualsiasi fiducia.
Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che bere, urlare bestemmie e volgarità ai tre uomini di equipaggio della sua barca e rivolgere commenti e richieste alquanto oscene sia ad Arethis che a lei. E ne era certa, se non aveva tentato di approfittare di loro due era stato solo perché temeva la spada della donna più di quanto bramasse poter allungare le mani.
Per cui, l’idea di dover viaggiare di nuovo con quell’uomo non la rendeva di certo felice. Forse avrebbe fatto meglio ad informare Obert che razza di mascalzone era Capitan Jack e chiedergli di mettere subito le cose in chiaro con lui prima di salire sulla barca. In parole povere, era indecisa se chiedere o meno a Obert di far luccicare il vetro della sua spada sotto la gola dell’uomo.
- Salute a voi, guerrieri - udì la voce biascicante e liquida del marinaio salutarli - quel gran pezzo di donna del capo della Gilda mi ha detto che sareste venuti da me per un passaggio - poi fece per alzarsi ma un improvviso capogiro lo costrinse a rimettersi a sedere con violenza - accidenti, quando sono sulla terra ferma queste mie vecchie gambe non mi tengono in piedi - e, con un gran rutto sottolineò l’ultima sua frase.
- Salute a te - ricambiò il saluto Obert - quando si parte! - non gli piaceva quell’uomo.
A parte l’odore di liquore che si mischiava con quello di sporco che veniva dalla sua parte non gli era piaciuto ne il modo in cui aveva parlato di Arethis ne, tantomeno, il modo in cui stava guardando la sua compagna. Un animale in calore sarebbe stato decisamente meno lubrico.
- Tra un’ora lasceremo il porto ragazzo - gli rispose riuscendo questa volta ad alzarsi e a fare due passi verso di loro tenendo le mani protese in avanti come un cieco che brancoli.
Obert capì subito che quello non era altro che un goffo tentativo di mettere le mani su Linna e, rapidamente si mise tra la ragazza e l’uomo.
- Provati anche solo a toccarla con un dito e dovrai raccoglierlo da terra - gli sibilò mettendo la mano sull’elsa dello spadone.
-Il dito! - lo guardò con un ghigno lascivo.
- Quello che ti porti appeso nelle mutande - sogghignò invece Obert.
Capitan Jack smise all’istante di barcollare ed abbassò le braccia.
- Seguitemi sulla mia barca - mormorò guardando lo spadone e lo sguardo del ragazzo. In fondo, si disse, a Flatline ci sono ragazze molto più a buon mercato. E, senza dire altro si incamminò verso l’uscita della locanda.
- Grazie - sussurrò invece Linna sentendosi un po’ più al sicuro accanto ad Obert.

