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Autore: elyxyz    06/02/2012    28 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Cap 53 parole Seguito diretto del cap precedente

Miei cari lettori,

oggi è un giorno speciale, perché Linette spegne due candeline. *O*
Ebbene sì, sono passati esattamente due anni da quando ho postato il primo capitolo di questa storia.

Benché la trama fosse decisa fin dall’inizio, non avevo preventivato che diventasse così lunga, ma sono felice di dare spazio a personaggi ed eventi che, in origine, erano solo piccole comparse.

E vorrei ringraziare chi è rimasto fedele a questa fic: chi dall’inizio, chi da più tardi; e salutare chi ha perso interesse o segue silenziosamente.
Grazie per ogni commento ricevuto, per ogni consiglio ragionato, per ogni frase d’incoraggiamento.

Non credo si arriverà mai al terzo compleanno. Fra un anno, mi auguro di essere nel bel mezzo del suo seguito-raccolta.
Ma spero che continuerete e commentare e a sostenermi, fino alla fine della storia.
Io, da parte mia, cercherò di continuare a dare il massimo delle mie possibilità e proverò a venirvi incontro, per quanto possibile.
Vi voglio bene.
Ely



Il seguente capitolo è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dell’8° giorno dall’arrivo alla locanda: la fine della Festa di Litha e tutto il 9° giorno, fino a sera.

 

Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LIII      

 

 

“Le frittelle alle rose e sambuca, oppure la frittata al timo e cipolle... sono deliziose e fanno parte della tradizione di questa festa.” Spiegò Merlin, leccandosi le dita dopo l’ultimo boccone.

 

“E’ un mondo che mi è completamente oscuro.” Ammise il principe, assaggiando l’ennesima frittella che la signora Rosy aveva lasciato loro come provvista personale – per i miei sposini preferiti!, aveva specificato.

“Confesso che mi destabilizza alquanto. Come prima, vedere i salti nei fuochi, le danze propiziatorie oppure il rito delle mani nel catino... per te, invece, tutto questo è normale. Persino la magia lo è!” considerò, con uno sforzo visibile.

 

“Beh... questa è la mia terra natale.” Riconobbe il servo. “Fin da che ero in fasce, ho assistito a cose come queste. Il villaggio si animava a festa, anche se in toni più pacati di qui.”

 

Ma a Ealdor, per esempio, la magia non è praticata.” Le appuntò.

 

Linette si rabbuiò.

Ealdor è un paese di frontiera con Camelot, e la gente teme la collera di re Uther. Sa che Cenred non verrebbe a salvarli, se fossero sorpresi a compiere magie sul confine dei regni.

Ma pregano la Dea e compiono devotamente i riti e le purificazioni per il raccolto, e per il bestiame.

 

“Ti manca il tuo paese?” le chiese Arthur, a bruciapelo.

 

Lo stregone gli fece un sorriso tirato.

“La fame? La povertà? Le razzie? Le leggi ingiuste di re Cenred?” elencò, retorico. “No, assolutamente no. Ma a volte sento la nostalgia del silenzio. Delle sere quiete attorno al fuoco a chiacchierare. Ammise, rivelandogli uno dei suoi più segreti bisogni.

 

Merlin non aveva mai sentito la mancanza di Ealdor, visto che laggiù non era mai stato amato dai suoi compaesani, ma un po’ sentiva il rimpianto della vita semplice contadina, come lì, dove le feste non erano state bandite per ordine del sovrano, dove poter passare la notte a vedere le stelle in silenzio. Dove sua madre gli preparava piatti umili ma fatti con amore, e lo abbracciava con affetto e calore.

A Camelot c’era troppo fermento, un ritmo caotico che obbligava tutti ad adeguarsi ad esso. Non c’era mai tempo per riposarsi, per gustarsi un tramonto, o per godersi la vita.

 

“Pensi… pensi che anche a Merlin mancasse tutto questo?” si ritrovò a chiedere il principe, con espressione incerta. “Per questo, tarda a tornare…” da me? “da Ealdor?”

 

“No, Arthur.” Lo rassicurò Lin. “O forse… solo un po’. Ma ormai è Camelot che lui sente essere la sua casa.” E il giovane Pendragon le sorrise con sollievo, grato di quella risposta.

