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Autore: Hyorangejuice    05/02/2012    11 recensioni
Tentare di descriverlo senza sembrare banali o offensivi nei suoi confronti sarebbe stato molto difficile, quindi Minho si limitò ad osservarlo senza affibbiargli aggettivi come ‘carino’, nonostante lo fosse, anche dalla sua del tutto eterosessuale prospettiva, né ‘dolce’ nonostante avesse un sorriso da carie, né bello perché… Perché sarebbe stato ‘troppo gay’ dalla sua eterosessuale prospettiva.
Sul petto aveva una targhetta con il suo nome sopra, si chiamava… .
“Taemin-ah!” Key salutò il ragazzino con uno dei suoi migliori sorrisi.
c'è un Minho indeciso, un Taemin che è una caramella mou, un Kibum che è più di quello che sembra, un Jonghyun canterino e un Onew sbadatamente se stesso, tutti alle prese con le proprie vite, tra caffè alla canella e scelte che cambieranno per sempre la loro vita.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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salve a tutti! bene scusate il ritardo, ma ci voleva che fossi bloccata a casa in una
tormenta di neve perchè mi mettessi seriamente a lavoro ._.
penso che se continua così avrò un esaurimento nervoso. seriamente.
penso di non ave mai odiato tanto la neve.
comunque a stare chiusa in casa questo è il risultato,  
è un capitolo che non saprei bene come definire quindi a voi, ci sono tutti e anche
autorevoli comparse che probabilmente ricompariranno u.u
visto che avevo bisogno di personaggi extra...............dopo Yunho despota...............
basta.
grazie ancora per tutti i commenti siete stati gentilissimi e se potessi vi cucinerei a tutti
una torta al cioccolato o dei pancake m(_ _)m
insomma basta blaterare buona lettura!



Capitolo 7:

Let’s dance!



“Kibum ha detto alle sei, vero?” Jinki chiese per l’ennesima volta mentre si fermava al semaforo rosso.

Minho sospirò guardando fuori dal finestrino.

“Sì, alle sei. Sono le cinque e un quarto Jinki, rilassati”

Jinki sbuffò. “Lo sai com‘è Key quando si parla del saggio d‘inverno”

Minho annuì incapace di rassicurare Jinki in altro modo se non con la sua presenza. Al semaforo verde Jinki ripartì con qualche difficoltà e si infilò nella via del teatro.


¤ ¤ ¤


Key si guardò per l’ennesima volta allo specchio e prese un profondo respiro. Dietro le quinte si sentiva già la tensione per l’imminente rappresentazione, quell’anno avevano deciso di strutturare tutto il saggio come una sorta di recita teatrale mettendo insieme tutti i ballerini della scuola. Ogni gruppo rappresentava una stagione e ognuno aveva costumi a tema e canzoni adatte a rappresentarla. Si sarebbero avvicendati sul palco come le stagioni si avvicendano durante l’anno.
Ritoccando l’eye-liner Kibum sentì la porta del camerino aprirsi.

“Hyung, sono arrivati questi per te”

Kibum si voltò ancora con l’eye-liner in mano, Taemin teneva in mano un mazzo di fiori assortiti e un biglietto giallo appeso sulla carta azzurra che li circondava. Alle spalle di Taemin c’era la fioraia, Park Sun Young. Sorrise soddisfatto, Jinki avrebbe avuto un infarto di certo, ma valeva la pena di rischiare.

“Sun Young-sshi, buonasera”

“Buonasera” sorrise la ragazza entrando.

“Sicura che siano per me?”

“Hyung, c‘è scritto Kim Kibum”

Kibum richiuse l’eye-liner e lo rimise nella trousse. Si avvicinò a Taemin e prese il biglietto.

“Immagino che non mi dirai che te li ha ordinati, o no?”

Kibum assottigliò lo sguardo cercando di sembrare minaccioso, ma ottenne soltanto una risatina soffocata da Taemin e uno sguardo falsamente indifferente da SunYoung.

