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Autore: _amethyst_    05/02/2012    6 recensioni
« No, non è uno scherzo: è stata tutta colpa sua.
Colpa dell’unico individuo della casa che assisteva senza essere protagonista, colpa di colui che inconsapevolmente ha causato tutto.
Non sono pazza: è stata colpa di quel gatto! »
- Prendiamo due cugine, castane e completamente diverse l'una dall'altra.
Prendiamo due amici, uno smielato potenzialmente figo e un musone che crede di saper scrivere canzoni, anche lui potenzialmente figo.
Prendiamo due ex, un biondo gay effettivamente figo e una piattola bionda con la mania dell'ordine.
Prendiamo un gattaccio puzzolente e dal muso schiacciato di nome Parmigianino.
Mescoliamo insieme questi elementi in un unico calderone e ne deriverà un disastro.
Un ENORME disastro.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Segreti inconfessabili.
 
capitolo 12



Me ne stavo raggomitolata sul divanetto della cucina, le gambe strette al petto nella morsa delle braccia, la maglietta che a malapena mi copriva il sedere, le lacrime che colavano lentamente sul viso.
Ero forse diventata più fragile?
Matt si era ubriacato, Chase mi aveva baciata, e mia cugina aveva tentato di baciare – evidentemente brilla anche lei – Will sulle labbra. Ed io continuavo a sentirmi una merda.
Non tanto per il fatto che non sia riuscita ad allontanare le labbra del biondo dalle mie, quanto per il fatto che avevo la netta sensazione che la sbronza di Matt avesse a che fare con ciò che era accaduto fuori dal locale. Insomma, non era normale che imprecasse contro Chase e mi guardasse con aria incazzata.
E se avesse visto qualcosa?
Will era ancora sveglio, lo sentivo trafficare in bagno con chissà cosa, e Matt si era sicuramente addormentato, dopo aver rovesciato il portaombrelli e tutto ciò che poteva provocare casino nell’ingresso.
Chase ed Ileen erano entrati nella loro stanza in religioso silenzio, e Prudence si era accasciata sul proprio letto, addormentandosi quasi all’istante.
Mi asciugai quelle poche lacrime con il dorso della mano, ma quel gesto non fu sufficiente ad arrestare la sensazione di aver fatto qualcosa di imperdonabile. Quel bacio non avrebbe mai dovuto esserci.
Eppure era accaduto. Cosa peggiore di tutto: io c’ero stata alla grande.
Decisi di parlare con Matt quanto prima.
Magari in quel momento stesso, anche se sicuramente non sarei riuscita a svegliarlo.
Il rumore di una porta che si apre e Will piombò in cucina con un tempismo che odiai.
Vide il mio viso arrossato e gli occhi lucidi e venne a sedersi accanto a me con aria scocciata.
- Non mi piace girarci intorno: cos’è successo fra te e Chase? Matt sta uno schifo. – questa frase non contribuì a farmi stare meglio, anzi, peggiorò di gran lunga la situazione.
- Voglio parlare con lui. –
- Ma lui è ubriaco e sta dormendo. Lascialo in pace, è meglio. –
- Credi che io mi senta meglio?! –
- Ah, io non so come ti senti. Piuttosto mi piacerebbe sapere cosa è successo. –
Eh, proprio una bella domanda!Avrei voluto saperlo anch’io.
- Ti direi di chiedere direttamente a Chase. Fatto sta che mi ha baciata. –
Silenzio. Sospirai e una nuova lacrima cadde sulla guancia.
Un singhiozzo, e le mani coprirono quello sfogo.
- Io credevo fosse gay. –
- Non sei l’unico… ma dev’essere successo qualcosa con Ileen. Io volevo solo capire cosa, e lui… mi ha baciata. – non c’era modo di capire cosa avesse spinto il biondo a baciarmi.
- E’ per questo che piangi? Perché ti ha baciata un gay? – spostai le mani dal viso e gli lanciai un’occhiata incendiaria, per poi rispondere con la mia linguaccia al vetriolo.
- Molto spiritoso. Mi sento in colpa, ecco perché piango. –
- Allora vai a parlare con Matt. Insomma, tu non volevi baciare Chase no? –
- Certo che no! Ma… hai appena detto che sta dormendo. Io… -
- E chissenefrega. Tanto avrà tutto il tempo per riprendersi domani mattina. –
- E se mi mandasse a cagare? –
- Beh, io lo farei onestamente. –
- Ma io e lui non stiamo insieme! –
- Non ancora Bethany… - mi strizzò l’occhio con fare equivoco, prima di sollevarsi dal divanetto con aria insopportabilmente misteriosa.
- Dove vai? – domandai sospettosa, stringendo le palpebre.
- Nel tuo letto dolcezza. Tu dormirai in quello di Matt tanto. E poi Prudence sta già dormendo, quindi non c’è alcun pericolo di morte per me. – arrossii come una camionetta dei pompieri, e la mia reazione fu talmente ridicola da provocare una risatina allo smielato.
- M-ma, ehi! – ma quello si era già chiuso la porta della camera – della mia camera! – alle spalle.
Compresi che per forza di cose mi sarei dovuta infilare in camera di chiappedoro. Non c’era via d’uscita.
Mi avviai così in direzione della sua stanza da letto e aprii, senza preoccuparmi di fare silenzio: tanto, di lì a poco, il ragazzo si sarebbe svegliato ugualmente.
Ciò che feci non fu una delle cose più furbe che avrei potuto fare, ma era una delle più efficaci per svegliarlo: mi infilai direttamente dentro le coperte in disordine e aspettai che si accorgesse di me.
Attesi, ma non per molto. Quello si voltò qualche secondo più tardi, prima di rendersi conto che colei che si era appena accostata accanto a lui ero io.
- Beh, che ci fai nella mia stanza? –
- Non cominciare, voglio parlarti. –
- Stevens, sono fuori… voglio solo dormire. –
- Ti verrà piuttosto difficile: Will si è appropriato del mio letto, mi ha praticamente sfrattata! –
Gli occhi azzurri erano semichiusi. Le labbra piene alla luce della luna sembravano ancora più belle.
- Hai visto tutto vero? – domandai seria, trattenendomi dal sfiorarlo con le dita.