 

Quando fu sul punto di aggiungere altro, l’oste s’intromise fra loro, avvisandoli che la loro comitiva era in partenza per il ritorno alla locanda e che, se avessero voluto accorciare la strada attraverso i campi, avrebbero dovuto seguirli, per non perdersi.

Ad un cenno affermativo del principe, l’uomo gli consegnò una delle torce che teneva in mano e la accese prendendo la fiamma dalla propria.

 

 

***

 

 

Benché fossero entrambi parecchio stanchi, e la serata fosse stata alquanto dispendiosa di energie, quando venne il momento di andare a letto, dopo essersi cambiati per la notte, sotto alle coperte, si accorsero entrambi che il sonno mancava.

Forse era colpa dell’energia che ancora scorreva loro in corpo, figlia dell’euforia dei festeggiamenti, ma venne spontaneo mettersi a chiacchierare su ciò che avevano appena condiviso.

 

“Ti sei divertita alla festa?”

 

“Sì, molto. E’ stata una delle notti più belle della mia vita!” ammise il mago, perché francamente era vero – quella sarebbe stata una serata indimenticabile – e, con la magia ancora attiva in lui, era meno doloroso pensare al resto. “Grazie di avermi accompagnata!” gli disse, con un’espressione riconoscente e la voglia di abbracciarlo d’impulso.

 

“Basta che tu non vada a raccontarlo in giro...” borbottò il nobile, per darsi un contegno. “Anzi... è meglio se dimentichiamo tutto...” suggerì, prudente, con il timore che, chissà casomai, suo padre lo venisse a sapere. “Io dimenticherò, dimentica anche tu.”

 

Lo stregone nascose un sorriso triste, ma Arthur non poteva sapere quanto avesse già scordato di quello che aveva vissuto solo poche ore prima.

Il resto, lo avrebbero realizzato i suoi incantesimi. Recitati una volta al giorno, fino al ritorno a Camelot, essi avrebbero fatto sì che tutta quell’avventura assumesse presto dei contorni sfumati, come un viaggio nel dormiveglia, dove le cose si trascuravano in fretta.

Egli invece avrebbe conservato ciò che poteva sopportare, ciò che gli era caro, seguendo il suo proposito stabilito, in precedenza, alla festa.

 

Quello che Merlin non poteva ancora conoscere era che il suo piano, prima del suo compimento, si sarebbe scontrato con l’imprevedibilità del Fato che ne avrebbe alterato il risultato.

 

“Ho una curiosità da soddisfare, prima di dimenticare.” Riprese Arthur, distraendolo.

 

“Ditemi...” lo incitò, benevolo.

 

“Le usanze di Litha sono sempre uguali ovunque si vada?”

 

“Nell’essenziale dei Riti, sì. Ma esistono diverse varianti da villaggio a villaggio.

Le terre di re Cenred sono molto vaste e le regioni del suo regno-

 

“Stai forse insinuando che il suo è più grande del mio?!” l’interruppe il nobile, oltraggiato.

 

“Oh, no. Il suo è grande, il vostro è enorme!” scherzò Merlin, fingendosi serio. “Anzi, quello di vostro padre è enorme!”

 

“Cosa c’entra mio padre?!” s’indispettì l’erede al trono.

 

“Beh, un giorno sarà vostro…” gli appuntò, chiedendosi se il discorso non vertesse su qualcosa che gli era sfuggito. “Ma per ora è suo.”

 

Arthur mugugnò un verso di malcontento, ripetendo che il regno di Cenred era di dimensioni più piccole del suo, e che aveva le carte reali a dimostrarlo. E che se lei non ci credeva, era una traditrice, una serpe in seno.

 

Linette rise di quell’accusa, facendogli notare l’assurdità della cosa.

“E’ innegabile e risaputo che le mie origini provengono da qui, anche mio cugino Merlin è di qui.

In pratica, eravamo sudditi di re Cenred, prima di capitare a Camelot.”

 

Quindi, in pratica, sono andato a letto con il nemico!” considerò Arthur, indicando loro due scandalosamente vicini.

