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Autore: SimplyMe514    12/02/2012    3 recensioni
Avete presente quelle fanfiction in cui non solo i personaggi, ma perfino Hogwarts stessa non sembra più quella che conosciamo? Ecco, in questa storia potrete accompagnare i nostri eroi alla scoperta della Hogwarts alternativa, una giungla impenetrabile in cui vince solo il più forte... o il più sexy? E c'è di più: contemporaneamente, le strane creature che popolano quella giungla avranno un assaggino di com'è veramente la Scuola di Magia e Stregoneria che tutti amiamo... pronti a questo viaggio mozzafiato?
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Contesto generale/vago
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 Se c'era un vantaggio nella misteriosa assenza di lezioni in quella strana versione di Hogwarts era che i nostri eroi avevano un sacco di tempo libero. In men che non si dica, Hermione copiò la lista degli ingredienti della Pozione d'Odio e prese l'abitudine di portarla sempre con sé. Se anche l'avessero scoperta, non era stata tanto stupida da scriverne il nome in cima al foglio e dubitava che qualcuno, a parte forse il professore, avesse tanta esperienza con le pozioni da riconoscere a prima vista quelle indicazioni per quello che erano senza che dei bei caratteri cubitali indicassero di cosa si trattasse. Alcuni non erano difficili da reperire – bardana, levistico, elleboro... le bastò cercarli nell'armadio delle scorte lì, davanti a quel gruppetto così esiguo che non aveva il coraggio di chiamarlo “classe”, fingendo di aver bisogno di tutt'altro, e la conseguenza più drammatica fu qualche lamentela da chi aspettava il proprio turno dietro di lei – ma altri la facevano sudare freddo al solo pensiero. Aculei di Knarl: se ci fosse stata la benché minima traccia di Hagrid, svanito nel nulla anche lui (e sì che ci voleva uno sforzo notevole per liberarsi di cotanta mole), avrebbe potuto ottenerli da lui, dato che un tempo ne aveva tenuto qualcuno per le sue lezioni, ma naturalmente era chiedere troppo. Lo stesso problema si presentava per le uova di Ashwinder: pur di non ritrovarsi sola con quell'essere con qualche tentacolo di troppo che aveva sostituito il professor Piton avrebbe fatto il giro di tutti i caminetti del castello nella speranza che una di quelle creaturine, attratta dal fuoco, si fosse insediata da qualche parte, ma le leggi della probabilità erano decisamente contro di lei.

«E a cosa devo il piacere di questa visita, signorina Granger?»

Era ora di inserire la modalità attrice. Sempre che ne avesse una. «Mmm, be', sa che ho sempre accordato alla sua materia una preferenza... come dire, speciale...»

«E?» la incitò, avvicinandosi pericolosamente. Hermione fece un passo indietro, ma quello recuperò terreno. Un altro. Un altro ancora. Andò a sbattere, piano, contro lo scaffale dietro di lei, facendo tintinnare minacciosamente i contenitori di cui era carico. Spalle al muro, accidenti.

«E... mi stavo chiedendo se lei potesse farmi un piccolo, piccolo favore altrettanto speciale, ecco».

«Sarebbe a dire?»

«Sto lavorando a qualche piccolo... mmm, progetto nei ritagli di tempo, e mi domandavo se per caso ci fossero degli aculei di Knarl in più nelle sue scorte, professore. E delle uova di Ashwinder, ora che ci penso». Conoscendolo, sostenere il suo sguardo sarebbe stato un errore fatale, ma la questione nemmeno si pose: quello di lui scivolò inesorabilmente parecchio più in basso del suo viso, passando in rassegna tutto quello che la cosiddetta uniforme metteva più in mostra.

«Per i primi non c'è alcun problema... sarà il nostro piccolo segreto... ma», e in barba all'audacia, al fegato e alla cavalleria quel “ma” le mise i brividi, «temo di doverti fare qualche domanda in più prima di dire di sì anche alla seconda richiesta».

«E... e cioè?»