- Se per tutto intendi il fatto che Chase ti abbia ficcato la lingua in bocca, abbia messo le mani sul tuo culo e che tu gliel’abbia lasciato fare… sì, ho visto tutto, e ho visto anche troppo. –
Lo guardai negli occhi, impassibile.
Da ubriaco era più semplice analizzare i suoi pensieri.
Rabbia, tristezza, e in un certo senso anche un briciolo – forse anche più di uno - di gelosia troneggiavano all’interno delle sue iridi azzurre.
- Se la cosa ti può consolare io non volevo baciarlo. –
- Ma l’hai fatto. –
- Non sapevo come comportarmi, io… non sapevo che cosa stava succedendo. Insomma… Chase è gay. – non risultava molto chiara come spiegazione, ma sembrava che avesse capito ciò che intendevo dirgli.
- Ho la netta impressione che tu mi stia chiedendo scusa. E sono pure ubriaco… la cosa è evidente. – mugugna, chiudendo le palpebre.
- Lo ammetto. Cioè, in realtà non dovrei farlo, visto che io e te non stiamo insieme. Però ti sei ubriacato, e pensare che sia stata colpa mia mi fa sentire in dovere di chiederti scusa. –
- E se io me ne fregassi delle tue scuse e ti mandassi a cagare? –
- Non lo faresti mai. –
- Ah no? –
- No… -
- E cosa te lo fa pensare? –
- Il fatto che io sia sul tuo letto, mezza nuda sotto le coperte. –
- Anche se non ci crederai mai, sono ancora capace di controllarmi. –
- Io non credo. –
La mia mano si mosse sotto le coperte, centimetro dopo centimetro, fino a sfiorargli la pelle, le anche, il petto. Le dita si muovevano da sole, e tutto ciò che potevo impedirmi di fare era guardarlo negli occhi.
Ma non significava che io volessi trattenermi dal farlo.
In quei brevi istanti in cui mi perdevo nei suoi occhi dimenticavo tutta la fatica fatta per tenerlo lontano, forse per non soffrire più, forse per non ammettere che in fondo il suo sguardo non avrei mai potuto ignorarlo. Forse anche lui sentiva che qualcosa nel mio modo di toccarlo era cambiato, perché, sebbene ubriaco, si avvicinò e si rannicchiò sospirando sul mio petto.
Fu allora che si addormentò, senza dire più nulla.
Fu allora che mi addormentai, con il profumo del suo dopobarba che mi avvolgeva come una calda coperta di lana nel bel mezzo dell’inverno.
 
(Pov. Will)
Avevo la netta impressione che Prudence fosse ancora sveglia, e questo sospetto si tradusse in realtà quando la sentii piangere. Pure lei. E che cavolo!
- Ma che avete tutti quanti? Hanno tagliato una cipolla supergigante oppure è morto Parmigianino? – nonostante fossi dubbioso sul fatto che qualcuno avrebbe pianto la dipartita di quell’orrendo gattaccio, questa sarebbe dovuta essere una battuta, ma sortì l’unico effetto di far tacere del tutto la ragazza.
Will alzò gli occhi al cielo: l’unico di buonumore era lui?
L’unico cretino a non essere in stato depressivo o isterico sembro essere io. Bah.
Si avvicinò senza troppe remore al letto della ragazza e si sedette al bordo, neanche troppo lontano dal corpo esile della stessa Prudence.
- Che hai, anche tu? –
- Non sono affari tuoi. – si aspettava una risposta del genere, perciò non battè ciglio. Con un’alzata di spalle, levò le lenzuola alla ragazza, lasciandola totalmente scoperta… e mezza nuda.
Quella si voltò, il viso arrossato e umidiccio, e mi lanciò una delle sue migliori occhiate omicide.
Mi sentii affettato da quei coltelli che aveva al posto degli occhi, ma sostenni quello sguardo con orgoglio.
- O mi dici perché stai piangendo e me ne vado a dormire nel letto di Bethany o rimango qua tutta la notte finché non mi dici tutto. Con queste in mano. – ero serio, serissimo, e tenevo ancora le lenzuola a distanza di sicurezza dal braccio della mora.
- Dai, ridammi le lenzuola. – schioccai la lingua in segno di diniego a quelle parole incazzose, l’espressione tronfia e guastafeste di uno a cui non piacciono i musi troppo lunghi.
Avere un migliore amico come Matt sembrava quasi un controsenso.
- Sei insopportabile! Dammi quelle lenzuola, ho freddo! –
- Sfido, sei praticamente nuda. –
- Ahh ti odio quando fai così, siete proprio uguali voi due! – si interruppe, e l’espressione si fece nuovamente triste, poi colpevole. Ormai non poteva ritirare ciò che avevo sentito uscire dalle sue labbra.
- Io e chi? – sollevai un elegante sopracciglio e lanciai le lenzuola sul letto di Bethany con un tiro da maestro. Per tutta risposta, una lacrima scivolò rapida e dolorosa sul viso della ragazza.
- Ti prego, vai a dormire. Non mi importa se dormi nel letto di Bethany, ma lasciami in pace. – la mia espressione si addolcì visibilmente. Mi sdraiai accanto a lei e rimasi a guardarla senza dire nulla per qualche istante. Poi il mio tono divenne dolce, quasi vellutato. Avevo paura di farle del male.
- Perché hai tanta paura di sfogarti con qualcuno? Mi hai detto che non mi disprezzi, ma mi allontani continuamente. Quello che non capisco è perché fai lo stesso anche con Bethany, e non se lo merita un comportamento tanto distaccato da parte tua. – si sa che con le buone maniere si ottiene molto più di quanto sembri.
E con Prudence sembrarono funzionare.
- Mi dispiace, ma non riesco a dimenticare quello che è successo. –
- Ma puoi parlarmene. O non ti fidi di me? –
- Il punto è che… è una cosa stupida… -
- Beh mica tanto se ti fa piangere. –
- A te potrà sembrare davvero idiota. –
- Se non me lo dici non lo potrai mai sapere. –
La ragazza sospirò e si asciugò il viso col dorso della mano. Si schiarì la voce e cominciò il suo discorso.
