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Autore: AlexisLestrange    08/02/2012    3 recensioni
È nostra, lo sai?
È nostra. Mia e tua. E lo sarà per sempre.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Supernatural - Season ½'
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«Ricapitoliamo» fece Sam per l'ennesima volta, mentre al suo fianco Dean sospirava
esasperato. «Morti i genitori, la casa va alla figlia, che però scompare, e chiunque vi si
avvicini sparisce improvvisamente nel nulla».

«Esatto» annuì stancamente il fratello, che aveva sentito quel discorso circa un
migliaio di volte da quando erano partiti dalla stazione di polizia.

«E noi dove stiamo andando, adesso?» domandò ancora Sam, accennando con la
testa alla strada asfaltata attraverso il parabrezza sul quale ancora batteva incessante
la pioggia.

«Proprio in quella casa, ovviamente» rispose Dean, ghignando appena. «Magari
spariremo anche noi, chi lo sa?»

Sam non capiva cosa ci fosse di tanto divertente nell'intera situazione, eppure lasciò
perdere e si limitò a commentare, a bassa voce: «Stà attento».

Dean lo ignorò, anzi, premette ancora di più sull'acceleratore, alzando il volume della
radio con aria tranquilla: il fratello non sarebbe mai riuscito a capire come facesse ad
essere così rilassato, sempre.

Il viaggio continuò in silenzio: Sam rileggeva gli appunti che aveva preso durante il
colloquio con Redstone, sfogliando di tanto in tanto il diario del padre, come a
prenderne spunto; Dean, invece, stava canticchiando tranquillamente a mezza bocca.

Solo dopo un paio di minuti quest'ultimo di decidette a parlare.

«Ci siamo quasi» avvertì, e indicò una grande villa poco lontana da loro: anche da
quella distanza, l'edificio aveva un che di imponente e maestoso che non piaque per
nulla a Sam. «Strano, fino ad adesso non abbiamo avuto nessun problema».

«Non parlare troppo presto» gli suggerì quello, che non riusciva a non sentirsi
vagamente in pericolo.

Eppure Dean aveva ragione: non successe assolutamente nulla, neppure quando si
fermarono di fronte all'antica villa, parcheggiando al centro di un grande spiazzale di
terra e fango, costellato qua e là da grandi alberi nodosi.

Scesero dalla macchina, riparandosi appena dalla pioggia con le giacche: non poterono
evitare di rimanere qualche istante a contemplare la costruzione. Era davvero molto
vecchia, fatta quasi completamente di un legno che una volta era stato bianco; sia al
piano terra che a quello superiore, numerose finestre davano su altrettante stanze
buie.

«Da brivido, non è vero?» fece Dean, con un sorrisetto. «Andiamo, forza».

Si avvicinarono al portone di ingresso, superando i due o tre consumati gradini del
porticato. Sam alzò la mano e bussò.

«Ma che cosa fai?» esclamò il fratello, accigliandosi incredulo. «È una casa
abbandonata, e tu bussi

Sam sospirò. «Guarda là, Dean. C'è una luce accesa; ci dev'essere qualcuno, dentro».

L'altro evitò di replicare, perchè effettivamente, c'era una piccola luce proveniente da
una delle stanze al pianterreno. E a conferma delle parole di Sam, una vocina sottile
risuonò dall'ingresso.

«Avanti!»

I due spinsero la porta, che risultò essere già aperta, e attraversarono uno stretto
corridoio, in direzione della luce che proveniva da una stanza poco pià lontano: senza
bisogno di consultarsi, la raggiunsero e vi entrarono.

Si trovavano dentro quella che sembrava una piccola cucina: e là, seduta ad un tavolo
di legno bianco, intenta a sorseggiare una tazza di tè, c'era la bambina più strana che
avessero mai visto.

Era pallida, innaturalmente pallida: il viso sottile faceva risaltare gli enormi occhi
azzurri, cerchiati da numerose occhiaie; aveva i capelli di un biondo sporco, che le
ricadevano disordinatamente lungo tutta la schiena. Era vestita in una strana maniera,
anacronistica: tutto sommato, l'impressione che dava era quella di un'antica,
inquietante bambola saltata fuori da un negozio di vecchi giocattoli.

La bambina alzò lo sguardo verso di loro. Abbassò la tazza fino ad appogiarla sul
tavolo, e sorrise, inclinando appena la testa.

«Buonasera» disse, con una voce delicata, ma decisa. «Potrei sapere chi siete?»

Erano talmente sbalorditi che impiegarono parecchi secondi a mettere insieme una
risposta comprensibile.

«Io... io sono Sam, e lui è mio fratello Dean» rispose, senza riuscire a toglierle gli
occhi di dosso.

La bambina sembrò non farci caso. «Io mi chiamo Jane Everlyne» rispose tranquilla, e
a quelle parole i due si scambiarono un'occhiata eloquente.

Calò il silenzio: Sam aveva il cervello che lavorava febbrilmente, cercando di capire,
mentre Dean era ancora rimasto a fissare la bimba sbalordito.

Fu di nuovo Jane a parlare.

«Sapete, io non ho mai avuto molti ospiti, quindi non me ne intendo di pratiche di
cortesia» disse, lentamente. «Ma immagino che ora dovrei quantomeno invitarvi a
sedere. Accomodatevi» aggiunse, indicando loro due sedie di fronte alla sua.

I due fratelli si affrettarono ad obbedire.

«Allora... ehm... Jane» cominciò incerto Sam. «Sei qui... tutta sola soletta?».

Lei attese qualche attimo prima di rispondere. «Sì, diciamo di sì» concluse, alla fine.

«E non c'è nessun adulto che badi a te? Nessun tutore, con cui possiamo parlare?»
chiese ancora quello.

