Storie originali > Storico
Segui la storia  |      
Autore: Zalmoxi    05/02/2012    2 recensioni
Zalmoxi è un giovane servo trace, schiavo del filosofo Pitagora, che dopo una lite con un giovane aristocratico durante la quale il rampollo gli rompe il naso e gli spezza le gambe si risveglia nella casa del medico Democède. Eppure qualcosa sembra non tornare...
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno seguente Zalmoxi si svegliò quando il sole era già alto.
La febbre, si accorse, era scomparsa, così come il freddo e il male alle ossa.
Aiutandosi con i gomiti si mise a sedere e lasciò vagare lo sguardo per la stanza, trovandola più spoglia e piccola di quanto si fosse immaginato. Accanto a sé notò degli stracci umidi, sporchi di sangue e un avanzo di candela ormai spento. Più in là c'era un altro giaciglio, vuoto.
I suoi occhi si posarono poi sulla piccola finestra alla sua destra, che qualcuno –forse quella stessa mattina- aveva aperto. Il brusio della gente che camminava per la via gli rammentò ciò che era successo il giorno prima ed egli subito si scostò la coperta da dosso, osservandosi le gambe.
Tra i peli che gli crescevano sui magri stichi, riuscì a distinguere due grossi lividi scuri posti ognuno alla metà esatta dei due arti. Subito provò a muoverle e il farlo gli provocò solo un lieve prurito. Zalmoxi si prese la testa tra le mani, affondando le dita tra i ricci capelli neri, sconcertato; sapeva bene che le gambe gli erano state rotte. Aveva udito fin troppo bene il rumore delle ossa che si spezzavano. E allora come era possibile?
La porta alle sue spalle si aprì con uno scatto e Zalmoxi si voltò.
Democède gli sorrise appena nel vederlo sveglio e il giovane schiavo notò che portava tra le mani alcune bende candide. Il medico gli si affiancò e poggiò le garze sul pavimento in pietra.
«Il brusio della gente ti ha infastidito?» gli domandò Democède e fece cenno ad una giovane ancella di entrare nella stanza. La ragazza si fece avanti con lo sguardo basso. Portava tra le mani una ciotola di terracotta finemente decorata che porse al medico, quindi, ricevuto l’ordine di andarsene, scivolò oltre la soglia, chiudendosi la porta alle spalle.
«Affatto» rispose allora Zalmoxi, osservando la ciotola fumante tra le mani del medico. «Se avessi dormito di più avreste potuto credermi morto!». Si lasciò sfuggire un largo sorriso, che però tentò subito di nascondere.
Democède non replicò; si limitò ad osservare il giovane per alcuni attimi, quindi gli porse la ciotola. «Bevi» gli disse. «Ti rimetterà in forze».
Zalmoxi accettò l’infuso caldo e lo bevve tutto d’un fiato: era dolce, fruttato e zuccherino quasi quanto il miele.
«Dov’è il mio padrone?» domandò poi, restituendogli la scodella.
Democède la poggiò a terra, quindi prese tra le garze alcune boccette che prima Zalmoxi non aveva notato. Da una di queste estrasse un pizzico di polvere azzurrina e da un'altra un altro pizzico di una polvere rossastra.
Le posò entrambe sul dorso della propria mano, vi sputò sopra e iniziò a mescolarle con l’indice della mano destra. Poi spalmò l’unguento sul naso gonfio di Zalmoxi, che sobbalzò e strinse i denti per il dolore.
«Il tuo padrone, giovane Zalmoxi, è andato al sinedrio degli anziani a pronunciare un discorso» gli spiegò il vecchio medico. «Ma tornerà presto, non temere.»
Terminato di spargere l’unguento, Democède disfece un rotolo di garza, ne tagliò un lungo pezzo e lo avvolse attorno al capo di Zalmoxi, coprendogli il naso.
«In questo modo resterà fermo.» gli spiegò, poi si alzò e, raccolte tutte le sue cose, si accinse ad abbandonare la stanza.
«Aspettate!» lo fermò Zalmoxi. Il medico si voltò. A quel punto il giovane schiavo tentennò, insicuro se continuare, ma poi la sua lingua si mosse da sola. «Ditemi, nobile Democède» iniziò. «Le mie gambe…le mie gambe sono state curate dal mio padrone, vero?».
A quelle parole sul volto del medico si dipinse un’espressione di puro stupore, che egli tentò subito e inutilmente di nascondere. Zalmoxi notò il suo disagio, ma non volle ritirare le proprie parole: voleva sapere. Così tacque, in attesa di una risposta.
«Non chiedermelo, giovane» arrivò alla fine la replica. «Quando sono entrato in questa stanza sulle tue gambe non c’erano altro che lividi. Nessun osso rotto, te lo posso garantire».
Zalmoxi rimase un poco costernato da quelle parole, ma non volle o non riuscì a chiedere altro.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Zalmoxi