“Buona fortuna! (anche se non mi hai invitato, me ne ricorderò :P)
Kim Jonghyun”


¤ ¤ ¤


“Tu intanto entra, io vado a parcheggiare”

Minho scese dall’auto proprio di fronte al teatro, senza pensarci troppo entrò cercando di districarsi tra parenti e amici e spettatori che si erano radunati nell’ingresso. Trovò un punto un po’ meno affollato vicino ad una colonna e si mise ad aspettare Jinki.
Prese il cellulare dalla tasca e mandò un messaggio a Kibum per avvisarlo del loro arrivo e che non avrebbero perso neanche un secondo della loro performance.
Aveva appena inviato il messaggio quando il suo cellulare iniziò a squillare.

“Kibum?”

“Jinki non è ancora arrivato?”

“Sta parcheggiando”

“Bene, vieni dietro le quinte, devo presentarti una persona”

“Come faccio a venire dietro le quinte?”

“Vedi le tende infondo all‘ingresso? Quelle rosse di velluto?”

Minho si voltò alla sua sinistra, le tende coprivano completamente la parete.

“Sì”

“Bene, vedi la mia mano?”

“Sì”

“Muoviti prima che arrivi Jinki”

Si affrettò verso le tende e le scostò fino a trovarsi davanti una porta d’emergenza aperta e Kibum con un sorriso stampato in faccia che non gli piaceva per niente.

“Che cosa è successo”

“Muoviti, devo presentarti una persona”


¤ ¤ ¤


Minho avrebbe voluto dire a Kibum che non erano più al liceo e che Jinki probabilmente, prima o poi, forse avrebbe chiesto da solo alla fioraia di uscire senza che lui si mettesse in mezzo, ma non disse niente, sarebbe stato come cercare di far arrivare l’estate prima della primavera: del tutto inutile.
E, infondo, Minho non era del tutto contrario, solo preoccupato.
La fioraia sembrava gentile, abbastanza gentile da non scoppiare a ridere quando Jinki vedendola era inciampato in una piega della moquette cadendo di faccia nel corridoio del teatro.

“Hyung, tutto a posto?” chiese Minho tendendo una mano verso Jinki, che la prese mostrandogli un sorrido grato.

“Sì, grazie”

“Non ti preoccupare, hyung, andrà tutto bene, sembra simpatica”

Jinki sorrise di nuovo, “Lo so Minho-ah, lo so, spero solo di non rompermi niente”

Nonostante i primi balbettii e interruzioni Jinki riuscì a creare frasi di senso compiuto riguardo al saggio, a come Sun Young fosse finita lì quella sera, non che non gli facesse piacere, ma voleva sapere fino a che punto avrebbe dovuto ringraziare Kibum e magari iniziare a fargli pagare la panna extra sul cappuccino.
Minho, seduto di fianco di Jinki, stava in silenzio, lasciando che Jinki parlasse per la prima volta davvero con la fioraia senza che un bancone li separasse, ed era piacevole vedere Jinki ridere in quel modo, con gli occhi che brillavano e una sorta di sicurezza nel modo in cui teneva la schiena dritta o nascondeva un sorriso contro il dorso della mano.
Mentre era nel retro Kibum aveva impedito a Minho di salutare Taemin, lo aveva appena visto passare, di sfuggita e aveva convenuto con Kibum che era stato meglio così.
A quanto aveva visto Taemin era completamente vestito di bianco e probabilmente sarebbe stato molto più di quanto avesse potuto sopportare.
Meglio che il primo impatto avvenisse ad una certa distanza, una distanza tale da impedirgli di rendersi ridicolo.
Quando le luci si spensero e l’estate illuminò il palco Minho prese un respiro e cercò di godersi lo spettacolo.
Dopo la primavera e l’estate finalmente arrivò l’autunno e dopo l’autunno, come tutti sanno, arriva l’inverno. Le luci si abbassarono e una musica dolce, un po’ come quelle che a volte suonava Jonghyun nei momenti di noia, pensò Minho, iniziò a riempire il silenzio. A quel punto le luci si accesero e Taemin mise piede sul palco, da solo per richiamare i suoi fratelli fiocchi di neve e Minho avrebbe giurato di aver dimenticato come far arrivare aria ai polmoni non appena la luce dei faretti aveva illuminato Taemin.


