Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: lelle31    07/02/2012    1 recensioni
Che succederebbe se una ragazza appena arrivata in città si trovasse invischiata nel caso Kira? E se la stessa ragazza fosse entrata a contatto con un Death Note in precedenza? E se, come se non bastasse, fosse già morta una volta? Potrebbe spezzare l'apparente quiete di una persona, cambiando non solo il suo destino, ma anche quello di molti altri? Leggete e scopritelo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 SELENA POV


Grandioso, fu l’unico pensiero imbevuto di sarcasmo che riuscii ad elaborare, immobilizzata tra le braccia di un uomo robusto, con la pistola che premeva sulla mia tempia destra. Deve essere proprio un vizio allora, aggiunsi dentro di me, nello stesso tono, cercando di non perdere la calma.

Un silenzio innaturale era sceso sull’intero centro commerciale, tanto che si poteva distintamente sentire la canzone Unfaithful  di Rihanna trasmessa da un canale musicale nel negozio di elettrodomestici al primo piano.

Tutte le persone, impegnate fino a poco tempo prima a tentare di finire le commissioni nonostante il sovraffollamento, a sovrastare il caos per farsi sentire dal vicino o più semplicemente sedute sul bordo della grande fontana al centro dell’atrio a scrivere con il portatile o a leggere una rivista, tutte loro, si erano bloccate nella posizione in cui si trovavano quando il rapinatore aveva preso una ragazza indifesa come ostaggio contro il contingente di poliziotti che lo inseguivano. E tutte aspettavano con ansia lo sviluppo degli eventi, che sembravano temporaneamente in stasi.

Era il momento giusto per sfoderare una di quelle utilissime tecniche di autodifesa che mi ero tanto impegnata a imparare e lasciare quel bastardo nelle mani degli agenti. Peccato che non riuscissi in nessun modo a muovermi. Provai disperatamente a scrollarmelo di dosso, ma più mi dimenavo, più lui faceva aderire la canna della pistola alla mia testa.

“Datti una calmata, ragazzina!” sussurrò tutto a un tratto al mio orecchio, in un inglese a mala pena comprensibile. Visto che avevo avuto la fortuna di incontrare un delinquente istruito, non mi lamentai, anche se mi ci volle davvero molto sforzo per dare un senso alle parole che seguirono “ Non voglio farti del male. Ho solo bisogno di arrivare alla mia macchina, dopodiché sarai libera come l’aria” promise.

Credergli sembrava folle, ma io sapevo che era sincero. Da quando la sua ex moglie era venuta a trovarlo in prigione, per informarlo che alla loro figlia malata di cancro restava ormai  poco da vivere , non aveva desiderato altro che vederla un’ultima volta. Due notti prima, colto da un terribile presentimento, aveva messo in atto il piano di evasione lungamente progettato,  facendo poi perdere con ammirevole abilità le proprie tracce. Tuttavia, sapeva bene che la polizia non ci avrebbe messo molto a riacciuffarlo, quindi doveva agire il più in fretta possibile.

Gli serviva un travestimento per introdursi nell’ospedale in cui la sua piccola Akemi era ricoverata, ma essendo a corto di denaro, non aveva potuto fare altro che sgraffignare qualche indumento, una cuffia e degli occhiali da sole da un negozio di abbigliamento. E proprio mentre iniziava a sentire che sarebbe riuscito a portare a termine la sua impresa, quel maledetto allarme antitaccheggio si era messo a suonare e in un attimo aveva avuto gli sbirri alle calcagna. Se solo fosse stato più attento, non avrebbe perso tempo prezioso da passare con sua figlia, le cui condizioni peggioravano con il passare delle ore. Non avrebbe potuto sopportare di perdere la sua ultima occasione per dirle che le voleva bene, che gli dispiaceva di essere stato un padre così assente, un orribile modello e che se fosse potuto tornare indietro non avrebbe mai ripetuto le cattive azioni che lo avevano condotto alla rovina.