- E’ che tu e lui… il mio ex… siete troppo simili. Anche fisicamente. Cioè… in realtà siete diversi, ma in certe cose siete troppo… insomma… vi comportate allo stesso modo. Avete gli stessi atteggiamenti. –
- E’ per questo che mi odi? –
- No… è per questo che mi piaci. E mi odio per questo. –
Il mio cuore fece un balzo. Ora tutto aveva senso, e allo stesso tempo ne perdeva.
Quindi lei mi voleva solo perché le ricordavo il suo ex. Mi sentivo rabbioso nei suoi confronti, volevo dimostrarle che io e il suo ex non ci somigliavamo neanche un po’. Che ero tutta un’altra storia.
- Beh, io non sono il tuo ex, perciò smettila di frignare e guardami. Ti sembro il tuo ex? –
Lei mi guardò a lungo, con l’aria di una che vorrebbe essere ovunque, ma non qui.
- No... –
- Mi odi? –
- No. –
- Ti piaccio? –
- Io… –
- Ti piaccio? – ripetei con decisione.
Esitò, ma alla fine una flebile risposta uscì dalle sue labbra.
- Sì. –
- Allora cerca di metterti in testa che non sono il tuo ex. E nemmeno tanto stupido da lasciare una come te. – quelle parole mi uscirono dalle labbra come se non fossi stato io a pronunciarle, eppure sapevo di pensare esattamente ciò che avevo appena mormorato. Solo guardandola capivo che avrei voluto che quell’attimo non svanisse, che rimanesse intatto ancora per un po’.
- Questo vuol dire che io ti piaccio? – era sconcertata.
I suoi occhi erano colmi di dubbi anziché di lacrime, e poi… sembrava sempre più vicina.
Sarà che la mia mano stava avvicinando il suo collo, sarà che le sue labbra ormai erano a un soffio dalle mie. I nostri corpi cominciarono a provare l’uno il calore dell’altro, e il suo dolore si fuse con la mia voglia, e la sua voglia col mio rancore. Ci baciavamo, ma non erano abbastanza lingua e carezze.
Nulla di ciò che stava accadendo era sufficiente.
Bramavamo qualcosa che nessuno poteva negarci, che le barriere che ci eravamo autoimposti non potevano più arginare. Esse si frantumarono come le nostre esitazioni.
Il profumo del suo shampoo abbatté le distanze, le domande, abbatté tutto ciò che era d’ostacolo ai nostri desideri. Le mie mani correvano sul suo corpo senza tuttavia avere fretta, senza saziarsene, ma al contrario, accrescendone la fame. Sapevamo entrambi che sarebbe arrivato il momento in cui avremmo dovuto riempirci di ciò che ci mancava, e quell’istante arrivò.
La spogliai dei vestiti e delle paure, e lei fece lo stesso con i miei indumenti e la mia rabbia.
Non ci curammo del fatto che le lenzuola giacessero sgualcite e distanti sull’altro letto: tutto ciò che non eravamo io e lei ci era estraneo. Finché le nostre mani si toccavano e i nostri corpi rabbrividivano al contatto, finché facevamo del nostro respiro il respiro dell’altro, potevamo anche ignorare il fatto che i nostri sentimenti apparissero più chiari della realtà.
- Decisamente sì. -
Potevamo ignorare il giorno che stava arrivando e le conseguenze che avrebbe portato con sé.
 
(Pov. Prue)
Non ci credevo. Più ci pensavo e meno aveva senso.
Era successo, ed io non potevo che contemplare questa eventualità con un misto di incredulità e consapevolezza. Sentivo il suo calore tra le lenzuola e il suo respiro mi pungeva la pelle, e sapevo che non era un sogno ciò che era accaduto quella notte. Eppure mi era tutto sembrato così irreale, così maledettamente bello, che metterlo in dubbio non sembrava poi tanto impossibile.
Will cingeva con un braccio il mio corpo nudo, il torace muscoloso contro le mie spalle esili.
Ancora dormiva, ma io pensavo, pensavo, pensavo…
Pensavo a quanto fosse assurdo che Will mi piacesse così tanto, nonostante tutto.
Pensavo alle sue mani su di me e già volevo che tutto ricominciasse.
Ma soprattutto… pensavo a come l’avrei detto a Bethany.
- Buongiorno.. – fu il sussurro di un assonnato ma sorridente Will. Quando mi voltai con lo stesso sorriso rilassato verso di lui, nuovamente la distanza tra di noi scomparve.
- Che ore sono? – domandai dopo che ebbe baciato le mie labbra, in un sussurro assonnato.
- Ora di alzarsi direi. –
Sbadigliai rumorosamente, stiracchiandomi con naturalezza sul materasso.
- Allora sarà meglio andare a fare colazione. – asserii con un sospiro, puntellando i gomiti contro il cuscino per tentare di alzarmi, e di vincere così la forza di gravità che mi ancorava al letto, e in un certo senso a Will. Soprattutto a lui.
- Dove stai andando? – domandò il moro, cingendomi rapidamente i fianchi e impedendomi di conseguenza di sollevarmi dal letto.
- A mangiare no? Non so te, ho un po’ di fame… -
- Mh, di già? – fu il suo sussurro, prima di aggredire le mie labbra e farmi ricadere sui cuscini e sul letto sfatto.
- Sì, di già. – risposi sorridendo. Successivamente mi slegai dal suo abbraccio e mi misi a sedere, tastando il letto alla ricerca della biancheria.
- Quindi dovrei alzarmi pure io? –
- Nessuno ti obbliga. – infilai rapidamente reggiseno e mutande e andai alla ricerca di una maglietta e di un paio di pantaloncini da indossare per non passeggiare mezza nuda per casa.
Ancora una volta il mio pensiero andò a Bethany, a come avesse passato lei la notte.
Quasi speravo che pure lei avesse qualcosa da raccontarmi.
- Ritorniamo acidelle? – domandò scherzoso Will che, senza preoccuparsi di rivestirsi – o perlomeno di coprirsi con qualcosa – si alzò dal letto e si avvicinò alla ragazza, cingendole i fianchi con le sue braccia muscolose.
- Credi che Bethany sospetti qualcosa? – si limitò a rispondere Prudence, infilando rapidamente una maglietta con la faccia di Spongebob stampata sul davanti. Will si limitò a sbattere le ciglia incredulo per quella maglietta tanto ridicola, ma non riuscì ad astenersi dal commentare.