La barca di Capitan Jack era poco più di una tinozza con un albero piantato al centro ed una cabina sulla prua che, probabilmente, in un momento di euforia alcolica era stata battezzata con l’altisonante nome di “Inaffondabile”, cosa che ad Obert parve alquanto improbabile.
Ne era certo. Alla prima onda di traverso si sarebbe capovolta e, con tanti saluti al suo nome, sarebbe colata a picco.
Ma non erano questi pensieri ad inquietarlo. O almeno, questi non erano i soli pensieri a rendergli scuro il volto.
Veniva dalle regioni del sud, dall’entroterra di Ishtar, e l’acqua per lui era sempre stata un ottima compagna di brindisi e di lavate, ma non di nuotate.
Ed in effetti, Obert non sapeva assolutamente nuotare. Non sapeva neanche come fare per rimanere a galla il tempo necessario per poter gridare aiuto.
Tuttavia, l’incarico che gli era stato affidato comportava quella traversata e non si sarebbe di certo tirato indietro con il rischio, magari, che Linna fosse costretta, poi, ad andare da sola.
E facendosi coraggio seguì la mezzelfa sul ponte della barca rimanendo per un paio di orrendi secondi interdetto dal rollio di quella cosa malefica.
Accidenti, se gli dei avessero voluto che gli uomini andassero per mare, o sui laghi, li avrebbero muniti di pinne e di branchie
- Togliti l’armatura - quasi gli ordinò Linna togliendosi gli spallacci e gli stivali deponendoli poi in una cesta sul ponte - se dovessi cadere in acqua con tutto quel peso andresti a fondo come un incudine -
- D’accordo - mormorò slacciandosi la corazza di vetro e metallo ponendola poi nella cesta insieme all’armatura della ragazza. Subito dopo anche gli stivali e gli spallacci andarono a fargli compagnia mentre tenne i guanti regalatigli da Deadlight. Non se li sarebbe tolti per nessun motivo.
Rimasto solo con la casacca ed i pantaloni si passò la cintura della spada a tracolla e si sistemò lo spadone dietro la schiena come aveva visto qualche volta fare ad Olsen. Con un gesto del braccio destro si accertò che l’elsa fosse a portata a mano e finalmente si rilassò guardandosi intorno.
- Stiamo per salpare - l’informò Capitan Jack avvicinandosi ai due guerrieri. Non appena aveva messo piede sul ponte della sua barca il passo infermo era scomparso e l’uomo adesso sembrava essere molto più sicuro di se - potete accomodarvi in cabina, io e i miei uomini rimarremo qui - poi gli indicò la cesta con le due armature - e portatevi dietro la vostra ferraglia, qui sul ponte ci è solo di intralcio -
- Tra quando arriveremo! - gli domandò Linna ansiosa di scendere da quella barca il prima possibile. Non gli era sfuggito il modo in cui l’uomo l’aveva guardata e quasi poteva sentire quello sguardo posarglisi sul seno e, soprattutto sulle gambe scarsamente coperte dalla corta tunica che indossava.
Accidenti a lei, ma perché non aveva indossato dei pantaloni prima di partire! Sapendo con chi avrebbe dovuto viaggiare sarebbero stati gli indumenti migliori.
Ma ormai era fatta e non poteva ritardare la partenza. Se perdevano il vento avrebbero dovuto attendere un giorno ed Arethis non sarebbe stata di certo molto contenta di quella perdita di tempo.
Almeno, si disse, poteva fare il viaggio in cabina e, accanto a lei ci sarebbe stato Obert.
- Se il vento ci sostiene, domani, al calar del sole, raggiungeremo l’Approdo del Drago - gli rispose, poi si voltò ad urlare ai tre marinai di equipaggio di togliere gli ormeggi, di stendere la vela e di salpare.
In realtà lo disse in termini decisamente più coloriti, per non dire volgari, ma il senso delle bestemmie e delle oscenità che gridò era suppergiù quello e ne lei, ne Obert sindacarono su quel turpiloquio limitandosi solo a prendere le loro cose e dirigersi verso la cabina.
- Cosa stai guardando! - gli domandò Linna vedendo il suo compagno fermarsi sulla soglia della porta e guardare verso il molo che si stava iniziando ad allontanare.
- Niente - sussurrò entrando dentro la cabina. Aveva sperato di poter vedere Deadlight.
Fino all’ultimo aveva sperato che improvvisamente la giovane mezzelfa decidesse di accompagnarlo, accontentandosi poi anche solo di vederla sul molo a salutarlo, infine, entrando a testa bassa nella cabina, si augurò solo che un giorno fosse riuscito a rivederla.
- Già, niente - sussurrò Linna guardando anche lei verso il molo - Deadlight, sorellina potevi venire almeno a dargli un ultimo saluto - e, chinando anche lei la testa seguì il giovane guerriero nella piccola cabina chiudendo poi la porta dietro di lei.