Il suo unico desiderio era che Akemi lo perdonasse …

Okay, stop! mi ingiunsi, costernata, La gita nei pensieri privati di questo criminale termina qui.

Ero sotto shock. Una cosa del genere non mi capitava dal secondo anno delle superiori, e lì, almeno, avevo potuto auto convincermi che si trattava soltanto di semplici intuizioni dovute al mio spirito di osservazione e alla mia sensibilità nei confronti delle persone. Dopotutto, quando qualcuno prova una forte emozione o pensa ossessivamente a qualcosa, non è raro che si riesca a comprendere le sue sensazioni  e la loro fonte.  Specialmente se quel qualcuno è un tuo compagno di scuola.

Ma  questo caso non era in alcun modo comparabile a quelli precedenti. Io, quell’uomo non l’avevo mai visto prima. Non conoscevo i suoi comportamenti abituali, non avevo idea di quale fosse il suo carattere, non potevo neanche guardarlo negli occhi per capire cosa provasse!

Eppure, ancora una volta, avevo ricevuto informazioni di certezza ineluttabile, in maniere razionalmente inspiegabili. Combattei con quella consapevolezza per qualche istante, prima di ricordarmi che non era il momento di indulgere in riflessioni filosofiche.

Quel particolare problema si sarebbe pazientemente messo in coda, dopo la monumentale questione “ Devo o non devo lasciare che un detenuto mi usi per raggiungere la figlia moribonda senza fare storie, considerando che il suddetto detenuto ha comunque il potere di farmi saltare il cervello?”.

Sospirai. Solo io riuscivo a ficcarmi in quelle situazioni di merda ogni volta che svoltavo l’angolo. E questa volta le chance di sopravvivenza non erano obiettivamente molto alte.

Se solo Ryuzaki fosse qui!, pensai afflitta, mentre lasciavo vagare lo sguardo sull’ambiente circostante, alla ricerca di una via di fuga. Lui avrebbe certamente saputo cosa fare. Era molto più intelligente di me, di quel disperato delinquente che si era rimesso a tuonare ordini che non potevo capire e degli smidollati agenti che stavano infine posando le armi a terra.

Con gli occhi incollati a quella scena terrificante, nessuno si accorse di un ragazzo leggermente ricurvo che cercava di attirare la mia attenzione. Nessuno tranne la sottoscritta, che iniziò a ringraziare ogni entità sovrannaturale che conosceva per aver ascoltato la sua preghiera. Infatti, anche se, a causa di motivi noti solo a lui, aveva deciso di indossare un cappellino da baseball e la felpa della stessa squadra, riconobbi  Ryuzaki  senza esitazioni.

Appena si fu assicurato che lo stessi guardando, mi fece segno di abbassarmi. Non mi feci ripetere le istruzioni due volte. Né mi chiesi alcunché riguardo al suo piano. Di qualunque cosa si trattasse, avrebbe funzionato. La mia unica preoccupazione in quel momento, fu liberarmi dei due ostacoli che mi impedivano di svolgere la piccola mansione a me assegnata. E avevo già un’idea di come fare.

“Mi dispiace, Eisuke, non posso aiutarti” mormorai fredda e un po’ strafottente, in modo che solo l’uomo che mi teneva imprigionata potesse sentire “ Ci sono altri modi per incontrare Akemi”.

Quella frase, zeppa di informazioni che continuavano a scorrergli in testa, ma che io ovviamente non avrei dovuto sapere (come il suo nome per esempio), sortì l’effetto sperato.

“ C- come fai tu a …” cominciò a domandare, turbato, allentando la presa su di me.

Poi, dal nulla, partì uno sparo.

