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Autore: StephEnKing1985    14/02/2012    1 recensioni
- Marco? - chiamò Manuel. Marco era lì seduto sul panettone di cemento a piangere sconsolato.
Manuel gli andò vicino e s'inginocchiò di fronte a lui, incontrando i suoi grandi occhi color cioccolato, ora bagnati dalle calde lacrime- Ehi - gli disse - Ma perché piangi? Guardati intorno. C'è Torino di notte che è tutta per noi. E poi... Ci sono io con te. - Gli sorrise e gli porse la mano. Marco lo guardò. In quegli occhi azzurri c'era molta più sincerità di quanta non ne avesse mai vista in vita sua... Quegli occhi color cristallo gli sorridevano, e sembravano dire "Non abbandonarmi, amico mio. Se mi abbandoni, tutto sarà stato vano." Marco allora prese quella mano e Manuel dolcemente lo tirò su. - Andiamo - disse soltanto.
- Ti voglio bene, Manuel. - sussurrò Marco all'orecchio di Manuel, mentre sotto di loro il Po scorreva tranquillo...
- Ti voglio bene anch'io, Marco. - rispose Manuel, stringendolo ancora di più nell'abbraccio.
*****

Marco e Manuel. Un anno d'età di differenza, anni luce differenti per modi di pensare ed agire. Eppure così simili, così saldamente uniti da un legame fraterno che li farà incontrare e sperare di nuovo nella vita. Sostegno l'uno dell'altro contro le delusioni della vita, prime fra tutte quelle d'amore. Una meravigliosa storia di amicizia, che vede protagonisti Marco De Cristina e Manuel Chiaravalle, già presenti nelle fiction di Notrix "Finalmente... Laureati!" e "Troppo bello per essere vero". In questo nuovo romanzo, Notrix ci conduce per mano verso un grande ed inesplorato parco (la città di Torino, che ha dato i natali a Marco e Manuel), dove la falsità e l'opportunismo sono elementi del paesaggio, e dove due ragazzi, così differenti in tutto e per tutto, trovano nell'amicizia una sicurezza contro le avversità della vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era un altro motivo per cui Marco adorava il venerdì. Dopo una settimana passata a lavorare e stressarsi per via dei clienti, poteva rilassarsi insieme a Rocco, il suo ragazzo.

Già dai tempi delle superiori aveva capito che le ragazze non gl’interessavano più, ma solo dopo il diploma e l’ingresso alla facoltà di lettere si era accorto che solo i ragazzi lo attraevano.

Il suo primo boyfriend era stato un ragazzo di nome Stefano. Trent’anni, fuori corso, stava per laurearsi in lettere moderne. Con lui c’era stata una storia molto intensa, che aveva coinvolto Marco nel profondo della sua anima. Si erano frequentati intensamente, e per molti mesi, finché non venne il maledetto giorno in cui Stefano si laureò.

- Vado a lavorare a Roma – gli aveva detto – Ho vinto una cattedra per insegnare lettere là. – Inutile dire che la notizia aveva straziato Marco, che per una notte intera e per molti giorni dopo pianse parecchio. Purtroppo dopo Stefano non c’era stato nessun altro suo “collega” in aula in grado di prenderlo come aveva fatto lui, così Marco si era laureato senza farsi troppi problemi in tre anni, ma anche senza allacciare rapporti profondi con nessuno.

Poi era venuto il lavoro, che per i primi tempi era stato presso una casa editrice a correggere bozze. Scaduto il contratto, era stato costretto ad accettare un posto da uno spedizioniere. Il lavoro di impiegato assistenza clienti non gli piaceva, lo trovava alienante e meccanico. Però non poteva lasciarlo, conscio del fatto che trovare lavoro era molto difficile, se non addirittura impossibile, anche per un laureato come lui.

Mal sopportando tutte queste condizioni, Marco continuò a fare la sua vita, fino a che un bel giorno non si recò in biblioteca, dove incontrò Rocco.

Rocco aveva ventisette anni all’epoca. Era un perfetto geek, uno di quelli che passano la giornata attaccati al computer. Non ne capiva niente di miti greci e latini, e la filosofia non gli interessava. Eppure, c’era qualcosa in lui che acchiappava Marco in maniera indescrivibile. Forse era la sua aria da sognatore, quello sguardo che sembrava sempre perso nel vuoto ad attrarre Marco. I suoi occhialini che coprivano gli occhi color castagna, o la sua capigliatura corta e ordinata.

Ma quella sera c’era qualcosa di diverso.

- Amore? – lo chiamò Marco.

- Eh? – disse Rocco, abbassando lo sguardo verso di Marco, che se ne stava accoccolato con la testa sulle sue gambe.

Marco sorrise. – Cosa c’è? –

- Niente – si affrettò a dire Rocco.

- Non sai nemmeno perché te l’ho chiesto. –

- Be’, non c’è niente. –

Marco si alzò e lo guardò negli occhi, accarezzandogli una guancia barbuta. Rocco si affrettò a sorridergli, ma Marco sentì che quel sorriso non era del tutto sincero.

- Mi sembri distratto stasera. – enunciò Marco – C’è qualcosa che devi dirmi? –

Rocco sorrise di nuovo, e dolcemente baciò Marco, che chiuse gli occhi e si lasciò baciare, senza tuttavia restarne coinvolto più di tanto.

- Che ti amo. – rispose Rocco, e di nuovo baciò le labbra di Marco, accarezzandogli i capelli.

- Non è una risposta coerente. –

- Uffa, tu e le tue risposte coerenti – sbottò Rocco, alzandosi dal divano.

- Ti ho chiesto cos’hai e tu reagisci così! Ma si può sapere cos’hai in testa? -

- Te l’ho detto, niente! Perché deve per forza esserci qualcosa? Vuoi che ci sia qualcosa? E va bene, se vuoi ti accontento! –

Marco restò a guardarlo con le braccia conserte. Poteva sembrare tranquillo e rilassato da fuori, ma dentro non lo era per niente. C’era qualcosa che non andava, ma non sapeva bene cosa.

- Non occorre che fai il bambino – rispose Marco – Se non c’è nulla, non preoccuparti. Fai finta che non ti abbia chiesto nulla. –

- No, non c’è niente. Lo dico e lo ribadisco. – rispose Rocco, tranquillamente.

Rocco era di spalle in quel momento, e Marco gli andò dietro abbracciandolo per la vita. Nonostante i suoi ventisei anni, Marco non era mai cresciuto più del suo metro e sessantacinque, per cui il suo abbraccio cinse la vita di Rocco, che allungò le braccia dietro di sé a toccare la schiena di Marco. Restarono così per qualche minuto, fino a che Rocco non lo prese in braccio e lo condusse in camera da letto.

Fu una notte intensa per entrambi, carica di una passione che forse non c’era mai stata in quasi un anno e mezzo di fidanzamento. A Marco piacque essere posseduto da Rocco, che spinse dentro di lui con forza ed entusiasmo, fino a che non lo sentì venire dentro di sé. Una volta soddisfatto, Rocco mormorò un “sono stanco”, ma Marco non lo sentì. Era troppo occupato ad accarezzargli la testa e a godersi il suo peso sul suo corpo esile.

- Ti amo – gli sussurrò in un orecchio.

Rocco non rispose, era già caduto tra le braccia di Morfeo.

   
 
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