- Quella maglietta sarebbe capace di uccidere le fantasie sessuali di Chase di fronte a Brad Pitt nudo e sudato. -
- Questa maglietta la indosserò comunque. E in ogni caso non parlavamo della mia maglietta. –
- Bethany probabilmente ha avuto altro a cui pensare stanotte, e quella maglietta è orrida. –
- Basta! Non sviare. – si scostò dal ragazzo e infilò un paio di shorts di jeans.
- Non sto sviando… ma quella maglia è oscena. – Prudence si voltò di scatto e gli lanciò un’occhiataccia decisamente poco amorevole, per poi puntargli un dito contro il petto nudo con fare intimidatorio.
Fece uno sforzo immane per non sbavare sopra la magnificenza del suo torace, ma non riuscì esattamente a risultare minacciosa come avrebbe voluto. Maledetti ormoni!
- Se non la smetti di offendere la mia maglietta giuro che stanotte dormi con Parmigianino! –
- Okay, la smetto. – alzò le mani in segno di resa, ma era evidente il suo tono scherzoso.
La stava allegramente prendendo in giro, senza alcun dubbio.
- Vestiti e vieni a fare colazione. – gli dissi con un mezzo sorriso.
Era il segno che qualcosa stava cambiando: in una normale situazione gli avrei rifilato un pugno o qualcosa di poco amichevole. Ora invece mi limitavo a sorridergli come una stupida: decisamente, dovevo parlarne con Bethany.
 
*
 
Mi svegliai per colpa del letto, più precisamente per colpa di chi lo stava facendo muovere.
Sentii anche un fruscio provenire dai dintorni, come se qualcuno si stesse rivestendo.
Aprii lentamente gli occhi e, ancora intontita dal sonno, riuscii a scorgere i pettorali del figo di ghiaccio che venivano rapidamente coperti da una canottiera bianca.
In un attimo i ricordi della notte precedente riemersero, ed io mi sentii in dovere di parlare con lui.
- Matt…? - 
- Mh? – mugugnò, mentre si infilava rapidamente i jeans.
- Dobbiamo parlare. – mi misi a sedere, la voce impastata dal sonno, i capelli scompigliati e la maglietta che a malapena mi copriva le anche. In quel momento non mi importava di nulla, dovevo assolutamente chiarire la questione del bacio. Volevo chiarirla sul serio, parlarne da sobri.
- E cosa dovresti dirmi? – la sua indifferenza mi preoccupò: non avevo mai sentito quel tono tanto gelido da parte sua. Rimasi in silenzio per qualche istante, prima di sollevarmi dal materasso e di avvicinarmi a lui con cautela. Avevo la netta impressione che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto.
Più precisamente, avevo la sensazione che nulla sarebbe andato come speravo.
Tesi una mano verso il suo braccio, ma bastò un tocco a farlo allontanare da me il tanto giusto, in modo che non potessi farlo di nuovo. Allora abbassai la mano, e lasciai ricadere il braccio sul fianco.
Mi bruciavano gli occhi, e non era colpa del suo sguardo, che solo ora mi squadrava con ostentata freddezza. E ostilità, tanta ostilità.
- Scusa per ieri. Io… non volevo che tu bevessi tanto. – non che ne avessi esattamente colpa.
La sua reazione era stata decisamente esagerata, a parer mio. Eppure dovevo – volevo – spiegarmi.
- Tranquilla, tanto non ricordo nulla. – disse, con un tono che non mi convinceva proprio per niente.
Già il fatto che mi avesse appena dato le spalle per evitare di guardarmi mi lasciava spiacevolmente stranita. E d’improvviso capii che quel suo comportamento non era dettato dalla stanchezza, né dai postumi della sbronza del giorno prima.
- Non è vero, tu mi stai evitando. – improvvisamente il sonno provocato dal recente risveglio svanì totalmente, e una strana sensazione di vuoto si insinuò fastidiosamente all’altezza dello stomaco.
Sapevo che qualcosa stava cambiando, e non in meglio.
- Era ciò che volevi no? Ora ti starò lontano quanto vuoi. –
- Ti sto chiedendo scusa per qualcosa di cui non dovrei neanche preoccuparmi e tu ti comporti in questo modo?! Sai che ti dico? Continua ad ignorarmi, io farò lo stesso. – detto questo uscii dalla stanza, sbattendomi la porta alle spalle. Lui non mi fermò. Non fece nulla.
Mi ritrovai in men che non si dica ad entrare come una furia in cucina, conscia del fatto che il mio abbigliamento comprendesse la bellezza di un paio di boxer e di una maglietta neanche tanto lunga. Insomma, un disastro completo.
Il bello è che non mi importava della presenza di Chase e Prue, che sembrava essere appena uscita da una lobotomia per la sua espressione da Parmigianino lesso.
Espressione che non notai affatto.
- Buongioooorno tesoro! – fu il saluto del biondo, che intanto sorrideva bonariamente come se nulla fosse accaduto e sfoggiava il suo culetto tentatore con aria piuttosto innocente.
Non notai nemmeno quello. Pensavo a tutt’altro, pensavo a come avrei potuto sopportare una simile situazione. La mia risposta fu unicamente quella di aprire lo sportello e di estrarre il barattolo del caffè.
- Cugi! Buongiorno! – un altro saluto entusiasta, troppo gioioso per non destare qualche sospetto.
La Prudence di sempre non si sarebbe mai svegliata tanto di buonumore, sapendo di aver dormito nella stessa stanza di Will. Ma non mi accorsi nemmeno di questo.
La risposta che ricevette fu un vago tintinnare di cucchiaini e di tazzine.
Cominciai a prepararmi un caffè, il sedere in bella vista, i capelli arruffati e l’aria funerea di una che sta andando incontro ad una brutta morte.
- Betty? Sicura di star beneeee? – fu la domanda di Chase, pronunciata con palese accento da frocio, che evidentemente non aveva ben chiaro il fatto che il mio silenzio fosse un eloquente vaffanculo.
Strinsi i denti. Volevo evitare di far scoppiare un putiferio in cucina. Avrei potuto far credere a Matt che non me la fossi presa sul serio, ma non potevo mentire a mia cugina: Prudence aveva compreso che qualcosa non fosse andato esattamente per il verso giusto. Si avvicinò a me con disinvoltura e mi formulò una semplice domanda, che tuttavia rischiò di farmi mandare all’aria tutti i buoni propositi.