La bambina scosse la testa. «No, ci sono solo io» aggiunse con forza, come se volesse
chiarire una volta per tutte il concetto.

«E i tuoi.... i tuoi genitori?» fece Dean, e a quelle parole Sam gli tirò un calcio da sotto
il tavolo. I tuoi genitori? Che razza di domanda era, se già sapevano che erano morti
appena un anno prima?

Jane, tuttavia, mantenne uno sguardo fermo. «Non credo che i miei genitori possano
più tornare» disse, ma la sua voce tremava appena.

«Mi dispiace» si affrettò a dire Sam, allungando una mano per accarezzarla, o
comunque toccarla, ma quella si scansò.

«Anche a me» replicò. «Di nuovo, non vorrei sembrare scortese, ma potrei chiedervi
di evitare certi argomenti?»

Sam e Dean annuirono subito. «Sì, scusaci» fece il primo, a testa bassa, sbalordito
dalla capacità che la bimba aveva di tenerli buoni.

«Di nulla» Jane tornò a sorseggiare il suo tè, ma si bloccò, pensierosa. «Le buone
maniere dicono che non è educato bere mentre voi siete lì senza avere nulla da
mettere sotto bocca, non è vero? Vi offrirei del tè, ma c'è n'è così poco che basta
appena per me»

«Ah, non ti preoccupare» commentò Dean, agitando una mano con noncuranza. «E
senti, come fai a vivere qui senza nessuno che badi a te?»

«Come tutti quanti, suppongo» la bambina fece un sorriso storto. «Mangio, bevo,
dormo... le solite cose»

«E non hai mai pensato di... di avere bisogno di qualcuno? Qualcuno che ti segua, che
ti stia dietro?» chiese Sam.

Jane non li guardava più. Finì di bere il suo tè ed appoggiò la tazzina sul tavolo:
quando parlò, la sua voce aveva un che di irato che non piacque a nessuno dei due.

«Davvero, non vorrei essere maleducata con le sole persone che mi capitano davanti
in tutto questo tempo» sentenziò, e i suoi occhi chiari lampeggiarono. «Ma siete a
casa mia, e questo fa di voi i miei ospiti. E dato che state cominciando ad infastidirmi,
vi pregherei di andarvene». Fece una piccola pausa, poi aggiunse: «Ovviamente se
non sono troppo scortese».

«Oh, sì, certo, ce ne andiamo, ce ne andiamo» fece Dean, alzandosi in piedi e facendo
per allontanarsi, ma Sam, che lo aveva subito raggiunto, lo bloccò afferrandolo per un
braccio.

«Che cosa fai, hai intenzione di lasciarla qui?» gli domandò, stupito, a bassa voce.

«Beh, tu cosa proponi?» bisbigliò di rimando lui, inarcando le sopracciglia.

«Io... non lo so, qualsiasi cosa! Non possiamo andarcene, è troppo piccola per vivere
da sola!» protestò Sam.

«Dai, è sopravvisuta fino ad oggi, continuerà a fare a meno di noi» replicò Dean,
scettico.

«E il caso? Le persone scomparse?»

«Sam, continuando a stare qui non faremo che infastidirla ancora di più, e non mi
sembra il modo migliore di ottenere la sua fiducia!» sussurrò il fratello, irritato.

«Hai ragione» mormorò Sam, meravigliandosi delle sue stesse parole, per poi voltarsi
verso Jane. «Ora... ora noi andiamo, ma chissà, magari ci rivedremo» continuò,
sorridendole incoraggiante.

La bambina non sembrò troppo entusiasta.

«E... non che hai bisogno di qualcosa, vero?» aggiunse Sam dopo un attimo di
riflessione.

A quelle parole, Jane saltò immediatamente giù dalla sedia e gli si avvicinò.

«Oh, sì!» esclamò, accesa. «Cibo! Qui non c'e n'era molto, ed è già finito...»

«Perchè, cosa hai mangiato per tutto questo tempo?» domandò Dean, sorpreso.

«Le riserve che stavano nella stanza sottoterra» rispose la bimba, e alla loro
espressione confusa insistette: «Ma sì, la stanza sottoterra, quella dove si va se c'è un
terremoto o un ciclone... mamma e papà l'avevano riempita di cose da mangiare, ma
ora sono tutte finite. È rimasto solo il tè, sono due giorni che non mangio altro».

Dean era semplicemente stupefatto: evidemente l'idea di un'essere umano che poteva
sopravvivere a bustine di tè per due giorni, non rientrava nella sua comprensione.

«D'accordo, cercheremo di portarti tutto il possibile» fece Sam, senza riuscire a
nascodere la sua preoccupazione.

«Grazie mille» fece lei, e per la prima volta un vero sorriso radioso le illuminò il viso.
«E... oh, aspettate!»

Jane corsa via dalla stanza, e ritornò pochi secondi dopo, portando con sé una piccola
scatolina di porcellana, simile ad un piccolo scrigno. L'aprì, e ne estrasse un paio di
banconote da cento.

«Per le vostre spese» spiegò, allungandole ad un più che incredulo Dean.

«Io non capisco, Jane» disse Sam, guardandola confuso. «I soldi non ti mancano...
perchè non sei andata a comprarti da sola qualcosa da mangiare?»

Il sorriso sul volto della bambina svanì.

Jane richiuse lo scrigno con movimenti lenti, e solo quando lo ebbe sistemato in cima
ad uno scaffale alzò di nuovo lo sguardo verso i due fratelli.

«Io non posso uscire di casa» disse, funerea. «Ed ora, andatevene, e arrivederci».

E, risedutasi sul tavolo, non disse più una parola finchè i due non si riuchiusero la
porta dell'ingressso alle spalle.
   
 
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