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Autore: Violet 95    15/02/2012    1 recensioni
Una figlia vede il padre morire davanti agli occhi e brama solo vendetta: vendetta contro gli Assassini. Una ragazza ormai donna, spinta dall'amore paterno, può forse essere chiamata traditrice?
"I miei occhi vedono ciò che gli altri ignorano. Le mie mani sono tinte del colore del sangue. Il mio corpo è piegato alla volontà dei potenti, e degli ingiusti, ma la mia anima è votata al sacrificio. Il mio nome è Fadwa ed ero una Templare, poi un'Assassina e infine una Traditrice. Non devi compiangermi per questo, Altair". Fin dove ti possono spingere alcune scelte? Quanto possono influenzare gli altri e te stesso?
Prima fan fiction su Assassin's Creed e penso con il titolo di aver detto tutto. Purtroppo non ho ancora finito il gioco, e se ci saranno degli errori, perdonatemi ma non ho saputo aspettare a iniziare questa storia... Vi auguro solo buona lettura!
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Battesimo di sangue

 

 

La quiete si ha da sacrificare

alla coscienza e all’onore

[Epistolario, Ugo Foscolo]

 

 

 

Quando la guardia arrivò trafelata al cospetto del Gran Maestro, Al Mualim era ancora rivolto alla finestra, con i pensieri che ritornavano costantemente alle parole e agli sguardi della ragazza di prima.

 

“Maestro, siamo sotto attacco!” gridò l’Assassino, poco prima di accasciarsi a terra con un rantolo strozzato.

 

Al Mualim vide il pugnale conficcato nella schiena del suo uomo, dalla cui ferita usciva una chiazza rossa che bagnava la veste bianca e il pavimento, e provò un impellente moto di rabbia e dolore, compiangendo in silenzio l’Assassino che aveva combattuto gli ultimi momenti prima del sonno eterno per metterlo in guardia.

Senza poi indugiare oltre, Al Mualim scavalcò il cadavere ormai immobile e si affrettò a uscire per vedere lui stesso la situazione. Non appena mise piede fuori, un Templare si gettò contro l’anziano Maestro con un grido animalesco, alzando in alto la spada per eseguire l’ultimo fendente. Che però Al Mualim non sentì arrivare.

Un Assassino impegnato lì vicino in un duello impari vide il suo Maestro in pericolo e, scagliando un violento e impreciso colpo al suo avversario per finirlo, si avventò contro l’aggressore; il Maestro vide la testa del Templare staccarsi dal resto del corpo e cadere a terra con un suono cupo. L’Assassino rivolse uno sguardo preoccupato ad Al Mualim, tentando di controllare il respiro come meglio poteva.

 

“Maestro, i Templari ci hanno attaccato all’improvviso e sono riusciti a entrare perfino qui!”

 

“Quanti sono?” domandò preoccupato il Maestro, gettando un’occhiata fugace d’intorno, per comprendere al meglio la situazione.

 

“Una truppa di venti uomini, ma ne stanno arrivando altri”

 

“Venti! Non è possibile che un numero così esiguo sia riuscito a passare!”

 

Senza lasciare che l’Assassino finisse il suo resoconto, Al Mualim gli ordinò con un cenno di ritornare a combattere e, prendendo la spada che stava per rubargli la vita, si avviò alle porte della fortezza, ridiscendendo la collina e uccidendo quei pochi soldati che gli paravano la strada.

Giunto nella piccola piazza, si affacciò per vedere il paesaggio di sotto. Templari e Assassini combattevano gli uni riversi nel sangue degli altri, coinvolgendo civili innocenti; cadaveri immobili erano ammucchiati in più punti, quasi simili a sinistri burattini gettati in un angolo, senza più alcuna utilità.

L’anziano Maestro sentì una morsa dolorosa al cuore, nel vedere le centinaia di persone coinvolte in quel massacro inutile. Soprattutto nel constatare che i suoi uomini avevano la peggio e che i Templari entravano a frotte dalle porte della città, come migliaia di formiche agitate che si avviavano verso il loro formicaio.

 

È il secondo attacco avvenuto in un breve arco di tempo da parte dei Templari. Che le nostre forze si siano così indebolite?

 

Purtroppo, non poteva certo immaginarsi la vera causa di questo improvviso assalto. Le fila di questo massacro erano mosse da un misterioso burattinaio, che si celava dietro le tenebre, attendendo solo il momento adatto per agire e chiudere lo spettacolo.

E ormai non mancava molto al triste esito.

