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Autore: Sten__Merry    12/02/2012    8 recensioni
Una mattina qualunque, il sole, lo strepitio della gente e due occhi scuri.
*
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Antony Costa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il nuovo capitolo!
Spero vi piaccia! Grazie a tutte per avertrovato il tempo di leggere e commentare.

Un bacio.
Fatemi sapere ancora di che ne pensate.
____

Non appena ebbe varcato la soglia mi avvicinai alla porta che si era richiuso alle spalle nell'uscire e vi appoggiai la schiena sospirando.

Sapevo che lui stava facendo lo stesso; la sua ombra non aveva oscurato la luce che entrava prepotente dalla finestra del salotto, segno che non si era ancora allontanato.

Improvvisamente la porta esercitò una pressione sulla mia schiena, mi scansai rapidamente e essa si riaprì di getto

“Al diavolo!” esclamò, quasi frustrato lanciando a terra il giubbetto.

Fece un ampio passo verso di me e mi prese il viso con la mano destra. Le sue labbra si appoggiarono alle mie quasi con prepotenza. Finalmente io, sorpresa, chiusi gli occhi.

Immediatamente, senza alcuna possibilità di dubbio, sentii che quel bacio era diverso da tutti quelli che c'eravamo scambiati fino a quel momento; il suo tocco caldo sembrava scottare e la barba leggermente incolta mi graffiava il viso. Non avevo mai tollerato il contatto con la barba fino a quel momento, eppure, ora, mi sembrava dolce come una carezza.

Con un colpo deciso del braccio scacciai la sua mano dal viso, velocemente appoggiai il palmo delle mani dietro al suo collo, impedendogli di interrompere il passo a due del nostro intenso bacio, poi, con uno scatto veloce, gli cinsi i fianchi con le gambe.

Mi chiesi dove avessi trovato tutta quella decisione per gettarmi letteralmente tra le sue braccia, lo pensai in un mix di sorpresa e felicità.

Sentii la sua presa farsi più forte mentre mi sorreggeva spingendomi contro di lui dalla parte bassa della schiena. Iniziai ad armeggiare affannosamente con i bottoni della camicia nera che lasciava intravedere il petto villoso del mio accompagnatore. Lui, appoggiandomi sullo schienale del divano, prese a far lo stesso con la cerniera dell'abito scuro che indossavo.

Gli indumenti caddero a terra velocemente, e con la stessa rapidità rotolammo sul divano, lui sopra di me che alleviava il peso che il suo corpo esercitava sul mio sollevandosi con le braccia.

Smise di baciarmi, anche solo per un breve istante, il suo naso contro il mio. Ci fissammo negli occhi, ansimando.

Gli morsi il labbro inferiore. Vorace. Istintiva. Primordiale.

Poi ci unimmo in un vortice di sensazioni; non sapevo più se stavo ancora su quel divano in un piccolo appartamento londinese, o se ,invece, stavo volando stesa su una nuvola, tanta era l'estasi del momento.

Sentivo le sue mani muoversi dolci su di me, facendomi sussultare ad ogni tocco, mentre le mie unghie gli graffiavano lievemente la pelle quando lo cercavo di avvicinare a me, quando tentavo di farlo mio tanto quanto io mi sentivo sua in quel momento.

Avrei voluto chiuderlo in un abbraccio per non lasciarlo più andare, mai più.

E invece il nostro attimo finì, tra i sorrisi e una leggera lacrima di felicità sulla mia guancia. Non riuscii a capire se era sgorgata dai miei o dai suoi occhi.

Rimanemmo stretti, l'una nelle braccia dell'altro, avvolti nel totale contatto dei nostri corpi ancora frementi.

Quando lo salutai fuori era già buio, l'ultimo bacio della giornata sulla soglia della porta, quasi non riuscissi a lasciarlo.

Non passarono neppure una decina di minuti che Kerry fece rientro a casa. Mi salutò e subito il suo viso si illuminò vedendo i muffin appoggiati al bancone della cucina.

