Guardavo la scena
che mi si presentava d'avanti con un moto di soddisfazione.
Sapevo
che la
mezzosangue si era lasciata battere, ma ora, potevo vedere se sarebbe
successo,
dovevo vedere fino a che punto un saiyan doveva arrabbiarsi per poter
effettuare una nuova trasformazione.
La
porta alla
mia destra si aprì ed entrò l'aliena.
-Sei
stata
brava, non credevo che ti saresti mai abbassata a farlo, pensavo che ti
saresti
presentata nella tua vera forma-
La
bambina dalla
pelle arancione cambiò forma e divenne una donna che si
avvicinò di un passo.
-Se
non lo
avessi fatto mi avrebbe uccisa, e tu non volevi questo vero?- disse
avvicinandosi e mettendomi una mano sul viso.
-Oh forse lo avresti fatto?- mi guardò in attesa di una mia
risposta -Se si
fosse ritirata avresti ucciso entrambe?-
La
guardai senza
provare nulla e annuì poi guardai con molta
curiosità quello che stava
succedendo nell'arena.
-Cosa?-
la donna
mi aveva lanciato uno sguardo carico di disprezzo, mi diede uno
schiaffo e
ritornò nella sua scatola.
Il suo gesto non mi aveva ferito, piuttosto mi aveva irritato.
Inizialmente avrei voluto che la turchina morisse in uno degli scontri.
Questo perché era lei l'anello debole del gruppo, invece mi
aveva sorpreso. Non
avevo mentito, come avevo lasciato intendere, quando le avevo detto
quelle cose
prima del suo incontro.
Non
potevo far morire il lillà, sapevo quanto era forte, mi
serviva, e poi era stato un piacere vedere il principe dei Saiyan
implorarmi di risparmiarlo.
Per quanto riguardava Pan, quasi mi dispiaceva, ma era stato un
sacrificio
necessario.
-PAAAAAAAAAANNN!-
l'uomo che era il padre della ragazza morta urlava talmente forte da
mandare in
tilt i vari circuiti dei microfoni. Cominciò a dare pugni
nel punto in cui sua
figlia era stata espulsa. nel tentativo di romperlo. Riusciva a farlo
ma il
pavimento si ricostruiva immediatamente e allora tentò di
utilizzare il
teletrasporto.
Sapevo
benissimo
che quel vecchio Yardrat aveva svelato i segreti del suo popolo a loro,
quegli
scherzi della natura, e il fatto che si era rifiutato di svelarli a me,
Comias,
signore assoluto dell'universo, mi faceva arrabbiare come non mai.
Sorrisi.
Poteva
provarci
tutte le volte che voleva, il materiale di cui era fatto quel vetro non
permetteva a niente di uscire se non con un mio preciso ordine.
Il
mio volto
diventò un ghigno.
Quel
vecchio
Yardrat aveva pensato che il discepolo scomparso era fuggito, ma non
era vero,
o almeno, aveva provato a fuggire senza i suoi compagni ma non ci era
riuscito
per via delle funzionalità della cupola di vetro. Era
costituita da un
materiale che si trovava in un pianeta che io stesso avevo distrutto.
Nessuno doveva entrare in possesso di quella risorsa.
Quando aveva provato a usarlo ero stato prontamente informato e lo
avevo fatto
espellere in modo tale da far pensare ai Saiyan che il teletrasporto
fosse stata
una tecnica utilizzabile.
Loro non dovevano sapere il vero motivo per cui si trovavano in
quell'astronave.
Lo avrebbero scoperto solo a tempo debito. Mancava un giorno di viaggio
ormai e
già potevo vedere la luna del mio pianeta d'origine.
La rabbia mi colpì violentemente e strinsi i pugni.
Sarebbero morti tutti,
avrei avuto la mia vendetta e per ironia della sorte, sarebbe stata la
razza
che loro credevano estinta a farli fuori.