La folla, che sembrava aver trattenuto il respiro fino ad allora, esplose in urla scomposte e si buttò a terra in un unico movimento. Sfruttando il fatto che Eisuke aveva spostato l’arma dal mio corpo, per puntarla verso il punto da cui presumibilmente era stato premuto il grilletto, gli assestai una gomitata nello stomaco che annullò la sua ormai già flebile presa , permettendomi di imitare la saggia decisione della massa.

Nello stesso istante in cui toccai il pavimento liscio e freddo, il boato di un secondo sparo echeggiò tra le mura dell’enorme edificio, seguito dal grido di dolore dell’uomo che fino a un attimo prima avrebbe potuto decidere del mio destino. Qualcosa di nero e duro cadde a pochi centimetri da dove mi trovavo. Anche Eisuke se ne accorse, e, nonostante fosse accasciato su se stesso, con la mano destra infortunata premuta contro lo stomaco, allungò la sinistra verso la propria arma.

Ti piacerebbe!, gli dissi mentalmente, dopodiché, in un impeto di rabbia, scalciai quella stupida pistola lontano, in direzione dei poliziotti. Che se ne occupassero loro, visto che non avevano ancora fatto niente di costruttivo! Quando mi voltai nuovamente verso Eisuke, la sua espressione sorpresa e addolorata, sgonfiò totalmente il risentimento nei suoi confronti. Gli occhi scuri esprimevano una sofferenza talmente profonda, che per poco non contagiò anche me.

Mi chiesi se quella che avevo davanti fosse davvero una persona così cattiva, se l’azione che aveva compiuto fosse realmente da condannare. Non avrei forse anch’io corso qualunque rischio, se fosse stato necessario, per correre al capezzale di una persona che amavo? 

La risposta era sì. Probabilmente non avrei cercato di ammazzare nessuno, però avevo provato sulla mia pelle cosa significasse essere disperati.

“Mi dispiace” gli ripetei, sincera, mentre gli agenti lo accerchiavano “Sul serio. Farò tutto ciò che è in mio potere per farti vedere tua figlia” gli assicurai. Tuttavia, prima che potessi osservare la sua reazione, qualcuno mi sollevò di peso da terra, prendendomi per le spalle.

“Hey” mi lamentai, cercando di opporre resistenza. Ne avevo avuto abbastanza della gente che invadeva il mio spazio personale!

“Calma, Selena, sono io” disse una voce familiare, in tono conciliante.

“Matsuda?!” domandai sorpresa, girandomi verso di lui. Chissà perché mi ero aspettata di trovare qualcun altro al posto suo … 

“Scusa” continuò, contrito,  “Non volevo spaventarti. Come stai?” aggiunse, guardandomi con crescente preoccupazione. Avrei voluto rispondergli che andava tutto bene, ma improvvisamente non riuscivo a parlare. Il groppo che non mi ero accorta di avere in gola, divenne ad un tratto evidente e insopportabile. Senza nemmeno riuscire a descrivere a me stessa come mi sentivo, lo abbracciai. Poi, scoppiai in lacrime.

“Coraggio, Sel. E’ tutto a posto” continuava a ripetere Matsuda, con un certo imbarazzo, dandomi dei colpetti sulla schiena. Purtroppo per lui, però, recuperare il controllo è molto più difficile che perderlo, quindi, sebbene apprezzassi le sue rassicurazioni, per un po’ non potei far altro che assecondare il mio sfogo.

Quando ci comunicarono che dovevamo sgombrare l’area, decisi che era arrivato il momento di tornare in me, ma, visto che probabilmente non ero ancora sembrata abbastanza patetica, iniziai a tremare peggio che se fossi stata nuda in mezzo a una  tormenta, obbligando il povero Matsuda a sorreggermi, mentre ci allontanavamo.

Fortunatamente non ebbi molto tempo per crogiolarmi nella vergogna, perché nel nanosecondo successivo fui travolta e stritolata da sei braccia contemporaneamente.

