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Autore: AllHailTheGlowCloud    12/02/2012    0 recensioni
"Una sorta di scherzo del cazzo, ecco cos’era quella situazione.
Eh, sì- concluse -La vita è una gran burlona. Fa tutti questi scherzi e si crede tanto divertente, lei…evidentemente pensa che sennò ci annoieremmo.
La sua sottile ironia fu ciò che lo salvò dal suicidio nella maggior parte dei casi."
Questa la definirei un esperimento, secondo vari punti di vista. Provate a leggerla e vedete cosa ne pensate, tanto quello che ne penso io lo so già :'D
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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About. 3 Ungorgivable - I sometimes regret something, but neither I know what it was.

Vol.3 Unforgivable.

 

Sometimes I regret something, but neither I know what it was.

 

 

« Too late, my time has come,

Sends shivers down my spine,

Body’s aching all the time.

Goodbye, everybody. I’ve got to go,

Gotta leave you all behind and face the truth.

Mama, ooh,

I don’t want to die,

I sometimes wish I’d never be born at all. »

 

(Bohemian Rhapsody, Queen)

 

 

 

 

 

Era solito non rispondere al telefono, per cui in un primo momento nessuno ci fece caso.

Non si presentava a scuola da giorni però, e a casa sua non c’era, nessuno aveva idea di dove fosse finito, né la sua famiglia, né i suoi amici.

Meggie continuava a blaterare di avvertire la polizia o qualcun altro, ma credeva forse che i genitori non ci avessero già pensato?

James non la reggeva più. Ronnie piangeva.

Qualche giorno dopo il telefono ancora non squillava. Dove poteva essersi cacciato quell’imbecille?

Erano passate delle settimane, a scuola nemmeno ripetevano più il suo nome durante l’appello.

La sua camera era ancora così com’era stata lasciata. Un bordello di vestiti e libri e altre cianfrusaglie buttate ovunque sulla scrivania e sul letto. L’unica cosa in ordine erano dei libri e dei manga, riposti accuratamente su una mensoletta in un angolo della stanza, non lontano dal letto. Accuratamente ricoperti di polvere.

La porta era chiusa.

Passarono dei mesi, sua madre non la finiva più di cacciare fuori vecchie fotografie e dire “oh, guarda com’era carino qui!” e “oh, guarda, qui faceva la quinta elementare!” e “oh, guarda, il nostro Robert in quest’occasione o in quell’altra”. Suo padre si incazzava come una bestia tutte le volte, non voleva che se ne parlasse come un ricordo. Quello non era un ricordo, era suo figlio, e prima o poi sarebbe tornato.

Era il 20 Gennaio 2013. Un anno esatto dalla sua scomparsa.

Oh, quante cose s’era perso Rob.

Ronnie aveva rischiato di finire dentro per una zuffa con dei poliziotti in borghese incontrati per caso. Da quella volta non s’era quasi più visto in giro.

James, dopo aver provato di tutto e di più, ora stava cercando di disintossicarsi. I suoi lo avevano messo in uno di quei centri di recupero, ora stava meglio. I suoi voti erano addirittura migliorati.

Meggie se n’era andata a vivere in America giusto un paio di mesi prima, giusto in tempo per prepararsi e cominciare il nuovo quadrimestre nella nuova scuola. Viveva con gli zii. Era anni che diceva di volerlo fare.

Emma era morta. Era vecchia quella gatta, nessuno aveva idea di quanti cazzo di anni avesse. Morta nel sonno, nessuna malattia. Le era andata meglio così, del resto.

Amore e Psiche avevano messo al mondo tre cuccioli, due maschi e una femmina.

Box era l’unico che, ancora, a l’una e un quarto, cascasse il mondo, stava davanti alla porta e lo aspettava, Rob. A quell’ora tornava a casa da scuola tutti i giorni, per fare pranzo.

Molti anni dopo, Meggie tornò col suo fidanzato statunitense, un tale biondo di nome Daniel.

Ci passò per caso di lì, ma volle fermarsi a fare un saluto.

Non c’era più nessuno. Nella vecchia casa ora viveva una giovane famiglia di indiani, composta da padre, madre, e due figlie, più uno in arrivo.