 

Il mago, anziché arrossire, rise ancor di più. “Se avessi voluto uccidervi, credetemi, l’avrei fatto il giorno stesso del mio arrivo al castello!”

 

Ma tu non sei capace di uccidere neppure una mosca!” aveva obiettato il principe. “Piagnucoli persino se calpesti una formica!” la canzonò “e anche Merlin, che ha il cuore troppo tenero e fa tutte quelle storie quando andiamo – andavamo,” si corresse, a malincuore “a caccia.”

 

Lo stregone si rabbuiò pensando che invece aveva ucciso, eccome. L’aveva fatto per difendersi, per necessità, per salvare Arthur. Ma Nimueh e poi altri malvagi stregoni, dopo di lei, erano periti incrociando la sua strada.

 

“Ah!, Lin-Lin?”

 

“Sì, Arthur?”

 

“Sai? Potremmo invitare quel cantastorie a Camelot, dovrebbe arricchire il suo repertorio sulla mia magnificenza!” propose l’erede al trono, rispolverando la vecchia boria.

 

Merlin ghignò, ma non infierì e gli diede corda.

“Peccato non l’abbiate fatto…” considerò. “Domani sarà già ripartito e forse non lo rivedremo mai più…

 

“Già. Me ne sto pentendo!”

 

“Potreste rincorrerlo adesso!” consigliò l’ancella, chiaramente scherzando.

 

Ma il Babbeo la prese fin troppo sul serio.

“Non riconoscerei la scorciatoia fra i campi… ed è notte fonda.” Si rammaricò. “Anzi, tra un po’ arriverà l’alba e dovrò andare al cantiere del ponte a lavorare. Proviamo a dormire.” Le suggerì, rassegnandosi all’occasione perduta, sprimacciando il proprio cuscino e soffiando sulla candela posata nel proprio comodino. “Buonanotte.”

 

“Anche a voi...” gli augurò il servo, imitandolo, ben sapendo che in realtà non sarebbe riuscito a prender sonno, con quel nuovo tormento che si alimentava del silenzio.

 

Nell’oscurità, col cuore in tumulto, Merlin (anche se aveva i piedi gelati) si impose di rimanere nella propria parte, stretto sul bordo del letto.

Egli si accontentò della casacca del suo signore, che ancora conservava vagamente il suo odore.

Non avrebbe retto ad un nuovo contatto, sapendo che poi avrebbe dovuto privarsene.

Ma fu Arthur, incredibilmente, ad andare a cercarlo, occupando la parte centrale del materasso fino a trovarlo, premendoselo contro, le loro gambe intrecciate e le loro mani congiunte.

 

Lo stregone se ne portò una alle labbra, accarezzandola con devozione, e poi se la strinse al cuore.

Il profumo di Arthur rimaneva impresso nuovamente sulla sua pelle, un bozzolo caldo dove abbandonarsi fiducioso, dove trovare rifugio.

 

E fu pace.

 

 

***

 

 

Mancava poco al tramonto di quel nono giorno alla locanda, e presto anche gli uomini avrebbero fatto ritorno dal ponte in costruzione, dopo aver sospeso i lavori per quel dì.

Tuttavia, quando di lontano si sentì uno strepito e dei cavalli lanciati al galoppo, le donne in attesa nella sala uscirono tutte per vedere cosa fosse in avvicinamento.

Uno dei carri, su cui i manovali avevano trasportato il materiale di costruzione, si arrestò di colpo davanti all’entrata della taverna.

Fu con stupore che Merlin realizzò l’identità degli unici occupanti: il principe e i suoi tre cavalieri, che lo aiutarono a scendere, sostenendolo, mentre lui zoppicava vistosamente, tutto sporco e lacero.

 

Sgomitando fra le altre signore presenti, Linette riuscì a raggiungerli, trattenendo a stento la preoccupazione e un nodo nello stomaco, constatando che il suo sire appariva persino più malconcio che da una prima occhiata di lontano.

 

La faccia di Arthur era una maschera imbrattata di sangue rappreso.

