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Autore: son usagi    20/09/2006    0 recensioni
Cosa potrebbe succedere se si attraversasse involontariamente un varco temporale che conduce nel passato?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Clermont

E

ra trascorso ormai un mese da quel giorno ed ogni pomeriggio, per alcune ore, Elena e Matteo andavano nello studio dove la ragazza insegnava l’italiano e tutto ciò che sapeva al marito. In poco tempo i due iniziarono a provare rispetto reciproco. Il rispetto diventò amicizia profonda, ma si sa che l’amicizia può diventare amore.

Era una giornata di fine giugno molto calda e Matteo ed Elena erano rimasti a studiare fino a tardi. Dalla piazza provenivano le grida di gioia di alcuni bambini che giocavano fra di loro. Accaldata, Elena, si alzò e si affacciò alla finestra per cercare un po’ di frescura, alcuni minuti dopo Matteo la raggiunse e, abbracciandola, le chiese dolcemente «Non credete che sia ora di uscire da questa casa?», Elena, infatti, non era mai uscita dall’edificio, poiché aveva paura che qualcuno potesse riconoscerla e la facesse arrestare nuovamente; continuò a fissare la piazza senza rispondere al marito, poi, improvvisamente, disse «Vengo dal 2004» «Come, scusate?» «Non vi ho mai detto da che epoca provenivo, ora che siate mio amico e marito posso rivelarvelo: provengo dal 2004» «Lo sapevo già. Lessi il biglietto che trovaste nel vostro medaglione un mese fa. Parlatemi della vostra epoca» «Cosa volete sapere? Sempre che mi crediate» «Quali sono le più importanti opere letterarie della vostra epoca?», ma Matteo non prestò attenzione a nessuna delle parole della risposta di Elena. I suoi occhi erano fissi sulle rosse labbra di Elena che si muovevano così graziosamente mentre lei parlava che lui ne rimase incantato. Quando Elena terminò la sua risposa fissò Matteo nell’attesa di un suo commento, ma ciò non arrivò mai. Elena non aveva mai visto quella espressione sul volto di Matteo, era abituata a quella sua espressione sognante, ma in quel momento sembrava piena di passione. Istintivamente Elena si allontanò da Matteo, ma lui si riavvicinò e la cinse dolcemente ed ingenuamente in vita. Elena si guardò attorno, come per cercare una via di fuga da quella situazione. L’uomo sentì il corsetto di Elena scivolargli via delle mani come un’anguilla. Un attimo dopo Elena era seduta alla scrivania, Matteo si domandò perfino come avesse fatto ad arrivare fin là in così poco tempo, ma si sa, l’agitazione fa fare qualsiasi cosa.

Rimasero a studiare ancora per un po’ e, frequentemente, Elena si accorse che Matteo non le fissava gli occhi mentre lei parlava ma le labbra. Quando non riuscì a sopportare quella situazione si alzò e disse «Sentite, sono stanca, credo mi ritirerò nella mia stanza. Continuiamo domani», detto questo uscì speditamente dallo studio, Matteo cercò disperatamente di richiamarla «Madamigella!» urlò più volte, ma lei sembrava svanita nel nulla. Quando capì che anche se avesse urlato con tutta la voce che aveva in corpo fino a diventare muto lei non lo avrebbe sentito tornò nel suo studio e pensò “A quanto pare non sono ancora così vittorioso in amore come speravo”.

Ma proprio mentre Matteo entrava nel suo studio, Elena si gettava sul letto e, in contemporanea al marito pensò “Non so ancora per quanto riuscirò a fuggire da lui. Non ce la farò a sopportare ancora per molto” e con questo pensiero nella testa, si addormentò.

Era trascorsa un’altra settimana ed Elena era riuscita a resistere alle pressioni di Matteo che, in quella settimana, si era calmato un po’.

Quella mattina di luglio Elena si svegliò con, sul comodino, una lettera, l’aprì e lesse

Recatevi nel mio studio, madamigella, c’è una sorpresa per voi.

Matteo de Foisos

Alquanto titubante Elena si recò nello studio del marito e trovò, sulla scrivania, una rosa bianca e, sotto ad essa, un altro foglio con su scritto “Voltatevi”, non fece nemmeno in tempo a voltarsi che la porta dietro di lei sbatté chiudendosi, e nell’ombra vide un uomo i cui lineamenti le erano famigliari, così come la voce, aspra e forte «È stato facile condurvi qui, strega», quell’ultima parola, così dura le fece ricordare a chi apparteneva quella voce: a Victor de Rym. L’uomo si avvicinò a lei e l’abbracciò, lei si divincolò più che poté per fuggire da quel mostro, ma lui non accennava ad allentare la presa. Ogni speranza era ormai svanita in lei: solo un miracolo poteva salvarla. Ma proprio in quel momento un miracolo accadde: qualcuno aprì la porta. Victor, sorpreso dal nuovo venuto allentò la presa ed Elena fuggì. Appena Elena si rese conto che era Matteo gli corse incontro e lo abbracciò in lacrime.