Minho era uscito dal teatro non appena il sipario era calato sulla primavera. Le luci non si erano ancora accese e quando uscì nell’ingresso vuoto l’eco dei suoi passi era accompagnato dagli applausi.
Era stato tutto troppo e non ce l’aveva fatta. Aveva deciso di non remare contro le sue emozioni, ma non era neanche pronto a lasciare che lo travolgessero gettandolo giù da quella pericolosissima cascata che vedeva all’orizzonte.
Non sarebbe riuscito a guardare Taemin negli occhi, non sarebbe riuscito a fingere che andasse tutto bene, fare i complimenti a tutti o semplicemente stare in piedi in un angolo e annuire mentre Jinki si congratulava.
Mentre con le mani gelate dal freddo cercava di ricordare da che arte avrebbe dovuto girare la chiave per aprire la porta del suo appartamento si disse che stava solo seguendo il consiglio di Kibum, on mettere Taemin in mezzo ai suoi casini prima di aver trovato il bandolo della matassa.
Mentre si toglieva il cappotto e accendeva il riscaldamento dirigendosi verso il bagno per una doccia calda si disse che in qualche modo si sarebbe scusato.


¤ ¤ ¤


Kibum si svegliò con un braccio addormentato e un mal di testa che avrebbe messo K.O. un leone e quando la sveglia aveva iniziato a suonare aveva iniziato a biascicare scuse sconnesse e insulti all’essere spregevole che aveva inventato le lezioni mattutine, ma come ogni mattina comunque si mise a sedere al centro del suo enorme letto cercando di venire a patti con il fatto che volente o nolente avrebbe dovuto alzarsi.
Mentre si trascinava in bagno alla ricerca di una pastiglia contro il mal di testa, Kibum lanciò un’occhiata ai fiori blu che ha messo in un vaso, giusto perché sarebbe stato un peccato buttarli via, e sbuffo. Probabilmente era stato il loro profumo a fargli venire il mal di testa.
Evitò di guardarsi allo specchio sapendo bene che probabilmente on gli sarebbe piaciuto quello che avrebbe visto in ogni caso, andando direttamente verso l’armadietto dei medicinali.
Odiava il giovedì, odiava tutti i giovedì da quando era tornato ad essere schifosamente single perché il giovedì era il giorno in cui Hyun-ki lo andava a prendere alla fine delle lezioni per portarlo a cena fuori prima di fare qualsiasi cosa Kibum avesse voluto fare dopo. Giostra delle tazze compresa.
Odiava il venerdì ancora di più però perché di solito il giovedì Hyun-ki si fermava a dormire e il venerdì mattina non era da solo a maledire la sveglia, non era da solo di fronte ad una tazza di caffè e un toast e non era da solo mentre correva per le scale cercando di non perdere l’autobus perché Hyun-ki doveva assolutamente baciarlo fino a togliergli il respiro.
Il peggio era la domenica.
La domenica quando dopo un sabato da leoni si svegliavano a pomeriggio inoltrato ridendo l’uno dell’altro per quanto sembrassero appena usciti da un paio di centrifughe in lavatrice, per poi uscire a mangiare dukkbokki.
Era sulla porta quando sentì il telefono squillare, sorrise nel vedere che nonostante i chilometri che li separavano Amber non si era dimenticata di lui.

“Oh my baby, how are you?” esordì esagerando l’accento inglese.

“Fine, come va lì?”

“Bene, ti sei già ambientata tra le alci e gli aceri?”

Amber rise per poi replicare: “Guarda che in Canada ci sono molte altre cose”

“Ad esempio affascinanti ragazzi coreani che suonano il violino?” domandò infilando il giubbotto.

“Tra le altre cose”

“Ah! Neanche neghi più, che brava la mia bambina”

“Yah! Kim Kibum!”

Risero entrambi.

“Avanti dimmi com‘è la vita lì? Hai visto qualche orso?”

