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Autore: Angel_R    13/02/2012    1 recensioni
Piccola shot ambientata subito dopo la fine del quarto libro della serie "Città degli angeli caduti".
Naturalmente tutto ciò che è narrato e descritto in questo mio racconto, è di pura fantasia e non corrisponde alla realtà del libro. Ho solo voluto immaginare come può svolgersi un incontro "privato" tra i due personaggi sorteggiato, cioè Magnus e Camille, dopo ciò che è accaduto nel libro.
Questa fanfiction ha partecipato al contest The Mortal Instruments Contest indetto da signorino_ classificandosi prima.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Camille Belcourt, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: ~Angel_R~
Titolo: Fighting for love
Coppia e genere sorteggiati: Coppia: Magnus e Camille. Genere: Triste
Altri generi: Romantico
Avvertimenti: One-shot. Rating Giallo
Personaggi: Magnus Bane, Camille Belcourt
Note d'autore: Piccola shot ambientata subito dopo la fine del quarto libro della serie "Città degli angeli caduti".
Naturalmente tutto ciò che è narrato e descritto in questo mio racconto, è di pura fantasia e non corrisponde alla realtà del libro. Ho solo voluto immaginare come può svolgersi un incontro "privato" tra i due personaggi dopo ciò che è accaduto nel libro.








Fighting for love





-L'avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge.-

[Gustave Flaubert]













Aveva più di ottocento anni, ormai, ma Magnus non avrebbe mai creduto che una delle più potenti creature esistenti come Lilith potesse apparire sul tetto di un edificio di New York per combattere contro due giovani Nephilim e un vampiro Diurno.
Rientrare nel suo appartamento di Brooklyn era allo stesso tempo un sollievo e una tortura.
L'interno era immerso nella penombra della sera, e i rumori della città erano attutiti dalle pareti e dalle finestre serrate e ricoperte da pesanti tende. Spesso, però, il silenzio è più fastidioso della confusione, rimbomba nelle orecchie come il più assordante dei frastuoni.
Si era preoccupato molto per Alec e, a dirla tutta, anche per gli altri. In fondo si stava affezionando a quel gruppo di ragazzini che sembrava attirare i guai come una calamita. Guai che poi, in parte, doveva risolvere lui stesso... gratis per giunta.
Alec era dovuto rimanere assieme agli altri Shadowhunters per raccontare al Conclave ciò che era accaduto, e, molto probabilmente, ci avrebbe impiegato parecchio tempo.
Tutto quello che lo stregone aveva potuto fare, era aiutare chi era rimasto ferito e sentire qualche frase qua e là.
A quanto pareva Lilith aveva trascinato in qualche modo Simon, Jace e Clary in quel palazzo e aveva cercato di riportare in vita Jonathan Morgenstern. Non appena qualcuno aveva pronunciato quel nome, qualcosa era cambiato nell’aria. La sola presenza di quel ragazzo con l'anima di un mostro era come un velo di tristezza che calava su tutti loro, chi per un motivo, chi per l'altro.
Avrebbe voluto che Alec fosse lì con lui, per rimanere un po' soli e magari riuscire a spiegarsi meglio riguardo a tutto quello che era successo nell'ultimo periodo.
Sbuffò. Spiegare cosa? Che uno di loro due era destinato ad andarsene nel giro di poco tempo e l'altro a vederlo spegnersi poco a poco, giorno dopo giorno senza riuscire a fare niente, sentendosi impotente come mai prima di allora?
Aveva pensato parecchio alla loro evidente differenza di natura, ma mai come in quei giorni, mai come dopo aver rivisto lei.
Camille era riapparsa nella sua vita come un fulmine a ciel sereno, all'improvviso.
Era ritornata trascinandosi dietro un pezzo del suo passato, riaccendendo vecchi ricordi e sentimenti. In fondo, si sa, il passato non muore mai... soprattutto se sei uno stregone immortale...
I suoi pensieri furono spezzati da un movimento improvviso. Un'ombra più scura che si muoveva in modo quasi impercettibile tra le altre.