 

 

Una figura nera osservava lo scenario di caos da un masso che dava sulle pendici dello strapiombo, ma che offriva una visuale perfetta dell’assalto. Se uno qualsiasi preso dalla moltitudine di Assassini e civili avesse alzato gli occhi nella sua direzione, avrebbe di sicuro riconosciuto in quella figura nera un corvo invece che un essere umano, giunto fin lì con il ruolo di emissario di morte. Forse, se qualcuno avesse alzato gli occhi e riconosciuto in quella figura la causa dell’assalto, sarebbe riuscito a fermare tutto e mandare in rovina i veri disegni nascosti dietro quelle azioni.

Ma nessuno lo fece e Fadwa poté agire indisturbata.

Scese dal masso, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio, e toccò terra con un tonfo leggero, alzando solo una lieve nuvola di polvere. Si guardò intorno e tese le orecchie, come un animale che avvertiva il pericolo nell’aria, e non appena ebbe appurato di essere da sola, si avviò senza fretta verso la piazza poco più in basso della fortezza. Già si pregustava la sua vittoria ormai certa.

Per un attimo il pensiero che in mezzo a quella confusione potesse trovarsi l’assassino di suo padre le fece ribollire il sangue, iniettandole una scarica di eccitazione e al contempo di ansia; quando l’avrà riconosciuto, non esiterà a conficcargli il pugnale nel cuore. E a quel punto la sua vendetta si sarebbe finalmente compiuta.

 

E poi? Che cosa farò dopo?, si ritrovò a pensare, mentre uno strano e sconosciuto sentimento la fece tremare impercettibilmente.

 

Paura. Paura del futuro.

Perché la vendetta non era forse stata l’unica cosa che l’aveva tenuta in vita? Non era forse questa la ragione per cui si trovava lì?

Era diventata il motivo principale della sua esistenza, fungendo da veleno che lasciava marcire il suo cuore, e se si libererà di quella – di questo ne era certa – sarebbe di sicuro morta. Almeno nell’animo.

Delle grida disperate la riportarono bruscamente alla realtà, cancellando quella nube di pensieri che le aveva oscurato la mente. Si ricordò di essere a Masyaf, nel mezzo di un assalto, e di averlo causato lei stessa. Per un po’ si confuse fra i gruppi di abitanti che fuggivano all’interno della fortezza, cercando con difficoltà di non farsi trascinare dal fiume umano, ed ebbe il tempo di riorganizzare le idee e di rientrare lentamente nel suo ruolo. Sfruttare la truppa di Templari appostata poco distante dalle porte per creare scompiglio a Masyaf e quindi far uscire allo scoperto gli Assassini e Al Mualim era stata la migliore delle idee avute finora: quasi si sorprese della rapidità e della perfezione con cui aveva preso forma il piano.

Facendosi strada fra la folla urlante, riuscì ad arrivare alla piazzetta dove si consumavano gli scontri principali. Fra questi, poté riconoscere quello del Maestro contro un Templare, con quest’ultimo in netta difficoltà davanti alle abilità dell’anziano Assassino. Fadwa rimase per un po’ a osservarli, compiaciuta dalla fedeltà degli uomini nel compiere i suoi ordini. Inoltre provò di nuovo una sincera ammirazione per quell’uomo così vecchio, che ancora riusciva a tenere in mano una spada.

 

Bene, e ora da dove inizio?

 

Con un ghigno furbo, si calò ancora di più il cappuccio sugli occhi e, celando la propria presenza, si avviò in direzione delle porte di Masyaf, evitando di farsi notare ulteriormente da entrambe le fazioni. Portò la mano al manico del pugnale, sentendo il tocco familiare della lama.

Era ormai pronta.

Fadwa ignorò i cadaveri gettati alla rinfusa sulla strada, scavalcandone alcuni e passando sopra quelli degli Assassini, con un moto di disprezzo e vittoria. Tentò di frenare quell’onda improvvisa di sentimenti che la travolsero, quando vide i corpi con gli occhi rovesciati di donne e perfino bambini. Forse quegli stessi bambini che prima correvano gioiosi nella piazza.

Vide poi due Templari che, dopo aver ucciso quei pochi Assassini rimasti a difesa delle porte, festeggiavano la vittoria calciando e dilaniando ancor di più i cadaveri ormai sfiniti degli abitanti. Oltre a loro, però, la piazza era deserta.

Le loro risate beffarde le fecero montare la rabbia. Una rabbia cieca, violenta, dettata da quella poca umanità rimasta in lei.

 

“Ah, comandante! Qui abbiamo finito, attendiamo nuovi ordini” disse il primo, allontanandosi dal cadavere di un uomo, forse padre e marito devoto.