Parlare con Amber era come tornare ad avere dieci anni e costruire formine nel recinto della sabbia dicendosi i segreti segretissimi che nessuno doveva sapere. C’era quella sorta di leggerezza che mascherava anni di amicizia, era diversa dall’amicizia con Minho, Minho era come un braccio, Amber era la sorella che non aveva mai avuto, la donna che aveva promesso di sposare se raggiunti i novant’anni si fossero ritrovati entrambi soli e rugosi.
Quando era partita Kibum aveva cercato di non piangere all’aeroporto perché Amber andava a inseguire il suo sogno, il sogno che aveva guadagnato e che meritava, ma non ci era riuscito molto bene.
L’aveva abbracciata rischiando di soffocarla prima di lasciarle passare i controlli.

“Mi sento come se avessi appena dato in sposa mia figlia al Canada”

Minho l’aveva guardato storto. “Non in senso letterale, stupido Choi” aveva sibilato, tirando su con il naso un’ultima volta.


¤ ¤ ¤


“Bene, direi che è tutto per oggi, mi raccomando esercitati con questo spartito e la prossima settimana lo rivediamo da capo”

Kyung, uno dei suoi studenti di chitarra, forse l’unico in cui Jonghyun avesse visto un barlume di talento, annuì riponendo la sua chitarra classica nella custodia.

“Ci vediamo la prossima settimana”

“Ricordati di fare…”

“…Tanta pratica, hyung, lo so, vedrai che la prossima settimana lo suonerò alla perfezione”

Jonghyun sorrise annuendo mentre raccoglieva gli spartiti dalla scrivania riponendoli nella custodia morbida della chitarra. “Facciamo un patto, se per la prossima settimana la saprai suonare alla perfezione, soprattutto il passaggio che abbiamo rivisto prima, suoneremo qualcosa di tua scelta”

Kyung sembrò illuminarsi “Qualsiasi cosa?”

“Qualsiasi” confermò Jonghyun sorridendo compiaciuto. “Scegli bene mi raccomando” disse uscendo.

La madre di Kyung era in soggiorno con una rivista di arredamento aperta sul tavolo assorta nella lettura. Era un’arredatrice di interni piuttosto famosa da quel che glia aveva detto Kyung e, vista la loro casa e come solo il centrotavola sembrasse costare più dell’intero appartamento in cui abitava Jonghyun, non gli era difficile credergli.

“Mi scusi, signora Park?”

“Oh, Jonghyun, avete già finito la lezione?”

“Sì, signora, stavo andando. ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora?”

“Sì, come al solito, grazie Jonghyun, Kyung adora le tue lezioni”

La signora Park si alzò sui suoi tacchi vertiginosi e accompagnò Jonghyun alla porta. Prima che Jonghyun uscisse gli allungò una banconota.

“È per le ultime due lezioni, con un piccolo extra”

Jonghyun sorrise e si inchinò ringraziando.
La signora Park era quel genere di donna che è fatta per attirare l’attenzione di tutti, di quelle che quando camminano per strada, che vestano Armani o il primo straccio comprato al mercato brillano di luce propria. Quelle donne a cui non dai età che sono eleganti e a proprio agio ovunque.
Il genere di donna per cui si fa di tutto.
Jonghyun le sorrise di nuovo prima di infilarsi le scarpe e uscire, sistemandosi meglio la chitarra sulle spalle.
Mentre camminava verso la fermata dell’autobus controllò l’orologio, erano le cinque di lunedì, il suo unico giorno libero al Romantic, eppure pensò che ci avrebbe volentieri fatto un salto a scompigliare i capelli di Temine o a parlare un po’ con Jinki di questa fantastica serata con la fioraia.
Si fermò alla prima fermata dell’autobus che incontrò e controllò gli orari e le tratte, non conosceva molto bene la zona, ma fortunatamente da lì passava un autobus che lo avrebbe portato non troppo lontano dal locale e da lì avrebbe potuto camminare.
Si sedette sulla panchina sotto la pensilina e tirò fuori il suo Ipod, cercò una canzone che s’intonasse al suo umore e iniziò a canticchiare seguendo la melodia.
Era del tutto perso nel punto chiave della canzone ‘So I won’t hesitate no more, no more, it cannot wait I’m…’

“Jonghyun? Sei tu?”

