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Autore: Arashinoharuka    11/02/2012    3 recensioni
TEMPORANEAMENTE INTERROTTA
Un quattordicenne che sembra il protagonista di un manga di Shonen Jump. Il fratello maggiore, che ricorda vagamente l'occhialuta versione giapponese de Il Corvo. Un amico in comune, appena uscito da Final Fantasy targato 2024. Tokyo fuma, piange, si lamenta, si ribella; leccandosi le ferite del terzo conflitto mondiale da cui è uscita nuovamente perdente.
Il futuro, come il cielo, è grigio e puzza di fumo.
Ma da qualche parte, forse, i ciliegi sono ancora pronti a fiorire.
{Storia nata per essere un fumetto. Autrice senza senso, come la storia. Aggiornamenti incerti. Rating arancio per violenza e/o linguaggio colorito. PLEASE ENJOY}
Genere: Azione, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E' stata una mia scelta premere il grilletto per la persona che devo proteggere. Fino al giorno in cui raggiungerà il suo obiettivo..Premerò il grilletto senza alcun dubbio."
{Fullmetal Alchemist - Hiromu Arakawa}


 
Distretto sud, zona periferica industriale, esterno della fabbrica abbandonata
 
Hayato si lasciò scivolare stancamente lungo la parete, nauseato dal dolore. Si trattenne dal tossire nuovamente sangue, sapendo che non poteva permettersi di avere ferite gravi: gli ultimi rifornimenti arrivati alla base scarseggiavano di farmaci e strumenti medici, risorse che ormai nei quartieri popolari di Tokyo erano quasi impossibili da trovare. Gli ospedali erano pochi e concentrati soprattutto nel distretto centrale, e i medici erano per la maggior parte suketto* attrezzati internamente.
 
Ponderò lentamente i pro e i contro dell'accendersi una sigaretta nelle sue condizioni attuali. Lanciando un'occhiata allo sguardo apprensivo del fratello minore, abbandonò l'idea.
 
La sua mano affievolì la presa sul tessuto lacerato della camicia blu scuro fino a scivolare lungo il suo torso.
 
“Quando cazzo si decidono ad aprire, quelli”, bofonchiò stizzito, pensando ai nullafacenti piazzati dietro il portone blindato che usavano come entrata della base. Isamu ripetè il codice per la richiesta di apertura della porta sul vecchissimo schermo palmare attaccato alla bell'e meglio accanto alla serratura, infastidito anche lui per l'attesa.
 
Improvvisamente, la porta si spalancò, senza che nessuno richiedesse gli identificativi dei due fratelli dall'interno: con un ringhio, un'alta figura dai capelli biondi che (letteralmente) contrastavano la forza di gravità si precipitò nella fredda aria di ottobre e si diresse immediatamente davanti al maggiore.
 
Il quale non poté fare a meno di ridacchiare stancamente sotto gli occhi dallo sguardo indefinibile di Ichiro.
 
“Ciao, Ro-kun**”.
 
“I-Ichiro-san”, balbettò il minore a mo'di saluto.
 
“C..Come..”, esitò Ichiro, fremendo. “COME TI PERMETTI DI PRESENTARTI QUI IN QUESTE CONDIZIONI, TUUUUUU!”, sbottò infine, gettandosi in ginocchio e afferrando Hayato per quello che rimaneva del colletto della camicia. “Non sai quanto avrei voluto uscire e riportare il tuo culo in questo rudere ma noooo, perché Hayato-san deve fare sempre tutto di testa sua, senza mai chiedere un aiuto a chicchessia, perché Hayato-san è convinto di essere immortale, pare!”
 
Per tutta risposta, Hayato si coprì la bocca con una mano e tossì di nuovo.
 
“Brutta razza di idiota egocentrico ed egoista”, lo insultò Ichiro, rialzandosi ed allungando una mano per aiutarlo a fare altrettanto.
 
“Oi, Ro-kun”, fece l'altro accettando l'aiuto e tirandosi in piedi a fatica, “non dovresti insultare il tuo sempai***..”
 