 

“L’idea dell’attacco improvviso li ha colti alla sprovvista e ci ha dato modo di colpirli in modo drammatico: ci metteranno mesi prima di riprendersi!” rise sguaiatamente l’altro, continuando a lanciare fendenti sul corpo di una donna.

 

Fadwa si fermò davanti a loro, osservandoli con un’espressione indecifrabile. Gettò uno sguardo fugace ai corpi e spostò nuovamente l’attenzione sulle uniche creature vive rimaste oltre a lei in quel luogo. Poi alzò gli angoli della bocca: stava sorridendo. Un sorriso inquietante, che poteva sembrare tutto, fuorché amichevole.

 

“Ottimo lavoro, soldati. Adesso potete congedarvi” disse semplicemente la ragazza, con voce pacata.

 

Il primo Templare che le si era rivolto avrebbe voluto ribattere, domandare se poteva andare a dare una mano ai suoi compagni, ma non ne ebbe il tempo e neppure l’occasione.

Non riuscì nemmeno a emettere un ultimo suono, perché il colpo alla gola arrivò improvviso e preciso, togliendoli la vita in pochi istanti. E in silenzio.

Il Templare cadde a terra con un tonfo secco, mentre il suo compagno alzò finalmente gli occhi per puntarli interdetto sul loro comandante. La donna, infatti, reggeva ancora il pugnale con la lama ondulata macchiata di sangue, alto in aria e pronto a colpire nuovamente. L’espressione sul suo volto, però, era peggiore di qualsiasi visione di morte.

Fadwa gli rivolse uno sguardo freddo, impassibile e privo di qualsiasi interesse verso la vita umana: lo sguardo di un mostro, o meglio, di un feroce assassino. Gli occhi vuoti erano scarlatti, brillanti nonostante la fioca luce del tramonto: dietro quelle iridi, però, c’era un luccichio di follia, o forse di celato e profondo dolore.

Il Templare non riuscì a pensare altro su quegli occhi. Aprì la bocca per emettere un suono inarticolato, portò distrattamente la spada in alto e si ritrovò la donna subito accanto, con il pugnale pericolosamente vicino alla sua gola. Non riuscì a dibattersi perché Fadwa non gliene diede il tempo e in breve anche lui si ritrovò disteso a terra vicino al suo compagno, entrambi senza vita.

Con uno sguardo pieno di disgusto, guardò per l’ultima volta il suo lavoro e si voltò per tornare indietro.

Aveva appena tolto la vita a due dei suoi uomini, a due suoi compagni. Li aveva traditi e uccisi senza alcuna pietà. Ciò che provava in quel momento non seppe spiegarselo, sebbene sentisse una lieve fitta di dolore che si insinuava lenta fra i nervi, irritandola.

 

Ho fatto la cosa giusta?

 

Poi si ricordò del loro scempio su quei corpi morti e infine si ricordò del motivo per cui era giunta fin lì: così quel poco di senso di colpa svanì in un istante.

Alcuni sacrifici erano necessari per raggiungere i propri scopi.

 

“Abbiate almeno rispetto per i morti, stolti” dichiarò Fadwa con voce sepolcrale, continuando a camminare senza più voltarsi, lasciandosi alle spalle il primo passo del suo tradimento.

 

 

Al Mualim sentì tutto il peso degli anni, della vecchiaia, farsi improvvisamente insopprimibile e per un attimo cedette ai colpi sempre più violenti e continui del suo avversario. Il Templare se ne accorse e ne approfittò, colpendolo con una mano guantata di ferro al petto e costringendolo a indietreggiare. Il prossimo colpo arrivò dritto allo stomaco e costrinse il vecchio a piegarsi in due e inginocchiarsi a terra dolorante. Gli altri Assassini, nel vedere quella scena, avrebbero voluto intervenire ma i loro avversari impedirono ogni mossa che potesse permettere di aiutare il Gran Maestro.

Il Templare che lo aveva colpito torreggiava su di lui con aria trionfante e sprezzante, gesticolando con la spada ormai sicuro della vittoria.

Al Mualim pensò velocemente a come rispondere all’offesa ricevuta, mentre la consapevolezza della sua debolezza si faceva sempre più dolorosa da ammettere. E lì, inginocchiato di fronte al nemico, si sentiva terribilmente impotente. E inutile.

Il Templare rise sguaiatamente e alzò la spada per conficcarla nella gola dell’uomo. Ma un urlo strozzato attirò la sua attenzione e si costrinse a volgere le spalle al nemico, con la certezza che quello non avrebbe più potuto fare mosse avventate. Ciò che vide di seguito gli fece cadere a terra la spada.