«Risolvimi questo mistero: perché proprio tu dovresti averne bisogno?»

Okay, calma. Non aveva chiesto esattamente “A che ti servono?”, quindi forse quella che voleva non era una confessione... un momento. Uova di Ashwinder... credeva che volesse preparare una pozione d'amore!

«Non si è mai troppo sicuri, professore». Meglio tenersi sul vago.

«Credimi, te la caveresti egregiamente anche senza certi aiutini, ma se il tuo è solo un interesse accademico, non vedo perché no. E per quanto mi sia sgradevole domandartelo, chi è il fortunato?»

«Come ha detto lei, è un interesse puramente accademico. Non dev'esserci per forza un fortunato».

«Fingerò di crederti...» La squadrò ancora una volta in un modo che le fece venire l'inspiegabile (ma non troppo) voglia di essere inghiottita lì sul posto dal pavimento di pietra e scomparire, per poi cercare per qualche tesissimo minuto i due ingredienti che le mancavano. «Ecco qui. E ricorda di farmi un'altra visitina privata quanto prima, perché vorrò qualcosa in cambio...»

«Allora... arrivederci, professore». Fu per un vero miracolo se si ricordò che strappargli il bottino di mano e correre via sarebbe stato sospetto. Quando fu fuori portata d'orecchio, sussurrò: «Sì, arrivederci a mai più... spero di essere fuori da questa gabbia di matti prima di doverla rivedere, professore...»

«Allora? Ce l'hai fatta?» Ron l'aveva aspettata poco lontano, teso come una corda di violino e probabilmente pronto a fare irruzione in pieno stile Auror se Mister Viscido si fosse spinto troppo oltre.

Hermione esibì i piccoli contenitori come se avesse appena vinto una coppa. «E ora, se non ti dispiace, faccio una corsa al bagno delle ragazze a vomitare. È stato orribile».

«Se penso che l'hai fatto per Malfoy...»

«Non solo».

«Eh?»

«No, dico, ma sei cieco? Non hai visto gli altri ragazzi?»

In effetti, sebbene Harriet fosse stata progettata appositamente per Draco, aveva più o meno inavvertitamente fatto la più gran strage di cuori che si fosse mai vista: era seguita ovunque andasse da un codazzo di ammiratori che tentavano di attaccare discorso e, una volta fallito miseramente, o inventavano problemi inesistenti con i pochissimi compiti che si facevano da quelle parti affinché lei, risolvendoli, si degnasse di rivolgere loro la parola, o si rassegnavano ad aspettare con aria adorante che facesse almeno quel gesto così sexy con i chilometrici capelli.

«Sì, be', ora che mi ci fai pensare ultimamente mi sembrano ancora più idioti... non avrai mica intenzione di distribuire quella pozione a tutti?»

«Sarebbe l'ideale, ma non ho ancora ben chiaro come. Dai, andiamo alla Torre. Ho lasciato il resto nella mia stanza... unico vantaggio di averne una tutta mia...»

Hermione nascose il malloppo in borsa e, memore del suo secondo anno, stava già puntando a colpo sicuro verso il bagno di Mirtilla per avere un po' di privacy durante la delicata procedura di preparazione, ma fu fermata da un piccolo tornado urlante con i capelli rossi.

«Oddio, 'Mione, hai saputo?»

«Cosa?»

«Festa in arrivo! Stasera! Lo so che è all'ultimo momento, ma dai, devi venirci assolutamente, ci sarà tanta di quella gente che non so come farà la Stanza delle Necessità a contenere tutti...»

«Ehm...» Se era il genere di festa che temeva che fosse, non aveva la minima voglia di presentarsi, ma all'idea di avere gran parte della scuola riunita in un solo posto un embrione di piano le si era già formato nella mente. «E ci sarà abbastanza da bere per tutti?»

«Ma sicuro! Si chiama Stanza delle Necessità per un motivo, no? Eddai, devi esserci a qualsiasi costo! Sei o non sei la Regina dei Grifoni? Che figura ci fai se non vieni?»

