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Autore: Molly182    05/02/2012    1 recensioni
Prendere un aereo non era mai stato così difficile come in quell’istante! C’era in gioco tutta la mia vita, i miei sogni e la speranza di stare bene, una volta atterrata.
P.s. La maggior parte dei capitoli sono accompagnati da delle canzoni che si trovano linkate nella storia :)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap 20
Erano passate due settimane da quando avevo incontrato Jennifer al supermercato e mi ero promessa che quando, sempre se, lui si fosse presentato davanti alla mia porta gliel’avrei sbattuta in faccia.
Oppure mi sarei limitata a non andare ad aprire, cosa che feci finché il campanello non suonò per la sesta volta.
“Mary, so che sei in casa, aprimi”, mi urlò da dietro la porta. “Ehi”, mi disse con quel tono così famigliare da sotto il suo solito cappellino. Mi limitai a guardare le sue scarpe nere per capire che non sarei riuscita a sbattergli la porta in faccia così alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi e il suo sorriso. “Mi fai entrare?”, mi spostai di lato lasciando libero il passaggio.  “Come stai?”, mi chiese fermandosi in mezzo al soggiorno.
“Bene, grazie”, dissi freddamente. “Il tour?”
“Bene anche se hanno aggiunto...”
“Si lo so, ho incontrato Jennifer qualche settimana fa”
Non volevo dargli l’impressione che m’importasse qualcosa di lui, che lo avevo aspettato così a lungo o che mi stesse guardando come sempre, ma era difficile fingere quando si aveva i suoi occhi puntati addosso.
“Ti sei divertito? Fatte nuove conoscenze? Sentito qualcuno?”
“Sì, i fan sono...”
“Sai cosa intendo!”, mi lasciai fuggire. “La tecnologia è avanzata col passare del tempo e hanno inventato i telefonini”
“Lo so... mi disp...”
“Lascia stare, non dovremmo neanche discutere di questa cosa, va tutto bene”
“Smettila di dire che va tutto bene, so che non è giusto, quindi smettila di dirlo… avrei dovuto chiamati, hai ragione”
Gli passai oltre entrando in cucina e mi appoggiai al lavandino dandogli le spalle. Sentii i passi delle sue scarpe raggiungermi poco dopo e il suo braccio attorno alla mia vita. “Mi sei mancata”, mi disse sussurrandomi in un orecchio. Il suo respiro mi faceva il solletico e il suo sorriso mi scioglieva.
“Thomas, smettila, non giocare con me”
“Non sto giocando”
“Cosa ci fai qui?”, gli chiesi liberandomi dalla sua presa. “Non vi siete mollati giusto? Perché mai dovreste? Lei è così carina e gentile... vi ho visto assieme in tv e sui giornali, perché non torni da lei e mi lasci stare? Sappiamo benissimo perché non hai chiamato”
“Mary...”
La peggior cosa che può accadere è che quando litighi con qualcuno senza alzare la voce è come se stessi facendo una qualunque discussione e non capisci se sta realmente accadendo o se è soltanto la tua voce interiore a urlare.
“Hai ragione!”, gli dissi. “Non hai nessun motivo per scusarti, infondo non mi hai detto che l’avresti lasciata e non so neanche il motivo per cui l’abbia pensato, siete stati insieme per quanto? Due, tre anni?
“Cinque”
“Appunto, sono stata così stupida a pensare che avresti rotto con lei soltanto per uno stupido bacio e ho fatto come mi hai detto, sono restata qui ad aspettarti contro la mia volontà e sai una cosa? Mi sento così stupida e...”
“Smettila di dire queste cose...”
“Non vuoi rompere con lei, vero?”
“Il fatto è che quando stai da troppo tempo con una persona hai iniziato a prendere le sue abitudini e quando poi incontri un’altra persona che ti fa innamorare devi capire se vale realmente la pena abbandonare tutto per lei”
“Sei serio?”
“Io...”
“Il semplice fatto che tu mi abbia baciato è sufficiente per rompere con lei, ascoltami bene, non lo dico perché voglio che la lascia all’istante ma per il semplice fatto che se l’amavi realmente non avresti dovuto avere la necessità di baciarmi e nell’attimo in cui l’hai fatto, anche se è durato per poco più di un secondo, hai smesso di pensare a Jennifer per quell’istante”
Non sopportavo l’idea di stare nella stessa stanza con lui. Avrei rischiato di prenderlo a sberle se mi avesse guardato di nuovo negli occhi con quell’aria dispiaciuta. Mi ero spostata ed ero già fuori casa.
Sentii il rumore delle sue scarpe sul marciapiede poco distanti da me. Quel rumore che mi diceva che stava tornando da me, quel rumore che adoravo.  Smisi di sentirlo quando fu a pochi millimetri da me e non disse nulla. Le sue dita s’intrecciarono con le mie così da farmi fermare. Sorrideva come sempre e la sensazione di rabbia stava ricomparendo.
“Smettila di sorridere”, gli dissi cercando di liberarmi. Si limitò a non rispondermi e tirarmi verso di lui così da far incontrare le nostre labbra.
“Non baciarmi”, gli dissi colpendoli con una mano il petto.
“Perché?”
“Per Jennifer”, mi fissò negli occhi e si mise a ridere.
“Sei così diversa dalle altre”
“Finiscila di dire queste cose”
“Fammi indovinare, per Jennifer?”
“Si”
“E non ti basta sapere che ho ancora tutti i bagagli in macchina? Che appena sono atterrato ho pensato di venire qua da te e non tornare a casa?”
“Ti sembra una scusa plausibile?”
“Perché t’importa così tanto che ho la ragazza? Non potresti fare come le altre e farti lasciare baciare?”, mi chiese quasi scocciato. “Voi ragazze non dovreste essere affascinate dalle rockstar?”, disse, ora, sorridendo e addolcendo la sua voce. “Ma in fondo tu non sei come le altre, non saremo qui se non ti avessi dato un passaggio quella sera”, si avvicinò di nuovo e mi rubò un altro bacio.
“Non riuscirai a farmi cambiare idea”, mi spostai allontanandolo da me. “E smettila di baciarmi, non voglio essere baciata da te”
“Questo è credule”
“È la semplice verità”, mi allontanai. “Lasciami qui e vattene a casa”
“Ma la casa è tua”
“E chi ti ha detto che devi tornare a casa mia”, gli dissi sottolineando l’ultima parola.
Ricominciai a camminare lungo il vialetto ma sentii ancora quel suono alle mie spalle e poi il suo braccio prendere la mia mano.
“Cosa vuoi ancora da me?”, gli urlai.
Mi tirò a sé e mi baciò per una medesima volta. Non cercai di scappare questa volta né di staccarmi da lui, le voci che echeggiavano nella mia testa dicendomi di stare alla larga da lui erano state soffocate dalle sue labbra.
Una macchina che suonò il clacson mi riportò alla realtà dei fatti, di cosa stava facendo e di come ero ceduta. Lo spinsi via. “Lasciami stare”, gli urlai. “Non seguirmi”, gli dissi usando lo stesso tono di voce. Mi voltai e tornai in casa, questa volta senza sentire il rumore delle sue scarpe dietro di me. Il tempo di chiudere la porta e le prime lacrime scivolarono sulle mie guance.
   
 
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