“Diamine, sono buonissimi” disse con la bocca piena, piegai la testa sorridendo e annuii in segno di ringraziamento, lei deglutì e mi guardò con sguardo inquisitorio

“Non me la racconti giusta” aggiunse “Sei raggiante”, mi strinsi nelle spalle e quasi senza poterle controllare le parole presero a fluire dalla mia bocca.

La mia coinquilina si sentì raccontare per l'ennesima volta in pochi giorni quanto fosse stato fantastico passare del tempo con Andrew, di quanto stessi bene con lui.

La vidi tentennare, poi appoggiò il dolce sul tavolo e mi prese la mano

“Non ci conosciamo bene” esordì, la interruppi aggrottando la fronteggiava

“Questo non pare proprio un esordio rassicurante” scherzai nascondendo una genuina preoccupazione; non volevo essere riportata con i piedi per terra proprio ora che avevo iniziato a volare, lei annuì

“Sul serio, Cassie, ascoltami” capii che non sarei potuta fuggire, mi rassegnai e mi sedetti sullo sgabello bianco, lei genuinamente preoccupata si fece più vicina a me

“Ti sento molto affine a me e lascia che ti avverta” prese fiato “Ti stai buttando troppo in fretta in questa storia. Lo conosci da solo una settimana e già stai costruendo tutto il tuo mondo attorno a lui.” cercai di obiettare, ma, quando non riuscii a trovare valide argomentazioni per replicare, dovetti ammettere che aveva ragione

“Non ti sto augurando che tra voi vada male” si affrettò poi a puntualizzare “Devi solo trovare un piano B” una piccola pausa, poi, ancora una volta, continuò, ora con un sorriso “ed è per questo che stasera esci con me ed alcuni amici” ci pensai un attimo e, non trovando nulla di male nella sua proposta, finii con l'accettare.

*

Mi diedi un'ultima occhiata allo specchio, l'abito nero di pizzo fasciava il mio corpo lasciando libera una spalla, il cui candore contrastava con il colore scuro del tessuto, ai piedi infilai un paio di tronchetti color crema.

“Sei pronta?” chiese Kerry impaziente dalla sala

“Arrivo” risposi, mentre controllavo il trucco scuro che avevo steso sulle palpebre.

Uscii dalla stanza gettandomi sulle spalle il giubbetto di finta pelle scura

“Eccomi, sono pronta” dissi sorridendo, Kerry fischiò

“Hai intenzione di rimorchiare qualcuno stasera?” ridacchiai in leggero imbarazzo

“Senti chi parla!” replicai “Sei stupenda!” e lo era davvero.

Indossava un azzurro a pois neri stretto sul seno che scendeva a campana fino a poco sopra al ginocchio, i capelli raccolti sulla nuca e un paio di lunga ciglia finte a renderle più intenso lo sguardo.

Ci avviammo verso la metropolitana, la serata si preannunciava insolitamente tiepida.

“Che si fa?” chiesi seguendolo a fatica barcollando sui tacchi esageratemente alti. Per un istante invidiai le sue scarpe moderatamente basse.

“Dobbiamo vederci con gli altri in un ristorante di Soho” spiegò, stringendo leggermente la cerniera del giubbetto attorno al collo, sedute in metropolitana chiacchierammo del suo lavoro.

Si lasciò andare ai racconti degli strani individui che vedeva nella libreria d'usato in cui lavorava, mi descriveva come giovani e anziani riuscivano a vivere in simbiosi in quell'ambiente uniti dall'amore della cultura.