Nessuno dei due uomini parlò per alcuni minuti: l’unico rumore in quella stanza era il pianto di Elena. Improvvisamente Matteo disse «Come avete fatto ad entrare in casa mia?», il suo tono era molto minaccioso, «Mi ha fatto entrare vostra sorella, de Foisos, mi è bastato dirle che ero quel tonto di mio fratello Guillaume perché mi aprisse», sempre più arrabbiato Matteo gli rispose «Andate via da casa mia e non tornateci mai più! Soprattutto non provate ancora a fare una cosa simile a mia moglie». Victor si avvicinò alla porta, si fermò vicino ad Elena e le sussurrò «Ci rivedremo, ve lo prometto». Appena Elena sentì la porta chiudersi, si abbracciò più saldamente al petto di Matteo e pianse ancora più forte. Dopo alcuni minuti si calmò, si staccò dal marito e disse, con la voce ancora strozzata dal pianto «Perdonatemi, grazie, ad ogni modo, per avermi salvato da quell’uomo» «Dovere. Era mio compito proteggervi, come vostro marito»; Elena si mise a ridere nel sentire quella risposta: era il primo vero sorriso da quando era tornata indietro nel tempo. Quando smise di ridere disse, con le lacrime agli occhi «Scusatemi. Eravate troppo buffo quando mi avete risposto!» «Perché vi fa tanto ridere?» «Perché da dove provengo una frase di quel tipo è ridicola» «Ho capito! La prossima volta non vengo ad aiutarvi, vorrei vedere come reagireste»; al solo ricordo di ciò che era accaduto, Elena rabbrividì.

Rimasero alcune ore a dialogare fra loro, quando Matteo chiese «Voi mi amate?» «Perché questa domanda?» «Così...» «Non lo so» «Mi amerete mai?» «Come siete insistente!» «Ma...» «Non vi risponderò, non ora, non qui» gli rispose Elena molto infastidita, ma Matteo continuò «Amate qualcuno?» «Non lo so, per il momento» «Perché non posso essere io?» «Adesso basta» gli urlò Elena alzandosi in piedi, Matteo, capendo di aver esagerato, rispose «Perdonatemi, madamigella», poi chiese «Posso farvi una domanda?», ancora guardinga rispose «Ditemi» «Per caso un vostro antenato era spagnolo?» «Che io sappia no, perché?» «Avete i capelli neri, di certo non francesi, e la carnagione leggermente scura, tipica della Spagna; solo negli occhi non lo sembrate» «Anche la mia me, tornata nel passato, era così» «Vi dimenticate che, essendo voi, anche lei proveniva dal futuro, quindi aveva le vostre stesse identiche caratteristiche. Mi permettete di dirvi una mia opinione? Promettetemi che non vi arrabbierete» «Dite» «Sembrate un’egiziana» «Una zingara, volete dire?» «Sì, non voglio che lo prendiate come un insulto» «Non preoccupatevi, per me è un complimento» «Nella vostra epoca è un complimento?» «No, dovrebbe essere un insulto, ma io lo prendo sempre come un complimento. C’è una ragione per questo mio modo di pensare, ma non ve lo rivelerò mai e poi mai» «Sarà... Sentite, non credete che dobbiate uscire da questa casa? Come avete potuto notare le persone possono entrare e cercare di arrestarvi» «Quello non mi voleva arrestare» «Come, scusate?» «Lasciate perdere» «Dovete uscire, magari con me, o con mia sorella o con Guillaume, ma fatelo!» «Quando arriverà il momento di uscire lo farò, sto aspettando un segno». Appena terminò di pronunciare quella frase, dalla finestra sentì l’allegro suono di un tamburello e gli applausi di alcune persone. Curiosa, si affacciò alla finestra e vide una folla disposta a cerchio con, al centro, una ragazza, che aveva circa la sua età, danzare per il piacere della gente che le era intorno, Elena si appoggiò alla finestra e ne rimase incantata. Matteo, vedendola così assorta, disse «Ecco il segno» e, ingenuamente, le prese la mano, ma lei la ritrasse e disse «È troppo presto!» «Ma...il segno» «Non è questo». Piuttosto rattristato Matteo uscì dallo studio. Elena si affacciò nuovamente alla finestra e lo vide camminare nella piazza a testa bassa.

