Questa storia mi è venuta in mente di
getto subito dopo aver visto “La maledizione del Forziere Fantasma” al cinema.
Coinvolge due personaggi apparsi nei primi due film di questa trilogia (ancora
da concludere, ma comunque una trilogia), ovvero
Barbossa e Davy Jones, ma dal momento che è ambientata molti anni prima degli
avvenimenti descritti nei film credo possa essere letta tranquillamente e senza
rischi di spoiler anche da chi non ha ancora visto il secondo film…o anche il
primo, anche se dubito che qualcuno non lo abbia mai visto! J
BUONA LETTURA!
Tortuga.
“Il
bambino è in posizione podalica” disse l’ostetrica “coraggio, devi spingere più forte.”
Charlene
prese un profondo respiro e continuò a spingere, tentando di ignorare le fitte
lancinanti.
“Non
credevo…facesse…così male…” ansimò, i capelli rossi zuppi di sudore. Strinse i
denti per soffocare un urlo e spinse ancora. Dio, se avesse saputo a cosa
andava incontro avrebbe abortito e tanti saluti. In fondo che le importava di
far nascere un marmocchio di cui non sapeva nemmeno chi diavolo fosse il padre?
E anche se lo avesse saputo, sai che differenza: sicuramente uno dei tanti
pirati e ubriaconi che pagavano per passare con lei qualche ora
“Il
bambino rischia di impigliarsi nel cordone ombelicale” disse l’ostetrica con
urgenza, riuscendo finalmente ad afferrare il piccolo per una gamba “preso!
Coraggio, un’ultima spinta e ci siamo!”
La
donna strinse i denti e impiegò le sue ultime energia
per un’ultima spinta, senza riuscire più a trattenere un urlo di dolore…
…e stavolta il suo grido fu seguito da un vigoroso pianto di
neonato.
“E’
un maschio” disse l’ostetrica con evidente sollievo, avvolgendo un panno
intorno al bambino “e a quanto pare sta benissimo.”
Charlene
fece uno smorfia. A chi diavolo importava che quel
bastardo stesse bene, lei non stava affatto bene.
“Fra
quanto potrò tornare a lavorare?” domandò senza mezzi termini. Era inutile far finta di nulla, l’ostetrica sapeva benissimo cosa era: una
delle tante prostitute di Tortuga.
“Non
prima di un paio di settimane” rispose l’ostetrica. Non aveva simpatia per
quella donna: non sembrava curarsi minimamente del suo bambino, e la donna era
certa che Charlene aveva continuato a prostituirsi anche in stato di avanzata gravidanza.
“Bene”
disse seccamente Charlene, chiudendo gli occhi e girandosi dall’altra parte
“adesso lasciami dormire e porta quel rompiscatole, o giuro che lo butto a mare.”
L’ostetrica
serrò le labbra e fece per uscire dalla stanza, poi abbassò lo sguardo sul
bambino che cominciava a calmarsi. “Come lo chiamerai?”
L’altra
fece una smorfia, senza aprire gli occhi. “Il mio cognome è Barbossa” disse
sgarbatamente “per quanto riguarda il nome decidilo te,
se proprio ci tieni. Per me anche ‘Bastardo’ andrebbe benissimo. In fondo non è
altro che questo, no?”
“Ma…”
“VATTENE!”
La
donna si strinse il neonato al petto ed uscì dalla squallida
stanzetta, sbucando in una stanzetta spoglia ad un angolo della quale c’era una
cassetta da frutta da usare a mo’ di culla.
Guardò
il bambino che continuava a mugolare e lo mise nella cassetta, facendo
attenzione a coprirlo bene.
“Sai, piccolino” mormorò poi, parlando a bassa voce “quando
era bambina un pirata mi raccontò una storia. Ora non la ricordo molto bene, ma ricordo che c’era una città, una città che i greci
avrebbero voluto conquistare…e questa città era difesa da uno dei guerrieri più
forti dell’epoca, lo sai? Un eroe di nome Ettore…”
Il
bimbo si era calmato adesso, e cominciava ad
addormentarsi.