Jonghyun uscì dal suo trans musicale voltandosi alla sua sinistra trovandosi davanti Jessica Jung in persona. Jonghyun tolse le cuffie dalle orecchie e si alzò in piedi.

“Jessica-noona?”

“Almeno non ti sei dimenticato di me, che onore” disse lei scherzando.

“Come avrei potuto dimenticarti?” rispose Jonghyun con lo stesso tono scherzoso.

Jessica rise scuotendo i suoi bei capelli, in un modo che Jonghyun ricordava anche troppo bene e che gli faceva ancora sentire il bisogno di allungare una mano per sfiorare Jessica e attirarla in un abbraccio, ma resistette, sorridendo a sua volta.

“Sembra passata un‘eternità, come stai?”

“Bene, e tu, bhè stai una favola come al solito”

“I complimenti non ti porteranno da nessuna parte Kim Jonghyun, ormai non sono più disponibile” disse Jessica sorridendo e mostrando il suo anulare sottile occupato da un diamante così brillante che Jonghyun finse di esserne accecato.

“Ti va di andare a prendere un caffè? Se non hai niente da fare”

“Mi andrebbe, noona”

Per un attimo Jonghyun aveva pensato di portare Jessica al Romantic, ma aveva scartato subito l’idea pensando che, se Kibum fosse stato lì, presentarsi con Jessica al fianco non sarebbe servito a fargli acquistare punti, anzi sarebbe stato deleterio per la sua, già precaria, posizione.
Jonghyun non era stato sorpreso nel vedere l’anello al dito di Jessica, sarebbe stato come sorprendersi per essersi bagnati dopo aver messo le mani sotto un getto d’acqua, era ovvio che prima o poi sarebbe successo.
Jonghyun non era neanche stato sorpreso nel sentirla parlare con tanto entusiasmo del suo futuro marito, il futuro signor Jung, Jessica era quel genere di persona che non rimane sola per troppo tempo, che ama fino a bruciarsi perché è così che sente di dover fare, ed era una cosa che aveva sempre spaventato Jonghyun, nonostante anche lui non fosse diverso. O forse era proprio il pensiero che fossero così simili a spaventarlo.
Quando si erano conosciuti Jonghyun si era appena trasferito nel suo attuale appartamento e non riusciva ancora a dormire bene nel nuovo letto e non riusciva più a comporre, che era anche peggio, e il lavoro gli stava risucchiando tutte le energie.
Jessica era stata come un’ancora, forte, brillante, spiritosa e Jonghyun si era sentito vivo dopo tanto tempo. Aveva ricominciato a scrivere, a cantare e… E poi era successo quello che succedeva ogni volta.

“Allora, dimmi Jonghyun-ah, come va la tua vita amorosa? Incontrato nessuno?”

“Ah, lo sai com‘è, sempre occupato, c‘è una coda incredibile alla mia porta, sai il fascino del musicista” disse aggiungendo un sorriso, quasi in ghigno compiaciuto.

“Sempre il solito” sbuffò.

Rimasero in silenzio entrambi bevendo il loro iced-coffee e alla fine Jonghyun cedette, perché era Jessica che aveva davanti e poche persone potevano dire di conoscerlo come Jessica.

“Ho incontrato qualcuno”

“Oh, lo sapevo” disse Jessica mentre i cuoi occhi si accendevano di curiosità e si sorgeva sul tavolo vero Jonghyun per ascoltare meglio.

Jonghyun nascose un sorriso dietro la tazza di caffè “Ma non gli piaccio, almeno credo”

“Che cosa vuoi dire, credi?” chiese Jessica assottigliando gli occhi come quando si guarda un indovinello spacca cervello.

“Ok, non gli piaccio” disse infine cercando di non sembrare troppo offeso dalle sue stesse parole.

Jessica rise e guardò Jonghyun del tutto divertita. “Jonghyun-ah, Jonghyunnie” lo derise appena cercando di strizzargli le guance finchè Jonghyun non ne ebbe abbastanza.

“Yah! Noona!” sbottò rosso in viso.

Jessica rise, spostando la testa di lato e rise di nuovo, sempre più forte e Jonghyun non potè far altro, rise anche lui. Di gusto fino alle lacrime, senza motivo.