Magnus socchiuse appena gli occhi e alzò una mano davanti a sé, lasciando che piccole scariche di elettricità blu scaturissero dalle punte delle lunghe dita, pronto a difendersi da chiunque fosse in agguato.
«Strano modo di accogliere gli ospiti, il tuo.» Una voce femminile, fin troppo familiare.
«Che cosa ci fai tu qui? Pensavo te ne fossi andata.»
Camille mosse qualche passo verso il centro del salotto, avvicinandosi a lui. I capelli biondi e la pelle chiara risaltavano in modo sinistro nell'oscurità dell'appartamento. Era bellissima come al solito, proprio come lui la ricordava.
«Si può scappare una vita intera e non arrivare mai da nessuna parte.» La sua voce risuonava distaccata e fredda.
«Che cosa ci fai qui?» ripeté Magnus abbassando lentamente il braccio.
«Volevo vederti. Parlarti.»
«Sei diventata abile anche nella violazione di proprietà, adesso?»
Camille rispose con un sorriso mesto, senza dire niente.
«Dovrei consegnarti al Conclave» aggiunse Magnus assumendo un tono più serio.
«Ma non lo farai, non è vero?»
Lo stregone impiegò qualche secondo per rispondere. «Sì, se sarà necessario.»
«Necessario» gli fece eco la vampira con una punta di sarcasmo nella voce.
«Hai ucciso delle persone, Camille.»
«Dei Nephilim.»
«È la stessa cosa.»
«Davvero? Dopo tutto quello che hanno fatto a quelli della mia specie?»
«Non ti nascondere dietro ad una scusa. Lo sai anche tu cosa prevede la Legge per coloro che...»
«Stare in mezzo a loro ti ha cambiato.» Quella di Camille era una semplice constatazione macchiata da un velo di accusa.
«Chi non rispetta gli Accordi viene punito, Camille, e tu non fai eccezione.»
«Un tempo l'avrei fatta, per te.»
A quelle parole Magnus rimase in silenzio, senza riuscire a ribattere in alcun modo. Lei sapeva dove colpirlo, ed era perfettamente riuscita nel suo intento.
Sì, anni prima -parecchi anni prima- l’avrebbe, molto probabilmente, aiutata, avrebbe provato a fare in modo che la sua pena fosse ridotta al minimo, ma adesso? Lo avrebbe fatto lo stesso?
«Dovresti andartene. Subito. In questo momento non sei la loro priorità, ma ti cercheranno di sicuro, e allora la tua posizione sarà aggravata anche dall'evasione dal Santuario e dalla latitanza.»
«Tu hai solo paura che possano trovarmi qui e che quel tuo piccolo William ti guardi con disprezzo.»
«Lui non è William.» La voce dello stregone si era fatta dura. Non aveva voglia di riprendere quel discorso, non con lei e non dopo la giornata appena.
«Certo, ma, come ti ho già detto, gli assomiglia molto. E non provare a dirmi che non te n'eri accorto. So quale tipo di persone accendono la tua curiosità, e il piccolo Lightwood rientra nei tuoi canoni. Non è per quello che adesso ti diverti con lui?»
Divertirsi? Con Alec? Era evidente che non aveva idea di chi o cosa stesse parlando.
«Sai» riprese la vampira senza aspettare alcuna risposta, «lui prova un sentimento davvero molto forte per te. Me ne sono accorta subito, da quando l'ho visto per la prima volta, e anche dopo...» fece una piccola pausa. «Ma tu sai anche che quello che ti ho detto nel Santuario è vero, Magnus. Lui non sarà altro che un'altra piccola parentesi della tua interminabile vita. Tra cento o duecento anni, apparterrà solo a un flebile ricordo, e allora ci saremo solo noi due che potremo rammentare questo piccolo scorcio di passato.»
Le sue parole pungevano come piccole lame affilate; come tante verità che ferivano le orecchie e il cuore.
«È vero, in futuro ci saremo solo tu ed io, ma non insieme. Non ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a rievocare... i bei vecchi tempi.»
«In questo momento, però, potremmo farlo, non credi?»
«Camille...»
«Abbiamo vissuto tante belle esperienze assieme, Magnus.»
