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Autore: Ulissae    03/02/2012    3 recensioni
[Vita, morte e miracoli di Aro. Personale interpretazione della sua vita]
"Sarai pronto a perdonarmi?"
Genere: Dark, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Volturi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'enciclopedica visione dei Volturi'
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Historia Apollinis



Una figura anziana si avvicinò, sorridendo cordialmente: era una donna dai lunghi capelli grigi e lisci, che le cadevano pesanti sulle spalle sottili, incorniciandole il viso lungo e magro. Gli occhi rossi brillavano vispi, ispirando una grande saggezza e una vivacità giovanile allo stesso tempo.
Ci salutò alzando una mano, intorno al polso aveva legato un lungo filo sul quale erano appesi vari ninnoli; di tutto ciò che ci disse, in una lingua a noi sconosciuta, capimmo solo qualche parola.
«... gestr!» rise. Ormai stava a pochi passi da noi, alle sue spalle due uomini enormi, di gran lunga più alti di noi, sembravano tesi e poco ben disposti nei nostri confronti.
«Spaka Sunniva!» la richiamò uno di loro, quando lei si era avvicinata così tanto da poter notare chiaramente tutte le rughe sul volto che si erano cristallizzate quando era stata trasformata.
L'anziana si voltò e sorridendo gli fece cenno di fare silenzio. Si indicò e disse: «Sunniva»
Poi indicò noi, sempre con quel sorriso dolce e amichevole.
Marcus fu il primo a rispondere, come se riuscisse a capire al volo la situazione.
«Marcus» dopo indicò rispettivamente me e Caius, dicendo i nostri nomi.
La donna annuì, soddisfatta, li ripeté tra sé, come se dovesse ricordarli, poi ci fece segno di seguirla.
Dentro di me provavo la voglia irrefrenabile di toccarla e sapere tutti di lei; e anche di quegli altri vampiri che ci fissavano curiosi e stupiti e di quegli umani spaventati che ci guardavano stringendosi nelle loro pellicce pesanti.
La seguimmo e ci dirigemmo verso il capannello di persone: erano tutti bellissimi. Di una bellezza spiazzante e meravigliosa, che ispirava quasi il bisogno di baciarli e stringerli tra le proprie braccia. La maggior parte di loro aveva i capelli biondi, così chiari da sembrare tendere al bianco; alcuni, invece, avevano la pelle più pallida del solito e i lunghi capelli fulvi li facevano risaltare, come se fossero degli dèi.
Stavano tutti seduti intorno al fuoco, come se stessero aspettando qualcuno o qualcosa. L'anziana ci fece cenno di sederci su un tronco buttato a terra. Fui il primo a farlo, seguito poi da Marcus e Caius, che rimaneva sempre piuttosto agitato e diffidente.
I due vampiri enormi si sedettero di peso sul tronco davanti a noi, mentre Sunniva si accomodò con grazia accanto a me.
Mi iniziò a parlare, piuttosto lentamente, sperando di farmi capire qualcosa. Ma la sua lingua era troppo diversa dalla nostra o da qualunque altra avessi mai sentito o studiato.
Dopo alcuni tentativi, che in un primo momento vennero seguiti con molto interesse da tutte le persone presenti, l'attenzione degli altri venne meno, così come la pazienza di Caius.
«Si può sapere cosa vuole questa vecchia!?» sbottò, alzandosi scocciato.
«Vuole solo spiegarci qualcosa, Caius. Calmati» lo riprese Marcus, volgendosi di nuovo verso la donna e regalandole un sorriso gentile.
Guardai la mano di Sunniva e mi decisi a stringerla, leggermente. Lei rimase sorpresa dal gesto, ma non si ritrasse.
In un secondo tutte le immagini della sua vita mi colpirono con la ferocia delle prime volte in cui avevo sfiorato Marcus e Caius. L'esperienza, però, mi permise di sopportare meglio la cosa e sfruttare tutte le informazioni che otenni.
I ricordi della sua umanità, perfino quelli più lontani e sconosciuti a lei stessa, si mischiarono con quelli della sua nuova vita mortale. Era stata trasformata da un uomo bellissimo, che veniva dall'Oriente, considerati i lineamenti che lo caratterizzavano, attratto soprattutto dalla sua bellezza, ma che aveva finito per consumarla, preferendo vederla fiorire, piuttosto che fermarla ancora acerba. Quello non era il suo clan, lei viveva da sola, ma una volta all'anno si ritrovavano lì, in quella piana ad attendere le Luci.