“Vedi” le dissi “un po' ti piace anche il tuo lavoro diurno”, lei si strinse nelle spalle

“Vendere vecchi libri non è il mio sogno, ma almeno sono a contatto con moltissime persone di tutte le razze e le nazionalità, e tutte accomunate dalla medesima passione” spiegò con gli occhi che le brillavano, la guardai stranita

“come puoi essere così sognatrice per alcune cose e così pragmatica per altre?” chiesi, non dovetti spiegare a cosa mi stessi riferendo

“Non so” esordì, poi mordicchiandosi un labbro ci pensò e tornò a parlare “Mi sembri una persona indipendente e forte, se inizi a costruire la tua vita tutta attorno ad un uomo finirai per perdere queste caratteristiche. Sai, per esperienza, ho visto come l'amore può snaturalizzarci. Io non sono una di quelle persone che non si fidano degli uomini, io non mi fido dell'amore. Mi ha ridotta veramente male i primi tempi in cui mi ero trasferita qui, non voglio vedere la storia ripetersi”

parlò tutto d'un fiato, in bilico tra il ricordo e la preoccupazione per me, le sorrisi

“E' carino da parte tua” risposi “Quasi neppure mi conosci” ricambiò il sorriso mentre si alzava facendomi segno di seguirla

“Mi rivedo in te” spiegò stringendosi nelle spalle, e scendendo dal treno ritornammo a respirare l'aria della città che quella sera era più accogliente del solito.

Il locale non distava molto dalla fermata della metropolitana, Kerry spalancò la grande porta di vetri e mi precedette all'interno del ristorante dominato dai colori del verde e dell'azzurro.

Ci sedemmo al bancone del bar ordinando due Apple Martini, consce entrambe di quanto fosse ormai fuori moda la nostra ordinazione

“Tra un paio di giorni inizio a lavorare per la casa editrice, mi hanno chiamata oggi ed hanno un libro da tradurre che pensano faccia al caso mio” esordii tentando di imbastire uno scambio di battute circostanziale, lei sorrise

“Un lavoro senza orari? Dio, come ti invidio” scherzò, per tutta risposta le feci una linguaccia

“Beh, l'hai detto tu stessa che Londra è davvero generosa con me” replicai bevendo un sorso del drink delicatamente servitomi dal barman in divisa. Mi accorsi che Kerry non smetteva di fissarmi con un ghigno buffo dipinto sul viso

“Che c'è?” chiesi aggrottando la fronte

“Da oggi pomeriggio non hai smesso un attimo di sorridere” spiegò “Non eri così raggiante prima che uscissi stamani” mi morsi il labbro abbassando leggermente le sopracciglia in un espressione tra il colpevole e il malizioso, lei spalancò la bocca fingendo sorpresa

“Non hai...” lasciò la frase in sospeso, mi strinsi nelle spalle

“Non ho saputo resistergli” prendendo un lungo sorso dal calice, pensai meglio alle parole appena pronunciate e scelsi di riformulare la frase “in realtà, non mi è passato per la testa neppure un istante di rifiutarlo” spiegai sorridendo, lei ricambiò il sorriso anche se per un istante lessi un lampo di preoccupazione che le annebbiava lo sguardo, ma durò solo un istante ed entrambe scegliemmo di ignorarlo

“Com'è stato?” chiese, curiosa, eccitata, pensai che dall'esterno ci avrebbero potute scambiare per due amiche che si conoscevano da anni tanta era la complicità tra noi. Prima di rispondere terminai il cocktail e feci segno al cameriere di versarmene un secondo. Com'era stato? Neppure io sapevo come rispondere. L'aggettivo 'bello' non avrebbe espresso appieno le sensazioni provate con Andrew, 'fantastico' avrebbe reso banale ciò che c'era stato tra noi; quando però stavo per spiegarle che non riuscivo genuinamente a trovare parole per descrivere la nostra unione finalmente capii come avrei potuto farle comprendere esattamente quello che sentivo

“Vedi,” esordii “è stata la cosa più naturale del mondo. Come se fossi nata per fare l'amore con lui, una, due, dieci, mille volte. E' come se fossimo stati modellati l'una per l'altra.” parlai senza staccare il dito indice dal bordo del bicchiere con cui stavo giocando lasciando scivolare il polpastrello, lo sguardo perso in un indefinito punto fisso davanti a me, lei mi prese il braccio

“Goditela” esclamò, ma subito mi accorsi che ciò che diceva non corrispondeva a ciò che pensava, così annuii