«In un passato che ormai è finito, non esiste più.»
«Il passato ti rincorre, proprio come un nemico crudele che non ti lascia scampo. Non devi cercare di rinchiudere tutto quello che è stato, perché ciò che hai vissuto, visto, sentito, provato, fa parte di te, del tuo essere, e se coloro che conosci adesso, che ami, non lo capiscono, significa che non ci tengono davvero a te.» Fece una piccola pausa per dare più significato alle proprie parole. «Io sola so chi sei davvero, Magnus. Io ti conosco da così tanto tempo che posso indovinare qualsiasi tuo pensiero. So che sono passati parecchi anni dall’ultima volta che ci siamo visti, ma ne abbiamo talmente tanti davanti a noi che non sarà di certo un problema riprendere da dove c’eravamo fermati. Non credi?»
Lo stregone non parlò e la guardò intensamente negli occhi. Sembrava parlare seriamente. Ogni parola pareva provenire direttamente da quel cuore che ormai non batteva più da molto. Quello era ciò che appariva, ma Magnus sapeva bene che Camille era abilissima nel manovrare le persone a suo piacimento, infarcendo discorsi con pari dosi di belle parole e fascino ammaliante.
Aveva messo in guardia Alec solo qualche ora prima e, in quel momento, nel suo appartamento ormai immerso nel buio, cercava di rammentarlo anche a se stesso.
Era vero, ascoltare Camille e seguirla come avrebbe fatto una volta, sarebbe stato molto più semplice che soffrire per un amore destinato a durare il tempo effimero di una vita mortale…
«Ti stai aggrappando a un passato ormai morto, sepolto, pieno di persone e ricordi che non esistono più.» Quelle parole uscite dalla sua bocca sembravano più un modo per convincere se stesso che per far desistere la vampira dal continuare nel suo intento.
Camille gli si avvicinò ulteriormente. «Certo che esistono. Sono tutti qui» disse appoggiando una mano sul petto dello stregone proprio all'altezza del cuore.
Il suo viso era a qualche centimetro dal suo e non accennava a muoversi. Se lei fosse stata viva, avrebbe potuto sentire il suo respiro sulla pelle. Scosse lievemente la testa per scacciare quel pensiero.
«Non cercare di resistere a quello che sai essere giusto» sussurrò Camille sfoderando un sorriso che la rese ancora più bella di quanto già non fosse.
Per quanto cercasse di non assecondarla e di non dargliela vinta, Magnus non poteva di certo non notare il grande fascino che la donna ancora esercitava su di lui, sul suo autocontrollo. Quello che c’era stato tra loro, nonostante fossero passati molti anni, non poteva essere cancellato con un semplice colpo di spugna. No, non era così semplice, nonostante non avesse mai dato a vederlo. Sarebbe stato molto facile tornare indietro, avere la sicurezza di un futuro che sarebbe appartenuto a entrambi.
Incontrarla di nuovo gli aveva fatto riaffiorare tutti quei ricordi che appartenevano al passato, anche quelli meno piacevoli. Vederla legata nel Santuario dell’Istituto gli aveva procurato una lieve fitta di rimorso nei suoi confronti. In fondo l’aveva amata, e l’impotenza di non poterla liberare era stato un sentimento che aveva odiato dal primo istante in cui lo aveva provato.
Si detestava per via di quei pensieri perché lui ormai si era rifatto una nuova vita lì a New York, quasi una nuova identità, e poi… amava un’altra persona.
«Stai pensando a lui, non è vero? A quel ragazzino…»
«Adesso basta» disse Magnus con voce più ferma di prima allontanandosi da lei di qualche passo. «Esci dal mio appartamento e non farti vedere più, Camille. Se vai via adesso, non ti denuncerò al Conclave.»
«E questa che cosa è? Una minaccia o un modo per allontanarmi per poi non doverti sentire in colpa.»
«In colpa?»
«Per essere stato con me. Adesso.»
Magnus non parlò, si limitò a fissarla. La donna, senza smettere di sorridere, gli si avvicinò nuovamente fermandosi a qualche centimetro da lui.