- Stai bene cugi? –
- Benissimo, ho… solo bisogno di un po’ d’aria. Vado a farmi un giro. – senza dare ulteriori spiegazioni mi diressi in camera, lasciando il caffè incompiuto.
Inutile dire che Prudence mi lasciò fare, per ora, ma sapevo che al ritorno dalla passeggiata mi avrebbe domandato che diavolo mi fosse preso.
E non mi avrebbe lasciata stare tanto facilmente. Per mia immensa sfortuna.
Mi preparai piuttosto rapidamente e, dopo aver raccattato un paio di jeans scoloriti e una maglietta nera piuttosto stretta, afferrai la giacca e di conseguenza chiavi e portafoglio e mi addentrai per il pianerottolo, senza accennare neanche un saluto in direzione di Chase che, come se nulla fosse, si stava preparando un toast. Non mi accorsi del suo sguardo indagatore mentre mi chiudevo la porta alle spalle, né del fatto che fino a pochi secondi prima mi stava impertinentemente guardando il culo.
 
Le gambe mi portavano lontano, e la strada che seguivano non mi era del tutto sconosciuta, anche se ancora non ci ero particolarmente abituata. Con le mani nelle tasche e i capelli non propriamente perfetti, camminavo a passo rapido e con il capo lievemente chino, senza ben aver chiaro dove mi stessi dirigendo, almeno fino a quando non ci arrivai direttamente.
Sapevo solo che nelle vicinanze avrei trovato il bar dove avevo ‘conosciuto’ Brian e Nick.
Onestamente non mi aspettavo che si ricordassero di me, né desideravo che lo facessero.
Quando presi posto ad un tavolino, totalmente sola e con la testa fra le nuvole, non attesi molto tempo, poiché un ragazzetto alto e aggraziato arrivò a prendere le ordinazioni.
- Un cappuccino e una pasta alla marmellata – fu ciò che dissi, con lo sguardo ancora saldato alla superficie del tavolo di legno.
- Come mai sola soletta? – rispose il ragazzo, sorridente e biondo come non mai. Brian. O forse Nick?
Riconoscerli era piuttosto difficile, ed io ero troppo fuori di me per comprendere alcunché.
- Oh, ciao. – dissi, quando sollevai gli occhi in sua direzione.
Non sorrisi, mi limitai ad un cortese quanto glaciale saluto.
- Ricordo vagamente un muso lungo, ma non era il tuo. Mattinata cominciata male? –
- Spero che il muso lungo a cui ti riferisci si getti dal balcone del palazzone dove abita insieme a Parmigianino. Ma sto bene, sul serio. –
- Parmigianino? – sapevo che era confuso tanto quanto chiunque altro lo sarebbe stato se avessi nominato tale esemplare felino.
- Lunga storia, lascia stare. – scossi il capo stancamente e riabbassai lo sguardo su un graffio piuttosto interessante del tavolino. Mh, forse non proprio interessante.
- Okay, cappuccino, pasta alla marmellata e una lunga serie di domande fastidiose. Arrivo subito. – allegò un occhiolino alle sue parole e sparì dietro il bancone, a un tiro di schioppo dalla postazione nella quale avevo scelto di piazzarmi. Sospirai rassegnata e, senza capire per quale motivo il biondo se la prendesse tanto a cuore, attesi che arrivasse a servirmi.
Quasi speravo che non tornasse: cercavo solitudine, non un consulente sentimentale!
E invece quello parve metterci meno del previsto, o per lo meno, meno di quanto sperassi.
In uno sbatter di ciglia si era già accomodato davanti a me.
Alzai un elegante sopracciglio, senza preoccuparmi di celare il mio disappunto.
- Ma tu non dovresti lavorare? – domandai perplessa, osservando alle sue spalle una ragazzetta dai capelli rossicci e gli occhiali indossare un grembiule con aria scontrosa.
- Mi sostituisce Martha, molto gentilmente. – rispose, accennando con il capo alla ragazza sulla quale avevo appena messo lo sguardo. Tutto mi sembrava, meno che gentile.
- Mh, ho l’impressione di averla già vista. – aggrottai le sopracciglia, nel tentativo di comprendere dove questo fosse accaduto, ma niente.
Non mi veniva in mente proprio nulla.
- Magari, quando sei venuta qualche giorno fa, l’hai intravista. Ma… ti dispiace se mi siedo con te? –
- Sei già seduto. – scrollai le spalle, allungando una mano verso il cappuccino fumante.
- Ti ricordavo più amichevole. Il che porta a farmi gli affari tuoi. –
- Gli affari miei non sono poi tanto interessanti. – portai la tazza candida alle labbra e bevvi un lungo sorso di cappuccino, per poi abbassarla nuovamente e passare alla pasta.
Avevo fame, anche se sentivo una strana pesantezza allo stomaco.
- Mettiamo che lo siano. –
- Ma non lo sono. –
- Sono un tipo ficcanaso, e mi pare che tu sia piuttosto incazzata con un certo muso lungo. –
- Non sono io ad essere incazzata con lui. E sì, sei molto ficcanaso. –
- E tu non sei una che racconta i propri cazzi in giro, giusto? –
- Esattamente. –
- Facciamo così: pago io. –
- Il bar è tuo no? –
- Beh, fai finta che stia pagando io. Saresti un po’ più gentile con me? –
- Probabilmente farei un sorrisetto e continuerei a fare finta che parlare dei cazzi miei con uno sconosciuto sia perfettamente normale. –
- Beh, anche i migliori amici un tempo sono stati sconosciuti. Fai finta che io diventerò un buon amico e raccontami dei tuoi problemi. Che ti frega? –
- Mi frega che non ne ho nessuna voglia. Insomma, possibile che tu faccia così con tutti quelli che incontri per strada? –
- No, solo con le ragazze particolarmente carine. –
- Allora perché parli con me? –
- Spiritosa! Tu sei molto più che carina… - sollevai lo sguardo: volevo accertarmi che non mi stesse prendendo per il culo, e, nonostante di lui conoscessi solo il nome e le caratteristiche fisiche, mi resi conto che non mi stava prendendo per il culo.