A Hermione vennero in mente due possibili risposte, una delle quali sarebbe stata l'espressione di tutta la sua perplessità su quell'assurdo titolo, l'altra una lunga tirata su come e perché fosse fisicamente impossibile che la Stanza producesse superalcolici da sé, ma entrambe sarebbero state alquanto inopportune, quindi si morse la lingua e si limitò a un semplice: «Okay».

«Grande! Sai già cosa metterti?»

«Mmm... facciamo che poi ci penso, eh? Ora ho da fare».

«Ma cos'avrai mai da fare di più importante che decidere cosa indossare per la festa?»

«Ehm... lunga storia» temporeggiò Hermione. «Diciamo che è una sorpresa per stasera, okay? Quindi non fare domande, altrimenti te la rovini».

«Se lo dici tu...» si rassegnò lei. «Allora vai pure, ma quando torni ci pensiamo. In due».

Imponendosi di non lasciare che lo sconforto all'idea di subire i “consigli” della rossa in fatto di moda la deconcentrasse, Hermione portò tutto l'occorrente in un cubicolo, grata, per una volta, che quella versione di Hogwarts fosse così poco popolata. Di Mirtilla non c'era traccia, il che la gettò per un istante nel panico. E se qui non esisteva affatto? Senza di lei, il bagno era perfettamente utilizzabile e quindi pessimo come luogo appartato dove portare a termine grandi piani.

Ma per sua gran fortuna, le bellissime ragazze di quel mondo evidentemente non avevano bisogni fisiologici, dato che nessuno la disturbò e il problema più grande che ebbe durante il suo gran sminuzzare e bollire fu che, non avendo più il corpo di una dodicenne, aveva meno spazio per muoversi di quanto ricordasse lì dentro. Uscì trionfante con una quantità di liquido ampiamente sufficiente a riportare sulla retta via sia Draco sia parecchie altre persone: al contrario di altre, che se mescolate a bevande comuni perdevano il loro effetto, la Pozione d'Odio non reagiva male con l'alcol, quindi se l'avesse versata di nascosto in più drink che poteva le frotte di seguaci sbavanti di Harriet si sarebbero sfoltite di parecchio.

Nascosta la Pozione in borsa (non prima di aggiungere un Incantesimo Imbottito al suo interno affinché il contenitore non si rompesse), tornò alla Torre di Grifondoro, incontro al suo destino. Aveva almeno una grossa perplessità da esprimere riguardo all'idea di Ginny.

«E quindi cos'hai intenzione di fare? Andare a Hogsmeade di nascosto e provare da Stratchy & Sons? Perché non credo proprio di avere niente di particolarmente... mmm, festaiolo».

«Oddio, ma sei ancora strana? Cioè, capisco il panico, sembra sempre anche a me di non avere niente di decente da mettermi, ma ti sei scordata pure il tuo guardaroba?»

Detto questo, la trascinò senza troppe cerimonie nella sua stanza e spalancò trionfalmente l'armadio. In effetti – Hermione non lo ricordava, ma che in quel pazzo mondo governato da una mente a cui della coerenza importava poco comparisse senza ragione apparente ciò di cui c'era bisogno non la stupì più di tanto – sembrava una boutique in miniatura. A un primo, orripilato sguardo intravide una collezione variopinta come la coda di un pavone di innominabili cose semitrasparenti, tessuti luccicanti che l'avrebbero trasformata in un faro umano e oggetti non meglio identificati che probabilmente non avrebbe neanche saputo come indossare, tutti con lo stesso minimo comun denominatore: chiunque li avesse realizzati doveva essere tirchio, perché aveva risparmiato moltissimo sulla quantità di stoffa.

Ginny emise un gridolino spaccatimpani e annunciò con finta serietà: «Diamo inizio all'operazione Cenerentola!» Be', okay, il paragone era abbastanza calzante, ma...

«Tu... conosci la fiaba di Cenerentola?»

«E perché non dovrei, scusa? Dai, muoviamoci...»