Era molto cortesi, li invitarono in casa a prendere una tisana non meglio specificata con loro.

Seduti intorno al tavolo rotondo del salotto, Meggie osservava i tappeti e le tappezzerie. In tutta la casa c’era uno strano odore d’incenso, gradevole, ma insolito, mentre dalla cucina arrivava il profumo delle spezie e del curry. Tutto era cambiato.

Dissero di essersi trasferiti lì da quasi otto anni ormai, età della figlia maggiore.

Meggie chiese di poter fare un giro della casa. Le fu concesso.

“Tu eri un’amica di Robert?” chiese ad un certo punto la donna.

Si voltò di scatto mentre saliva le scale, gli occhi sgranati e il cuore in panne.

“Sì, ero una sua amica, ma…”
“I suoi genitori, i precedenti inquilini, ci parlarono di lui” si affrettò a spiegare.

Non rispose, riprese la sua salita.

Arrivata al piano superiore si diresse subito verso la sua stanza. La porta era ancora chiusa, si affrettò ad aprirla con il cuore in gola.

Delusione, anche lì tutto era cambiato.

Cosa si aspettava? Dopo dieci anni, non c’era più nulla in quella casa che potesse anche solo assomigliare a ciò che era prima. Eppure i ricordi affioravano comunque.

Si asciugò una lacrima con la manica della camicia.

Salutarono la famiglia indiana e lasciarono quella casa senza voltarsi indietro nemmeno una volta.

Una volta in auto, una volta lontani, Daniel domandò:

Chi è Robert?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Sì, lo so, non c’entra una cippa con i capitoli precedenti secondo molti punti di vista.

Tanto per cominciare, lo stile è completamente diverso. Do una breve spiegazione, giusto per chiarire il mio punto di vista, poi lascio a voi l’interpretazione.

In pratica, essendo sparito quello che era il protagonista, questo capitolo viene scritto più come una cronaca, che come un diario, come invece accadeva negli altri due. Ovviamente, lì era più come se fosse Rob a raccontare, è scontato che il punto di vista fosse il suo, ma qui Rob non c’è. Quindi, a chi passare la palla? A nessuno, anche per mantenere una sorta di distacco dagli eventi. Prendere questa o quella parte avrebbe reso tutto troppo soggettivo.

Non so se mi sono spiegata, non so se vi fa la stessa impressione, ma questa è la mia.

E’ anche decisamente più corto, ma questo è stato un caso. Mentre lo ideavo sembrava molto più lungo.

Ora uno sfizio personale: volutamente non ho specificato che fine ha fatto Rob. Nel precedente capitolo si parlava di un’idea folle, e in questo si scopre che è sparito. Ma dov’è? Che ha combinato? E’ morto? E’ vivo? Chi è Rob?

Vorrei sapere cosa vi aspettavate, e, alla luce di questo capitolo, che fine credete che abbia fatto.

Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Non lo so nemmeno io! :3

Detto questo, spero sia stata di vostro gradimento, per me è stato un piacere scriverla, e ne vado molto fiera.

*20 Gennaio 2013: data a caso, non sapevo quando ambientare tutto questo, ma mi sono detta che era il periodo migliore. Senza un perché, è a metà dell’anno scolastico, principalmente. Poi 20 perché boh, cioè, è la data del mio compleanno, per cui è la prima che m’è venuta in mente. Fantasiaaa portami viaaaa’h!

P.s: Bohemian Rhapsody. Non siete sicuri nemmeno voi che quella canzone c’entri molto, vero? Però le parole sono giuste in fondo, no? Vi dirò che sta volta ho avuto difficoltà a trovare la canzone giusta, ma alla fine ho deciso di usare, ancora una volta, una canzone con cui recentemente sono in fissa, e che per ciò mi ha spesso accompagnato nella stesura di questa fic. E poi io amo questa canzone, è un capolavoro punto e basta, e questo basta e avanza. ♥

 

P.s2(?): dopo una settimana e più senza scuola non mi ricordo più come si scrive. Vi dico solo che avevo scritto “scuola” con la Q all’inizio, LOL. Sono l’unica così disastrata?

 

Daruku

 

  
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