Staccai la mano e presi un profondo respiro. Marcus mi guardava impaziente di essere messo a conoscenza, mentre i due energumeni di prima si erano alzati e mi avevano sollevato per i vestiti. Visto che erano ormai consumati e laceri, si spezzarono e cadetti nuovamente sul tronco.
«Idioti!» ringhiai, meravigliato dal fatto di aver usato una lingua a me sconosciuta.
Tutti i presenti si fermarono, sorpresi. I miei stessi compagni mi guardarono strabiliati.
Sunniva mi fissava sconvolta, sospirai voltandomi nuovamente verso di lei.
«Scusatemi... ma dovevo farlo»
«Fare cosa, caro?» domandò curiosa, lanciando un'occhiata torva ai due ragazzi.
«Vetle! Svein!» li apostrofò severamente «Smettetela, non vogliono né possono farci del male. Piuttosto, controllate che siano tornati tutti dalla caccia, tra poco è l'ora»
Rimasi in silenzio per un attimo, aspettando che ritornasse calma e benevola.
«Ho... un potere speciale, diciamo» sorrisi teso «leggo le menti delle persone che sfioro. È un po' complicato. Credo sia per questo che ora riesco a capirvi e a parlarvi»
«Straordinario» disse in un soffio lei.
Sentii Caius sgomitare e punzecchiarmi la spalla.
«Pensi di renderci partecipi?» commentò sarcasticamente, questa volta avendo l'appoggio di Marcus, che mi fissava tetro.
«Il mio potere... riesco a capirli, ora. È straordinario!» esclamai allegro. «Su, cosa volete sapere da lei? Da quanto ho capito stanno attendendo le Luci, ma non so cosa siano. In quel punto aveva delle idee confuse»
«Chiedile cosa sono, allora, no? E cosa ci facciano qui quegli umani»
Caius si lanciò un'occhiata sospettosa, come quella di un vecchio gatto domestico, totalmente diffidente nei confronti di chiunque.
Sospirai e ripetei la domanda, lentamente. Era così strano: le parole di quella lingua a me sconosciuta mi uscivano dalla bocca senza che io ci pensassi.
«Aspettiamo che scendano le Luci, solo a quel punto potremmo trasformarli» mi spiegò con calma, dandomi il tempo di tradurre per loro. «Solo un giorno all'anno è permessa la trasformazione e solo agli uomini più meritevoli» continuò, lanciando un'occhiata benevola e materna agli umani che stavano chiacchierando con gli altri vampiri.
Marcus rimase sorpreso da questa spiegazione, e la guardò affascinato. C'era qualcosa di sacro e inviolabile in lei, qualcosa che andava rispettato senza chiedersi il perché.
«Le trasformazioni sono regolate strettamente, allora» notò Caius, che stava studiando tutti gli altri presenti.
Annuii e mormorai: «è ben diverso da Roma»
«Molto» sussurrò tra sé e sé Marcus, che sorrise amichevole a Sunniva. L'anziana ricambiò e riprese a raccontarmi le leggende.
«I prossimi giorni ci sarà solo la notte e le Luci verranno a visitare il cielo, per poi scendere e infondere sicurezza e potenza ai nuovi Figli» continuò «li portiamo sempre in questa piana, aspettando che gli dèi scendano tra di noi»
«Chiedile se sono un clan, se ci sono altri clan» disse velocemente Marcus, gesticolando spazientito.
«Non fare gesti del genere» borbottai, notando subito che Vetle e Svein ci stavano squadrando.
«E tu fai la domanda»
«Come fate a incontrarvi sempre qui?»
«Sei molto curioso, ragazzo» ridacchiò lei. Notai che non aveva molti denti, ma che i canini erano particolarmente appuntiti e sporgenti.
Risi divertito e mi strinsi nelle spalle: «non siete la prima che mi dice questa cosa»
«Sappiamo che dobbiamo venire... questo posto è come se ci richiamasse. La nostra unità è dettata dalla natura, non da patti umani o artificiali. Ognuno vive la propria immortalità da solo, tuttalpiù con un compagno fidato. Ma quando le Luci scendono noi siamo qui, ad accoglierle»
Tradussi, guardando negli occhi sia Marcus che Caius: questa era un'informazione fondamentale. Non esistevano clan numerosi, per lo meno lì al Nord. Non esistevano potenze in grado di contrastare un gruppo di vampiri più numeroso – quell'idea che ci turbinava da mesi in testa.
«Ma siete solo voi... insomma... come è possibile che non ci siano altri?»
«Oh, ci sono. Ma sono a Sud, non si preoccupano dei nostri dèi. Non si preoccupano di niente» commentò, il suo tono sempre gentile e pacato si macchiò per un attimo di acidità e ironia cattiva.