E, anche se Merlin sapeva per esperienza che i tagli sulla testa sanguinavano tanto anche se non erano gravi o profondi, egli non poté impedirsi di provare sincera angoscia e agì d’istinto, afferrandogli il viso fra le mani, puntando il naso ad una spanna dal suo. A mezza strada tra un esame clinico e il semplice desiderio di constatare che fosse ancora vivo.

 

Arthur protestò, a disagio, poiché erano troppo vicini, ma poi vide quanto Linette fosse spaventata e preoccupata.

E distolse gli occhi, colpevole.

 

“E’ solo fango e qualche graffio.” Sminuì.

 

“Non me ne importa un accidente! Asino che non siete altro! E’ mai possibile che, se vi lascio solo un po’, voi vi facciate male?!” lo sgridò il mago, con l’autorità che gli veniva data dall’agitazione provata.

 

Lin, smettila. Stiamo dando spettacolo!” sussurrò allora il principe, con tono urgente e infastidito.

 

“Non me ne importa!” ringhiò Merlin, nuovamente, incurante degli altri presenti, infischiandosene anche dei cavalieri e di ciò che avrebbero potuto dire. “E non è possibile che non siate capace di restare sano per più di mezza luna!” sbottò, ispezionando il suo stato con un controllo superficiale.

 

La casacca del nobile era tutta sbrindellata, s’intravvedevano persino le vecchie cicatrici – quelle del Torneo e quelle prima di esso – mescolate a quelle nuove. Anche i pantaloni erano strappati in più punti e si scorgevano delle macchie di sangue secco e lividi che si andavano allargando.

 

“Accompagniamolo dentro!” s’intromise la locandiera, con buonsenso, affiancandoli.

 

Ad un cenno d’assenso di entrambi, i tre nobili di Camelot si riavvicinarono al loro Comandante, per sorreggerlo nel percorso.

 

Mentre il principe veniva fatto sedere su una seggiola e gli veniva offerto da bere, Merlin pretese di sapere cosa gli fosse accaduto.

 

“E’ colpa del terreno fangoso,” dichiarò Arthur, prontamente, intanto che con una pezzuola veniva ripulito alla meno peggio dalla sua valletta. “Sono scivolato trasportando una trave.”

 

Ma intervenne Sir Martin, convinto che dire la verità fosse la cosa migliore per il bene del suo signore.

“Ero con lui quando è successo.” Premise. “E’ ruzzolato giù dalla riva, fin quasi all’argine.” Rettificò, lanciando a Linette uno sguardo significativo. “Perché la sua caviglia ha ceduto.” Il nobile preferì ignorare l’espressione furiosa del principe e attese il responso dell’assistente del medico di corte.

 

Càpita. L’avete forzata troppo!” fu il rimbrotto della fanciulla, direttamente rivolto all’Asino che aveva davanti. “Io non sono Gaius, ma vi darò un’occhiata. Forse ci sarà bisogno anche di qualche punto. Considerò, scrutando con attenzione i tagli fra i capelli e sulle tempie.

 

L’aristocratico Babbeo sbuffò il proprio malcontento e si rassegnò a quell’ispezione.

 

“Signora Rosy!” chiamò allora il mago, rivolgendosi all’ostessa. “Mi servirebbe del miele, una pinza per togliere le schegge di legno e del filo di seta, se ne avete.”

 

Ottenuto ciò di cui aveva bisogno, ordinò ai cavalieri di trascinare Arthur di sopra e se lo fece affidare in consegna, giusto sulla soglia della loro camera – che almeno fosse risparmiato loro di dover rivelare che avevano condiviso, e condividevano, persino il letto.

 

“Appena avrò finito, vi informerò sulle sue condizioni.” Promise, prima di sbattere loro la porta in faccia senza troppi preamboli.

 

“E adesso cerchiamo di darvi una ripulita!” sfogò Linette, imbronciata per nascondere lo spavento, una volta che furono rimasti soli e Arthur si reggeva a stento sul canterano.

 

Evidentemente la caviglia duoleva al principe più di quanto egli non volesse dare a vedere, perché non protestò, quando ella gli strappò la tunica di dosso – era ridotta così male che sarebbe stata inservibile a qualunque scopo diverso dall’essere uno straccio – e si mise a tastare la sua pelle martoriata in vari punti del corpo.