La cabina vista dall’esterno sembrava alquanto piccola, mentre, una volta dentro, apparve per quello che era. Decisamente minuscola.
Inchiavardato ad una parete e tenuto orizzontale da due catene un tavolaccio fungeva da letto e da sedile mentre dalla parte opposta un tavolo inchiodato al pavimento costituiva tutto l’arredamento della cabina. Ed in mezzo lo spazio appena sufficiente a permettergli di stare in piedi senza essere troppo appiccicati.
- Spero che Arethis non lo abbia pagato molto questo passaggio - mormorò Obert vedendo il tavolaccio. Il rollio ed il beccheggio della barca era aumentato non appena si erano staccati dal molo e adesso quasi faticava a tenersi in piedi.
- Quanto lo abbia pagato non ha importanza - mormorò Linna sedendosi sul tavolaccio e facendo cenno a Obert di fare altrettanto - Capitan Jack è l’unico disposto ad andare al Cimitero dei Draghi -
- E perché? - le domandò il giovane guerriero togliendosi la spada da dietro la schiena ed usandola per bloccare la porta della cabina prima di sedersi accanto alla ragazza - Non è che un cimitero! Ci sono solo animali morti -
- Si, ma non ci arrivano da morti - gli spiegò poggiando la schiena contro la parete e tirando i piedi sul tavolaccio portandosi cosi le ginocchia al petto. Quando era da sola, nella tranquillità della sua stanza rinunciava agli atteggiamenti guerreschi che aveva di fronte a tutti e si lasciava andare ad atteggiamenti molto più femminili e rilassati, come quel ritrarsi in posizione quasi fetale. Certo, in quel momento non era da sola, c’era Obert, ma qualcosa dentro di lei la spinse a comportarsi in quel modo e lei che aveva sempre dato ascolto al suo istinto, obbedì a quell’impulso - le storie dicono che i draghi, quando sentono approssimarsi l’ora della loro morte si dirigono verso il Cimitero dei Draghi, l’isola verso la quale stiamo navigando, e li, nella Valle dei Draghi si spengono ma, ci arrivano vivi, e, anche se sanno che la fine è prossima, non è detto che appena giunti muoiano, ci sono storie che parlano di draghi che sono vissuti anni nella Valle dei Draghi prima di morire, ed un drago, anche se morente, è pur sempre un avversario molto pericoloso ed è per questo che non sono molti quelli che fatto rotta per il Cimitero -
- E quindi - deglutì a vuoto Obert - vuoi dire che potremmo trovare un drago ancora vivo? -
- Sono decenni che non si vedono draghi sorvolare il lago - lo tranquillizzò sorridendo - e quindi è improbabile che troveremo dei draghi ancora vivi - poi stese le gambe e si distese sul tavolaccio posando la testa accanto alle gambe del ragazzo - che ne dici di dormire un po’, anche se sull’isola non troveremo nessun drago ci sono comunque delle creature molto pericolose ed è meglio recuperare le forze -
- Che tipo di creature! - le domandò Obert guardandola. Nel distendersi la corta tunica le si era sollevata sulle anche scoprendo ancora di più le gambe delicatamente abbronzate. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo. Non gli sembrava cortese come la stava guardando. Tra se si paragonò a Capitan Jack. Inoltre poi, non voleva mancare di rispetto a Deadlight ma, quella pelle leggermente brunita, quelle forme cosi perfette, erano quasi una calamita per i suoi occhi.
- Un po’ di tutto - gli rispose chiudendo gli occhi. Cosa stava facendo! La tunica ormai doveva essere talmente tirata su che se fosse andata ancora un po’ più su le sarebbe arrivata fin sopra il seno. Lo stava provocando! Cosa voleva ottenere! Quel ragazzo era innamorato della sua sorellina e lei lo stava provocando.
E se fosse arrivata ad un punto tale da non poterlo più fermare?
E se avesse provato a…Linna, dai, sai benissimo a cosa, arrossì tra se, lei cosa avrebbe fatto?
Lo avrebbe fermato o avrebbe tenuto gli occhi chiusi e si sarebbe lasciata prendere!
Sentì chiaramente il ragazzo muoversi sul tavolaccio ma non aprì gli occhi.
Avvertì un fruscio di tessuto. Si stava spogliando!
Per Himena, dea dell’amore, si stava spogliando! Poi avvertì qualcosa passargli sulle gambe.
Istintivamente irrigidì i muscoli delle cosce, ma poi li rilassò. Si rilassò completamente.
- Io esco fuori a prendere un po’ d’aria, adesso non ho sonno, dormi pure tranquilla, controllo io che nessuno tenti di entrare - sentì la voce di Obert, poi la porta si aprì e si chiuse lasciandola da sola.
- Obert - sorrise aprendo gli occhi e mettendosi seduta. Sulle gambe aveva la casacca del ragazzo. Un sorriso incredibilmente dolce le apparve sul volto.