Elena lo fissò un po’ rattristata per come si era comportata; stava per gridare il suo nome, quando fu nuovamente attratta dalla giovane zingara che danzava, incominciò ad osservarla e si dimenticò del resto. Non sentiva più neppure i rumori che provenivano dallo studio. Improvvisamente sentì una mano nodosa sulla sua bocca che le impediva di parlare, di gridare, ed un’altra mano che la prese per l’addome e la spinse indietro, verso il petto dell’individuo. Elena non riuscì a vedere a chi appartenessero quelle mani e quel petto, ma lo immaginò: non poteva essere altri se non Victor. Elena sapeva che, questa volta, Matteo non sarebbe intervenuto. Istintivamente iniziò a piangere, ma questo gesto non fece commuove Victor, che, impassibile, la voltò e la cinse in vita, sempre tenendole una mano sulla bocca per impedirle di chiedere aiuto. La ragazza, senza pensare a ciò che stava facendo ed avendo le mani libere, cercò di allontanare l’uomo spingendolo per il petto, ma lui era troppo robusto perché venisse allontanato da una ragazzina. Elena aveva quasi perso ogni speranza quando le venne un’idea. Ingenuamente, l’uomo, aveva tenuto la mano sulla sua bocca, allora Elena gli morse la mano, sentì che aveva morso talmente forte che gli fece uscire il sangue. Finalmente l’uomo la lasciò andare, lei prese la piccola statua che Matteo usava per tenere fermi i libri e diede un colpo in testa a Victor che cadde a terra, svenuto.

Elena uscì di corsa dallo studio e dalla casa, corse nella piazza e, quando vide che le persone la stavano fissando, iniziò a camminare a passo veloce. Appena intravide Matteo fra la folla avvertì una sensazione di sollievo, lo chiamò ma lui non la sembrò sentire; lei, allora, affrettò ancora di più il passo e, quando gli fu ancora più vicina, lo richiamò. Appena si voltò, Matteo, sorrise, le corse incontro e l’abbracciò. Elena si allontanò e disse «Perdonatemi, ma ci stanno guardando tutti» «E che guardino pure quanto vogliono. Voi siete uscita dopo tanto tempo e poi io vi amo», quelle ultime parole, Matteo, non le avrebbe volute dire, ma gli sfuggirono, felice com’era che Elena fosse uscita di casa; Elena arrossì, il marito, vedendola, le chiese «Ho detto qualcosa che non dovevo?», lei, balbettando, gli rispose «No, è che è nessuno mi ha mai detto una cosa simile», cambiando discorso, Matteo disse «Cosa vi ha convinto ad uscire?» «Quell’uomo orribile! Voi siete uscito, lui è tornato e, e...» ma non continuò mai quella frase perché rincominciò a piangere. Matteo la consolò, la strinse forte a sé e la portò in chiesa, da Guillaume.

Appena Guillaume vide Elena, con gli occhi gli rossi, disse «Pasqua di Dio! Cos’è successo?», la ragazza stava per rispondere quando Matteo vide che stava per iniziare piangere, allora la bloccò e disse «È vostro fratello». Elena tentò di non piangere ma fu più forte di lei: nascose il volto nel petto di Matteo ed incominciò a piangere. Guillaume rimase stupito nel vederla; Matteo, che era abituato a quella situazione fece segno al maestro di non parlare. Elena pianse per alcuni minuti poi, asciugandosi gli occhi, chiese a Guillaume «Avete conosciuto Luigi XI?» «Sì, perché?» «È per “Pasqua di Dio”, l’avete imparata da lui, vero?» «Sì, ma come fate a sapere di questa sua abitudine, voi non lo avete potuto conoscere» «Lo so che, dato che lui morì il 30 agosto 1483, essendo noi nel 1516 ed avendo io solo 17 anni non posso averlo conosciuto» «Infatti» «Matteo non ve lo ha detto?» «Detto cosa?» «Ve lo dirà in futuro». Guillaume cercò di riportare Elena alla sua domanda, perciò le disse «Cosa vi fa fatto mio fratello?». Elena raccontò, con molte difficoltà ed interruzioni, ciò che era accaduto e che Matteo ascoltò per la prima volta. Quando terminò il racconto Matteo disse «Perciò vi chiedo di dire a vostro fratello di non avvicinarsi mai più a casa mia, a voi forse darà ascolto» «Farò tutto il possibile perché ciò accada, ve lo prometto, ma non sarà facile, conoscendo mio fratello».

