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Autore: Herm735    10/02/2012    2 recensioni
“Credo che sia il momento opportuno per parlare della profezia.” [...] "Il suo cuore è puro, incontaminato. Dovrà affrontare un lungo viaggio, e alla fine la metà del suo cuore sarà con lei per sempre.” Aveva scoperto che avevano due possibili ipotesi su cosa significasse quella frase.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Ginny Weasley, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Hermione, Luna/Ron
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Da Epilogo alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'WANTED'
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Non ci sono parole per scusarmi per i quattro mesi e oltre di attesa, ma questo capitolo non solo è stato difficile da scrivere, ma l'ispirazione è stata totalmente risucchiata via da me. Non ho onestamente idea di quando riuscirò a trovare una, anche una sola, idea per la terza parte. Spero intanto che vi piaccia questo capitolo.
Grazie mille a tutti coloro che hanno letto questa storia. Siete fantastici.

Buona lettura.




L'importanza di un nome


In quel momento si trovò ad odiare il fatto che per andare a lavoro fosse costretto ad indossare un completo, camicia e cravatta, con pantaloni e giacca, perché la rigidità dei suoi movimenti, indotta dal tipo di abbigliamento, lo aveva ritardato più di quanto era disposto ad ammettere a sé stesso.
Non si sarebbe mai abituato a quel lavoro.
Passando accanto ad una delle tante e incalcolabili guardie di sicurezza all'entrata del cancello che conteneva l'immenso giardino, si chiese se non fosse meglio mandare qualcun altro. Delegare, per una volta. Ma sapeva che la delegazione non faceva parte del suo lavoro, e che non era, soprattutto in quel caso, una scelta contemplabile.
Arrivato alla porta di entrata dell'edificio, un'altra guardia aprì la porta a vetri per lui, toccandosi brevemente la visiera del cappello in segno di saluto e contemporaneamente come gesto di rispetto verso il suo superiore.
L'uomo sorrise brevemente, passando attraverso la porta che era stata aperta, e tenuta aperta, per lui, dall'uomo all'entrata.
Sapeva di avere molta fretta, per questo, una volta attraversato l'atrio ed arrivato davanti alle porte degli ascensori, continuò freneticamente a premere il pulsante per richiamarli più volte, sapendo benissimo che tale gesto compulsivo non avrebbe in alcun modo contribuito ad accelerare l'arrivo di uno degli ascensori.
Qualche istante dopo la porta metallica di sinistra si aprì, lasciandolo entrare, mentre altre tre persone uscivano, tutte facendo un segno di saluto cordiale o rispettoso nei suoi confronti, ricambiato dall'uomo con un semplice sorriso o da un assenso appena accennato con la testa.
Prese l'ascensore ed attese che anche le ultime due persone al suo interno scendessero, prima di salire all'ultimo piano.
Superati i vari e molteplici, nonché accurati, controlli di sicurezza, entrò dentro l'ultimo corridoio che gli rimaneva da attraversare per raggiungere la sua destinazione.
Continuò a camminare a velocità sostenuta aggiustandosi il nodo della cravatta.
Fu più difficile di quanto avesse immaginato, visto che una delle sue mani era impegnata a reggere un fascicolo.
Dopo aver sistemato la cravatta, agganciò i due bottoni della giacca di seta che stava indossando.
Giunse davanti alla porta dell'ufficio che stava cercando e fece di tutto per calmarsi e cercare di respirare normalmente, o almeno non sembrare agitato tanto quanto sentiva di esserlo.
Espirò pesantemente e, facendosi coraggio, bussò alla porta dell'ufficio a cui stava difronte.
Sentì qualcuno dall'interno borbottare qualcosa in risposta ed aprì lentamente la porta.
L'uomo dall'altra parte della scrivania sembrava un uomo normale, nella media. Vestiva in giacca e cravatta, il completo nero era in contrasto con la camicia bianca. I capelli, prima neri, erano con il tempo diventati più chiari ai lati.
Entrò nell'ufficio e richiuse la porta alle proprie spalle.
“Signore...”
L'uomo, ancora seduto alla scrivania fino a quel momento, respirò profondamente e si alzò, voltandosi per guardare fuori dalla finestra che poco prima era alle sue spalle.
“Non sono buone notizie, immagino” constatò ad alta voce l'uomo.
“Sono pessime notizie, signore.”
L'uomo più giovane era consapevole che la sua conferma di brutte notizie non aveva fatto che agitare l'uomo davanti a lui.