- Mi fa piacere che almeno qualcuno mi apprezzi, ma davvero, non ho nulla di interessante da raccontare. Ti annoierei e basta. – il mio tono si era stranamente ammorbidito, forse perché quel ragazzo mi stava fin troppo simpatico.
Di certo non era un tipo musone come quello da cui stavo fuggendo.
- Dove hai lasciato la cricca? – domandò improvvisamente, cominciando a sorseggiare il caffè che, me ne accorsi solo quando lo vidi con la tazzina in mano, si era portato dietro insieme alla mia ordinazione.
- A casa, sai… siamo tutti coinquilini. –
- Uh, bel casino. Ora capisco perché quell’espressione da martire. –
- Cosa vorresti dire? – addentai la mia pasta con fremente curiosità, senza staccare lo sguardo dal biondo in questione. Mi accorsi che i suoi occhi erano di una bella sfumatura di grigio, ma non mi ci persi come avrei fatto se mi fossi ritrovata davanti quelli azzurri di Matt. Già, Matt.
- So bene cosa stai passando. Cioè, i coinquilini sono delle rotture di palle. Figurati che io divido il mio appartamento con Nick e Martha… - dopo aver nominato quest’ultima, indicò la ragazzetta dai capelli rossastri, quella che un istante prima aveva accettato di sostituire il ragazzo, e abbassò il tono della voce, inclinandosi lievemente in mia direzione, in modo che potessi sentire ciò che stava per dire - …lei è davvero insopportabile, eppure mio fratello è da qualche tempo che se la porta a letto. Cosa ci trovi di bello in lei non credo di averlo ancora capito: è sempre così antipatica e irascibile con tutti! – alzò gli occhi al cielo, prima di ritornare ad assumere un tono di voce più alto.
- Mi chiedo come sarà quando avrò dato tutti gli esami allora! Un macello, di sicuro. –
- Primo anno di università? –
- Già, per di più alla stessa facoltà dello stronzo! –
- Lo stronzo immagino sia il musone. –
- Non so come, ma stai riuscendo a farti gli affari miei. –
- Sono un asso in questo. –
- Sei sicuro di voler sapere cos’è successo? –
- Io ti ascolto. Quando mi vedrai collassare sul tavolo significa che non ho più voglia di sentirti. Ma non succederà, perciò… - sorrise, e improvvisamente sentii gli angoli della bocca incurvarsi in un sorriso amichevole.
Decisamente, quel ragazzo mi stava maledettamente simpatico.
Bevvi un lungo sorso del cappuccino e cominciai a raccontare, anche se esattamente non sapevo cosa avrei potuto dirgli.
Sapevo solo che continuavo a pensare a quando le mie dita avevano sfiorato il braccio di Matt, al calore che avevo sentito, alla sensazione di vuoto provata quando si era allontanato con tanta urgenza dal mio tocco.
Cominciai a sentire le lacrime bruciare all’interno delle palpebre, ma trattenni, anche se la voce tradiva in parte il mio stato d’animo.
- Vedi, io e Matt non stiamo insieme, eppure lui… si comporta come se io sia sua o debba per forza dargli ascolto. Il fatto è che ieri notte è successo qualcosa di strano. – mi ero spiegata da cani, ma non sapevo come esporre qualcosa di tanto contorto e complicato – che oltretutto non capivo nemmeno io – a qualcuno che non conosceva pressoché nulla di lei, né tantomeno degli altri.
Intanto lui terminò il suo caffè il un sorso, per poi riprendere la parola.
- Quanto strano? – incalzò curioso, con quegli strani occhi grigi fissi su di me.
Pareva gustarsi ogni parola come se fosse una succosa macedonia. Io d’altro canto non comprendevo il perché di tanto entusiasmo, ma non mi tirai indietro, anzi, continuai il mio discorso senza interruzioni.
- Molto. Insomma, Chase – quello biondo – è gay, eppure… ieri si stava comportando in modo strano, e quando sono uscita fuori dal locale nel quale siamo andati, per parlargli e chiedergli cosa gli fosse successo, lui… beh, mi ha baciata! E di certo non mi ha baciata come farebbe un gay!
È solo che io ero talmente sorpresa che non sono riuscita ad allontanarlo. Sospetto che Matt abbia visto la scena perché ha cominciato a bere, bere, bere… finché non si è ubriacato del tutto. E quando stavamo tornando a casa non faceva che lanciare frecciatine piuttosto evidenti a Chase. Stamattina avevo intenzione di chiarire con lui, ma mi ha liquidata con poche parole. Davvero, io sono talmente incazzata – con entrambi – che non so come comportarmi. –
- E così hai voluto fare un giro per evitare di prendere a padellate entrambi. – annuii afflitta, rigirando il cappuccino con il cucchiaino.
- Matt pensa che io mi sia lasciata baciare perché mi interessa Chase. Ma… Chase è gay! –
- Io non ci giurerei, anche se non mi viene in mente nessun motivo per cui dovrebbe fingere di esserlo… in ogni caso non capisco che vuole questo idiota: tu mica stai con lui! Anche se ti interessasse questo Chase lui non dovrebbe avere nulla da ridire in proposito. –
- Evidentemente non è così. –
- Evidentemente gli piaci. –
Scossi il capo violentemente, come se il mio cervello si rifiutasse categoricamente di considerare quest’eventualità, neanche tanto remota.
Intanto all’interno del mio stomaco parevano essersi formate diverse famiglie di fastidiosi insetti sgambettanti.
Qualcuno le chiamerebbe farfalle.
- Ma neanche mi conosce! Insomma… -
- E a te piace lui. –
- Assolutamente no! Provo solo repulsione per lui. – Sì certo, come no: per un esemplare altamente scopabile come Matt è possibilissimo provare repulsione! COME NO!
- Allora spiegami il perché di tanto incazzo. Ti stai letteralmente mangiando il fegato! Io non sarò un tipo particolarmente empatico ed attento, ma è chiaro che lui non ti è del tutto indifferente. –
- Perché è un idiota e non deve intromettersi in cose che non lo riguardano minimamente! –
- Nonono, non me la bevo! Tu e Matt avete scopato? –
- Perché fate tutti le stesse domande? – sviai rapidamente, sentendo le guance imporporarsi altrettanto velocemente.