E fu così che quel ciclone umano ebbe una specie di regressione all'infanzia e si mise a giocare alle bambole, con la povera Hermione che le faceva da Barbie vivente. Poi si passò al trucco (anche se da dove venisse tutto quel materiale professionale degno di uno studio cinematografico era un mistero). Proprio quando credeva che sarebbe impazzita o scoppiata a piangere, la sua aguzzina trillò: «Finito!»

«Davvero?» Poi, accorgendosi che forse mostrare tutto quel sollievo era una brutta mossa, si corresse: «Ehm, voglio dire... grazie...»

«Oh, guardati, sei uno splendore...»

Hermione commise l'errore fatale di guardarsi davvero nello specchio a figura intera presente nella stanza e quasi svenne. La ragazza riflessa non solo non le somigliava, ma aveva il viso ridotto a una pubblicità di cosmetici ambulante, e dal collo in giù era un tripudio di rosa che se non fosse stato così smaccatamente provocante sarebbe piaciuto alla Umbridge.

«Allora? Che ne pensi?»

«Ehm... non ho parole...» Lasciò che interpretasse la frase in senso positivo, quando in realtà la sua temporanea incapacità di trovare i termini giusti per descrivere quel disastro era dovuta a puro orrore. Intanto l'ora della festa si avvicinava inesorabilmente. «Adesso va' pure a prepararti anche tu, non manca molto». Qualsiasi cosa per liberarsi di lei.

Sentendosi ricordare che il tempo stringeva, Ginny sparì con un patetico strilletto e la lasciò sola. Perfetto. Hermione praticò un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile sulla microscopica borsetta abbinata a quella cosa che la sua cosiddetta amica aveva osato chiamare “vestito” e vi infilò con cura infinita la bottiglia di Pozione d'Odio. Era ora di andare in scena.

La Stanza delle Necessità era irriconoscibile. L'eco lontana di qualcosa di martellante che avrebbe dovuto essere musica si sentiva già da fuori, e quanto all'interno... be', era una discoteca con annesso un bar dedicato ai soli alcolici, tra l'altro con ben poco spazio riservato al Whisky Incendiario e al suo posto una gran varietà di cocktail dai colori assurdi, anche se l'esperienza pari a sottozero che Hermione aveva sull'argomento – sì, esisteva al mondo qualcosa di cui si vantava di non sapere niente, che novità – non le permetteva di esprimersi sulla qualità dell'intrattenimento fornito. Gli altri sembravano divertirsi sulle note di quel ritmo ossessivo che minacciava di farle esplodere la testa, e molto apprezzate erano anche le luci stroboscopiche che evidentemente traevano l'energia dalla magia dell'edificio, perché suvvia, elettricità? Da quando? Ginny aveva detto che c'erano le prese di corrente, ma faticava ancora a crederci. A parte lei, l'unico non troppo contento di essere lì era Ron, che non capiva, parole sue, come facessero i Babbani a chiamare “ballo” quella roba frenetica che sembrava il risultato di un Tarantallegra riuscito male, e soprattutto non era affatto felice di vedere Hermione vestita così in pubblico.

«Scusa, ho dovuto... sai, per non dare nell'occhio...»

«E va bene, diciamo che ti stai mimetizzando, allora... ma dovevi proprio?»

Draco, invece, non era molto a suo agio a quella festa in pieno stile Babbano, ma non riusciva a fare altro che ripetere come un disco rotto che brava ballerina fosse Harriet, e del resto non gli importava un granché.

«Vorrei chiederle di ballare con me, ma... insomma... non ho mai ballato così...»

Era l'occasione perfetta. Hermione lo soccorse prontamente con un drink opportunamente truccato.

«Tieni, scarica i nervi con questo».

«Già, magari con qualcosa di forte mi sciolgo un po', da' qua...»

