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Autore: Mocaccino_    10/02/2012    1 recensioni
Io faccio l’attore, ma nella vita non so fingere, fingere che tutto vada bene, che le decisioni degli altri non mi facciano male, che io non la ami. Un mese e una settimana da quella stupida telefonata che mi costrinse a fingere con l’unica persona con la quale non avrei voluto farlo.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV KRISTEN

A mezzanotte la carrozza di Cenerentola torna ad essere una zucca, il suo vestito un qualsiasi grembiule ed ogni incantesimo è spezzato così come lo è stato il mio amore, per una motivazione assurda, perché questo sentirmi ripetere di stare calma mi metteva ansia, perché io volevo una soluzione, volevo amarlo alla luce del sole, perché lo odiavo quando si perdeva nei suoi discorsi e nei suoi pensieri, quando continuava a ripetere di amarmi. Lo odiavo perché questo non mi aiutava: avrei dovuto lasciarlo e tornare a condurre una vita tranquilla. Odiavo me stessa perché non sarei mai stata capace di farlo, mi odiavo perché amavo sentirmi ripetere quanto mi amava, perché sapevo che era sincero, che sarebbe stato il primo e l’ultimo, che neanche lui avrebbe mai fatto a meno di me. Mi odiavo perché avevo rovinato tutto con il mio nervosismo.
E adesso cosa mi restava? Una famiglia contro la quale non avevo intenzione di urlare ancora per quella sera e un amore abbandonato in una stanza d’albergo, perché ero troppo orgogliosa, anzi codarda, per tornare a riprendermelo: preferivo attendere e vivere nell’incertezza più che tornare da lui e sentirmi dire che ero una bambina, che non ero fatta per stare con lui. Una parte di me sapeva che mai avrebbe voluto lasciarmi, anche se fossi stata la peggiore ragazzina del modo, ma un’altra, quella consapevole di averlo ferito senza ragione, senza ritegno, capiva che in un momento tale anche lui sarebbe stato capace di distruggere tutto e conoscendo bene entrambi sapevo anche che nessuno avrebbe più cercato di riparare il danno, preferendo vivere senza il grande amore per serbare l’orgoglio.
Uscita dall’hotel, non avendo la minima idea di dove sarei potuta andare, salì sul primo taxi che mi passò davanti e avventatamente dissi “All’aeroporto”.
Non so perché diedi quell’indicazione, ma circa un quarto d’ora dopo mi ritrovai lì dovevo avevo chiesto di essere condotta, a chiedermi quale sarebbe dovuta essere la prossima mossa dato che ormai ero in quell’aeroporto.
Era stato l’istinto a dettarmi quelle parole, forse ne sapeva più di me e avrei dovuto seguire i suoi segnali, probabilmente tentava di indurmi a partire: una delle soluzioni più facili, sfuggire, ma mi resi conto che era anche quella che desideravo. Non mi importava di essere una codarda, volevo solo partire.
Diedi un’occhiata al tabellone delle partenze e subito riconobbi quale sarebbe stata la mia meta: l’Europa.
Prima che qualcuno informasse i paparazzi della mia presenza lì sarei dovuta salire su un aereo.
Il primo volo disponibile per un paese europeo era diretto a Londra.
Destino crudele. Londra era la sua città e da un po’ anche la mia, Londra significava premiere di Twilight, significava sgattaiolare fuori a notte fonda, significava primo incontro con la sua famiglia, significava ultimo capodanno insieme, significava semplicemente lui.
Possibile che tra tutte le città europee dovessi andare a finire proprio lì? Questo strano destino che avevo creduto volesse condurmi lontana da Robert mi stava avvicinando ancora a lui, probabilmente perché in un modo o nell’altro avrei trovato la maniera per sentirlo vicino comunque, poiché non eravamo fatti per sopravvivere separati. Affidandomi al destino o forse al mio cuore o a qualunque cosa sulla quale in quel momento non avevo voglia di indagare, presi quell’aereo e volai a Londra. Fortunatamente nessun paparazzo fece in tempo a vedermi. L’atterraggio sarebbe stato un altro paio di maniche, anche per via dei fans. Ero senza guardie del corpo, ciò significava essere esposta a qualsiasi pericolo senza difesa, certo però le guardie del corpo con me non le avrei gradite.
Fu semplice accaparrarsi un posto in prima classe, considerato che quasi nessuno la prenotava a causa del costo elevato, infatti con me c’erano solo altre tre persone. Un uomo vestito in nero, la cui attenzione era catturata ora da un laptop, ora da un iphone, ora da un ipad e una coppietta felice, rintanata dietro i sedili a sogghignare e scambiarsi effusioni. Era notte e la testa stava per esplodermi, l’aria calda che si respirava sull’aereo e il silenzio inducevano il mio corpo a prendersi una pausa ed assopirsi, ma questo non era ciò che il mio cervello richiedeva. Pensare, ragionare, ecco a cosa mi sarebbe dovuto servire quel viaggio. In queste situazioni di incertezza la prima domanda da porsi è “Cosa desideri davvero?”. Facile. Stare con Robert, amarlo ed essere amata. Dovevo sforzarmi di pensare a qualcosa che non avevo già, d’altra parte ci amavamo già e tanto bastava, mentre quel che agognavo realmente era che il nostro amore fosse accettato una volte per tutte. Questo era quello per cui avrei combattuto.

