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Autore: Mia Swatt    15/02/2012    15 recensioni
[ Questa storia è ispirata all'omonima trilogia tedesca dell'autrice Kerstin Gier. ]
Isabella Swan è, all’apparenza, una ragazza semplice e normale. Abita – insieme alla sua numerosa famiglia – in un antico palazzo nel cuore di Londra e frequenta la prestigiosa Saint Lennox High School. La sua migliore amica, Angela Weber, è convinta che la sua vita sia più che affascinante, ma Bella non si trova d’accordo. Da quando si è dovuta trasferire a casa di sua nonna, Lady Lillian, la sua vita sembra sensibilmente peggiorata. Lady Lillian comanda tutti a bacchetta; Zia Victoria la considera una ragazzina troppo superficiale e non all’altezza del nome degli Hale; e poi c’è Tanya, sua cugina. Capelli biondi, occhi celesti, impeccabile in tutto quello che fa, prima della classe a scuola e con un sorrisetto sempre stampato in faccia. Ma la famiglia Hale possiede un segreto: da generazioni, infatti, viene tramandato un gene capace di far viaggiare nel tempo. È Tanya la prescelta e Bella non la invidia per niente. Poco importa se Tanya sarà accompagnata, nei suoi viaggi nel passato, dall’affascinante Edward Cullen, l’altro prescelto: capelli castano-bronzei, occhi verdi e sorriso sprezzante… Ma si sa: nessuno sfugge al proprio destino.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Rosalie Hale
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buon pomeriggio a tutti! E un augurio speciale a tutti i single! XD
Per prima cosa ci tenevo a ringraziarvi per il caloroso benvenuto che avete dato alla storia! Undici recensioni con un solo prologo! Grazie mille, vi adoro! <3
Prima di lasciarvi al capitolo ci tenevo a dirvi personalmente che, mentre lo leggerete, potrete notare che i personaggi non sono solamente del fandom di Twilight. Questa long, infatti, è la mia prima crossover e ho unito i personaggi di questo fandom - che resteranno i protagonisti assoluti - con quelli de Il diario del vampiro - che faranno un po' da numero, quindi da contorno.
Detto questo vi lascio al primo capitolo e buona lettura!


.

1.

« Se si osserva attentamente la realtà,
ci si potrà accorgere che essa non è mai come sembra a prima vista.
Può palesarti elementi inaspettati e gradevoli. »
Giuseppe D'Oria.

Londra, Inghilterra.
3 Ottobre 2011

Era da poco iniziato l’ennesimo Lunedì mattina. Come ogni inizio settimana, trovavo la mia divisa scolastica, pulita e stirata, appesa all’anta del grande armadio. Odiavo quella stupida tradizione, ma frequentando un liceo privato non potevo fare altrimenti.
Avevo pregato per anni, mia madre, di iscrivermi ad un liceo pubblico, ma non ottenni mai nulla. Tutta colpa di sua madre, Lady Lillian, e di quell’arpia di sua sorella, zia Victoria. Tutto sommato, però, la divisa non era male: gonna a pieghe, blu e bianca; camicia color panna; golfino – maniche lunghe per l’inverno, gilet per l’estate – blu. L’unica nota positiva era che, avendo un abbigliamento predefinito, non dovevo impazzire per cercare qualcosa da mettere tutte le mattine; non ero una patita di moda o di shopping.
<< Bella?! >> urlò mia madre, dal piano di sotto << A che punto sei? La colazione è pronta! >> sbuffai. Odiavo il fatto di doverci sedere tutti quanti a tavola.
<< Ho finito! >> risposi, infilandomi gli stivaletti blu << Due secondi e scendo! >>.
Quella fu la prima volta che sentii la vertigine, alzandomi dal letto. Lo stomacò cominciò a contorcersi in modo innaturale, mentre la testa girava, distorcendo qualsiasi cosa fosse intorno a me. Come ebbe inizio, cessò. Devo essere affamata, pensai e mi apprestai a raggiungere la sala da pranzo.
Come al solito, ad attendermi, c’era tutta l’allegra famigliola.