 

La ferita peggiore era sulla scapola. Dalla caduta, si era procurato una brutta abrasione sulla spalla sana (quella che era sana fino a quel mattino) e c’erano dei pezzetti di legno conficcati dentro da estrarre e andava ricucito, forse.

 

“E’ una fortuna che io abbia già acceso il focolare! Il bagno è quasi pronto!” gli comunicò, annuendo alla volta del paiolo in cui verosimilmente l’acqua ribolliva. Poi lo lasciò in pace qualche istante, per riempire la tinozza.

In realtà, lo stregone versò il contenuto del calderone ancora gelido e con un incantesimo sussurrato sottovoce rese l’acqua della temperatura e della quantità giusta.

 

In un secondo tempo, prima che l’erede al trono si denudasse completamente, Linette gli passò due teli di lino, intimandogli di usarli per coprirsi.

 

Arthur, che non voleva collaborare, ovviamente si mise a borbottare il suo vivace dissenso.

 

“Devo ripulirvi le lesioni sulla testa e anche sulla spalla. Potrebbero infettarsi, c’è dentro del fango e chissà cos’altro!” tuonò il mago, con lo stesso cipiglio che avrebbe usato Gaius, se fosse stato presente. “E ora cambiatevi!” gli comandò, sollevando la tenda per facilitargli il passaggio, mentre l’altro zoppicava. “Anche le ginocchia vanno controllate. Saranno tutte scorticate!” profetizzò, come una madre con un figlio discolo e particolarmente scapestrato.

 

“Penso di potermi arrangiare…”

 

“Non se ne parla neppure!” tagliò corto il servo.

 

Linette. Non tirare la corda.” Lammonì il cavaliere. “Riesco ad arrangiar-” ma una fitta improvvisa e inattesa lo zittì, mentre una smorfia di dolore gli deformava il volto.

E così Merlin lo sostenne fino allo sgabello su cui lo fece sedere. Risistemò poi il paravento di stoffa e attese al di là di esso il permesso di riapparire.

 

“Non provate ad entrare da solo!” lo prevenne, anticipando il pensiero di Sua Maestà.

 

Il ringhio basso di Arthur gli fece capire, con soddisfazione, che aveva indovinato le sue intenzioni.

“Posso venire, adesso?”

 

“Devi proprio?” rispose però il principe, ritroso. “Oh, dannazione, avanti!” cedette infine.

 

“Fingete che io sia Merlin!” suggerì l’ancella, spazientita, ricevendo un lungo sguardo dal nobile.

 

“Ti manca decisamente qualcosa per essere come Merlin!” le appuntò, facendosi aiutare mentre scavalcava il legno della vasca.

 

“Lo stufato di ratto?” buttò là il mago, per non dargliela vinta e il principe, suo malgrado, capitolò con un sorriso sconfitto.

 

Probabilmente l’Asino Reale era più stanco e ammaccato di quanto non volesse ammettere, perché la valletta considerò strano che egli, una volta finito in ammollo e coperto solo dai teli, fosse stato disposto a lasciarsi lavare da lei, senza ulteriori obiezioni.

 

Questo, ad ogni buon conto, permise allo stregone di ripulire al meglio le escoriazioni del nobile Babbeo che si trovavano nella parte alta del suo corpo.

 

Osservando a lungo il taglio sulla tempia, che tanto aveva sanguinato, egli valutò se fosse il caso di mettere alcuni punti.

 

“E’ tanto brutto?” si sentì chiedere.

 

“Probabilmente vi rimarrà la cicatrice.” Si rammaricò. “E’ stato un sasso?”

 

“Sì.” Ammise il cavaliere. “Bello grosso.”

 

“Vi è andata bene. I colpi in testa possono essere mortali! Potevate passare a miglior vita!” lo sgridò, mentre lo spavento riaffiorava, dopo lo scampato pericolo. “Ma tanto voi avete una regale testa di legno!” l’insultò. “Ed è vuota come-”

 

Linette.” La interruppe Arthur, chiamandola, condensando in quell’unica parola un rimprovero e una rassicurazione.

 

Mph.” Sbuffò il mago, prendendosi anche il tempo di lavargli i capelli, massaggiandogli la cute e disfacendo i nodi delle ciocche aggrovigliate.