«Sei stata tu» cominciò lo stregone con una voce incerta, cosa insolita per lui. «Sei stata tu che te ne sei andata. Sei sparita nel nulla.»
«Stavo scappando, Magnus. Lo sai bene. In quel periodo era troppo pericoloso per me rimanere a Londra o comunque in quei paraggi. E poi tra noi le cose non andavano bene da tempo, ormai.»
Dal petto di Magnus uscì una risata ben poco allegra.
«Quindi, nonostante avessi altri vampiri alle calcagna e fossi in pericolo, non avresti comunque avuto nessun rimorso ad andartene senza farti più vedere.»
«Non ho detto questo.» La voce della vampira era di nuovo fredda. «E comunque avresti potuto cercarmi se davvero ci tenevi a me, se volevi recuperare il nostro rapporto. Perché era quello che volevi, vero, Magnus?»
«Forse, ma adesso è tutto finito, ormai.»
«Ne sei davvero sicuro? Te l’ho detto: non reprimere te stesso.»
Camille lo guardava dritto negli occhi, senza timore o riserva. Sembrava quasi che lo stesse sfidando, una sfida muta ma che risuonava chiara e forte alle orecchie dello stregone. Lo stava provocando a respingere quel sentimento che sapeva perfettamente stesse montando dentro di lui.
Tutto a un tratto Magnus si rese conto di qualcosa a cui, fino a quel momento, non aveva dato peso: quella conversazione non stava riportando a galla solo vecchi ricordi, ma anche antichi sentimenti, sepolti per anni tra le pieghe della memoria.
Fissò i suoi occhi da felino in quelli di lei, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Camille appoggiò entrambe le mani sul suo petto senza perdere il contatto visivo, e lentamente, molto lentamente, si avvicinò a Magnus annullando la distanza tra di loro.
Il primo istinto dello stregone fu di ritirarsi, di sottrarsi a quel gesto che tempo prima gli aveva fatto provare sensazioni bellissime, ma che, in quel momento sapeva essere del tutto sbagliate. Il primo pensiero andò a Alec, la persona che sapeva di amare davvero, ma fu subito cancellato dall'insistenza che Camille metteva in quel bacio prolungato. Sapeva essere davvero molto persuasiva, e anche in quell'occasione stava dimostrando di sapere come condurre quel gioco di forze che sapeva essere in atto.
Ci volle qualche secondo, ma Magnus cedette sotto quel tocco allo stesso tempo sbagliato e familiare. Ricambiò quel bacio appassionato attaccandosi alle labbra di Camille come se non avesse aspettato altro per tutta la vita e portò le mani ai lati del suo viso per avvicinarla ulteriormente. La freddezza della pelle della vampira a contatto con le dita delle mani era piacevole, quasi un sollievo che lo faceva sentire vivo e gli inebriava il cervello, facendo sparire qualsiasi pensiero o senso di colpa.
Magnus si sentì improvvisamente leggero, privo di problemi, come se tutto quello fosse giusto, fosse quello che doveva fare. All’improvviso Alec, i loro problemi, le loro diversità, le discussioni di quel pomeriggio... svanirono in una nebbia che, ormai, gli stava offuscando la vista.
Camille gli allacciò le braccia attorno al collo continuando a giocare con le sue labbra come solo lei sapeva fare e cominciò a chiedere di più, con una frenesia crescente mentre Magnus la avvolgeva all'altezza delle dita in un abbraccio possessivo.
Le lingue dei due cominciarono una danza impaziente e appassionata. Sembrava che ognuno stesse bevendo e mordendo la vita dell'altro, cercando consolazione in quel gesto quasi privo di affetto ma che ricordava tempi passati.
Cominciarono a indietreggiare verso il divano lì vicino e il contatto fra i loro corpi si fece sempre più intenso. La consistenza delle labbra della donna era morbida e il calore che trasmettevano era rassicurante, come se lo avvolgessero con la loro dolcezza... Magnus si staccò da Camille come se il tocco delle sue mani lo avesse scottato. Mentre era con lei, aveva inconsciamente immaginato e sentito fisicamente di essere con Alec.