A capotavola, con il suo sguardo da rapace, Lady Lillian padroneggiava in tutto il suo splendore. Nella parte sinistra del tavolo, la prozia Jenna, sedeva ridendo sotto i baffi – evidentemente, zia Victoria, aveva già avuto il suo primo dibattito con mia madre.
Renée, la mamma, sedeva vicino alla prozia Jenna, accanto a Charlie, mio padre. Notai che, stranamente, mancava qualcuno all’appello.
<< Dov’è Tanya? >> domandai, prendendo posto.
<< Isabella, ti sembra il modo di dare il buongiorno? >> mi ribeccò Lady Lillian.
<< Hai ragione, nonna. >> risposi, timidamente. Quella donna mi incuteva terrore, e non lo dicevo tanto per dire! << Buongiorno a tutti! >>
<< Renée, è inutile, tua figlia non ha proprio modi educati. >> sentenziò lei, facendo alzare gli occhi al cielo a mia madre.
<< Adesso posso chiedere dov’è Tanya? >> domandai nuovamente, presi una fetta biscottata e cominciai a spalmarvi sopra la marmellata di ciliegie.
<< Si sta preparando, ovviamente. >> rispose zia Victoria << La mia Tanya tiene molto al suo aspetto. Inoltre, poco fa, ha avuto un leggero malessere. >>
<< Di nuovo? >> mormorò mio padre, Charlie << Sarebbe l’ennesimo, senza viaggio incontrollato. >> vidi mia madre tirargli un calcio da sotto il tavolo, ma fu tutto inutile. Lady Lillian aveva sentito, perciò cominciò ad urlare contro di lui.
La nostra famiglia aveva, da sempre, un particolare gene, nel sangue. Grazie a questa diversità nel nostro DNA, la prescelta, avrebbe avuto la capacità di viaggiare attraverso i secoli. Solo nel passato, ovviamente. Nessun viaggio nel futuro, questo non era concepito. Viaggiare nel passato, però, aveva i suoi pregi e i suoi difetti. Per parlare degli ultimi, fare un viaggio incontrollato, poteva essere molto pericoloso. Poteva succedere, per esempio, di scomparire in mezzo ad una folla di gente, in pieno giorno, per riapparire esattamente nello stesso punto, più di cento anni prima. Non avevo mai capito come funzionasse, ma non mi era mai nemmeno importato. Secondo i calcoli matematici di grandi personaggi illustri, quella che avrebbe ereditato il gene sarebbe stata Tanya. Non la invidiavo neanche un po’.
<< Buongiorno a tutti. >> disse mia cugina Tanya, entrando nel grande salone.
Come ogni mattina, era impeccabile. Non aveva neppure un capello fuori posto. Essi, infatti, le ricadevano morbidi e lucenti sulle spalle, mentre gli occhi da cerbiatta, azzurri, facevano risaltare il suo viso pallido, ma perfetto.
<< Oh, Tanya! >> cantilenò Lady Lillian, entrando in adorazione << Che piacere vederti! Come ti senti, cara? Tua madre ci ha detto che sei stata poco bene, prima. >>
<< Sì, nonna. È vero. >> rispose lei, rispettosa, accomodandosi di fronte a me << Ma ora mi sento molto meglio, grazie. >> tutta quella gentilezza nascondeva un demonio! Tanya era un vipera, specialmente con me.
<< Tu sei bella nella tua semplicità, tesoro. >> sussurrò la prozia Jenna, al mio orecchio, facendomi arrossire. Forse aveva ragione.
Abbassai un po’ il capo, guardandomi. La divisa, a differenza di quella di Tanya, era molto meno attillata – questo perché io non l’avevo fatta modificare, lei sì –, i capelli castani, quasi neri, ricadevano ondulati sulle mie spalle, tenuti indietro solo da un piccolo cerchietto. La mia pelle era chiara, forse più pallida di quella di mia cugina, e gli occhi erano di un particolare marrone scuro – ricordavano il colore del cioccolato fondente.
<< Allora, possiamo andare, zio Charlie? >> domandò Tanya, risvegliandomi dai miei pensieri. Quanto tempo era passato? Tanto, a giudicare dal suo piatto vuoto e dal mio ancora pieno.