Una
luce
accecante invase lo schermo dal quale guardavo gli incontri.
(Ora
il punto di
vista sarà quello di Gohan)
Era
stranissimo.
Era
come se una
parte di me fosse del tutto staccata dal mio corpo.
Percepivo
solo
leggermente il dolore che provavo e guardavo incuriosito il mio corpo
dimenarsi
come un forsennato.
Guardai
i miei
capelli diventare del colore dell'oro e continuare a crescere arrivando
a
toccare le ginocchia.
Riconobbi
solo
vagamente me stesso che ormai aveva raggiunto il livello del terzo
stadio del
Super Saiyan.
Non
m'importava
molto. Avevo perso la cosa più preziosa che la vita mi
avesse mai dato e non
sapevo che farmene di un aumento vertiginoso della mia forza.
Avevo
provato a
usare il teletrasporto, ma non sentivo alcuna aura fuori dalla
navicella e
quando avevo provato comunque a catapultarmi fuori con la stessa
tecnica avevo
ricevuto una scossa elettrica di grande intensità.
Guardai
perplesso Goten che mi abbracciava e piangeva come un pazzo, non
sentivo il suo
tocco, non sentì nulla nemmeno quando Bra e Trunks si
unirono all'abbraccio e
al pianto di Goten.
Ormai
il mio
corpo era immobile.
Aveva
accettato
che non poteva far nulla per salvare sua figlia.
Una
mano si posò
sulla sua spalla.
Fu
quella mano
che mi riportò alla realtà.
Fissai
a lungo
Vegeta.
Aveva
un
espressione neutra ma una lacrima gli solcava il viso,
io ancora non ne
avevo versato e quando vidi quell'uomo così orgoglioso
lasciarsi sfuggire
quell'unico atto di debolezza (non ne avrebbe mai mostrato altri) il
mondo mi
cadde addosso.
Quella
lacrima
era il segno che tutto era accaduto veramente.
La
mia
piccolina, la peste che aveva vinto un torneo tenkaichi a soli quattro
anni, la
ragazzina che aveva salvato l'umanità andando alla ricerca
delle sette sfere
col nonno, la donna che si era sacrificata per lasciar vivere una
bambina, era
morta.
Non
potevo più
muovermi.
Tutto
era
finito, lei non sarebbe più tornata indietro.
Come avrei potuto dirlo a Videl?
Se mai fossimo tornati a casa, questo era ovvio.
Ormai era giorni che mancavamo, cosa pensava ci fosse successo? Era in
pensiero
questo era certo ma sicuramente era tranquilla per Pan, sapeva che
l'avrei
protetta da ogni male.
Come si sbagliava.
Eravamo rientrati in casa. L'alieno non ci aveva detto più
nulla e io non avevo
più la forza di fare niente.
-Voglio vendetta- sussurrai.
-Credimi ragazzo, la vendetta non ti servirà a nulla- mi
disse Vegeta con
l'aria di uno che la sapeva lunga.
-Non ho più motivo per vivere se non la vendetta- a questa
mia affermazione
Vegeta sorrise.
-Dopo che lo avrai ucciso cos' hai intenzione di fare?- prese fiato
-Vediamo di
liberarci e tornare a casa dalle nostre mogli perché,
credimi, se ti
vendicherai il tuo animo ne resterà sfigurato per sempre-
detto questo il
principe voltò le spalle e se ne andò lasciandomi
nel mio dolore.
Ad un certo punto, non ricordo dopo qanto tempo, sentì una
mano posarsi sulla
mia spalla.
Era il mio fratellino che non versava più lacrime ma che
aveva il viso distorto
dal dolore.
Lo avevo visto solo in occasione della morte della mamma in quello
stato.
Ci abbracciamo a lungo, prendendo forza dall'amore fraterno che ci
legava.
Angolo dell'autrice
Tra un pò si arreverà alla resa dei conti. Scusate per il ritardo.