“Sel, stai bene?”, “Sei ferita?”, “Dio, ci hai fatto prendere uno spavento!”, esclamarono Rossella, Margaret e Tomoko all’unisono, squadrandomi da capo a piedi, come mammine premurose che vogliano accertarsi della salute della figlia. Ovviamente si accorsero che avevo bisogno di aiuto per stare in piedi, dunque, anche se cercai di balbettare che stavo bene, mi strapparono senza tante cerimonie dalle braccia di Matsuda e mi condussero verso uno dei tavolini affinché mi accomodassi.

E proprio in quel momento si levò il primo di una serie di urla agghiaccianti. Sentendo un brivido percorrermi la schiena, mi girai di scatto verso Eisuke. Giaceva nuovamente ai piedi degli agenti, in preda a violenti spasmi che rendevano chiara l’enorme sofferenza fisica che lo stava attanagliando.

Nonostante quella fosse una scena di cui tutti avevano sentito parlare dai notiziari, quando veniva annunciata una nuova vittima di Kira, l’atmosfera risultava densa di tensione e orrore. Ogni persona presente faticava a sollevare lo sguardo dal criminale agonizzante, che, fino a qualche minuto prima, era parso un’enorme minaccia.

L’istante precedente alla sua morte, Eisuke trovò la forza di indirizzarmi uno sguardo pieno di terrore e rabbia impotente. Ne rimasi talmente colpita che non mi accorsi che aveva smesso completamente di muoversi finché Tomoko non si lasciò sfuggire un singhiozzo strozzato, inondandomi la spalla di lacrime.

Quel suono, che rimbombò nel silenzio ricreatosi a seguito della tragedia appena avvenuta, ebbe il potere di scatenare un vero e proprio inferno.

La gente cominciò a strillare, a salire sui tavoli lodando Kira e il suo giudizio divino, a correre di qua e di là senza una meta precisa. Ben presto, in barba ai tentativi della polizia di domare quel macello, la situazione degenerò. Mentre cercavo ancora di capacitarmi di ciò che stava accadendo, il cellulare mi vibrò in tasca.

Affidai Tomoko, in piena crisi emotiva, a Rossella, che per quanto pallida e a disagio, sembrava avere i nervi sotto controllo e lessi l’sms. Dobbiamo andarcene. La stampa sarà qui a momenti, mi comunicava un numero sconosciuto, alias Ryuzaki.

Un grande genio, davvero, pensai, alzando gli occhi al cielo. Non ci sarei mai arrivata da sola!

Scambiai un rapido gesto di intesa con Matsuda, che nel frattempo si era avvicinato e mi preparai alla ritirata strategica.

“Attenta!” gridò Margaret, spostandomi dalla traiettoria di una biondina, sbucata dal nulla e piuttosto ansiosa di andarsene. Quando mi passò vicino, percepii qualcosa di  oscuro e potente in lei, qualcosa di simile a quello che sentivo sempre in presenza di Light Yagami, ma non ebbi il tempo di approfondire la mia strana scoperta, perché Margaret disse in un tono deciso e imperativo che non pensavo le appartenesse “E’ ora di uscire di qui!”.

Ed ecco un altro genio da aggiungere al club. Peccato però che tutti parlassero ma nessuno agisse.  

“Non potrei essere più d’accordo” commentai, prendendo per mano Tomoko e Rossella e facendo strada. Tre minuti dopo, eravamo nel parcheggio, dove, se possibile, la gente stava dando ancora più di matto che all’interno. Da lontano vidi scendere diversi cameraman da un furgoncino bianco.

Oddio. Se c’era un momento giusto per tagliare la corda, era ora o mai più.

“Io devo andare” dissi in fretta alle ragazze “Voi ve la caverete?”.

“Veramente non penso che Tomoko se la senta molto di guidare” mi fece presente Rossella, indicandola. In effetti sembrava che la diretta interessata fosse sul punto di vomitare.

Fantastico. Mi morsi le labbra. Non c’era più tempo.

