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Autore: Giorgia98    07/02/2012    0 recensioni
..Col trascorrere dei minuti, tuttavia, mentre Eragon scrutava la pianura sconfinata, sentì il cuore placarsi, le lacrime si asciugarono e piano piano un senso di pace si diffuse nel suo animo. Si chiese quali meraviglie avrebbe potuto incontrare in quelle terre selvagge e pensò alla vita che lui e Saphira stavano per intraprendere, una vita insieme ai draghi e ai cavalieri. ''Non siamo soli piccolo mio'' disse Saphira. Un sorriso gli increspò il volto..
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Arya stava volando con Firnen verso la spiaggia dove la aspettava Roran, il suo drago le aveva schermato la mente, provava un dolore profondo nel lasciare Saphira, così dopo poco tempo che l’aveva conosciuta.

L’altra invece era assillata dai dubbi perché non sapeva se aveva fatto la scelta giusta, Eragon le era stato vicino durante gli anni della guerra contro Galbatorix.

Non sono tanti considerando a che età ho pensò, ma poi la sua vana argomentazione cadde perché quel periodo era stato il più intenso della sua vita. Si ritrovò a ricordare di quella notte a Ellesmera, quando Eragon, sotto l’effetto delle canzoni elfiche, le aveva dichiarato il suo amore e, di come lei, lo avesse respinto in maniera tutt’altro che garbata.

Molte cose sono cambiate, lo sguardo le cadde su una bisaccia di Firnen dove era contenuto il fairth che le aveva regalato Eragon, quel dipinto le ispirava un’immensa tenerezza . Si ricordò di quando le era arrivata la sua lettera, ad Ellesmera, quando Firnen era ancora piccolo, la felicità provata all’arrivo e la tristezza di quando si era resa conto di non poter rispondere; in un momento le passarono davanti tutti i ricordi passati con lui.

Si rese conto che avrebbe voluto tornare indietro, andargli incontro abbracciarlo e..

Gli zigomi alti dell’elfa si chiazzarono di rosso, non vergognarti di ciò che provi le disse Firnen , la sua voce era velata di una profonda tristezza. Arya si lasciò pervadere dal sollievo quando si accorse che il suo drago le aveva finalmente riaperto la mente, le dava un’immensa sicurezza sapere che avrebbe potuto confrontarsi con lui di qualunque cosa, il suo drago le avrebbe sempre consigliato il giusto, in ogni momento.

Però per lei era ancora difficile aprirgli il cuore, gli anni passati in solitudine la avevano abituata a non condividere i suoi pensiero con nessuno, anche mentre stava con Faolin lui non sapeva tutto di lei. Ormai non provava più nulla per lui, lo aveva amato un tempo, ma ora.. Arya si ritirò nuovamente in se stessa.

Arya cosa c’è? Il tono di voce di Firnen era gentile, ma nascondeva una venatura di orgoglio come se lei avesse detto o fatto qualcosa di cui lui era già a conoscenza.

Niente non è successo nulla mentì lei, stavano parlando nell’antica lingua, così Arya si riferì mentalmente al fatto che non era successo nulla durante il viaggio di ritorno. Nascondere i pensieri a FIrnen le risultava difficile, perché dalla parte che gli lasciava libera di leggere doveva far finta che di stare bene, contemporaneamente però doveva schermare il resto, non sarebbe resistita a lungo.

Arrivarono sulla piccola spiaggia ghiaiosa dove li stava spettando Roran, quando lo vide Arya si accorse subito che aveva pianto, l’uomo aveva gli occhi rossi e gonfi, i lineamenti del viso tradivano un dolore immenso. L’elfa constatò ancora una volta stupita di come gli umani non sapessero nascondere le proprie emozioni, ognuno capisce subito le debolezze dell’altro si ritrovò a pensare.

E’ vero, ma facilita il rapporto la le persone, ribattè Firnen. Era vero, gli umani erano una razza dalla vita breve, ma vivevano meglio degli elfi, troppo impegnati ad essere garbati fra loro, non si capiva mai cosa pensassero.