I suoi compagni cadevano come bambole a terra, tutti trafitti dalla lama rossa e scintillante di un pugnale finemente lavorato, la cui luce creò un baluginio sinistro. A reggerlo, un uomo vestito di nero, con il cappuccio calato sul volto, ma il cui aspetto era stranamente familiare al Templare. L’uomo si voltò verso il Templare, con i muscoli tirati fino allo spasmo e lo sguardo da predatore famelico rivolto al suo ultimo obbiettivo.

Il Templare riconobbe quel colore inconsueto degli occhi e perfino lo sguardo carico di una freddezza disumana. In altre occasioni avrebbe ammirato la bellezza di quelle iridi scarlatte, ma non in quel momento.

Perché quegli occhi furono l’ultima cosa che vide, prima che Fadwa scattasse verso di lui e, con un agile salto, gli si avventasse contro, tagliandogli la gola con un unico colpo.

Quando Fadwa si accertò che avesse smesso di respirare, si voltò verso la folla di Assassini, Templari e civili che si erano ammucchiati lì vicino. I Templari la guardarono incerti e con la confusione dipinta nei loro occhi, ma bastò uno sguardo severo e adirato per metterli a tacere e intimarli dal non chiamarla per nome.

Anzi, quegli occhi parevano dire: Andatevene, o farete la sua stessa fine.

Come se avessero obbedito a un unico ordine, i Templari scesero la collina per fuggire verso le porte, lanciando di tanto in tanto gemiti spaventati e sguardi persi per l’improvviso gesto del loro comandante. Non appena tutti se ne furono andati, gli Assassini e i civili tirarono un sospiro di sollievo e rilassarono i muscoli. Cosa che fece anche Fadwa.

 

Ce l’ho fatta: ogni cosa è andata secondo il piano.

 

Al Mualim si rialzò lentamente, senza distogliere lo sguardo indagatore dalla ragazza sopraggiunta come un miraggio. Gli aveva salvato la vita, e di questo doveva rendergliene merito.

Ma qualcosa non tornava nella sua nuova ricomparsa.

 

“Perché i Templari ci hanno attaccato? E come mai tu sei ritornata qui?” chiese sospettoso l’uomo, mentre alcuni Assassini andarono al suo fianco per prevenire qualsiasi caduta.

 

“I Templari mi hanno seguito per un buon tratto e sono giunti fin qui. Ho sottovalutato il loro numero e la loro forza: credevo che fossero molti meno. Ho messo a repentaglio la vita di molti innocenti” si scusò Fadwa, abbassando la testa in atto di perdono.

 

Al Mualim la osservò a lungo, in silenzio, chiedendosi però dove aveva imparato a combattere a quel modo con un semplice pugnale. Per il momento, però, preferì evitare la domanda.

 

“E ora, come ti senti?” le chiese semplicemente.

 

Fadwa parve interdetta.

 

“In che senso?”

 

“Ti sei vendicata, no? Allora, come ti senti?”

 

Fadwa trattenne a stento una risata amara che stava per prorompere dalla sua gola, imponendosi la calma.

 

Se solo sapessi la verità, vecchio, non saresti qui a chiacchierare tranquillo con me…

 

“Soddisfatta, penso. Per ora, non provo niente: è come se mi sentissi vuota…” mentì Fadwa, simulando incomprensione e gesticolando confusa.

 

“La vendetta non porta a niente e crea solo un enorme vuoto all’interno del proprio cuore. Cerca di mantenerlo sano e integro, perché un giorno ti servirà”

 

Dette queste parole, Al Mualim urlò un paio di ordini ai suoi Assassini e intimò i civili con voce paziente a entrare tutti nella fortezza, per curare i feriti e contare le perdite. Poi invitò Fadwa con un cenno a seguirlo e lei, con celata riluttanza, fece quanto richiesto.

 

 

“Dunque, ora cosa intendi fare?” le domandò Al Mualim, incrociando le braccia dietro la schiena e osservandola con l’unico occhio sano.

 

Fadwa poté constatare con ironia che stava bene, nonostante i colpi ricevuti dal Templare.

L’aveva condotta nello stesso luogo in cui si erano incontrati per la prima volta, qualche ora fa. Oramai, il sole era quasi del tutto tramontato e di sotto, nella piazza di addestramento, erano accasciati a terra centinaia di feriti che lanciavano deboli lamenti al vento.

Nonostante quella fastidiosa canzone, Fadwa si concentrò sull’uomo di fronte a lei.

 

“In verità, non lo so. La mia famiglia non vive più, la mia casa è stata saccheggiata e distrutta e io sono ancora braccata dai Templari… Non ho un posto dove andare” disse la ragazza con voce lamentevole.