Lo buttò giù tutto d'un fiato. La sua prima reazione fu di contrarre il viso in una smorfia orribile che per un lunghissimo secondo fece temere agli altri due che qualcosa fosse andato storto, ma la ragione di quell'espressione fu presto spiegata: «Ma che schifo! Capisco che non siamo amici per la pelle, Granger, ma da qui a cercare di avvelenarmi...»

«Scusa, era necessario. Allora, ti sei sciolto abbastanza? Vai e colpisci, tigre...»

«Eh?»

«Ma scusa, non volevi chiedere a Harriet di ballare?»

«Chi, io? Allora, primo: a modo suo sarà anche una bella ragazza, ma l'avete vista bene? Non è normale, sembra che l'abbiano gonfiata da quelle parti», il gesto eloquente bastò e avanzò a indicare il davanzale, «e quei capelli non possono essere veri, a meno che non sia una Metamorfomagus, quindi mi dispiace, ma se ha usato una di quelle tinte Babbane per farseli non m'interessa. Secondo: questa non è musica. E a proposito di musica, non riesco a credere che mi sia mai piaciuta una con dei gusti così... porta tante di quelle strane spille che non so come faccia a reggersi in piedi e scommetto che non ha neanche mai sentito le Sorelle Stravagarie... ma che mi è preso?»

«Oh, grazie a Merlino!» sbottò Ron. «Hermione, sei un genio. Se mi avessero detto che un giorno sarei stato contento di sentirlo parlare così non ci avrei creduto».

«Ti spiego dopo cos'è successo, ora dobbiamo finire la missione».

«Che missione?» domandò Draco.

«Aspetta e vedrai». E versò con estrema discrezione il resto della Pozione nella ciotola del punch, dedicandosi per il resto dell'orrida serata a fare una pubblicità spudorata alla bevanda per assicurarsi che più gente possibile, soprattutto maschi, ne bevesse un po'. Ad ogni sorsata, Harriet sembrava accorgersi che qualcosa non andava: ogni volta che perdeva un ammiratore si fermava un attimo, come se un dolore improvviso le impedisse di ballare. E ogni volta il coro di voci preoccupate era sempre più esiguo, finché anche l'ultimo dei suoi ignari adoratori si servì dietro gli incoraggiamenti anche troppo entusiasti della nostra eroina. A quel punto accadde qualcosa. Qualcosa che nessuno dei tre avrebbe dimenticato tanto facilmente. Harriet emise un orribile urlo strozzato, immobile al centro della pista, e cominciò a... rimpicciolirsi? La prima impressione era quella. No, un attimo...

«Mi sto sciogliendo! Mi sto sciogliendo!» Ignorando caparbiamente il fiume di ricordi di quando da piccola aveva letto Il Mago di Oz, Hermione osservò, tra l'orripilato e il soddisfatto, la trasformazione della Mary Sue in quello che sembrava un mucchietto di cera calda.

«Ma che diamine... ?» saltarono su due voci maschili a lei ben note.

«Be', Harriet era una Mary Sue. Ora che nessuno la adora più, non ha ragione di esistere» spiegò semplicemente.

Un'altra piacevole conseguenza della “misteriosa” sparizione della signorina Dupont fu che la reazione di panico e fuggi-fuggi generale dichiarò automaticamente finita la festa. Solo il nostro improbabile trio restò indietro, con Hermione che ripeteva a un Draco finalmente rinsavito tutti i dettagli di cos'era successo durante la sua infatuazione per Harriet.

«Ma se lei era qui solo per me, non è che adesso che non c'è più ne arriverà un'altra al suo posto, vero?»

«Oh, no... detesto dirlo, ma ha ragione... qualche idea?»

«No, dovremmo liberarci del problema alla radice, ma è impossibile!» gemette Hermione.

«Be', ma queste Mary Sue dovranno pur provenire da qualche parte...» rimuginò Ron, marciando a vuoto avanti e indietro come se volesse scavare un fosso nel pavimento di pietra a furia di consumarlo. «Se solo potessimo trovare il posto da cui vengono tutte...»