“E chi se ne fotte se sei il mio sempai, Hayato-san, rimani un idiota di prima categoria.” Intanto si passò un braccio del più alto attorno alle spalle per sorreggerlo e si avviò verso l'interno della fabbrica.
 
“Isamu-kun, scusami per non averti salutato”, aggiunse poi rivolgendosi al più giovane. “Stai bene?”
 
“Ah, sì, io sì”, rispose lui, affrettandosi a chiudere la pesante porta e di bloccarla con un'altro codice apposito. Dopo il tonfo della porta e il beep, beep dei tasti consumati, Isamu si voltò verso i due giovani uomini rendendosi conto che il silenzio era diventato piuttosto denso.
 
L'espressione sollevata per essere arrivati alla base ed aver subito incontrato Ichiro gli si spense lentamente sul viso. “Ichiro-san?”
 
Il biondo, sorreggendo Hayato quasi a peso morto, gli rivose un sorriso che voleva essere rassicurante. “Ehi, Isamu-kun, forse è meglio se tu intanto vai nella vostra stanza, eh? Ti raggiungo subito.” Appena tuo fratello smette di vomitare sangue, magari, eh?, aggiunse mentalmente, sperando che il ragazzino gli desse ascolto senza notare che Hayato era svenuto.
 
**
 
Laboratori centrali di Shinjuku, sezione β1

 
“Sato-sama****”, chiamò con tono piatto la voce vagamente metallica dell'androide.
 
L'uomo chiamato si voltò e il suketto sembrò trattenersi dal fare un passo indietro: l'uomo aveva il viso ricoperto da spesse cicatrici – nella porzione di pelle visibile. Lungo la fronte, il naso e la guancia sinistra si allungava una linea di demarcazione delle appendici metalliche che spariva dentro il colletto abbottonato della camicia candida.
 
Se avesse avuto un software abbastanza avanzato da permettergli di pensare in modo personale, l'androide avrebbe pensato quest'uomo mette davvero i brividi.
 
Il vitreo occhio cieco si mosse assieme a quello meccanico ad identificare l'androide. Quindi, l'uomo salutò: “β-2600”.
 
“Il server centrale della sezione β ha registrato due perdite nel settore AA-34 del distretto sud”, riportò atono l'interpellato. La vaga umanità che s'era potuta leggere per un istante nei suoi movimenti quando Sato si era voltato era di nuovo scomparsa tra un ingranaggio e l'altro.
 
“Continua.”, ordinò l'uomo.
 
“Entrambi gli androidi erano suketto guardia, sistema β di prima generazione, appartenenti al settore in cui è stata registrata la fine della loro attività di trasmissione. Oltre a questi due, non è stata trovata la traccia di possibili forme di vita artificiale ribellatesi o di impianti meccanici su forme di vita naturali di alcun genere”, eseguì l'androide, concludendo con quella che più che un’informazione era una formula fissa.
 
“In che tipo di quartiere è l'AA-34, β-2600?” chiese gelidamente Sato.
 
“..Periferico. Distretto sud. Ex quartiere di--”
 
“Certamente. E poi?”
 
“..Negli ultimi mesi sono state registrate attività umane ribelli esterne alla comunità giapponese attualmente residente a Tokyo--”
 
“Certamente. Quindi?”
 
“..Il..settore è..confinante con il Limbo--”
 
“Ma certamente. E quindi, mi è dato sapere perché sono stato consultato riguardo una questione simile?”
 
L'androide rimase in silenzio. Il sua database di parole e formule era sotto pressione e nell'aria si udiva un vago ronzio elettrico, unito ad uno spiacevole odore di macchina in sovraccarico.
 
**
 
Distretto sud, zona periferica industriale, base dei ribelli

 
Isamu era seduto sul proprio letto a soppalco, dondolando nervosamente le gambe nel vuoto. Aveva ancora il giubbotto consunto addosso: sembrava che i vecchi sistemi di riscaldamento della fabbrica avessero finalmente tirato le cuoia, oppure erano semplicemente di nuovo senza carburante. Aspettava insonne da quattro ore che Ichiro lo raggiungesse.
 