 

“Se resti qui i Templari torneranno a frotte a cercarti e non basteranno nemmeno i miei uomini a fermarli alle porte, né un tuo intervento miracoloso. Non possiamo rischiare per te, ragazza!” disse quasi adirato Al Mualim.

 

E a cosa è servito questo massacro?! Ho ucciso i miei uomini per un mero rimprovero?

 

“Tuttavia…” aggiunse il Maestro prima che lei potesse ribattere, “Ci sei stata di grande aiuto e le tue abilità si sono rivelate utili nel proteggere alcuni civili. Inoltre, hai salvato la mia vita e quella dei miei uomini. Di questo te ne siamo eternamente grati” disse, accennando a un lieve inchino.

 

Fadwa rimase colpita da quel gesto e dall’ammissione di un vecchio orgoglioso come Al Mualim sul fatto che lo avesse salvato da morte certa. In un certo qual modo, si sentì lusingata e superiore a lui, almeno per quello.

 

“E forse potrai fornirci aiuto anche in futuro. La tua richiesta di prima… Ne sei ancora convinta? Una volta intrapresa la via dell’Assassino, è impossibile tornare indietro” le domandò finalmente, osservandola attentamente per cogliere qualsiasi movimento.

 

“Sì! Vi prego, fatemi diventare un’Assassina!” quasi urlò Fadwa, al colmo dell’eccitazione.

 

Finalmente ce l’aveva fatta.

Al Mualim annuì e le si mise davanti, alzando le mani e ponendogliele sulla fronte. Fadwa si irrigidì a quel contatto, sentendo le mani rugose e callose dell’uomo sulla sua pelle. Quel tocco, però, era stranamente gentile e protettivo, come un padre con la propria figlia. E pensando a questo, sentì un nodo alla gola.

 

“Dunque, Fadwa, da adesso fai parte della Confraternita. Sei una Novizia, una bambina che deve apprendere tutto dell’arte dell’assassinio: da qui inizierà il tuo percorso per diventare un’emissaria di Morte. Qui verrai chiamata sorella e verrai trattata come tale da tutti i tuoi fratelli”

 

Fadwa rimase in rispettoso silenzio, sentendo l’importanza di quel battesimo consumatosi nel sangue che però le permetterà di entrare nell’Ordine. La sua vendetta, ormai, era vicina.

Forse più di quanto si aspettasse.

 

“Maestro, sono tornato” disse una voce dietro di lei, rompendo quello strano incantesimo che le aveva annebbiato i sensi.

 

Il Maestro parve riscuotersi dai suoi pensieri e alzò gli occhi verso la fonte di quella voce, staccando le mani dalla fronte della Novizia. Non appena lo riconobbe, un sorriso spuntò da dietro quella barba.

 

“Ah, Altair, bentornato! Se tu fossi arrivato prima, magari alcune perdite si sarebbero potute evitare…”

 

Anche Fadwa si voltò curiosa verso la fonte di quella voce, chiedendosi a chi potesse appartenere quel suono roco ma gradevole.

Non appena vide la figura vestita di bianco, si irrigidì al proprio posto e ogni cosa parve fermarsi. Il Maestro, la rocca, i feriti lì fuori scomparvero tutti. In quel frangente c’erano solo lei e l’Assassino.

Altair. Quello era il nome dell’assassino di suo padre.

Quello era l’uomo che le aveva riso in faccia, a un passo dalla sua vendetta.

Quello era l’Aquila che le era sfuggita dalle mani, volando libera nei cieli di Damasco.

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

finalmente è comparso Altair! E finalmente la storia prende la sua giusta direzione, e io sono ogni giorno più soddisfatta del mio personaggio, che di capitolo in capitolo sta prendendo una forma. Ora che sulla scena è arrivato Altair, le cose cambieranno radicalmente per la protagonista… Basta, non dico altro!

L’assalto a Masyaf, Al Mualim in difficoltà (devo ammetterlo, mi sono divertita a dipingerlo così!), la decisione di Fadwa… Ho dovuto lavorarci parecchio su questo passo, perché pareva non andarmi mai bene, ma penso infine di essere riuscita a tirare fuori qualcosa di almeno decente…

Inoltre, ho finito Assassin’s Creed! E questo è un altro dei motivi per cui ho ritardato a pubblicare il capitolo ^^”. Già mi manca guidare Altair ad ammazzare la gente XD…

Bene, con questo sarà meglio chiudere, altrimenti mi dilungo troppo.

Ringrazio per la recensione: Princess_Slytherin, Vanny2003.

Al prossimo capitolo!

  
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