Gli occhi di Magnus esprimevano tutta la sorpresa per ciò che era appena accaduto, per ciò che lui stesso aveva fatto senza riuscire a fermarsi.
«Sembri spaventato. Non credevo ti impressionassi per qualcosa di così... minimo. Forse sono io che ricordo male.» La voce di Camille era tranquilla, nessun segno di affanno, naturalmente, ma neanche una traccia di pentimento nella voce. Anzi, sembrava quasi soddisfatta di se stessa.
«Sei davvero sconvolto. Non sapevo di farti ancora questo effetto» riprese lei senza alcun rimorso.
Magnus cercò di rallentare il respiro affannato e fece qualche passo per appoggiarsi con la schiena a una delle colonne del salotto. La visione del viso di Alec invece di quello di Camille, la donna che si ritrovava davanti, lo aveva lasciato senza parole, quasi senza fiato.
Un tonfo sordo spezzò l'incantesimo e Magnus si voltò di scatto. La distrazione era arrivata dal suo gatto, il quale, balzato dalle tenebre che ormai avvolgevano l'appartamento, aveva urtato una sedia del tavolo.
«Calmati, è solo un gatto.» Camille era ancora tranquilla, come se niente fosse accaduto. Era rimasta in piedi nel centro della stanza con le braccia conserte.
«Non doveva succedere.»
«Cosa? Che tu ti tirassi indietro o che il tuo gatto spuntasse fuori all'improvviso? Sì, è vero, in entrambi i casi. Se non avessi la fissa per questi animaletti fastidiosi a quest'ora staremmo continuando...»
«Vai via, non voglio avere più niente a che fare con te.»
«Oh, non fare così, non lasciare che una piccola distrazione ti blocchi.»
«No, Camille, non...» Di punto in bianco Magnus riacquistò quel controllo e quella lucidità che gli appartenevano. In quel momento l'unica persona cui riusciva a pensare era Alec, e nessun altro.
Come aveva potuto comportarsi in quel modo? Come aveva anche solo potuto provare a dimenticarlo non appena il ricordo di un amore passato si era riaffacciato alla sua porta?
Si era comportato da codardo, scegliendo la via più facile, quella che gli avrebbe permesso di scansare tutti gli ostacoli che la vita gli avrebbe presentato.
Scosse la testa poi riprese a parlare in tono fermo e deciso: «Esci da qui. Siamo nel cuore della notte, non ti sarà facile dileguarti.»
Camille non accennava a muoversi di un millimetro. Continuava a fissarlo insistentemente.
«Non mi hai più in pugno, Camille. Ormai non sono più lo stesso che ero un tempo. Le cose cambiano, e anche le persone, e io non faccio eccezione. Non può più esserci niente tra noi, l'ho capito, adesso. Io amo qualcun altro, e non ho intenzione di farlo soffrire solo per una mia debolezza.»
«Ma soffrirà comunque, Magnus. Sta già male adesso, e questo lo sai. Non hai forse letto nei suoi occhi l'amara consapevolezza di sapere che prima o poi questo vostro gioco finirà nel peggiore dei modi?»
Magnus socchiuse gli occhi, accecato dalle verità dolorose che uscivano dalle labbra di Camille.
«Credi che non lo sappia già? Ma lo affronteremo assieme, è questo ciò che significa essere una coppia, Camille, e tu questo non l'hai mai capito.»
Stranamente la donna sembrò colpita da quelle parole e cominciò a mostrare i primi segnali delle crepe che si stavano formando attorno alla sua corazza. Alzò un po' di più la testa e guardò Magnus dritto negli occhi, come se attraverso quelli potesse leggerlo nel profondo, fin dentro l'anima.
«Tu lo ami davvero.»
«Sì.»
La risposta secca e decisa di Magnus le fece capire che parlava sul serio. Da che si ricordava lui non si era quasi mai rivolto a lei in quel modo, ma non le dava fastidio. Lui aveva ragione: era cambiato, ma in un modo straordinario, e solo in quel momento capiva quanto davvero si fosse sbagliata. Quel ragazzino non era solo uno dei tanti, un ricordo che sarebbe sbiadito nei secoli, ma una fiamma ben più resistente, che sarebbe sopravvissuta attraverso tutte le intemperie della vita.