<< Ma Bella non ha ancora finito di mangiare… >> provò mio padre, ma senza troppo successo. Lady Lillian lo fulminò; zia Victoria alzò un sopracciglio, accigliata; Tanya sbuffò.
<< D’accordo, ho capito! >> dissi, alzandomi dalla sedia << Papà, possiamo andare. Non avevo troppa fame, comunque. >>
<< Sei sicura, tesoro? >> annuii decisa. Lui si alzò da tavola, avviandosi verso la porta d’ingresso.
<< Isabella. >> mi chiamò Lady Lillian, mi voltai con un sorriso stampato in faccia << Ti ricordi cosa devi fare, se Tanya si dovesse sentire male? >>
<< Non sono mica stupida, mi ripetete questa dannata cosa tutte le mattine… >>
<< Come, prego? >>
<< Sì! >> mi affrettai a rispondere, mentre la prozia Jenna rideva, avendo sentito ciò che avevo appena detto << In caso dovesse sentirsi male, avviserò Mr. Saltzman. >> nonché nostro professore di storia, nonché membro della loggia.
<< E, ovviamente, ricordati di non muoverti dal punto preciso in cui è scomparsa! O ritrovarla sarà impossibile! >>
<< Finché non torna. >> aggiunsi, con un tono lamentoso << Voglio dire: lei fa il salto, ma poi ritorna. Non vedo perché preoccuparsi tanto… >> il suo sguardo rapace, fisso su di me, mi fece venire i brividi. Forse avevo parlato un po’ troppo.
<< Va bene! >> intervenne mia madre << Bella ha capito, vero tesoro? Magnifico! Charlie, puoi accompagnare le ragazze a scuola! Buona giornata! >>.
La macchina di Charlie – una berlina scura – era piuttosto grande e lussuosa. Gli interni erano di pelle nera, full optional e di ultima generazione. Lady Lillian, sosteneva sempre che, il marito di sua figlia, non potesse andare in giro con un veicolo scadente; ogni anno, quindi, gli regalava un’auto nuova di zecca. Questa volta era stato il turno della BMW M5.
Amavo l’Inghilterra, Londra soprattutto. Era una bellissima città. Antichità, modernità e magia si univano in essa alla perfezione. Non potevo negare, però, che fosse stato un trauma – almeno all’inizio – cambiare città, Stato, abitudini, fuso orario…
Abitavamo a Forks, fino ad otto anni prima.
Era una piccola cittadina nello Stato di Washington, dove pioveva trecentosessanta giorni all’anno – non che qui le cose fossero diverse. Londra, però, a differenza di Forks era più grande. Molto più grande.
Il motivo principale che ci spinse a trasferirci aveva un nome ed anche un volto: Lady Lillian. Secondo lei, la famiglia non poteva restare divisa. Soprattutto se la dolce Tanya, compiuti i fatidici diciassette anni, avrebbe compiuto il salto nel tempo che avrebbe reso la nostra famiglia molto importante. Che cavolate!, pensai. Come se bastasse una cosa del genere a rendere importante qualcuno o qualcosa.
<< Bells? >> chiamò mio padre << Siamo arrivati. Che facevi, dormivi? >>
<< Spiritoso! Ero solo sovrappensiero. >>
<< Sbrigati, cugina. >> disse Tanya, uscendo svelta dall’auto << Non voglio fare tardi per colpa tua! Zio Charlie. >> lo salutò, cominciando ad avviarsi all’interno del maestoso edificio.
<< La odio. >> sussurrai, così a bassa voce che nemmeno mio padre riuscì a sentirmi.
<< Buona giornata, Bells! >>
<< Anche a te, papà. >> gli diedi un bacio sulla guancia e seguii Tanya.
La Saint Lennox High School era la scuola privata più grande e costosa di Londra. Entrarci, infatti, era un privilegio di cui solo pochi potevano vantarsi.
La struttura era immensa ed anche molto antica. Gli esterni bianchi, ristrutturati, davano un’impressione moderna – e al quanto sbagliata – del suo interno. Lunghi corridoi; lampadari al centro del soffitto, nelle aule; biblioteche super fornite di qualsiasi libro – moderno o antico – esistente; sale relax; mensa pulita, con grandi cuochi in cucina e molto, molto altro.