L’ostetrica
rimase a pensare qualche secondo, poi sorrise. “Sai, credo di averti trovato un
nome…Hector. Che ne
pensi?” chiese piano, sfiorando la mano del neonato con un dito. La
manina si chiuse intorno al suo indice con forza sorprendente.
La
donna sorrise. “Allora è deciso, immagino” disse, togliendo delicatamente il
dito dalla presa del bambino “Hector Barbossa.”
Devil’s Nest
“Niente
da fare” sospirò il medico, guardandola la donna in avanzato stato di
gravidanza che giaceva sul pavimento privo di vita “il proiettile le ha trapassato il cuore…dev’essere morta all’istante. Qualcuno
di voi ha visto niente?”
“No,
abbiamo solo sentito lo sparo” disse il proprietario della locanda “ma quando siamo entrati, l’assassino era già scappato dalla finestra.”
“Capisco.
Sapete almeno come si chiamava?”
La
moglie del proprietario si strinse nelle spalle. “No, non ne abbiamo
idea. Cioè, sul registro si è firmata come Mary Jones,
ma sono quasi certa che fosse un nome falso.”
“Di
sicuro suona falso” concordò il marito “temo che non
ne sapremo mai nulla, poverina. E dire che aspettava un bambino, era all’ottavo
mese…e solo un quarto d’ora fa era viva e parlava del
bambino che stava per avere, capite. Diceva di volerlo chiamare David per un
maschio e Sarah per una…”
“Un
momento” lo interruppe il medico, riflettendo febbrilmente volete dire che è morta da meno di un quarto d’ora?”
“Esatto,
signore. Abbiamo sentito lo sparo dieci minuti fa, e…
“Ed era già all’ottavo mese?”
“Quasi
al nono, sì…per l’amor del cielo, cosa state facendo?”
Il
medico aveva aperto la borsa e aveva estratto quello che sembrava un bisturi estremamente affilato. “Se è davvero morta da così poco,
forse c’è ancora una speranza di tirare fuori un bambino vivo.”
“Volete
dire…farlo nascere…da un cadavere?”
“Esattamente”
rispose l’uomo, tagliando in fretta il davanti del vestito della donna e
scoprendole il ventre prominente “ora, se volete scusarmi, non c’è un istante
da perdere.”
La
moglie dell’oste nascose il volto nella spalla del marito che rimase invece a
guardare, inorridito e affascinato, mentre il dottore incideva la carne della
donna con gesti rapidi e precisi.
“Eccolo!”
Il
medico aveva finalmente individuato un corpicino inerme in mezzo a quel mucchio
di carne sanguinante e lo tirò rapidamente fuori dal
corpo senza vita della madre.
Afferrò
saldamente la creaturina cianotica e insanguinata e lo colpì con fermezza per
spingerlo a respirare.
Coraggio, piccolo…puoi farcela, ne sono certo…coraggio, respira!
Il
bambino mosse la testa con uno scatto, poi prese un lungo respiro sibilante e
finalmente cominciò a piangere a pieni polmoni.
Il
medico sorrise, e avvolse il bimbo in un asciugamano che l’oste si era
affrettato a porgergli. “Un bel maschietto.”
“Ce
la farà?” domandò ansiosa la moglie, osando solo adesso sollevare lo sguardo.
“Oh,
sì, questo senz’altro. E’ un giovanotto robusto, se la caverà egregiamente.”
“Bene”
disse il marito, poi aggiunse, un po’ a disagio “allora immagino…bè, dovremmo
portarlo in orfanotrofio.”
“Ce lo porto io” si offrì il medico “ci passo davanti ogni
girono.”
“Aspettate”
intervenne la moglie dell’oste, prendendo il bambino
piangente dalle mani del dottore “prima dovremmo dargli un nome, no?
Dovremo esaudire il desiderio di sua madre. Un maschio…quindi immagino sia David…David
Jones.”
Il
marito sorrise su malgrado. “Un gran bel nome, David…ma mi sembra un tantino
esagerato per un moscerino come questo. Che ne dici di un
diminutivo?”
“Davy,
allora” stabilì sua moglie “Davy Jones.”