- Scommetto che dai a tutti la stessa risposta. – mi resi conto che Brian trovava sin troppo divertente mettermi in difficoltà, ed avrei tranquillamente evitato di dare una risposta se solo non avessi appena compreso che, sì, forse sia lui che gli altri non avessero poi tutti i torti.
- No, non abbiamo scopato. Però… -
- Ci siete andati vicini? –
- Vicinissimi. Fin troppo. –
- Ora capisco un bel po’ di cose. Questo cambia tutto. –
- No invece, non cambia proprio un accidenti: solo perché ci siamo scambiati qualche bacetto… magari un po’ spinto, ma pur sempre bacetto… quello stronzo non ha il diritto di farmi sentire come un Parmigianino lesso! –
- Okay, ora spiegami chi è questo Parmigianino! –
- Meglio che tu non lo sappia… - liquidai l’argomento con fare enigmatico, ricordandomi che dovevo ancora terminare la pasta alla marmellata, ora un po’ fredda, ma pur sempre ottima. Portai il dolce alle labbra e lo finii di mangiare in due bocconi piuttosto grandi, per poi finir di bere anche il cappuccino.
- In ogni caso so che può sembrarti strano che un tipo come lui possa piacerti. -
- Penso che sia assurdo. Ora che cazzo faccio? –
- Non è una tragedia: lascialo cuocere nel suo brodo e aspetta che faccia un passo falso. Così avrai le idee più chiare. –
- E poi? –
- Poi dammi il tuo numero. Non spererai di cavartela così a buon mercato?! –
Sorrisi così, spontaneamente, senza che mi sentissi obbligata a farlo. Avevo la netta impressione che io e Brian saremmo potuti essere buoni amici, se solo io mi fossi comportata meno da asociale.
Per questo motivo decisi di dargli il mio numero: sentivo che di lui avrei potuto fidarmi.
 
- Sono tornaaaata! – se quando avevo messo piede fuori dall’appartamento avevo un’aria funerea non indifferente, in questo momento – mentre rientravo con un sorriso piuttosto ampio all’interno di quella che ormai era diventata la mia nuova dimora – pareva che fossi appena uscita da una lobotomia.
Mentre appendevo la giacca canticchiando (sì, canticchiando) sentivo gli sguardi di almeno metà dei coinquilini puntati contro.
Senza degnare di un solo sguardo nessuno dei presenti, Matt compreso, mi diressi verso la mia cameretta con l’aria di chi ha appena trovato Parmigianino morto schiacciato sul bordo del marciapiede.
Insomma, piuttosto serena e compiaciuta. Per cosa?
Beh, avevo un piano, sapevo come agire: dovevo solo sperare che funzionasse.
Mi chiusi la porta alle spalle, dirigendomi rapidamente verso l’armadio e cercando alla cieca un paio di pantaloncini che avrei potuto indossare per starmene comodamente stravaccata sul divanetto della cucina a leggiucchiare qualche rivista a caso. Allo stesso modo, cercai una canottiera leggera che mi avrebbe permesso di non sudare per il troppo caldo.
Raccolsi i capelli in una coda fatta alla meglio, senza preoccuparmi dell’aspetto casalingo che avrebbe potuto darmi.
- Bethany? – una vocina alle mie spalle mi fece voltare e, dopo aver scorto mia cugina, sorrisi inevitabilmente, certamente sconcertata per quello strano cambiamento di umore avvenuto in poco più di sessanta minuti d’orologio.
- Cugi! Dormito bene? – domandai allegramente, ripiegando l’abbigliamento utilizzato la mattina stessa e riponendolo con cura negli appositi cassetti.
- Direi di si. Credo che tu mi debba spiegare un po’ di cose. – sapevo che aveva incrociato le braccia al petto ancora prima di voltarmi ad osservarla, infatti quando lo feci la trovai con l’aria curiosa e minacciosa che chiunque avrebbe identificato come indagatrice e le sopracciglia lievemente inarcate.
- Ho fatto un incontro interessante oggi. – spiegai piuttosto rudemente, accomodandomi con un balzello sul materasso del mio letto. Sospirai, conscia che di lì a poco mia cugina avrebbe cominciato a tormentarmi con un interrogatorio in piena regola.
- E che cosa aspetti a raccontarmelo?! –
- Sisi aspetta. Ti ricordi quel tipo biondo del primo bar dove siamo andate dopo essere arrivate? –
- Uhm, vagamente… mi pareva si chiamasse Nick. –
- Sì, ma non lui, il fratello, quello che mi ha chiamata a cantare. –
- Ora ricordoo! Lui? –
- Esatto, pensa che mi ha offerto la colazione! –
- Che gentile eh? Stava solo reclamando la tua… -
- Probabile. Ma sai cos’è strano? Mentre chiacchieravamo mi ha detto che secondo lui io piaccio a Matt! – scoppiai a ridere, sebbene davanti ai miei occhi trovassi una Prudence piuttosto seria.
- Cugi, è quello che sto cercando di dirti da quando ha posato gli occhi su di te. –
- Ma è totalmente folle! Insomma, dire che io e Matt ci piacciamo sarebbe come dire che tu e Will possiate smettere di litigare o fare sesso senza tentare di uccidervi! Assurdo no? – non mi interrogai sul perché Prudence aprì e richiuse la bocca tanto rapidamente in una sola manciata di istanti, tanto ero impegnata a ridacchiare per l’assurdità – quella che io consideravo tale – che Brian credeva tanto fermamente fosse reale.
Quando mi accorsi dell’aria stralunata e alluvionata di mia cugina, la mia espressione ritornò seria, e, convinta com’ero che Prudence fosse preda di qualche visione mariana, le misi una mano sulla spalla per accertarmi che fosse ancora viva.
Quando gli occhi castani ritornarono alla terra, più precisamente ritornarono ad osservarmi, ripresi la parola:
- Parmigianino ti ha mangiato la lingua o hai appena visto un cacatua ballare la conga sull’armadio? –
- N-no, niente. Pensavo che… ehm… hai ragione. Sarebbe assurdo se io e… sì, mi hai capita. –
- Sicura di non aver bisogno di un esorcista? –
- Sì sicura. Ora è meglio che vada a farmi una doccia, prima che entri qualcun altro. – prima che quest’ultima potesse mettere mano alla maniglia, qualcuno bussò alla porta della camera, ed io, aggrottando le sopracciglia, mi domandai chi fosse.