- La Valle dei Draghi si trova quasi al centro dell’isola - gli disse Capitan Jack mettendosi seduto su alcuni rotoli di corda gettati sul ponte - ma prima di arrivarci dovrete passare per la Foresta dei Lamenti -
- Linna mi stava accennando ad alcune creature che potremmo incontrare - gli domandò Obert - sei già stato sull’isola, sai che tipo di creature incontreremo! -
- Prevalentemente ragni, enormi ragni dal veleno mortale - lo informò - ho approdato sull’isola varie volte, ma non sono mai sceso dalla barca, per nessun compenso metterò mai piede su quella terra maledetta, e quindi posso dirti solo quello che mi è stato raccontato da chi ho accompagnato sull’isola ed è tornato indietro, la Foresta dei Lamenti è infestata da questi ragni, ma cosa ci sia oltre non lo so nessuno di quelli che ho accompagnato è mai riuscito ad arrivare fino alla valle -
- Incoraggiante - sussurrò guardando le acque del lago che si infrangevano lungo la chiglia - pensi che troverò un drago ancora vivo! -
- Non credo - mormorò - è passato moltissimo tempo dall’ultima volta che un drago è volato su questo lago, ed ormai dovrebbe essere morto anche se non si può mai dire con i draghi - e scoppiando a ridere afferrò una bottiglia di liquore e ne bevve una generosa sorsata.
- Forse è meglio che me ne vada anche io a dormire - mormorò infine Obert rendendosi conto che Capitan Jack lo stava prendendo in giro e, seguito dagli sghignazzi dell’uomo rientrò nella cabina dove trovò Linna profondamente addormentata. Si era messa una coperta addosso ed aveva sistemato la casacca del guerriero sul tavolo, accuratamente piegata.
Silenziosamente si sistemò sul pavimento tra il tavolaccio e il tavolo e si addormentò quasi subito cullato dallo sciabordio dell’acqua e dal rollio della barca.