 

“Ti muovi come lui.”

 

Co-cosa?” Lin ansimò, sperando di aver frainteso.

 

“Fai gli stessi movimenti di Merlin.” Annotò il principe, allungando il collo all’indietro per guardarla da sotto in su.

 

“Ma non è vero!” proruppe ella, agitandosi.

 

“Sì, lo è.” Insistette il nobile. “Parti dalla nuca e vai verso destra, poi torni indietro e risali a sinistra, fino alla tempia ed è allora che le mani si muovono in circolo.”

 

“Beh, sarà un caso!” si difese. “E poi come fate a ricordare come vi lavava i capelli mio cugino?!

 

“Perché mi piace. E gliel’ho insegnato io.”

 

Troppo tardi lo stregone rammentò di quella loro litigata, uno dei primissimi giorni al suo servizio, e dell’Asino che strepitava qualcosa sul fatto che la sua incapacità l’avrebbe reso calvo.

 

“Non dirmi che Merlin ti ha insegnato anche questo, perché non ti crederei.” La prevenne, con tono leggero, ma sguardo attento.

 

… Con che scusa si sarebbe salvato, adesso?

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
E a Mika, che mi coccola col suo entusiasmo!

 

Note: Le frittelle alle rose e sambuca e la frittata al timo e cipolle, di cui si fa accenno, sono realmente cibi ancor oggi usati per celebrare Litha. Per ulteriori riferimenti, vi rimando alle note dei cap. precedenti.

 

La discussione sulla grandezza dei Regni (e i suoi sottintesi) la lascio a vostra interpretazione personale… ^_=

 

Merlin crede che conserverà i suoi ricordi su Litha per sempre, in realtà succederà presto un evento inaspettato che… ops! Non posso spoilerarlo! XD

 

Ealdor: è un discorso complesso sull’uso magia o meno. I compaesani temevano Merlin, però quando lui li ha salvati nella puntata 1x10, lo accettano quasi.

Dalle parole di Hunith, si può capire che le cose e le persone diverse, le stranezze (e quindi anche Merlin e il suo Dono), li spaventano e loro sospettano e diventano ostili; per questo, sua madre manda Merlin da Gaius a Camelot.

 

Credo di averlo già detto in precedenza, ma il miele serve per prevenire le infezioni come ci insegna la puntata 3x04 “Galvano”, e il filo di seta lo chiede anche Gaius per ricucire il futuro cavaliere.

 

Lo stufato di ratto è un rimando alla puntata 1x11 “Il labirinto di Gedref”.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

 

- Ragazze, vorrei rassicurarvi su una cosa: non dovete scusarvi per la brevità dei commenti! A me fa sempre piacere sapere cosa ne pensate del capitolo letto, ma non dovete per forza scriverci un tema.^_^

Mi piacciono anche i commenti in tempo reale! *_* e pure gli scleri, non fatevi problemi a dirmi quello che il capitolo vi ha trasmesso!

- “La parte delle dichiarazioni d’amore è volutamente troppo zuccherosa.

Non so, spero che si senta che è un po’artificiosa’, perché è frutto di un incantesimo e quindi ‘costruita’.”

Credo che le mie parole siano state un po’ fraintese, e cercherò di spiegarmi meglio: so che una dichiarazione del genere era pienamente ‘medievaleggiante’ (passatemi il termine XD) e quindi consona fra due innamorati, tanto più che il principe conosce i Manuali d’Amor Cortese (come abbiamo già appurato).

Quello che io intendevo dire, invece, era questo: per il tipo di rapporto che lui e Linette hanno in quel momento, si sentiva la forzatura di ciò che lui diceva. Più che altro, si sentiva che era ‘sbagliato e stonato’. Se fossero già una coppia dichiarata e innamorata, non avrei avuto nulla da eccepire.

Come Merlin, di fronte a quelle frasi, anche il lettore avrebbe dovuto sentire che qualcosa non andava, non sarebbe stato spontaneamente ‘da Arthur’ fare così e dire quelle cose.

Questa dichiarazione però, nei suoi intenti, non è solo quel che sembra. E non dirò di più, mi dispiace. Dovrete pazientare ancora un po’.