Guardai Matsuda in cerca di aiuto e lui mi stupì, dichiarando “Ci penso io”.

Poi mi porse le chiavi della sua auto. Ci misi qualche secondo a fare due più due.

“Grazie” esclamai, alla fine, colma di falsa riconoscenza “Sei il miglior autista che abbia mai avuto. Ti meriti proprio un aumento” e aggiunsi un occhiolino, tanto per chiarire che si trattava di una recita.

“Nessun problema, signorina Clark” rispose, guadagnandosi 10 punti in prontezza di spirito. 

“D’accordo, ragazze. Per stasera vi presto il mio autista. Mi dispiace, ma adesso devo assolutamente scappare. Ci vediamo lunedì” e corsi via, prima che chiunque avesse il tempo di replicare.

Per fortuna, Matsuda aveva preso la macchina nera che era solito usare Watari, quindi la riconobbi immediatamente. Mi fiondai dentro alla velocità della luce, facendo sollevare le sopracciglia a un già accigliato Ryuzaki.

“Ce ne avete messo di tempo. Dov’è Matsuda?”.

“Cambio di programma” gli comunicai, in vena di sintesi  “Stasera guidi tu. Dopo ti spiego”.

Non mi sembrò particolarmente contento della novità, però prese le chiavi che gli porgevo senza lamentarsi, si mise al volante e partì. Notai che anche mentre guidava, manteneva le sue pose gobbe e scomposte.

Avrei voluto ridacchiare, ma ero troppo stanca per farlo. Ero troppo stanca anche per ringraziarlo del suo fondamentale contributo, o per rimproverargli di non essersi nemmeno scomodato a venire a vedere come stavo, invece di rintanarsi in macchina, o per chiedergli cosa lo avesse spinto ad unirsi a Matsuda, pedinandomi fino al centro commerciale.

Lui, dal canto suo, rimase nel più totale silenzio, concentrandosi sulla strada.

Alla fine, cullata dalle fusa del motore e dalla consapevolezza di essere finalmente al sicuro, mi addormentai.   



^^^^^^



POV L


“… E così alla fine mi sono offerto di dar loro un passaggio. Era l’unico modo per permettere a Selena di andarsene velocemente di lì e comunque ci siamo inventati una storia plausibile. Le ragazze non hanno fatto domande …” Matsuda stava finendo il suo dettagliato resoconto, ma io non lo stavo ascoltando.

Conoscevo già lo svolgimento dei fatti. Selena si era premurata di mettermene a parte, durante il viaggio in ascensore, tra uno sbadiglio e l’altro.
Lanciai un’occhiata in direzione della sua stanza, smettendo per un attimo di riempire il caffè di zollette di zucchero. Dormiva profondamente, come avevo verificato qualche minuto prima del ritorno di Matsuda. Gli avvenimenti del pomeriggio dovevano averla seriamente provata. Perlomeno si sarebbe riposata un po’, finalmente.

Io invece avevo molto su cui riflettere e un importante lavoro da fare.

“Kira ci ha proprio giocato un bel tiro mancino” commentai, rivolto a nessuno in particolare, prendendo il primo sorso di caffè. Non risultò dolce come avevo sperato, così aggiunsi dell’altro zucchero.

 “Ne vuole un po’ anche lei, Matsuda?” domandai, notando l’intensità con la quale fissava la bevanda.

“No, grazie Ryuzaki” si affrettò subito a rispondere. Alzai le spalle, indifferente, continuando a bere.

“ Oggi ci sono stati altri dieci omicidi di criminali, a parte quello a cui abbiamo assistito” lo informai, atono “Farebbe meglio ad andare a casa a riprendersi. Domani avremo parecchio di cui discutere con gli altri agenti”.

“C- certo” ribatté sconcertato, il giovane poliziotto “ Ci vediamo domani”.