Ci misi molto poco a scoprirlo, poiché Prudence, senza domandare chi fosse, aveva già aperto la porta al primo tocco.
Sulla soglia comparve un Will sorridente e con un’aria indiscutibilmente sospetta.
Mi domandai che cosa potesse volere da noi, così salutai con allegria e una punta di curiosità.
- Will! Ti serve qualcosa? – indagai, notando una punta di nervosismo da parte di mia cugina.
Non mi interrogai a lungo, anche perché non mi diedero modo di farlo, visto e considerato che Prudence non ci mise molto ad afferrare per un braccio lo smielato e a trascinarlo in malo modo per il corridoio.
- Giusto in tempo! Io e te dobbiamo parlare! – fu l’esclamazione sbrigativa della ragazza, che si richiuse piuttosto frettolosamente la porta alle spalle.
Convinta com’ero che Will ne avesse combinata un’altra delle sue, scrollai le spalle e cercai a tentoni il cellulare, abbandonato chissà dove nei dintorni del letto, per poi comporre il numero di mio padre e tentare di chiamarlo come mio solito.
 
(Pov. Prue)
Folle. Ecco un aggettivo per descrivere ciò che avevo intenzione di fare in questo preciso istante.
Le parole di Bethany mi avevano scavato dentro come una trivella, e mi avevano resa insicura e labile.
Non riuscivo nemmeno io a comprendere per quale motivo temessi tanto il suo giudizio, ma quella risata e quella frase avevano distrutto in me ogni spensieratezza, ogni intento di illustrarle quanto accaduto quella stessa notte.
Se prima avevo l’intenzione di confessarle che io e Will avevamo fatto sesso, ora quell’intenzione era svanita in una nuvoletta di fumo.
Desideravo sparire, ma prima dovevo assolutamente parlarne con Will, e sapevo che ciò che stavo per dirgli non gli avrebbe fatto affatto piacere.
Ma come potevo spiegargli cosa mi bloccava senza che mi prendesse per pazza?
Potevo solo sperare che non mi urlasse contro.
- Io e te dobbiamo assolutamente parlare! – esclamai, richiudendomi la porta del bagno alle spalle, dopo essermi accertata che nessuno avesse visto nulla.
- Sono tutto orecchi! Le hai parlato per caso? –
- No, non le ho detto nulla. E non deve sapere niente. Né lei né nessun altro. –
- Ah e per quale – assurdo – motivo? – la sua espressione mutò da interessata a incazzosa in meno di qualche istante, ed io mi feci piccola piccola di fronte al suo sguardo, sebbene cercassi in tutti i modi di mostrarmi il più categorica possibile.
- Perché… beh… è assurdo! È stato un errore, e deve rimanere tale. Insomma, non parliamone più! –
- Mi stai dicendo che dovrei fare finta di non aver fatto sesso con te?! –
- N-non urlare ok? –
- Invece urlo, perché sei davvero incredibile! Spiegami per quale cazzo di ragione ora dovremo far finta di nulla! Io non voglio fingere. –
- Senti io… ieri ero ubriaca, non ero perfettamente in me e ho sbagliato. Mi dispiace ma… è così. – non ero mai stata in grado di mentire senza abbassare lo sguardo o senza renderlo palese, ma Will era talmente arrabbiato e deluso che non parve accorgersi del fatto che le mie ultime parole fossero del tutto false e dettate dalla paura che qualcuno potesse venire a conoscenza dei fatti recenti.
- Smettila di dire cazzate! Stamattina non mi sembravi affatto disgustata! O te lo sei dimenticato? –
- Non me ne importa un accidente! Nessuno dovrà mai sapere nulla di questo. E non dovrà mai più accadere, chiaro? – cercai di mostrarmi decisa, e a quanto pare ci riuscii alla perfezione, poiché l’espressione di Will esprimeva più di quanto lui stesso immaginasse di mostrare.
Di certo la delusione non riuscì a mascherarla, neanche in minima parte.
- Se è questo che vuoi… - non terminò la frase: si limitò a lanciarmi un’ultima occhiata inceneritrice e uscì dal bagno così come c’era entrato, lasciando dietro di sé una scia di malinconia che non mi lasciò affatto indifferente. La mano andò a coprire la bocca e, con la morte nel cuore e un’ultima occhiata allo specchio, mi resi conto di aver appena fatto una cazzata… una grossa cazzata.
Avrei voluto sbattermi ripetutamente la testa contro il lavandino, ma alla fine decisi semplicemente di isolarmi per buona parte della giornata e infliggermi qualche sadica punizione, come ad esempio ascoltare l’mp3 di mia cugina. Come avrei smesso di pensare alla notte appena trascorsa ancora non lo sapevo, ma speravo che sarebbe bastato dormirci un po’ su: come al solito, mi sbagliavo.




Nda: Sappiate che volevo aggiornare prima, ma mi sono resa conto di essere sommersa di studio, compiti, amiche, ragazzo e quant'altro e non sono riuscita a scrivere più di tanto, tantomeno ad aggiornare. Vabbè, pazienza, spero che non siate tutti fuggiti per la mia lentezza nell'aggiornare ç_ç io vi amo comunque!
Come vedete questo capitolo è un po' un capitolo di ribaltamenti u_u se prima erano Bethany e Matt quelli che sembravano essere sulla giusta via per condividere il letto ora avrete notato che Will e Prue si sono portati più avanti di loro XDDD e non è finita qua! Ho graaandi progetti per voi e.e (?)
Non immaginate neanche cosa la mia mente malata abbia in serbo per voi, e spero che voi lettori aumentiate sempre di più per avere un parere su questa storia.
Ho notato più recensioni nell'ultimo capitolo, e questo mi rende davvero FELICE, e spero che tutti voi continuiate a seguirmi, perché tengo particolarmente a quella Originale, per vari motivi ;) ora vi mollo, sperando di riuscire ad aggiornare prima della prossima era glaciale.
Ringrazio come al solito chiunque perda tempo nel leggere e commentare questa storia, augurandomi che non diminuiscano per colpa della mia incostanza.
A presto, spero (L) Frens
   
 
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