Pensi a loro come se non ne facessi parte osservò il drago, l’elfa allora si ricordò che Eragon le aveva ripetuto la stessa frase tempo prima, stava per rispondere che quella di Firnen, era una battuta di pessimo gusto, quando si ricordò che lui non poteva saperlo, non era ancora nato, e per caso aveva ripetuto le parole del cavaliere.

Forse perché io sono un misto di due razze diverse, te vivi dentro di me, condividi i miei pensieri, le mie emozioni, è naturale che non mi senta più a far parte di una razza specifica rispose. Fienen annuì con la mente, felice che il suo cavaliere gli avesse dato quella risposta.

 

Roran osservò Arya e fu stupito del fatto che nel suo volto privo di rughe non ci fosse una traccia di dolore, lui aveva sempre pensato che l’elfa e suo cugino fossero stati buoni amici, se non qualcosa di più. Nell’ultimo periodo, osservò, avevano passato parecchio tempo insieme. Poi l’iniziale stupore fu sostituito da rabbia: come si poteva permettere di non piangere Eragon, la persona migliore che lui avesse mai conosciuto, fu tentato di urlarle contro ma, ricordandosi che era la regina degli elfi si trattenne, così disse solo:

-Non sei neanche un po’ triste?-. I verdi occhi dell’elfa si ridussero a due fessure, come faceva sempre quando era in collera, poi cambiò totalmente atteggiamento, i suoi lineamenti si distesero.

Ma come fa? Pensò Roran, lei impediva ai suoi sentimenti di condizionarla, li escludeva dalla sua vita, era una cosa talmente inconcepibile da non essere nenche umana.

-Si che sono triste, abbiamo perso il nostro cavaliere oggi, non sappiamo neanche se tornerà- disse lei con voce pacata. -Abbiamo perso il nostro cavaliere?! Era questo che era per te? Un cavaliere, non era nient’altro? Non ti è mai importato niente di lui, lo usavi come metodo per diventare celebre? Per fare la parte dell’eroina che ha aiutato Eragon a sconfiggere Galbatorix? E pensare che lui ti amava, ha chiuso il cuore alle altre donne per te, non capisci cosa eri per lui? Una guida, una amica, una persona a cui consigliarsi, a cui esporre i propri timori. Ma per te era un cavaliere, nient’altro, lo scalino per raggiungere la fama.- Roran sapeva di aver detto troppo, ma non gli importava, quel giorno aveva perso suo cugino, il suo compagno d’infanzia, il suo amico più fidato, e non gli importava niente se aveva esagerato con la regina degli elfi, d’altronde pensava ogni singola parola che le aveva detto.

 

Arya sobbalzò alle parole di Roran come se l’avessero pugnalata, era così che la vedeva la gente? Una ‘’falsa’’, passava così agli occhi delle persone che non la conosceva bene, cioè quasi tutti. Questa consapevolezza la colpì più di ogni offesa che le era mai stata recata. Molte volte, durante i litigi con sua madre, questa le aveva ripetuto che non agiva per la giusta causa, che era una figlia ingrata ed altre cose di questo genere. Ma ci era sempre passata sopra, era testarda e orgogliosa, sapeva di aver ragione. Le parole di Roran però avevano come fatto breccia nelle sue difese, aveva uno sguardo di disgusto mentre la insultava che l’aveva turbata nel profondo. Arya non far caso alle parole di quell’uomo le disse Firnen.

L’elfa come risposta trattenne un singhiozzo, si era completamente dimenticata di lui, del suo drago, era una cosa fuori dal normale. Come aveva fatto a dimenticarlo? Lui c’era sempre stato. La vista gli si sfumo, tirò indietro le lacrime e cercò di nascondere a Firnen i suoi ultimi pensieri. Però mentre lo faceva le ritornarono a mente le parole di Roran ..lo scalino per raggiungere la fama.. quelle parole pronunciate con cattiveria, ira, rancore. Un velo di sudore le imperlò la fronte, si asciugò un gesto fluido della mano, si accorse che scottava. Trattenne un altro singhiozzo, ormai non vedeva più, una lacrima le scese dall’occhio destra, ma Arya cercò di asciugarla con un movimento veloce del braccio, che invece si risultò invano perché la lacrima le aveva già raggiunto la bocca. In compenso però aveva fatto cadere la sua spada, Tàmerlein, cercò di riprenderla, ma quel gesto le a fece perdere la concentrazione , Firnen lesse i suoi ultimi pensieri. Davvero mi avevi dimenticato? Domandò il drago, incapace di trattenersi. Arya non ce la fece più.