Lanciò uno sguardo nella stanza spoglia, soffermò lo sguardo sui vecchi volumi di manga ammucchiati in un angolo, sul tavolo malfermo, le sedie sfondate, l'intonaco scrostato. Sugli scatoloni che, in assenza di un armadio vero e proprio, contenevano i loro vestiti. Ma la cosa su cui i suoi preoccupati occhi verdi ripassavano più spesso era la porta, ancora chiusa.
 
Finalmente, il trasmettitore appeso al muro accanto ad essa cominciò ad emettere l'avvertimento di una richiesta dal'esterno con un gracchiante week, week, week. Isamu saltò giù dal letto e si precipitò sui tasti, esitando prima di digitare il codice che gli saltellava nella mente.
 
“Ch-chi è?!”, chiese ansioso.
 
“Seishin Ichiro”, rispose la familiare voce da fuori. Isamu si affrettò ad aprire.
 
Si accorse subito di avere un nodo in gola. “Co-cosa..come..cosa..”, balbettò, incerto su cos'avrebbe dovuto chiedere.
 
Ichiro sorrise lievemente e gli posò una mano sulla testa, scompigliandogli i capelli già abbastanza scompigliati di natura. “Non ti preoccupare, adesso è tutto stabile”, lo anticipò, omettendo qualsiasi riferimento a come fosse stata la situazione prima di 'adesso'. “Vuoi venire a mangiare qualcosa?”
 
Isamu scosse la testa. “Non ho fame..voglio vedere Hayato-nii-san..”
“..Adesso è tardi”, rispose il più gentilmente possibile Ichiro, sentendosi un perfetto cretino sotto lo sguardo insistente di Isamu.
 
“Ichiro-san.”
 
“Ok. Ok, ok, solo, non mi fissare con gli stessi occhi di tuo fratello, eh? E se fa domande, mi hai puntato contro la pistola, ok?”, crollò subito Ichiro, incapace di imporsi come faceva Hayato. Con un'espressione sconsolata si voltò per uscire dalla stanza e fare strada in direzione della stanza della vecchia fabbrica che era stata da tempo adibita ad ospedale.
 
Avevano percorso appena qualche decina di metri lungo gli angusti corridoi della base che, arrivati nel corridoio dell'entrata principale, furono investiti da un consistente gruppo di persone che si precipitavano all'interno. Isamu sembrò non accorgersi subito che la maggior parte di loro erano sporchi di fuliggine e sangue, mentre molti altri si trascinavano su arti mutilati di fresco.
 
Quando se ne accorse, fece qualche goffo passo verso Ichiro, con gli occhi spalancati.
 
“Ichiro-san..Cos'é..”.
 
Il ragazzo non rispose. Osservava la scena che gli scorreva davanti agli occhi, incapace di reagire.
 
**
 
Senza occhiali, il mondo era sfocato.
 
Così sfocato che non sarebbe stato capace di distinguere l'uno dall'altro due visi più lontani di un metro.
 
Adesso, però, l'unica cosa che vedeva erano flash colorati contro le palpebre chiuse. Anche se non ci vedeva, era convinto che aprendo gli occhi la nausea sarebbe di nuovo aumentata a livelli insopportabili.
 
L'appunto mentale di non farsi più traforare i polmoni da una lama dello spessore di una mano***** che aveva preso ormai secoli prima gli martellava in testa. Una volta esaurite l'adrenalina e la paura, il dolore non aveva più mostrato pietà; e la morfina era più introvabile dei diamanti.
 
Con la mente sorprendentemente lucida, aprì gli occhi e, trattenendo un'ondata di colpi di tosse, cominciò a contare ripetutamente i giacigli improvvisati che era costretto a chiamare 'letti dell'infermeria' che intravedeva di fronte a sé. Erano sei; li contò una, due, quattro, otto, sedici volte.
 
Trentadue. Trentatré. Si rese conto di stare scivolando nuovamente in quello che doveva essere sonno per sfinimento.
 
Improvvisamente, sentì delle voci concitate avvicinarsi. Una apparteneva certamente a Nanami-san, il medico in carica quella sera; la maggior parte delle altre erano maschili, alcune roche, altre quasi acute. Tutte erano fastidiose.
 