La stanchezza ebbe la meglio sulla ragione, forse perché anche il cervello era sfinito così come il cuore, quindi finì per addormentarmi e risvegliarmi nel momento in cui l’hostess stava comunicando l’imminente atterraggio.
La decisione principale era comunque stata afferrata, quel che volevo lo avevo compreso e adesso mi rendevo conto che per ottenerlo non sarei dovuta essere lì, adesso più che mai avrei dovuto stringere la sua mano tra la mia e presentarmi davanti a mia madre decisa, avrei preso lo stesso aereo e sarei tornata indietro all’istante. Tutto era chiaro, nitido come il cielo mattutino che scorsi dal finestrino, un cielo insolito per Londra, che riuscì a farmi sorridere.
Mi precipitai fuori dal velivolo e smaniosa di un minimo contatto con lui, seppur a distanza, la prima cosa che feci fu accendere il cellulare. Immediatamente l’aggeggio iniziò a vibrare ripetutamente e lo schermò mi mostrò le migliaia di chiamate che aveva continuato ad effettuare per tutta la notte.
Era mio dovere tranquillizzarlo, dimenticare il mio orgoglio e chiedere scusa, poiché l’amore non poteva assolutamente essere macchiato dall’orgoglio, sentimento tanto offuscante da cancellare tutti gli altri.
Mentre entravo nell’aeroporto, a testa bassa, con cappuccio, occhiali da sole e un’altra maglia davanti al viso per evitare di essere riconosciuta, inizia a comporre il numero, ma Rob mi precedette.
Il mio amorevole, apprensivo Robert, il quale, ci avrei scommesso, era in procinto di un infarto. Sogghignai e risposi.
“Kri” sospirò sollevato, proprio come immaginavo. “KRIIIIIIIIIS! AMOREEE! KRISTEEEEEN!” . Non avevo però previsto che avrebbe iniziato ad urlare disperato dall’altra parte della cornetta come se …
“Rob calma, ma … “
Voltai il viso verso i negozi e … respira Kristen.
1 – 2 – 3 conta fino a dieci prima di parlare
4 – 5 – 6
7 – 8 e
“SEI UN STRONZO ROBERT. AMORE NIENTE. VAFFANCULO CAPITO? AMORE A CHI? A ME O ALLA ROSSA? “
Lo sentivo balbettare frasi smorzate, con voce attutita, quasi come se stesse per piangere ed era ciò che stavo per fare io, mentre continuavo a fissare quella cavolo di vetrina, quel cavolo di giornale e quella fottuta foto in prima pagina.
Eccolo lì l’uomo che amavo, che mi amava. Perché di questo ero sicura, certa che mi amasse nonostante fosse stato immortalato mentre baciava una ragazza dai capelli rossi con quattro bottiglie di birra in mano ed un viso più perplesso che appassionato.
Io sapevo che amava me, che quelle chiamate erano un modo per confessarmi tutto, che adesso si sentiva in colpa e sarebbe venuto lì ad inginocchiarsi davanti a me pur di essere perdonato, lo sapevo e per quanto riguardava il bacio l’avevo già perdonato, se non totalmente ignorato.
Quel che mi uccideva era che fosse tornato ad ubriacarsi anziché cercare di risolvere i problemi, che avesse preferito annullare tutto con l’alcool come faceva da ragazzino. Aveva promesso che non si sarebbe più ubriacato, per la sua famiglia, per la sua immagine e soprattutto per me e invece si era comportato ancora una volta come un ragazzino.
Non volevo litigare ancora con lui.
Dio ma perché doveva combinarne sempre una delle sue?
“Kristen scusa, non l’ho neanche baciata ero ubriaco e mi è piombata addosso, Kristen ti prego torna qui” aveva subito afferrato il motivo della mia rabbia-
“Sono in aeroporto Robert”
“In … aeroporto?”
“Sì, a Londra”
“Kristen ma come?”
“E volevo chiederti scusa”
“Non serve. Torna e basta, questo mi serve”
“Perché devi sempre peggiorare la situazione? Accumulare casini su casini? Perché non mi aiuti a risolverla questa situazione anziché andarti ad ubriacare come se questo poi servisse a qualcosa? E adesso che mia madre vedrà la foto pensi che sarà più facile?”
Nelle ultime ore non facevamo altro che urlarci contro lacerandoci il cuore, riducendolo in brandelli, anziché combattere contro il mondo insieme, così come avevamo sempre fatto e come ci eravamo giurati di fare sempre, stavamo dichiarando guerra al nostro amore ed io stessa continuavo a gettare benzina sul fuoco, come se fosse inevitabile, quasi non trovassi altro da fare che rimproverare lui.
“Perché tu mi hai lasciato solo, ecco perché sono andato ad ubriacarmi. Abbiamo combattuto fin dal primo giorno in cui i nostri sguardi si sono incontrati e abbia vinto perché lo abbiamo fatto insieme. Abbiamo combattuto contro la scimmia, i paparazzi, il senso di colpa, i chilometri. Siamo sempre in guerra, ma non c’è guerra migliore che quella combattuta accanto a te, perché il nostro amore supera e supererà sempre tutto. Noi vinciamo su tutto, io su niente. E adesso vengo a Londra”
“Noi vinciamo su tutto, io su niente” Aveva ragione. Lui era diventato il mio sostegno fin dal primo giorno, mi aveva guidata ed aspettata durante ogni battaglia che avevo dovuto combattere, senza di lui, prima come amico e poi come fidanzato, non ce l’avrei mai fatta.