«Non siamo soli, quindi» mormorai.
«La vostra sola presenza lo conferma. Ma sì, ho sentito di viaggiatori che parlavano di un gruppo più numeroso, a Sud-Est. Ma a noi non importa, non ci deve importare»
La sua risposta, che sembrava come rassegnata, mi stupì. Si alzò, così la nostra conversazione venne interrotta bruscamente e non mi fu possibile indagare più a fondo; anche nei giorni seguenti sembrò evitare qualunque domanda che riguardasse i nostri simili.
Poi arrivarono le Luci.
Mentre parlava, vidi Sunniva tendersi, anche gli altri vampiri si erano alzati e fatti più attenti; prima che uno di noi dicesse qualcosa, si iniziò a sentire un suono sottile e penetrante, molto simile a quello del legno in mezzo al fuoco. Caius si iniziò a guardare intorno, ringhiando, ma questo suo atteggiamento così animalesco fece scoppiare i due giganti a ridere.
Vetle gli diede una pacca sulla spalla, ghignando.
«Calma, piccoletto»
Considerando l'appellativo, l'ignoranza di Caius mi parve una benedizione.
«Che ha detto!?» mi ringhiò contro.
«Che devi stare tranquillo, non è niente»
«Niente cosa, per Giove!? Si può sapere cosa succede!?» perfino Marcus, sempre calmo e tranquillo, stava perdendo la pazienza in quella situazione.
Alzai la testa e mi paralizzai per lo stupore: una lunga scia di luce colorata si diradava lungo tutto il cielo, come un fiume in piena. Anzi, più torrenti, alcuni più sottili altri più spessi, si univano e separavano, in un sinuoso gioco di spire di luce. Sembravano dei serpenti infiniti, che si andavano a perdere verso la cima delle montagne.
Sentii i mormorii eccitati degli uomini, mentre accanto a me Marcus e Caius rimasero immobili, rapiti dalla bellezza di quel fenomeno.
Perché era un fenomeno, mi ripetevo in testa; non erano dèi o ninfe o altre manifestazioni divine. Era una natura semplice e meccanica, messa in moto da se stessa.
Nonostante avessi visto le stesse immagini nei ricordi si Sunniva, l'essere spettatore di un tale... miracolo, Dio, sì, quello era un miracolo!, mi rese euforico ed estasiato.
«Ecco cosa sono le Luci...» mormorò Caius, mentre i vampiri nordici avevano iniziato a cantare una litania dai toni allegri.
Era diversa dalle preghiere monotone e lagnose dell'Impero, quella era una canzone gioiosa, vitale. Il tempo venne iniziato a battere su tamburi piuttosto primitivi, che fino a quel momento avevo ignorato.
Svein aveva stretto tra le sue braccia una ragazza dai bellissimi capelli biondi, facendola volteggiare al ritmo delle percussioni; poco a poco tutti gli altri si unirono a quella danza spensierata e libera. Gli umani si liberarono delle ingombranti pellicce che li avvolgevano e sorridevano entusiasti, consci della futura trasformazione.
Non c'era dramma, corruzione, malata lussuria; era ben diversa da quel ballo a cui avevamo assistito nella domus di Emiliano.
Sunniva stava al centro, accanto al fuoco, e guardava sorridendo tutti i suoi compagni, con aria materna e dolce.
«Quando li trasformeranno, secondo voi?»
«Tra poco» risposi calmo, tremendamente curioso di sapere come l'avrebbero fatto.
Accadde in un modo naturale, quasi affettuoso; gli umani spalancarono le loro braccia e si lasciarono stringere dagli abbracci dei vampiri. Alcuni continuarono a ballare, sollevando le donne e gli uomini mentre li mordevano; altri si fermarono, sfiorando loro il viso e affondando i canini nella carne. Di colpo, i corpi vivi e palpitanti sembrarono cadere in una sorta di tranche, abbandonandosi alla presa degli immortali.
Figli della vita, del Sole, ormai in cammino verso la notte.
Li presero in braccio e si incamminarono verso il bosco, in una processione lenta e silenziosa ma, allo stesso tempo, che sembrava essere pervasa dalla gioia e dall'aspettativa.
I cinque vampiri che avevano trasformato i rispettivi umani non tornarono per i seguenti tre giorni, probabilmente rimanerono accanto alle loro Creature. Gli altri continuarono a ballare intorno ai falò, a cantare meravigliose canzoni sacre e raccontare storie della loro mitologia.
Mi resi conto che alcuni di loro possedevano dei poteri particolari, come me e Marcus.