“..Esplosione improvvisa.”
 
“Sapevano che eravamo lì.”
 
“Ci hanno lasciati scappare..”
 
“È perché sanno che noi abbiamo lo stesso effetto di un cerotto su una ferita di arma da fuoco.” Hayato non voleva intervenire, davvero, ma le parole gli erano uscite di bocca ancora prima che il suo cervello le potesse recepire.
 
Tossì. Lo odiavano comunque, che fosse sano o in punto di morte: chi predicava sventura era odiato da chi venerava la speranza. I reietti veneravano un'illusione e odiavano chi diceva loro la verità.
 
Sperò di addormentarsi in fretta, ma le voci lo tenevano sveglio.
 
Appoggia questo corpo qui. Appoggia l'altro corpo lì a fianco. Accatasta futuri cadaveri l'uno a fianco all'altro, come se potessero infondersi forza a vicenda. Le risorse mediche della base di ribelli in cui sopravvivevano erano minime e non sarebbero state sufficienti per ulteriori feriti, chi non era in punto di morte poteva dileguarsi grazie.
 
L'illuminazione era scarsa persino dentro l'infermeria perché i rifornimenti di energia elettrica erano alimentati da una fonte solare troppo debole (che fossero di vapore acqueo o di particelle semi-radioattive, le nuvole coprivano quasi perennemente il cielo sopra Tokyo).
 
Ancora prima di poter constatare le effettive perdite dell'attacco appena fallito, qualcuno propose un secondo raid ai magazzini di approvvigionamento del Distretto Sud.
 
**
 
Era come se la guerra non fosse mai finita.
 
Certo; per gli scarni quotidiani e le informazioni manipolate distribuite dalle televisioni nazionali era tutto finito. Il Giappone era guarito a velocità incredibile e ora le cose andavano a meraviglia. Tutti sarebbero stati soddisfatti del tenore di vita decisamente alzato dalla proposta di governo dell’introdurre gli androidi di nuovissima generazione come supporto ai lavori più faticosi o impegnativi. I feriti, i mutilati, anche i semplici insoddisfatti potevano richiedere operazioni di impianto di parti corporee meccaniche e/o artificiali a prezzi generalmente raggiungibili. Le città sarebbero stato più sicure perché sorvegliate da impeccabili guardie robotiche.
 
Macchinari per la purificazione di polveri sottili e particelle potenzialmente dannose per la salute erano disseminate ovunque.
 
I ribelli si nascondevano nell’ombra: erano meno di un’organizzazione capace di provocare una guerra civile, diversi da infiltrati da altri paesi, ma più di un semplice malcontento della popolazione.
 
Erano civili eliminati dalla circolazione silenziosamente, come si scaccia una mosca che ci ronza intorno: finché stavano lontani e creavano danni infinitesimali li lasciavano fare. Senza di loro il governo non avrebbe avuto un capro espiatorio.
 
“..Yogoshaki-kun?”
 
Dal giorno dell’attacco di rifornimento fallito era passato quasi un mese. Quasi dalla stessa data, la base dei reietti si agitava nervosamente e si scervellava per pianificare un nuovo attacco: in quel momento, era in corso una riunione per organizzare la nuova squadra responsabile.
 
‘Yogoshaki-kun’ era Hayato, che a vent’anni faceva comunque parte della componente più giovane della base (suo fratello veniva chiamato semplicemente per nome. Perché non era altrettanto irascibile). A rivolgerglisi era stato Daiki Takahashi******: capelli palesemente decolorati, venticinque anni e un’irritante aria da militare addosso. Se si doveva identificare un capo in quella base, il compito sarebbe toccato a lui.
 
“C’è nessuno che si oppone a far guidare la spedizione a Yogoshaki-kun?”
 
Silenzio. Un braccio ricoperto da una manica di una felpa rossa troppo grande si alzò timidamente. “Io..”
 
Isamu venne istantaneamente fulminato dallo sguardo del fratello. “Tappati la bocca”, gli consigliò.
 
“Ma non sei ancora guarito completamente--!”
 