Non appena Matsuda si fu chiuso la porta alle spalle, mi alzai dal divano.  Nella mia testa si faceva strada un’ipotesi che fino ad allora avevo ritenuto decisamente improbabile. Raggiunsi la poltrona situata di fronte alla TV e mi sedetti.

Era la prima volta che sentivo un tale conflitto interiore. Avevo preso parte alla risoluzione di così tanti casi nel corso della mia vita, che ormai sapevo benissimo quanto fosse essenziale far prevalere la ragione sui sentimenti durante le indagini.

Tuttavia, questa volta non era facile come al solito. L’assassinio del delinquente al centro commerciale corrispondeva con le mie ipotesi precedenti riguardo al profilo di Kira.

Si trattava quasi sicuramente di uno studente universitario, legato alla polizia, di intelligenza fine, ma con una personalità leggermente infantile. Non era certamente una persona che amava perdere. E avevo verificato come tutte queste caratteristiche si applicassero a Light Yagami.

Ma alcune di queste non erano forse valide anche per Selena? Lei frequentava l’università,  la sua famiglia aveva parecchie conoscenze all’FBI, era brillante e voleva sempre avere l’ultima parola. Conoscevo la sua storia meglio di quanto lei stessa avrebbe voluto e sapevo che non era la prima volta che finiva in mezzo alle indagini sul conto di un serial killer.

Tutte queste ragioni, costituivano il motivo per cui lei era lì con me, controllata in ogni sua mossa. Eppure non l’avevo mai realmente considerata sospetta. Più il tempo passava, al contrario, più mi convincevo che lei con Kira non aveva nulla a che fare. Era troppo impulsiva ed emotiva per uccidere senza farsi scoprire. A dirla tutta, non credevo semplicemente che potesse fare del male a qualcuno.

Però quel criminale era morto, proprio dopo avere minacciato la sua incolumità. Era un particolare che non potevo sottovalutare, per quanto fossi restio a prenderlo in considerazione.

Dovevo farlo anche se non mi piaceva. Anche se scatenava strane reazioni dentro di me.

Presi un altro sorso di caffè. Dal giorno seguente avrei raddoppiato la sorveglianza su di lei. Avrei cercato di starle più vicino, di osservarla maggiormente. Alcune cose sarebbero cambiate. E lei non sarebbe stata contenta.

Al momento, però, dovevo pensare di nuovo a sottrarla dai guai. Presi il cellulare, dalla tasca posteriore dei jeans. Avevo bisogno di fare un po’ di telefonate. Mi sarebbe anche servito l’aiuto di Watari.

Mentre digitavo il primo numero da chiamare, pensai che, Kira o non Kira, Selena mi stava causando un sacco di problemi. E, nel profondo di me stesso, la cosa non mi dispiaceva poi così tanto.




L’angolo dell’autrice


Buonasera a tutti. Finalmente sono riuscita a finire il capitolo! Questa volta non è stato per niente facile, mi sono lanciata una sfida e non so se ho pienamente conquistato la meta. Tutto ciò che posso dire è che è stato un periodo  difficile per me a livello emotivo e ho davvero fatto del mio meglio. La buona notizia comunque è che mi sto riprendendo e ho già un sacco di fantastiche idee su come andrà avanti la storia.


La prima parte del capitolo- la più difficile- può apparire in certi punti un po’ irrealistica, ma è così che me la sono immaginata, in tutto e per tutto, quindi per chi ama la verosimiglianza, probabilmente non sarà il massimo, ma io ne vado lo stesso fiera e spero che almeno per questa volta me la facciate passare.

Tengo molto alla storia che sto scrivendo e ho tutta l’intenzione di dimostrarlo, d’ora in avantiJ

Grazie a tutti coloro che mi seguono e che leggeranno questo capitolo.

Mi raccomando, ditemi ciò che ne pensate, perché le vostre opinioni sono importanti e utilissime, buone o cattive che siano.


Un grande abbraccio, lelle31

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: lelle31