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Autore: Ily Briarroot    10/02/2012    1 recensioni
Fanfiction basata sul passato di Ash e dei suoi genitori, costretti ad avere a che fare con il Team Rocket. E non saranno gli unici. Ringrazio ancora una volta Ila!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ash, Misty
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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All That I'm Living For




Terzo Capitolo



Ash si svegliò di soprassalto nel momento stesso in cui percepì una fitta fastidiosa all'altezza del petto. Si sedette di scatto sul letto, stropicciandosi gli occhi ancora socchiusi.
“Papà... ?”.
La luce del giorno si trasformava in piccoli spiragli di luce che si riflettevano sul vetro della finestra e che illuminavano la stanza.
Il piccolo si guardò intorno, ancora un po' spaesato, quando non avvertì il minimo rumore intorno a se'. Appoggiò le mani sul materasso e si diede la spinta per scendere dal letto, lasciandosi scivolare finché non sfiorò il pavimento freddo con i piedi nudi. Infilò le pantofole celesti e raggiunse la soglia della camera, allungandosi per arrivare al pomello della porta.
Riuscì a spalancarla dopo qualche secondo, sporgendosi all'esterno.
“Papà?”.
Uscì dalla stanza, percorrendo il corridoio illuminato. Stropicciò di nuovo gli occhi neri, assonnato, in cerca di qualche viso familiare nelle vicinanze.
“Ash”.
La voce di sua madre lo riscosse e lui la guardò automaticamente, mentre lei gli si avvicinava.
“Mamma... mi sono svegliato”.
Delia si chinò sulle ginocchia e gli accarezzò i capelli sbarazzini, sorridendo.
“Sì... è la prima volta. Vieni”.
Allungò una mano verso il figlio e questi la prese, lasciandosi guidare giù per le scale. Quando furono in salotto, Ash si allontanò dalla madre e corse in cucina, senza dire nulla.
“Cos'hai?” chiese Delia, senza capire “cosa stai cercando?”.
Lo vide avvicinarsi ancora a lei, abbassando lo sguardo.
“Papà ha detto che sarebbe tornato stamattina”.
La giovane donna sgranò gli occhi, lì per lì senza sapere cosa dire. Dopodichè abbassò lo sguardo, socchiudendo la bocca dalla quale non uscì neanche un suono.
“Ne sei sicuro, Ash?”.
“Sì... me lo ha detto ieri sera, quando è andato via”.
Delia si morse un labbro e si sedette sul divano, facendo cenno al figlio di raggiungerla. Quando questi lo fece, lei lo tirò su di sé, facendolo sedere sulle ginocchia.
“Dov'è andato papà?”.
Lo strinse a se', poggiando il mento sui suoi capelli corvini.
“Non lo so neanche io, piccolo. Però... papà mantiene le promesse. Se ha detto che tornerà, vuol dire che lo farà. Dobbiamo solo aspettare”.
La verità era che si sentiva completamente impotente. E stupida, per averlo lasciato andare via a quel modo, senza neanche una spiegazione.
Fidati di me, le aveva detto senza troppi giri di parole e lei lo aveva fatto, così come aveva sempre fatto. Ma adesso, ora che si era resa conto della promessa non mantenuta fatta ad Ash, cominciava a preoccuparsi. Aveva un brutto presentimento addosso, un presentimento che non aveva mai provato prima d'allora. Stringeva il figlio come avesse paura di vederlo sparire allo stesso modo e si sentì ancora più stupida. Avrebbe dovuto fermare suo marito, avrebbe dovuto seguirlo. Avrebbe dovuto pretendere una spiegazione, non importava quanto importante e pericolosa fosse.
“E se... non torna? Mamma, forse papà non vuole che io vada a catturare pokèmon con lui... “.
La voce triste di Ash la riportò alla realtà. Scosse la testa, senza smettere un attimo di accarezzarlo.
“Non pensarlo neanche. Lo sai che non vede l'ora di farti vedere come si fa. E' soltanto andato via per una cosa importante, appena torna ci andrete insieme, eh?”.
Cercò di essere forte per lui e gli sorrise, nel tentativo di calmarlo. E il bambino la imitò, annuendo deciso. Soltanto dopo un po' Delia fece caso al giornale abbandonato sul tavolo davanti a sé. Si sporse, tenendo forte Ash, e lo prese, poggiandolo sullo spiazzo libero del divano. Era già aperto su una pagina particolare e fu tutto come un fulmine a ciel sereno.