Proprio mentre stava pensando questo, l'uomo si voltò verso di lui, e quando vide la sua espressione cercò di immaginare quale sarebbe potuto essere lo scenario peggiore.
Aprì uno dei cassetti della scrivania, appoggiando su di essa una bottiglia e due bicchieri che tirò fuori proprio dal piccolo sportello che aveva aperto.
Versò una modesta quantità di liquido in entrambi, mentre faceva segno all'altro uomo di sedersi nella piccola poltrona davanti alla sua scrivania.
Lui obbedì immediatamente, mentre anche l'altro tornava a sedersi.
“Di cosa si tratta, Jones?” chiese, riponendo la bottiglia da dove poco prima l'aveva presa.
Prese in mano uno dei bicchieri, porgendo l'altro all'ufficiale che gli stava difronte.
Jones lo afferrò prontamente, solo per riporlo immediatamente, senza neanche assaggiare il liquido che vi era all'interno.
La prima regola che aveva imparato del suo lavoro, era che era meglio tenere gli alcolici a distanza di sicurezza dai suoi turni.
“Si tratta dell'edificio AfS1P5, signore.”
AfS1P5 era un codice molto semplice che avevano sviluppato per localizzare ogni edificio con immediatezza e precisione.
Le prima due lettere indicavano il continente, in quel caso Af simboleggiava l'Africa. Già le prime due lettere avevano messo in allerta il primo ministro, che sapeva che pochi edifici militari erano stati costruiti in Africa abbastanza recentemente da avere assegnato un codice del nuovo sistema recentemente elaborato.
Avrebbe di gran lunga preferito As, Asia, dove molti laboratori militari erano stati costruiti nella parte orientale della Russia ed in molti altri stati che, dopo la scoperta dell'esistenza della magia, avevano ricercato alleanza con l'Inghilterra e il Presidente degli Stati Uniti d'America.
S era la località, ne avevano poche in quel continente, quindi bastava una sola lettera per indicare che l'edificio si trovava nei pressi del deserto del Sahara.
Il numero 1 significava che quello era il primo edificio costruito in quella zona militare, mentre la P stava ad indicare la funzione svolta dall'edificio.
Avrebbe potuto essere L se fosse stato un laboratorio, o A se l'edificio fosse stato adibito all'addestramento, oppure M se vi fossero stati fatti studi ed esperimenti sulla magia. La P, invece, stava ad indicare prigione.
L'ultimo carattere, un numero, in quel caso il 5, indicava il livello di sicurezza e protezione dell'area in cui era situato l'edificio.
“Signor Primo Ministro?” Jones cercò di attirare la sua attenzione.
L'uomo, senza spostare lo sguardo dal bicchiere che teneva tra le mani, strinse i denti.
Poi le sue palpebre si chiusero, mentre, con estrema lentezza, si portò il bicchiere alle labbra, svuotandolo con estrema calma, prendendosi il tempo di assaporare ogni goccia del liquore. In modo che ogni minimo bruciore venisse percepito alla perfezione dal suo consumatore.
Il Primo Ministro non era un uomo che era solito bere.
Non prima della guerra.
Ma da allora molte cose erano cambiate.
Non serviva che Jones aggiungesse altro, a quel punto. Il Primo Ministro aveva capito perfettamente a quale edificio si stesse riferendo quando parlava di AfS1P5. Lo conosceva fin troppo bene, perché era stato proprio lui a suggerirne la costruzione, a progettarlo, ad ordinare che i suoi due più importanti prigionieri fossero chiusi lì dentro.
“D'accordo” parlò con calma, prima di esalare un sospiro rassegnato.
Non si era illuso, neanche per un momento, di riuscire a tenere intrappolato il mago più ricercato del mondo magico.
Però aveva sperato di riuscirci almeno fino all'arrivo al Ministero Inglese del Presidente Americano, che avrebbe dovuto incontrare quel pomeriggio con la massima urgenza, ed insieme al quale avrebbe dovuto fare visita ai due maghi.
“Dovremmo avvertire il Presidente Kethner in questo caso.”
“Temo che ciò sia impossibile, signor Primo Ministro. Il Presidente è già in volo ed in questo momento non c'è alcun modo in cui possiamo metterci in contatto con lui” spiegò Jones, tentando di non lasciar trasparire la propria agitazione.
“D'accordo, allora. Ci parlerò quando arriverà qui a Londra.”
“C'è dell'altro signor Bryan, signore” aggiunse timidamente Jones. “Ci sono delle registrazioni. Le abbiamo analizzate con cura e ci tenevo a farle vedere gli strani risultati che sono stati prodotti dai nostri tecnici. Potrebbero essere molto più interessanti di quello che credevamo all'inizio. Inoltre, se abbiamo ragione, potremmo essere in grado di catturare nuovamente i prigionieri che sono riusciti ad evadere, signore.”