<< Bella addormentata? >> mi chiamò Tanya << Cosa stai facendo lì, impalata? Sembra che tu non abbia mai visto questa scuola! Certo che potevi essere un po’ più sveglia… >> buongiorno vipera! Ecco che, finalmente, il suo lato demoniaco usciva allo scoperto.
<< Sempre gentile, eh? >> chiesi, raggiungendola di corsa.
<< Dico solo ciò che è giusto, Isabella. >>
<< Oh, certo… >> mugugnai, sperando che non mi sentisse.
<< Ehi, Jess! >> urlò mia cugina, raggiungendo la sua più grande – ma anche unica, credo – amica.
Jessica Stanley, ricca figlia di papà, era l’arroganza fatta a persona – un po’ come Tanya, ecco perché si trovavano bene insieme. Ragazza piuttosto carina, con splendenti capelli castano chiaro; occhi di un insolito grigio antracite; e, per concludere, un fisico da modella.
<< Bella! >> mi voltai, direzionandomi verso quella voce.
<< Ciao Angy! Finalmente una faccia amica… >>
<< È solo Lunedì mattina e sei già così disperata? >>
<< Prova tu a vivere insieme a Tanya. >>
<< Touché, a questo non posso controbattere! >> disse, alzando le mani in segno di resa << Entriamo in classe? >> annuii, seguendola per quei maestosi corridoi.
Un tempo, quella scuola, era un’antica residenza di ricconi. Ma si parlava di più di un secolo prima… peccato che qualcuno non la pensasse così.
<< Miss Isabella, ma che piacere rivederla anche oggi! >>
<< Ciao James. >> lo salutai, facendo attenzione che nessuno mi vedesse parlare al nulla.
James Gordon-Lennox II nato a Londra nell’anno 1678, morì a soli vent’anni a causa di un’insolita febbre alta. Quello che, però, James non riusciva a capire era proprio questo suo stato di morte. Secondo lui, era in quest’epoca a causa di una magia potente e diabolica che gli impediva di farlo interagire con quegli strani individui – cioè gli studenti – fatta eccezione, anche se non sapeva spiegarsi il motivo, per me.
<< Miss Isabella, la vedo sempre vestita con questo strano abbigliamento… Ma lei, o la sua famiglia, non possiede denaro per cambiare vesti? >>
<< Oh, miseria! >> sbottai esasperata da questa storia << James, se ti guardassi intorno noteresti che qui tutti hanno questo abbigliamento! Non sono solo io a portarlo e comunque, non so neanche perché te lo rispiego, siamo a scuola e c’è l’obbligo della divisa. È tutto chiaro? >>
<< Primo, gli altri non interloquiscono con me, perciò io non intavolo conversazioni con loro; per seconda cosa, questa idea della divisa scolastica è a dir poco ridicola e anche piuttosto volgare. >> sospirai esasperata. Far entrare in testa un concetto a James era una lotta persa in partenza. Non capiva, oppure non voleva capire. Ma chi avrebbe mai potuto dire qual era l’opzione esatta?
<< Ma è ancora qui? >> domandò Angela, cercando di vedere quello che vedevo io. Annuii, senza perdermi in chiacchiere.
Angela Weber, anche nota come mia sola migliore amica, era l’unica a conoscenza del mio segreto; di tutti, i miei segreti. La conoscevo da quando c’eravamo trasferiti qui, a Londra, e da quel giorno non c’eravamo più lasciate. Angy, diminutivo di Angela, era una ragazza timida, ma molto intraprendente e decisa. Nel suo metro e sessantatre era una persona coraggiosa e molto, molto intuitiva. I capelli castani, un po’ più chiari dei miei, le ricadeva lisci fino a metà schiena; gli occhi nocciola erano grandi, con un leggero taglio orientale; fisico asciutto e slanciato.
<< James, ma possibile che tu sia qui da centinai di anni e non abbia ancora visto la luce? >> domandai, ricordando uno dei miei telefilm preferiti.
<< Quale luce, milady? >>
<< Che ne so, sei tu quello morto! Dovresti vedere una luce, un tunnel, qualcosa! >> la mia affermazione gli procurò una sana risata, facendomi sbuffare.