“Ei Kris? Ci sei ancora amore?”
“Stavo pensando che magari potrei raggiungerti lì a Londra, ce ne stiamo un po’ insieme da soli, tranquilli come non accade da quasi un mese e poi torniamo qui, al lavoro, da tua madre e dai problemi. Non credere che ti lasci sola a Londra a rinchiuderti in te stessa e poi sei nella mia Londra, ricorda”
“Ah e quando l’avresti comprata?” avevo deciso di stemperare la tensione, in questo modo avrebbe compreso che il momento d’ira era terminato. Non avevamo bisogno di scuse e piagnistei vari, tra noi funzionava così, era come se ci chiedessimo scusa con il pensiero.
“Sciocca”
“Egoista”
“Si in effetti hai ragione. Quel che è mio, è mio e guai a chi si azzarda a toccarlo”
“Mh e cosa sarebbe tuo?”
“Non molto adesso. Londra” rise “la mia amata chitarra, la camicia a quadri che mi hai rubato .. oh e Kristen Jaymes Stewart”
“Senta signor Pattinson le ricordo che anche le mi appartiene, in modo irrevocabile, e con lei le sue labbra”
Gli lanciai una frecciatina, ovviamente non volevo discutere, solo stuzzicarlo.
“Non aspettano altro che le sue, signorina Stewart”
Involontariamente ghignai soddisfatta, catturando l’attenzione di un uomo che mi osservò con fare perplesso, nemmeno fossi pazza.
“Comunque non venire a Londra”
“Perché?”
“Non voglio fuggire da niente e nessuno”
“Chi ha mai parlato di fuggire? Ci prendiamo una pausa dal resto e rimettiamo in play noi due.”
“Questo possiamo farlo anche restando a Los Angeles. Niente repliche, sto già tornando”
Immaginai la sua espressione rassegnata, da finto indignato. Quanto conoscevo bene quel volto e quanto mi mancava.
“Ti aspettiamo. Io e le mie labbra intendo. Vengo a prenderti all’aeroporto, stai attenta per favore non è prudente da parte tua essere lì senza me e guardia del corpo.”
“E tu tranquillizzati.”
“Certo, come no.”
“Ciao”
“Ciao amore, sei bellissima”
“Ma se neanche mi vedi”
“Ma lo so”
“Ti amo” dissi alla cornetta ormai vuota.


POV ROBERT
Kristen stava per tornare ed aveva perfino perdonato la storia del bacio. Ero fortunato ad avere lei e finalmente avevo capito che l’unico motivo per cui l’aveva fatto era perché mi amava, il che fece quasi fuoriuscire il mio cuore dalla sua cassa toracica. Questo, però, non fu causato solo da quella rivelazione bensì da tre sonori battiti contro la porta, che riecheggiarono nelle mia stanza, quasi come delle bombe.
Mi avvicinai stranito ed anche un po’ impaurito e quando scorsi il viso che si nascondeva dietro la porta, rosso o quasi viola per la rabbia, con le sopracciglia completamente corrugate, la bocca tesa in una smorfia, fui sul punto di tirarmi indietro.
“Robert Pattinson come hai potuto?” tuonò severa la figura incollerita.


Chi sarà mai la figura incollerita?
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