Ma gli altri due non lo stavano più ascoltando. Erano troppo occupati a fissare allibiti la porta comparsa alle sue spalle. La Stanza delle Necessità si era trasformata da locale per feste a esattamente quello che aveva appena detto: il luogo da cui provenivano tutte le Mary Sue.

«Ron, sei un genio!»

«Ah, davvero?» biascicò lui, semisoffocato dall'abbraccio. «Buona a sapersi».

La stanza somigliava vagamente a una fabbrica. Su grossi nastri trasportatori scorrevano parti del corpo simili a quelle di bambole a grandezza naturale che andavano ad assemblarsi in forma di ragazze. Un distributore in un angolo sputava caratteristiche speciali, dal Serpentese al talento per l'opera lirica, come caramelle. Su un tavolo troneggiava un grosso tomo che conteneva tutti i possibili nomi e i rispettivi significati (ecco spiegato come la stessa persona che non aveva nemmeno la decenza di rispettare la storia della musica conoscesse l'etimologia di “Calista”). Parrucche improbabili e occhioni dalle tinte altrettanto impossibili venivano dipinti a mano dai dipendenti di quell'assurdo stabilimento; altri piccoli lavoratori mescolavano freneticamente quelle che a prima vista sembravano pozioni, ma che erano tutte composte da ingredienti tipo “ibrido tra due specie”, “orfana” e via dicendo, e che quindi dovevano essere i lacrimevoli passati dei personaggi in via di creazione. Un momento... piccoli lavoratori? Forse era stato lo shock a farle impiegare quell'eterno istante per rendersene conto, ma era tutto azionato da elfi domestici!

«Cosa? Lavorano qui? Ecco perché erano spariti dalle cucine!»

«Oh, no, non un'altra delle tue stupide crociate...»

«Be', per tua informazione questa volta la mia “stupida crociata” potrebbe tornare utile anche a te, quindi vedi di non lamentarti!»

Draco emise un grugnito rassegnato che forse in Troll poteva significare “hai ragione”.

Hermione si avvicinò cautamente a uno degli elfi artigiani, che al momento reggeva nella manina quello che sarebbe diventato un occhio viola, e ricacciando indietro il disgusto di fronte a quell'immagine vagamente inquietante esordì: «Ehm... salve...»

Quello sobbalzò visibilmente, lasciando una brutta sbavatura sulla sua pregevole opera. «Oh, no! Tibby ha rovinato il suo lavoro! Ora Tibby deve rifare tutto!» Cestinò tristemente l'occhio difettoso e tentò di infilare il pennello nel proprio per procurarsi dolore, ma Hermione gli bloccò il braccio con necessaria prepotenza.

«Non è colpa tua! Ti ho spaventato io, semmai dovresti arrabbiarti con me!»

«Tibby deve tornare a lavorare, signorina». Fissò con una certa irritazione le dita che ancora lo stringevano. «E Tibby non può se la signorina lo tiene fermo».

«Se rispondi a qualche domanda ti lascio andare» promise.

«E va bene» acconsentì Tibby.

«Per chi lavori?»

«Tibby... Tibby non lo sa, signorina. Tibby sa che deve preparare questi occhi per le bamboline viventi, ma non si ricorda chi gli ha detto di farlo... Tibby è davvero molto, molto dispiaciuto...»

«No, no, aspetta!» lo prevenne frettolosamente, vedendo arrivare i primi segni di una rumorosissima crisi di pianto. «Va bene così, ti ringrazio. E ti piace questo lavoro?»

«Oh... be', a Tibby è sempre sembrato strano non sapere chi è il suo padrone, signorina, ma Tibby non deve fare domande...»

«E lavorate tutti per la stessa persona?»

«Sì, signorina».

«Be', noi veniamo da parte della vostra padrona» inventò Hermione sui due piedi. «Lei... lei ha deciso che cambierete lavoro». Calò un silenzio di tomba. Tutti gli elfi trattennero il fiato, le macchine si bloccarono, un paio di Mary Sue quasi complete caddero inerti con un tonfo. «Anzi, cambierete padrone».