Il Team Rocket colpisce ancora
“... atti vandalici e rapimenti sono all'ordine del giorno da parte del Team Rocket. A quanto pare il loro primo e unico intento sembra quello di avere i pokèmon più forti di ogni allenatore del mondo attraverso ogni mezzo. Molti uomini e donne da ogni regione stanno scomparendo misteriosamente dopo aver avuto a che fare con l'organizzazione che, ormai, sembra aver assunto le sembianze di un impero. Si pregano tutti gli allenatori e, in particolar modo, i maestri di pokèmon di fare attenzione a queste persone pericolose. Non si conosce, o conoscono, ancora il nome del mandante, ma gli agenti di polizia stanno indagando... “. 

Delia sgranò gli occhi, impietrita.
“Il Team Rocket... ancora loro?” sussurrò, sudando freddo. Prese Ash e lo spostò delicatamente da se', dopodiché si alzò in piedi.
“Mamma?”.
Ash la guardò stupito e la seguì, ma lei non gli rispose.
“Troverò la base... quale sarà quella principale?” chiese sottovoce, sforzandosi di ricordare. Doveva soltanto ricordare.
L'unica cosa che aveva in mente, però, fu soltanto l'ambiente tetro di una cella buia.
“Non molto distante da qui... accidenti!”.
Il piccolo non distolse un attimo lo sguardo da quello della madre, non riuscendo a capire.
“Forse... forse ho capito... “.
Rimase ferma, immobile, con la schiena contro la parete. Doveva farlo, doveva provarci. Era l'unica possibilità che aveva. Si diede per l'ennesima volta della stupida per non averci pensato prima.
“Mamma!”.
Si svegliò di soprassalto e raggiunse velocemente l'appendiabiti, prendendo il giubbotto di Ash e alcuni indumenti da portare via.
“Ash, ti porto dal professor Oak per qualche ora. Coraggio, vestiti”.
Lo aiutò a infilarsi la giacca sotto lo sguardo sbigottito di un bambino di quasi sei anni.
“Ma perché? Voglio stare qui”.
Delia non lo ascoltò più di tanto. Si vestì velocemente e lo afferrò per il polso, guidandolo verso l'ingresso.
“Coraggio, è questione di qualche ora. Non sei contento di giocare con Gary? E' da tanto che non lo vedi”.
Dopo qualche minuto furono davanti al vialetto che conduceva al laboratorio del professore e Ash rimase restio a fare anche solo un passo.
“Tu dove vai mentre io resto qui?” chiese in modo innocente, percependo una strana e brutta sensazione.
“Devo sbrigare delle faccende. Ash, non fare quella faccia... ci vediamo presto. Promesso”.
Il figlio abbassò lo sguardo, stringendo i pugni. Aveva già sentito quella frase.
“E se poi non torni come papà?”.
Lei trattenne le lacrime, sforzandosi per sorridergli.
“Non succederà, tesoro. Adesso vai. Ci vediamo dopo”.
E Ash cercò di credere alla promessa. Lo fece anche quando il professor Oak lo accolse a braccia aperte nel laboratorio, anche quando si mise a fantasticare con Gary su quale pokèmon fosse il più forte. Anche quando sua madre lo strinse forte, dopo avergli dato un bacio sulla guancia. Persino quando giurò di aver intravisto una lacrima scenderle lungo la guancia, mentre andava via. Anche nel momento in cui il professore cercò di seguirla nel vialetto, afferrandola per un polso. Sembrava volesse impedirle di allontanarsi. E continuò a crederci anche quando la vide correre via.

  
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