 

Roran osservò l’elfa, curioso di vedere la sua reazione. Lei sembrava lottare con se stessa, nel suo volto si leggevano dispiacere, tristezza, incredulità subito però soppressi. Ad un tratto singhiozzò, si asciugò il sudore che le imperlava la fonte, una lacrima scese. Fece un brusco movimento con braccio, del tutto inusuale tra gli elfi che avevano i gesti che sembravano misurati. Le cascò la spada, oramai sembrava accingersi ad esplodere, aveva il viso arrossato, gli occhi che cercavano un punto in cui guardare, sbatteva continuamente le palpebre, il respiro era irregolare. Roran guardò un attimo il suo drago, Firnen era un esemplare magnifico, più piccolo di Saphira, ma comunque robusto per avere neanche un anno di età. Aveva le squame di tutte le sfumature verdi immaginabili, le zampe possenti finivano con le unghie bianche. Gli occhi verdi-oro osservavano con attenzione il suo cavaliere, misti di compassione e dispiacere.

Poi senza alcun suono Arya cadde in ginocchio, le mani sul volto e iniziò a piangere, non un pianto normale, a singhiozzi, il respiro era irregolare, grandi gocce argentee cadevano sulla sabbia. Roran la osservò turbato, non avrebbe mai immaginato che la sua risposta avrebbe provocato una simile reazione, si vergognò di ciò che aveva detto.

 

Arya pianse, dopo tanto tempo. Non ce la faceva più a contenere le emozioni, a restare impassibile, a non manifestare mai niente come se fosse un guscio di una persona. Pianse per Faolin, per il dolore patito a Gil’ead, per le ferite riportato, sia nel corpo che nella mente, pianse per suo padre e sua madre, lui non lo aveva mai conosciuto bene, lei non era mai riuscita a capirla fino in fondo, l’ultimo dialogo che aveva avuto con sua madre era stata una discussione, pianse per Eragon, per la sua partenza, per ciò che provava per lui, non lo sapeva o perlomeno si rifiutava di ammetterlo, per Firnen, non riusciva ad essere un buon cavaliere con lui, gli nascondeva emozioni, impressioni, lo aveva perfino dimenticato, non se lo sarebbe mai perdonato, per il fatto di essere così fredda con tutti. Pianse per tutto e per niente, non riusciva neanche a pensare mentre annegava il suo dolore e la sua vergogna nelle lacrime, le sentiva scendere lungo il viso bagnandole i capelli. Quando i suoi singhiozzi furono passati Firnen le disse con tono gentile

Arya, non posso colmare tutti i tuoi dubbi, ma sappi che io sono fiero di averti come mio cavaliere, quando ero a Uru’baen, Galbatorix mi ha presentato a tutti gli umani di Alagaesia, ma è solo per te che mi sono schiuso, sapevo che solo con te sarei potuto essere felice, noi ci compensiamo Arya, siamo diversi , ogni nostro difetto viene compensato, è questo il bello di essere in due per quel che riguarda tua madre io non l’ho conosciuta, ma ho conosciuto te e non può essere che fiera nell’avere una figlia così.

L’elfa lo guardò con gratitudine, Firnen la aveva accettata per quel che era, con tutti i suoi difetti e i suoi pregi

Ti voglio rivelare il mio vero nome esordì Arya, si vergognava ad ammetterlo ma il suo drago non lo sapeva, gliel’aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo passato insieme. Non è necessario, lo conosco già rispose Firnen

Prima quando hai perso il controllo di te stessa sono stato assalito dalle tue emozioni, dalle tue esperienze che prima non mi avevi mostrato. Sono arrivato a conoscere il tuo vero nome. Arya annuì sorpresa, il suo drago la conosceva meglio di chiunque altro, Ti voglio bene Firnen.
Ti voglio bene Arya.

  
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