lena e Matteo uscirono dalla chiesa ed attraversarono la piazza per ritornare a casa, quando Elena, che aveva ripreso a fissare la zingara, vide che qualcuno la stava maltrattando. Fu impossibile per lei non intromettersi, lo aveva sempre fatto in tutta la sua vita e non pensò nemmeno per un secondo di poter rimanere estranea alla vicenda. Si avvicinò alla zingara, che era caduta a terra a causa degli spintoni che le persone le avevano dato, e l’aiutò ad alzarsi, mentre la folla continuava a schermire la giovane danzatrice. Elena, che non aveva mai capito quando doveva tacere, alterata disse «Cosa vi ha fatto questa giovane?! C’è un buon motivo per cui deve essere maltrattata?» ma nessuno rispose allora lei continuò «Se non c’è nessun motivo per cui deve essere maltrattata, perché lo fate?», una debole voce si alzò dalla folla «Gli zingari mangiano i nostri bambini!» «Ne avete la prova?» le chiese Elena gelidamente «Anni fa a una donna di Reims fu mangiata la figlia!» «Si dà il caso che sua figlia non è mai stata uccisa dagli zingari ma dalla brava gente di Parigi, e quando la ritrovò benedisse gli egiziani. V—» in quel momento Matteo l’afferrò per il braccio e la trascinò lontano, quando si fermarono Elena stava per parlare ma Matteo la fermò e le disse «Cos’avete fatto? Io e Guillaume stiamo cercando di proteggervi e voi vi comportate in questa maniera?» «Ma la stanno maltrattando!» «Non so come la pensiate nella vostra epoca, ma qui gli zingari sono trattati in questo modo» «Ma è da barbari!» «Questo è il nostro pensiero e se non volete attirare troppa attenzione su di voi cercate di non intromettervi mai più» «Per favore, se non posso intromettermi io, aiutatela voi. Quella giovane non ha mai fatto male a nessuno» «Non mi schiero mai...non è mia abitudine farlo» «Vi prego, fatelo per me» «Ma...» «Farò qualsiasi cosa, ma aiutatela!». Matteo s’impietosì, le prese le mani e disse «Lo farò per voi, ma non voglio niente in cambio, l’unica cosa che vorrei, a parte un vostro sorriso, è anche la sola che non avrò mai: il vostro amore», Elena fece finta di non avere udito l’ultima parte della risposta di Matteo; sorrise, contenta, lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia. Matteo rimase immobile con una mano sulla guancia, Elena allora, vedendolo fermo, gli disse «Muovetevi! Avete una damigella da salvare! Forza, sbrigatevi!».

Matteo lentamente si avvicinò alla zingara e disse «Amici miei, vorrei chiedevi un favore, potete smettere d’importunare questa giovane?» «Anche voi con quest’idea! Non bastava quella mocciosa di prima?!», appena udì questa frase Elena s’infuriò e corse verso l’uomo che aveva pronunciato quell’oscenità, era molto vicina quando Matteo la bloccò e disse «Perdonatela, questa è mia moglie e proprio oggi è uscita per la prima volta di casa da quando siamo sposati perché non si è sentita molto bene, ed ancora adesso non è molto in salute» e mentre diceva ciò tutta la folla aveva gli occhi fissi su Elena, lei si avvicinò a Matteo e gli chiese bisbigliando «Scusatemi, perché mi fissano?» «Vi stanno solo guardando. State calma e non parlate più». Lei obbedì. Alcuni istanti dopo la loro attenzione era nuovamente sulla zingara, Matteo se ne rese conto e perciò disse «Scusatemi, ma mia moglie vorrebbe portare via la zingara, che voi lo vogliate o meno lo farà ugualmente» detto questo prese la mano della moglie, che a sua volta afferrò il braccio della zingara, e la trascinò fino alla casa.

Appena furono dentro all’edificio, Matteo perse di vista le due giovani, solo alcuni minuti dopo scoprì che erano nel suo studio a parlare. Entrò e si sedette in un angolo ad ascoltare il dialogo delle due ragazze. La zingara fu la prima a parlare, disse «Perché mi hai aiutata, señorita?» «Perché non volevo che vi maltrattassero» «Grazie, però io dovrei andare via» «Potrei sapere il vostro nome?» «Mi chiamo Lola, voi?» «Elena, quello è mio marito, Matteo», la giovane zingara si avvicinò a Matteo e disse «Señor, grazie per avermi aiutata», poi, quando tornò a sedersi, Elena le chiese «Quanti anni avete?» «Ne avrò 17 in agosto» «Perciò avete la mia stessa età». Lola si alzò improvvisamente e disse «È tardi, perdonatemi, ma devo andare», poco prima che uscisse Elena le chiese «Dove posso trovarvi?» «Al fiume, ogni mattina», detto questo la giovane fuggì velocemente dalla stanza e dalla casa.


  
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