Quasi si rammaricò della proposta che gli aveva fatto in quell'edificio, quando lei stessa era ancora sotto il controllo di Lilith e lui l'aveva trovata legata come una prigioniera. Non avrebbe dovuto dargli quella speranza perché sapeva che, anche se fosse riuscita a realizzarla, ci sarebbero state gravissime conseguenze, e quello lei lo sapeva, ma in quel momento non le importava. Voleva solo ritrovare la sua libertà e giocare un po' con quel ragazzino che si ritrovava sperduto in un vicolo cieco.
«Sì, è vero» si limitò a dire con un sorriso che, per la prima volta, non aveva neanche una minima traccia di sarcasmo. «Mi sono lasciata sfuggire un'occasione fantastica più di cento anni fa, e adesso ne pagherò le conseguenze con me stessa. Me ne vado, e non mi vedrai più.»
Si voltò e spalancò una delle enormi finestre del soggiorno, la stessa dalla quale era entrata nell'appartamento qualche ora prima.
Il vento freddo della notte newyorkese entrò nell'appartamento scostandole i capelli dalla fronte, ma lei non lo sentì. Non poteva più sentire alcuna temperatura, e, certe volte, lo rimpiangeva.
«Noi due non ci siamo visti questa sera.» La voce di Magnus le arrivò chiara alle orecchie, nonostante fosse rimasto immobile contro la colonna, senza avvicinarsi.
«Grazie» fu tutto quello che Camille riuscì a dire prima di spiccare un balzo e uscire dalla finestra, inghiottita dalle luci al neon della città soffocate dalla foschia che si era alzata fin da quel pomeriggio.
Magnus rimase ancora attaccato con la schiena alla colonna, mentre il vento freddo che entrava dalla finestra aperta lo raggiungeva. Non gli interessava, in quel momento stava solo pensando a quello che era successo. Si sentiva male per ciò che aveva fatto, e sapeva che lui era il solo e unico colpevole. Camille lo aveva provocato, era vero, ma non doveva lasciarsi coinvolgere. Si odiava per essere stato così debole.
Si prese la testa fra le mani e rimase fermo in quella posizione per parecchio tempo, incurante della notte che, piano, piano, moriva scivolando in una fredda alba dai colori sbiaditi.
Il ricordo di Camille era ancora caldo sulle sue labbra, sentiva ancora il tocco freddo delle sue dita su di sé.
Lei aveva significato molto nella sua vita, e ne avrebbe fatto parte per sempre, proprio come ogni cosa importante difficile da dimenticare, ma sapeva anche che in quel momento lei era stata solo una debolezza, una scelta sbagliata che aveva preso.
L’aveva amata sul serio, su quello non c’era alcun dubbio, ma tra loro non poteva più funzionare ormai. Non c’era più quel sentimento che li aveva legati oltre un secolo prima, e loro non erano le stesse persone di quel periodo. Nonostante avesse provato davvero qualcosa mentre la baciava, qualcosa che gli aveva fatto addirittura dubitare di se stesso, non poteva di certo negare quel legame che, per quanto difficile e ostacolato da un destino crudele, sentiva sempre più forte con Alec.
Quella consapevolezza che sapeva di avere già da parecchio ma che gli era apparsa chiara come il sole in quell’istante, lo fece riscuotere dal suo torpore e gli fece prendere una decisione definitiva: per quanto complicato e arduo, avrebbe continuato a lottare per proteggere il suo amore, anche se avrebbe significato sfidare anche se stesso.
Si staccò dalla colonna e attraversò la stanza. Chiuse la finestra. Era ora di cominciare una nuova parentesi della sua vita.







Ho immaginato questa scena dopo la fine del libro appositamente per il contest, ma non vorrei mai che la Clare facesse avvicinare troppo Magnus e Camille. Lui è di Alec e basta (adoro quel ragazzo!). Nonostante la centralità della shot dovevano essere Magnus e Camille, ho voluto fare in modo che ci fosse il lieto fine con Alec senza fare però apparire il personaggio.
  
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