“Jonghyun-ah, più le persone vengono ferite più rialzarsi è difficile e… solitario” gli aveva detto Jessica prima che si separassero di fronte al caffè in cui avevano trascorso il pomeriggio finché non erano stati cacciati, dopo che gli aveva raccontato di Kibum. Non c’era molto da raccontare alla fine, ma Jessica lo aveva ascoltato attentamente e alla fine lo aveva lasciato con una delle sue perle di saggezza che lo lasciavano sconcertato e al punto di partenza. O forse un po’ più avanti.
Camminando verso casa si era fermato a comprare qualche scatola di ramyeon istantaneo, esultando quando vide il suo gusto  preferito in offerta ‘prendi 3 paghi due’.
Una volta a casa senza neanche spogliarsi si getto di pancia sul divano poggiando la busta della spesa ai piedi del divano e tirando un sospiro di sollievo.
Sul pavimento c’erano ancora gli spartiti che aveva scribacchiato la sera prima in un momento di furia creativa e a cui, in quel preciso momento, avrebbe voluto dare fuoco. La parola chiave appariva troppe volte, occhi neri e brillanti apparivano troppe volte in mezzo a quei testi sdolcinati e Jonghyun avrebbe voluto deridere la sua stessa sdolcinatezza se non fosse stato nella fase depressiva post-furia creativa.
Spense il cellulare e chiuse gli occhi finchè il suo stomaco non iniziò a reclamare del cibo.


¤ ¤ ¤


Seduto al bancone del Romantic Minho cercò di tirare fuori il suo miglior sorriso mentre prendeva il suo cappuccino bollente dalle mani di Taemin.
Aveva finito con le lezioni del pomeriggio e stava aspettando che Kibum finisse qualsiasi cosa stesse facendo nel dipartimento di arti sceniche, per andare ad una orribile cena con i suoi vecchi compagni di liceo. Al solo pensiero gli si rizzavano i capelli sulla nuca, ma Kibum aveva insistito.

“Grazie Taemin-ah”

Soffiò via il fumo che si levava dalla tazza e si schiarì la voce. “Taemin-ah, mi dispiace l‘altra sera di essere andato via di corsa, ma non mi sentivo troppo bene. Siete stati bravi, comunque. Sono riuscito a vedere lo spettacolo fino alla fine”

Cercò di non sembrare nervoso pregando che per una volta non gli si leggesse in faccia che quella che stava dicendo era la cavolata del secolo.

Taemin sorrise ringraziando. “Hyung, ricordi che mi avevi detto che se ne avessi avuto bisogno mi avresti dato ripetizioni di matematica?”

“Sì, certo.”

“Ecco avrei un test di recupero, la prossima settimana e mi domandavo se avessi tempo, basterebbe solo un‘ora, davvero, solo…”

“Certo, quando vuoi” Minho rispose, forse un po’ troppo in fretta. “A quando pensavi?”

“Pensavo a dopodomani, ho chiesto a Jinki il permesso di staccare un‘ora prima quindi sarebbe alle sei, se per te va bene”

“Mercoledì alle sei è perfetto, Taemin-ah”

A quel punto il suono del piano si interruppe e Jonghyun si avvicinò al bancone.

“Hyung, stanco di suonare?”

“Non c‘è più nessuno comunque”

Minho gli lanciò un’occhiataccia. “Io sarei nessuno?”

Jonghyun sorrise. “Yah, hai capito, comunque sabato prossimo un mio amico mi lascia suonare nel suo locale, vi va di venire?”

Minho finse di pensarci, poi fece una faccia un po’ schifata. “Non lo so hyung, ti sento suonare tutti i giorni e sinceramente sto cominciando ad annoiarmi”

Jonghyun spalancò gli occhi incredulo, Taemin cercò di non scoppiare a ridere. “Yah! Dongsaeng! Come ti permetti di deridere il tuo hyung! Anche tu Taemin-ah, pensavo che mi volessi bene. Nessuno mi ama”

Minho rise guardando Taemin e probabilmente se avesse sorriso più di così avrebbe rischiato la paresi. 
   
 
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