“Te lo prometto” la rassicurai “starò attenta”, lei sembrò soddisfatta quando vide che avevo compreso ciò che stava realmente pensando; stava per replicare quando la vidi scuotere velocemente le dita della mano destra in cenno di saluto ad un gruppo di giovani che avevano appena fatto il loro ingresso nel locale

“Eccoli finalmente!” esclamò alzandosi dal bancone e trascinandomi con sé “stavo morendo di fame” spiegò mentre spalancava le braccia abbracciando uno dei ragazzi a cui stavamo andando incontro. Era alto quasi un paio di metri, portava i capelli scuri scompigliati e le guance leggermente troppo arrossate. Osservandolo non potei non pensare che sembrava un goffo personaggio di un cartone animato giapponese.

Kerry salutò tutta la compagnia abbracciando ogni singolo membro, poi fece un passo indietro e mi presentò, seguì un veloce giro di nomi, che dimenticai immediatamente, condito da un paio di convenevoli.

Un cameriere, che si presentò con il nome di Harry, ci scortò al tavolo che avevamo prenotato, lo ringraziai con un caloroso sorriso prima di prendere posto.

Finii a sedere tra un ragazzo muscoloso e una ragazza minuta dai capelli di un curioso rosso naturale

“Quindi sei la nuova coinquilina di Kerry” esordì il ragazzo “avrai bisogno di tanta pazienza!” spiegò, prima che potessi rispondere venne colpito al viso da un tovagliolo bianco

“Stai zitto, Frank” replicò Kerry ridendo dall'altro lato del tavolo, lui ridacchiò

“Vuoi forse dire che non ho ragione?” chiese lui, lei si strinse nelle spalle, gli fece una linguaccia e tornò a parlare animatamente con una ragazza seduta al suo fianco

“Quindi, Frank, devo preoccuparmi?” chiesi, lui si strinse nelle spalle

“No” rispose muovendo velocemente la mano destra dall'alto verso il basso e facendo schioccare la lingua contro il palato “Se per te non è un problema rischiare di venire pugnalata durante la notte dovrebbe andare tutto bene. Ha un caratteraccio” scherzò, poi scoppiò a ridere

“Promettente!” esclamai fingendomi accondiscendente, successivamente fu l'altra ragazza a rivolgermi la parola

“Kerry ci ha detto che vieni dall'Argentina!” iniziò, scossi la testa

“In realtà sono italiana, ma l'ultimo posto in cui ho vissuto è stato Buenos Aires. E' una città bellissima, molto diversa da Londra. Ci sei mai stata?” chiesi in un goffo tentativo di iniziare una conversazione

“No, ma mi piacerebbe molto. Cosa ti ha portato a Londra?” chiese mentre sollevavo il menu per darvi un'occhiata, prima di rispondere mugugnai

“Non lo so neanch'io. E' sempre stata una città speciale, e si sta dimostrando tale” spiegai sorridendo, la ragazza spalancò gli occhi

“Conosco quel sorriso!” esclamò “C'entra un ragazzo?” aprii la bocca pronta a replicare, questa volta fui io a venire colpita al volto dal tovagliolo di Kerry che mi avvertì minacciosa

“Niente Andrew stasera!” annuii, poi mi girai verso la mia interlocutrice stringendomi nelle spalle “L''hai sentita! Mi tocca tenere la bocca cucita”

Prima che potessimo ricominciare a chiacchierare Harry tornò a prendere le ordinazioni, chiesi dei gamberetti in salsa agrodolce e del riso piccante. Quando il cameriere si girò per allontanarsi dal nostro tavolo vidi un sopracciglio di Kerry alzarsi maliziosamente

“Se lo sta mangiando con gli occhi” esclamai scherzando con Annie, la rossa che sedeva al mio fianco, la ragazza stette al gioco e iniziammo a prenderci gioco della mia coinquilina.

Annie mi raccontò di come si erano conosciute un anno prima; lei stava camminando per strada quando Kerry, vestita da ninfa, l'aveva coinvolta in uno spettacolino improvvisato in una delle più trafficate vie della città. Mi spiegò che in un primo momento si era sentita imbarazzata, ma che poi, dopo qualche istante, si era accorta di non essersi mai sentita così leggera nella vita. Mi confessò di avere una sorta di adorazione per Kerry e finì col definirla come un angelo la cui missione è quella di alleviare la serietà con cui si affrontava la propria esistenza.