“Che diavolo è andato storto?”
Un uomo con addosso un completo blu di lino, era entrato nell'ufficio del Primo Ministro, spalancando le porte con rabbia e urlando contro la scrivania dell'uomo più importante del Parlamento Inglese.
“È un piacere incontrarti nuovamente, Kethner.”
Il Primo Ministro, con tutta la calma per cui i gentiluomini inglesi erano sempre stati noti, non perdendo mai il controllo della situazione, si alzò lentamente dalla sua poltrona dietro la scrivania e porse gentilmente la mano all'uomo che stava difronte a lui.
Il Presidente strinse la mano del Ministro con energia, tentando comunque di affrettare le procedure diplomatiche dell'immancabile etichetta inglese.
Una volta che i due si furono scambiati una forte stretta, il Ministro offrì un breve cenno della testa ad ognuno degli uomini armati che avevano fatto irruzione dentro il suo ufficio insieme al Presidente Americano.
“Vedo che non rinunci mai alla tua personale scorta” osservò il Primo Ministro, rimettendosi a sedere e facendo con la mano cenno al Presidente di fare la stessa cosa e prendere posto difronte a lui, nella sedia posta dall'altra parte della sua scrivania.
Il Presidente, che si sentiva sopraffatto dalla rabbia per le notizie che erano appena giunte al suo orecchio, stava premendo con forza le mani contro il duro legno della scrivania.
Lentamente fece come gli era stato chiesto, sedendosi.
“La mia scorta personale si chiama personale perché mi segue ovunque.”
L'uomo tagliò corto il discorso, senza stupire il Primo Ministro, che era sempre abituato a vederlo come un uomo di poche parole.
“C'è stato un problema con l'edificio di sicurezza AfS1P5” concesse come breve spiegazione, sapendo di star solo prolungando l'inevitabile.
“Questo era facilmente immaginabile. Che tipo di problema?” chiese con preoccupazione l'uomo dall'altra parte della scrivania.
“I prigionieri sono riusciti ad evadere. Purtroppo non c'è stato modo di riuscire a fermarli.”
Il Presidente batté con forza un pugno sulla scrivania, lasciando il rumore rimbombare nella stanza.
“Accidenti Bryan, credevo di essere stato chiaro! Harry Potter ci serviva. Dovevi tenertelo stretto ed invece te lo sei fatto scappare da sotto al naso.”
“Ci sono delle buone notizie, comunque.”
Il sorrisetto soddisfatto sulla faccia del suo collega fece fermare Kethner per un secondo, spingendolo a chiedersi se davvero in quel momento qualsiasi notizia sarebbe mai potuta essere una buona notizia.
“I nostri tecnici hanno analizzato più volte i video di sicurezza, senza riuscire a ricavarne niente. Poi però, uno dei nostri migliori ragazzi, ha avuto l'idea di controllare anche i vecchi video della cattura dei due prigionieri. La cosa interessante è che, secondo i nostri esperti, le due persone che sono state liberate e le due persone che le hanno liberate, sono le stesse due persone.”
Due fascicoli vennero posizionati sulla scrivania, davanti al Presidente.
“Harry Potter ed Hermione Granger.”
“Come diavolo è possibile?”
“Lunghissima storia, pochissimo tempo” tagliò corto Bryan. “Comunque, abbiamo arrestato ed interrogato il tizio che ci aveva inizialmente aiutato a tendere la trappola ai nostri due piccoli fuggitivi.”
“Interrogato? Intendi un interrogatorio tradizionale o...” lasciò la frase in sospeso.
“Non è questo l'importante. Non il mezzo, ma il risultato, Kethner.”
“E qual'è il risultato?”
“Abbiamo ragione di credere che l'uomo ci abbia involontariamente rivelato la posizione del campo e come sospettavamo si trova vicino alla città di Falmouth”
“Lo hai trovato?” sussurrò incredulo l'altro. “Lo hai trovato davvero?”
Bryan annuì, portandosi le mani davanti al petto ed intrecciando le dita, fallendo nel tentare di contenere un sorriso compiaciuto.
“Abbiamo il campo dei maghi. Sono lì. Sono tutti lì. E noi sappiamo dov'è. Ho solo bisogno di sapere in quanto puoi avere il tuo esercito pronto a intervenire.”
Scrollò leggermente le spalle. “Cinque giorni. Una settimana se le cose si mettono male.”
Il Primo Ministro annuì soddisfatto.
“Dammi un nome” lo sollecitò Kethner. “Dammi solo un nome.”
Era tutto quello che gli serviva.
Un nome.
Poi, sarebbe stato lui a pensare a tutto il resto.
Sarebbe stato lui a mettere fine alla razza dei maghi una volta per tutte, ponendo fine a quell'abominio contro natura che era la magia.
L'avrebbe chiusa in una scatola e fatta tornare al posto a cui era sempre appartenuta: un qualche economico libro per bambini.
Aveva già un piano, una squadra, aveva organizzato tutto per mesi e da mesi.
Tutto ciò che gli serviva era un nome. Solo un nome.
Ed avrebbe spazzato via tutta quella cosa ridicola che era il mondo magico.
Avrebbe messo fine alla guerra con un solo nome.
Il nome che aveva cercato fino a quel momento, il solo nome che gli serviva.
Shakespeare sosteneva che non importante il nome che diamo alle cose. Una rosa avrebbe lo stesso profumo, se chiamata in un altro modo.
“Neville Paciock.”
Ma in quel caso il nome era tutto ciò che importava.




To be continued


So perfettamente ciò che accadrà, fin dall'inizio il finale di questa storia l'ho avuto nella testa. Adesso il problema è solo trovare le parole giuste e metterlo su carta. Ma vi prometto che lo farò. A presto.


  
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