- Purtroppo sì, la doccia fredda l’ha avuta Arthur, ma anche il lettore. XD Quello che si è fatto più male è Merlin, però. U_U

Diciamo che è una specie di ‘prova generale’ di come sarà. XD

- Ho cercato di impostare le azioni dal POV di Merlin, perché è su di lui che siamo concentrati, sui suoi sentimenti finalmente rivelati. Anche se Arthur vede Linette, Merlin sente quella dichiarazione per sé. Come se fosse rivolta a lui.

Per ora, abbiamo solo lo slash onesided (Merlin è in un corpo di donna, ma rimane fondamentalmente un maschio), con un po’ di pazienza arriveremo allo slash vero. Del resto, ho sempre detto che, in questa fic, il merthur deve necessariamente passare per Linette, nel bene e nel male…

- Se Merlin avesse raccontato ad Arthur tutto quello che ha osato fare (e toccare XD) sotto incantesimo, avrebbe avuto un principe stecchito sulla coscienza! XD

- Non si saprà mai, con certezza, perché è accaduto tutto questo. Come ha ipotizzato Merlin, ci sono tre possibili spiegazioni e lascio ad ognuna di voi la scelta di quale considerare la migliore.

- Perché non possono vivere felici e contenti? Perché è troppo presto! XD

- Non avevo mai ricollegato Rosy ai personaggi di shakespeariana memoria; non volevo scomodare il buon, vecchio Will, ma grazie di avermi offerto il paragone. ^^

- Sì, la magia (che è parte di Merlin) cambia con lui. Quando lui era euforico, anche lei lo era. Quando lui si lascia rapire dalla sensualità della vicinanza di Arthur, anche la magia ruggisce con lui, nelle sue vene. Infine, quando è dolore ciò che prova, egli chiede alla magia un po’ di consolazione. E io me la sono immaginata come un abbraccio caldo, come un grosso cane fedele che si accuccia ai tuoi piedi semplicemente a ricordarti che non sei solo… ok, sono impazzita, ma era questa l’immagine che mi raffiguravo! XD

 

 

 

Vi metto ben TRE anticipazioni del prossimo capitolo:

 

“Le vostre ginocchia non guariranno da sole, sapete?”

 

“Me le controllerò da solo.” Rese noto, drappeggiandosi i teli come una solerte dama con un nuovo e costosissimo vestito.

 

Merlin grugnì un rantolo di nervosismo. “Se non le tirate fuori entro mezza tacca di candela, giuro che infilerò io le mani nella tinozza e cercherò a caso!”

 

“NO!” ansimò il nobile, spalancando bocca e occhi. “Non oserai faro!”

 

“Oh, sì che lo farò.” Lo contraddisse la valletta. “E ne ho tutta l’intenzione, se non collaborerete spontaneamente con me.”

 

(…)

 

“Avete forse litigato?” chiese quindi la padrona, intromettendosi fisicamente tra gli sposi, porgendo loro i rispettivi piatti.

 

“No, perché?” s’inalberò il principe, mettendosi in allerta.

 

“Oggi non vi si vede tubare…” insinuò la locandiera.

 

E il giovane Pendragon, di sottecchi, lanciò un’occhiata ai suoi uomini, sperando che per un qualche miracolo fossero magari divenuti momentaneamente sordi e non l’avessero sentita, ma dalle loro facce capì che nessuna grazia sovrannaturale era accaduta.

 

(…)

 

“Prima si mangia, e poi si amoreggia!” brontolò Rosy, ricomparendo alle loro spalle con un cesto del pane che aveva dimenticato. “Altrimenti il mio pranzo si raffredda!” si lagnò, materna. “Ah! Questi giovani d’oggi! Non hanno in mente altro che l’amore e vivono sulle nuvole!”

 

Fu a quel punto che i tre cavalieri scoppiarono a ridere, ignorando l’imbarazzo del principe e della valletta reale, perché quella donna era diabolicamente adorabile.

 

 

 

Infine vi invito a leggere, se vi va, l’ultima fic che ho postato: la letterina natalizia dei desideri di Arthur: Caro Babbo Natale.

 

 

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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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