Per tutta risposta sorrisi, riconoscendo nel suo racconto la persona che da pochi giorni era entrata far parte della mia vita.

Dopo cena ci spostammo in una piccola discoteca non molto distante da lì, si trovava al piano inferiore di un normale bar. Delle lucine blu illuminavano le scale che portavano alla pista da ballo, le seguimmo quasi ipnotizzati.

Trovammo posto su un divanetto turchese e ci sedemmo abbandonandovi borse e giacche. Immediatamente Frank si alzò deciso e si diresse verso il bar; dopo pochi minuti tornò armato di un vassoio letteralmente ricoperto di bicchieri da shot, ne prendemmo tutti uno e brindammo.

Il primo brindisi fu alla bella serata che stavamo passando, il secondo vollero dedicarlo a me, la nuova arrivata, il terzo venne bevuto come augurio per una buona continuazione della nostra uscita, al quarto smettemmo di prenderci la briga di inventarci ragioni per bere.

La serata sembrava promettere bene.

La musica era assordante, ma, assorti nelle chiacchiere e in qualche bicchiere di troppo, nessuno di noi sembrava notarlo. La discoteca era affollatissima, osservai la clientela che si divertiva attorno a noi e quasi non riuscii a trattenere l'istinto di dimenarmi a ritmo di musica, tolsi le scarpe e presi a ballare in piedi sulle sedute che avevamo occupato poco prima. Kerry mi guardò divertita e accettò di unirsi a me ridacchiando.

Ben presto Frank mi invitò a ballare sulla vera pista, accettai. Kerrie e Annie ci seguirono, ci perdemmo nella pista da ballo, e quando ritornammo ai divanetti un paio di ore più tardi scoprimmo che gli altri ragazzi che erano con noi se n'erano andati.

Il locale stava svuotandosi lentamente, una veloce occhiata all'orologio mi informava che erano ormai le tre di notte.
Ridacchiai notando come le notti londinesi si concludessero prestissimo, rispetto a quelle argentine in cui mi ero barcamenata negli ultimi anni. Il mio pensiero parve contagiare anche Frank, Kerry e Anni che affermarono che non erano pronti a concludere la nottata così presto, fu a quel punto che finimmo col decidere di continuare la serata a casa di Annie, che non era molto distante dal club.

La ragazza viveva all'ultimo piano di una tipica casa inglese divisa al suo interno in tre appartamenti dalle dimensioni ridotte, il suo era piccolo ma arredato con gusto. Le pareti bianche con inserti grigi risaltavano perfettamente il lucido mobilio bianco e nero, l'aria profumava di fragole e deodorante per ambienti alla vaniglia.

Annie ci fece accomodare e subito si diresse verso il frigorifero estraendone una bottiglia di vino bianco frizzante.

Seduti sul divano continuammo a chiacchierare del più e del meno per ore, quando finalmente vedemmo il sole sorgere appoggiai la testa sul divano e chiusi gli occhi, solo un attimo.
Le loro voci si fecero sempre più lontane e, alla fine, mi addormentai.

Godetti di un sonno tranquillo, ma breve. Mi svegliai sola sul divano prima degli altri che immaginai si fossero trasferiti in camera da letto. Decisi di preparare la colazione per tutti, avendo compreso dai discorsi della sera prima che a Annie non avrebbe dato fastidio che qualcuno frugasse nella sua cucina.

Preparai dei pancakes alle fragole con della spremuta d'arancia, poi tornai a sedermi sul divano aspettando che si svegliassero. Una rivista appoggiata al tavolino di vetro che avevo di fronte catturò la mia attenzione, la presi e inizia a sfogliarla nel tentativo di ammazzare il tempo. Sbuffai annoiata notando che altro non era che un tabloid, stavo per richiuderlo quando qualcosa attirò la mia attenzione.

   
 
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