Dormirono quasi tutto il pomeriggio, svegliandosi solo per mangiare una cena alquanto frugale composta da del pesce crudo marinato nell’aceto, rimettendosi poi a dormire fino all’alba quando vennero bruscamente svegliati da un rumore di lotta che proveniva dal ponte della nave.
Spade in pugno si precipitarono fuori giusto in tempo per vedere uno dei marinai venir gettato fuori bordo da un potente colpo di coda sferrato da un pesce gigantesco che si stava dibattendo sul ponte attorniato da Capitan Jack e dai suoi uomini che cercavano di arpionarlo.
- Un pesce volante! - urlò Linna vedendo il pesce - E’ enorme! - poi fece cenno a Obert di stare attento e di non avvicinarsi troppo - Il suo morso è velenoso e può portare alla morte -
- Per Crown - urlò cercando il modo migliore per attaccare il pesce gigante che continuando a dibattersi stava dirigendosi verso di loro.
- State attenti! - urlò loro Capitan Jack - E’ la sua tattica, vuole gettarvi in mare per portarvi nella sua tana sul fondo del lago -
- Staremo a vedere - urlò Linna spostandosi di lato e facendo cenno a Obert di fare lo stesso sul lato opposto. Avrebbero preso il pesce sui due lati e lo avrebbero fatto alla griglia prima che potesse rendersene conto - adesso -
Con un grido si gettò sul pesce colpendolo con la spada al centro del corpo mentre Obert con un salto gli finì quasi a cavalcioni piantando poi la spada con forza nella testa del pesce che reagì sgroppando violentemente e colpendo Linna con una delle pinne caudali.
- Accidenti, bello, ne hai di vitalità! - urlò Obert tenendosi alla spada ficcata in profondità nella testa del pesce come se si stesse tenendo alle redini di un cavallo da domare - Ma non hai più nessuna speranza - e, stringendo le ginocchia con più forza sul dorso del pesce e tenendosi sempre alla spada attese che il pesce smettesse di muoversi.
Passarono ancora alcuni minuti prima che l’animale smettesse di muoversi definitivamente e solo allora Obert lasciò la spada e smontò dalla schiena del pesce.
- Tutto bene! - gli domandò Linna correndogli accanto.
- Si - la tranquillizzò sfilando poi la spada dalla testa del pesce mentre Capitan Jack e i due marinai superstiti si stavano già facendo avanti per fare a pezzi l’animale e metterlo sotto salamoia. Con un gesto che non ammetteva repliche li fermò, e facendosi poi dare un piccolo coltello lo usò per incidere una piccola runa sul corpo della bestia.
Linna lo osservò sorpresa riconoscendo il simbolo di Lithis nella runa che aveva inciso.
- Lithis - mormorò improvvisamente il giovane guerriero - dea della natura, protettrice degli animali, delle acque e della terra, ho ucciso un tuo figlio ed altri ne ucciderò per difendere me e la mia compagna, accetta questo mio sacrificio per il tuo perdono - poi si punse un dito con il coltello facendone stillare una lacrima di sangue che fece cadere sul corpo del pesce - accetta questo sangue in cambio di quello che verserò per difendermi e sfamarmi -
- Deadlight sarebbe felice di sapere che conosci il rito per chiedere il perdono a Lithis - gli sorrise Linna avvicinandoglisi mentre i due marinai, autorizzati da Obert, iniziavano a fare a pezzi il pesce - te lo ha insegnato lei, vero? -
- Già - sorrise, poi notò la piccola ferita che la ragazza aveva ad un braccio e sul suo volto comparve una nota di preoccupazione - sei ferita -
- Nulla di grave - si schernì passando un dito sul graffio che si era fatta quando il pesce l’aveva colpita. Non lo sapeva neanche lei il perché, ma si sentì improvvisamente felice che Obert si fosse preoccupato anche solo per un graffio.

Il resto della navigazione passò senza ulteriori incidenti e poco prima del tramonto la barca gettò l’ancora nell’Approdo del Drago, un insenatura naturale dell’isola con una lingua di terra che si protendeva nelle acque alte permettendo alle imbarcazioni di ormeggiare proprio come se si fosse trattato di un molo.
- Vi attenderemo qui per dieci giorni - li informò Capitan Jack - poi partiremo con voi o senza di voi -
- D’accordo - annuì Linna finendo di indossare la sua armatura. Obert era già sceso sulla lingua di terra e stava guardandosi intorno, poi saltò giù anche lei raggiungendolo con una rapida corsetta.
Erano su Cimitero dei Draghi e Obert stava per affrontare la sua prima missione per conto della Gilda ed era deciso a portarla a termine a qualunque costo. Avrebbe trovato le scaglie di drago e le avrebbe portate a Juviok poi, sarebbe andato a Bosco Oscuro, da Deadlight.
Il suo cuore gli diceva che era la cosa più giusta da fare.

- Non ritornerà questa sera - le disse improvvisamente Olsen raggiungendo la giovane mezzelfa sul molo mentre il sole terminava di calare sul lago tingendolo di un rosso vivo.
- Lo so - sussurrò guardando l’orizzonte - ero arrabbiata con lui, non l’ho neanche salutato quando è partito ma quando tornerà voglio essere la prima a dirgli bentornato -

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Quattro Chiacchiere Con L'autore

Ed eccoci di nuovo insieme con un nuovo capitolo di Hyarbor's Chronicles.
Una nuova avventura attende i nostri eroi, andare a prendere delle scaglie di drago. Sembra semplice, in fondo non devono fare altro che andare in un cimitero di draghi e portare via qualche scaglia.
Ma non sempre tutto è come lo si è immaginato e dovremmo averlo capito.

Come al solito ringrazio chi mi ha letto fino ad adesso e chi mi vorrà leggere anche in futuro e gli do appuntamento al prossimo capitolo.
Hasta Luego

   
 
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