“Isamu..”, cominciò ad intromettersi Ichiro, con lo scopo di proteggerlo dal malumore del fratello maggiore.
 
Daiki riprese la parola, precedendolo. “Uhm, Isamu-kun”, cominciò, dando il tempo agli sguardi dei pochi presenti di spostarsi sul ragazzino. “purtroppo al momento tuo fratello è il candidato più opportuno per questa spedizione..”
 
Un mormorìo di ‘sì, sì’ si diffuse nella stanza.  
 
“Al momento è semplicemente il combattente più qualificato—“
 
“Risparmiati le tue stronzate da militare.”, lo ammonì Hayato guardandolo in cagnesco.
 
“Ok; è la persona più adatta, va bene?”, ringhiò Daiki di rimando, stringendo il pugno appoggiato sul tavolo.
 
Isamu abbassò gli occhi e i presenti ricominciarono a discutere civilmente sulle modalità dell’attacco.
 
Daiki era davvero un militare. Aveva fatto parte dell’esercito giapponese da quando aveva terminato il liceo e già a ventidue anni era diventato sergente. Prima della fine della guerra era stato incarcerato per ‘diffamazione’ – o almeno questa era la versione riportata nei file della polizia, sotto il suo nome accompagnato dalla scritta ‘latitante’, e nessuno alla base sapeva esattamente quale fosse la realtà dei fatti. Certo era che sapeva alzare la voce seppure parlasse gentilmente, e che aveva un’incredibile capacità organizzativa di cui la base di reietti aveva disperatamente bisogno; l’unico fattore che differenziava la sua ambiguità da quella di Hayato era che ci sapeva fare con le persone (e con le ragazze).
 
Al termine della riunione si decise che la nuova imboscata si sarebbe tenuta di lì ad una settimana e che vi avrebbero fatto parte Hayato, Ichiro e due degli ultimi ragazzi presenti che sapevano usare le armi.
 
Senza una parola, tutti affidarono gli approvvigionamenti della base alla persona di cui si fidavano di meno.

 
**
 
Konnichiwa!
Perdonate il ritardo dell’aggiornamento e il fatto che questo capitolo lasci a desiderare. Odio questi capitoli di ‘pausa’ tra un’azione e l’altra, nonostante siano, come dire, fondamentali. Mi dispiace di aver fatto sembrare Hayato un totale stronzo, il punto è semplicemente che lo è.. Mi dispiace anche di aver fatto passare Ichiro per quello che s’arrabbia sempre, e in questo caso no, non lo è eue
Ah e come avete potuto capire io trovo ispirazione davvero da qualsiasi cosa..è che mi piace inserire citazioni, tutto qui, anche da cose idiote, hahaha. Come i fumetti. Spero che sappiate chi dice quella frase c':
* suketto: parola giapponese che significa aiutante
** -kun: onorifico usato quando si parla con ragazzi della tua stessa età o più giovani, o con persone di rango inferiore
Ro: abbreviazione idiota di Ichiro
*** sempai: un onorifico usato con le persone più grandi, ma non adulte, per esempio ragazzi/e che frequentano la tua stessa scuola ma in anni più avanzati. Spiegherò meglio la questione nel prossimo capitolo eue
**** Sato: cognome giapponese scelto perché è abbastanza comune, significa {credo} zucchero
-sama: onorifico usato con persone di grande prestigio {che ne so, il capo del governo o qualcosa del genere, ma nei manga lo usano spesso per riferirsi al capo di un’organizzazione che viene esageratamente venerato}
***** lo so che suona davvero esagerato, ma vi assicuro che ho regolato i tempi della storia dopo aver chiesto a mio padre {che è medico} quanto una ferita del genere potesse metterci a guarire. Vi risparmio il terzo grado che ne è seguito..
****** Daiki: circa letteralmente, se scritto con i kanji giusti, significa grande gloria
Takahashi: cognome molto comune che significa {di solito} alto ponte
Ringrazio Selene K e HomicidalManiac per le recensioni ^^
Recensite recensite, mi piace ricevere commenti, anche se sono critici ^^
Matanee!
-Arashinoharuka
   
 
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