C'era un ragazzo dai capelli di un rosso vivo, che sapeva governare il fuoco: a suo piacimento esso si gonfiava, smorzava, riusciva a resistere sulla neve. E, ancora più sorprendente, era quello di un'altra giovane, molto simile a lui, che riusciva a far dire a chi voleva ciò che lei voleva.
Me ne accorsi quando usò questo potere su Caius che, di punto in bianco, esclamò nella loro lingua: «amo Tonje!»
Tutti si voltarono verso di lui, io compreso, fissandolo sconvolto. Pensai che il troppo sangue animale gli avesse dato alla testa.
Sunniva, però, aveva subito capito a cosa era dovuto quell'eccesso di brio. Si alzò e con passo lento si avvicinò a un albero, dietro il quale stava nascosta quella ragazza; gli occhi vispi e biricchini, tipici dei bambini, erano fissi su Caius. Mi accorsi immediatamente che era innamorata di lui, dal modo in cui si nascondeva timidamente e da come cercò di giustificarsi con l'anziana, che le fece un rimprovero non troppo severo.
Marcus aveva iniziato a capire a sua volta la lingua, così ghignò e disse: «oh, ma facciamo conquiste», e diede un pugnetto sulla spalla di Caius, che lo fulminò irritato.
«Imbecille...»
Nonostante stessi trattenendo a stento le risate, mi resi conto che quel potere era di una sottigliezza affascinante e che, sicuramente, se utilizzato con accortezza e abilità poteva rendere chiunque lo possedesse intoccabile.
«Interessante, vero?» commentò Marcus, che aveva lasciato Caius da solo, intento a borbottare in greco e a lanciare qualche occhiata fintamente disinteressata a Tonje.
«Già...»
«Pensa come sarebbe utile per il nostro obiettivo» continuò, studiando le mie reazioni.
Ero troppo preso dai miei pensieri per rispondere coerentemente e con attenzione alle sue osservazioni. Continuai a fissare la ragazza, che si era avvicinata all'altro Dotato. Quest'ultimo fissava con odio e irritazione Caius, l'astio che sembrava provare nei suoi confronti sembrava suggerire uno stretto legame con lei.
I loro lineamenti non erano solo simili, ma identici; spalancai gli occhi, colpito da un'intuizione che non riuscii a soffocare. Mi alzai e corsi da Sunniva, che stava chiacchierando con tre uomini dai capelli più scuri, che l'ascoltavano attentamente.
«Sunniva, devo parlarti» dissi velocemente, interrompendola. I tre mi guardarono scetticamente, ma lei, che sembrava essere sempre pronta a parlare con me e i miei compagni, annuì.
«Certo, caro»
Si alzò senza fatica e come ogni volta pensai stupito come fosse strano quel gesto così naturale  compiuto da quel corpo così antico.
«È una stupidaggine... ma devo sapere» borbottai, allontanandola dagli altri e iniziando a camminare con lei verso l'orizzonte della piana. Continuai a passeggiare finché il gruppo non divenne una massa indistinta e solo allora mi sedetti a terra, non curandomi del freddo della neve.
«Cosa c'è, ragazzo?» chiese l'anziana, sedendosi accanto a me.
«Tonje e quel ragazzo... quello che governa il fuoco... sono parenti, vero?» domandai ansioso, fremente all''idea di aver scoperto qualcosa di estremamente affascinante.
La vampira scoppiò a ridere e mi fissò incuriosita.
«Sei un personaggio affascinante, Aro... un attento osservatore»
«Allora?» la incalzai, impaziente. Se veramente fossero stati parenti, forse, i poteri dipendevano dal sangue, dalla propria origine umana; e quindi, come io ero stato degnato di questo potere magnifico, allo stesso modo se avessi trasformato Didyme lei avrebbe posseduto una capacità ancora più incredibile.
«Sono fratelli» mi confermò infine.”


Angolo autrice:
a Roma nevica e le scuole sono state chiuse per due giorni; direi che è stato Aro a far nevicare, visto che avevo bisogno di un po' di tempo per recuperare questa storia. ♥ Così, ecco il capitolo!
Le parole in corsivo sono in norvegese antico. Cioè, non è che io parli tutti i giorni in Norvegese antico XD ma mi diverto a spulciare nella pagina wikipedia delle lingue antiche.
Gestr: ospite; Spaka:  saggia.
Le luci sono, palesemente, le aurore boreali (: Ho pensato che degli spettacoli tanto affascinanti potessero far scaturire leggente e miti.
Non so che altro dirvi, spero che vi sia piaciuto il capitolo ♥ Ora non ho molto altro da scrivere, perciò mi dedicherò unicamente a questa storia ♥
Laura
   
 
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