Ci fu una reazione collettiva di ululati disperati e Tibby si fece portavoce dello sconforto di tutti: «La padrona ci ha licenziati?»

«Più o meno. Ma non ve ne accorgerete neanche. Avete già un altro lavoro al posto di questo. Dovete andare giù di sotto, nelle cucine, e d'ora in poi il vostro padrone sarà il Preside».

Per un po' l'unico suono fu di strumenti da lavoro abbandonati a terra senza troppe cerimonie e piedini che correvano fuori in massa.

«Geniale! Quasi quasi credevo che li avresti liberati tutti...»

«E con quali vestiti? E poi tecnicamente dovrebbe essere l'autrice in persona a mandarli via, e non credo proprio che si presenterà...»

«Giusto anche questo. E ora?»

«E ora ci liberiamo anche dei macchinari».

Qualche sano Evanesco dopo, il flagello Mary Sue fu un lontano ricordo.

 

Note dell'Autrice: arigato, merci, gracias, danke... insomma, grazie a: avalonne, Harry Potterish, Mary_, Mela Shapley, Nipotina, Padme Dandychill Malfoy e uranian7 che seguono questa storia e Russian Sonia che l'ha inserita sia nelle preferite sia nelle seguite.

PS: la lista degli ingredienti è mia. Me la sono bellamente inventata. Non si trovava e ho improvvisato di brutto. Tutti, o quasi, hanno una ragion d'essere, e ora mi calo nei panni di un certo professore e mi diletto a spiegarvi i dettagli. Se non siete dell'umore giusto per una lezioncina di Pozioni, saltate a piè pari, non mi offendo. Bardana: confesso con vergogna che è lì solo perché ha un sapore amaro e mi sembrava che ci stesse bene in qualcosa che deve causare odio. Niente di più. Se poi si va a vedere che effetto ha nella vita reale, molti dei suoi usi hanno il minimo comun denominatore di essere in qualche modo purificanti, il che è calzante, visto che lo scopo è liberarsi di quel flagello, no? Levistico: citato nel capitolo 18 di Harry Potter e l'Ordine della Fenice come capace – nel mondo magico, in quello reale non si sa – di causare “stati di imprudenza e testa-calda”. Cosa che succede quando si detesta qualcuno. Elleboro: okay, questa è ironica, dato che è un ingrediente (che Harry peraltro dimentica di aggiungere) della Bevanda della Pace, ma essendo, o almeno credo, un ingrediente del kit di base di ogni studente, non può servire solo a quello. E poi, confessione numero due, l'ho voluto mettere perché nella vita reale è molto tossico e chissà perché trovo affascinante che le pozioni siano piene di piante velenose che magicamente, è proprio il caso di dirlo, diventano semi-innocue. Aculei di Knarl: si tratta di un animale magico indistinguibile da un riccio, se non per il fatto che non si fida. Di nessuno. Mai. Non provate a dargli del cibo, si offenderà credendo che stiate cercando di tendergli una trappola. Di nuovo, abbastanza adatto per qualcosa che dovrebbe causare odio, no? Uova di Ashwinder: qui Catullo docet. In realtà sono famose per l'uso nelle pozioni d'amore, ma io ho pensato che potessero servire anche al loro contrario se combinate con ingredienti diversi: dà l'idea di quante sfaccettature abbia la “sottile scienza e l'esatta arte del preparare pozioni”. Sarà che quell'“odi et amo” mi è rimasto impresso... o forse che volevo da morire citare Piton nelle note...

PPS: come ho fatto anche capire nel passo corrispondente, l'idea dello scioglimento non è mia ma di L. Frank Baum, autore originale de Il Meraviglioso Mago di Oz.

PPPS: l'elfo domestico Tibby è mio, spudoratamente riciclato da una fanfiction mai pubblicata la cui protagonista, sì, era un po' Mary Sue. Non del tutto, ma un po'. E i dialoghi con gli elfi sono terribili da scrivere.

  
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