<< Io non sono morto, Miss Isabella, dovrebbe saperlo. Ora, se le due giovani fanciulle volessero scusarmi, ho alcune cose da fare. >> fece un regale inchino e si dileguò, attraversando un muro.
<< Certo, non è morto ma attraversa i muri. I pazzi tutti a me, mah! >>
<< Andiamo va! >> disse Angela, mi prese sottobraccio e ci incamminammo verso la nostra aula.
Riuscivo a parlare e vedere i morti da sempre, almeno questo era quello che mi ricordavo. Fin da bambina percepivo le presenze, ovunque andassi. Ne ero terrorizzata, prima; ora, invece, lo trovavo in un certo senso divertente. Nessuno, nemmeno i miei genitori, erano a conoscenza di questo segreto. Eccetto la prozia Jenna, lei lo sapeva eccome!
Entrando in classe avvertii un leggero capogiro, con tanto di morsa allo stomaco. Se non fosse stato per Angela, molto probabilmente, sarei caduta a terra.
<< Ehi, Bella, stai bene? >>
<< Sì, ma questa mattina non ho fatto colazione. Miss Perfezione, come al solito, doveva arrivare puntuale a scuola, eccetera, eccetera… >>
<< Quanto la detesto! >>
<< Non dirlo a me. >> sussurrai, mentre Angela mi accompagnava al banco. Avrei sgranocchiato un pacchetto di cracker durante l’ora di Biologia. Il professor Molina era un tipo piuttosto alla mano, fortunatamente.

La giornata passò in fretta, azzarderei troppo in fretta. Era come se tutto intorno a me fosse distorto, per niente fermo. Non avevo seguito attentamente nessuna lezione, nemmeno quella di Letteratura che mi piaceva tanto. Forse stavo covando l’influenza. Sbuffai, aprendo il menù dello Starbucks.
Io e Angela ci trovavamo a South Lambeth Place, sedute ad un tavolino ovale accanto alla vetrata principale del locale.
<< Io prendo mmm… >> sussurrò Angela, spulciando la carta che aveva in mano << Un iced caramel macchiato e un muffin al cioccolato! Tu, Bella? >>
<< Credo che prenderò un frappuccino semplice, ho lo stomaco chiuso. >>
<< Devi mangiare, Bella. >> disse la mia amica, chiamando il cameriere << Oggi a mensa non hai toccato cibo, che ti prende? >>
<< Non ne ho idea. >> risposi sincera << È da questa mattina che ho lo stomaco chiuso, forse sono raffreddata. >> conclusi, vedendo il ragazzo arrivare a prendere i nostri ordini.
Restammo allo Starbucks qualche ora, dopo essere uscite da scuola. Tanya e le sue amiche erano andate in centro a fare shopping e, ovviamente, io non potevo rincasare senza di lei.
<< Allora, tua cugina ha fatto questo benedetto salto? >> domandò Angela, mentre camminavamo per Lambeth Place, aspettando pazientemente che Jessica e Tanya tornassero a prenderci. Jessica e Angela abitavano a pochi metri di distanza l’una dall’altra, così – a differenza mia e di Tanya, che avevamo l’autista – si alternavano alla guida delle proprie auto. Quanto avrei voluto che quella settimana fosse stato il turno di Angela! Ci saremmo risparmiate tutto questo via vai.
<< No. >> risposi secca, ricordandomi che mi aveva posto una domanda << Non ancora, almeno. Ha capogiri, nausee, male allo stomaco, ma ancora nulla. >> ovviamente, Angela, era a conoscenza anche del segreto della mia famiglia e lo trovava – parole sue – fighissimo!
<< Ma non è strano? >> domandò, scettica << Insomma, da quello che sai – e mi hai detto – compiuti i diciassette anni, per un anno, cioè fino al compimento dei diciotto, vi sono questi salti temporali incontrollati. Tua cugina ha compiuto diciassette anni il mese scorso, non dovrebbe cominciare a… ehm scomparire? >>
<< Mica è una maga, Angy. >> le dissi, provando un certo piacere nel pensare a Tanya associata alla parola “scomparire”.
<< Sai cosa intendo! >>
<< Va bene, va bene! >> risposi, scoppiando a ridere << Non so davvero cosa dirti, amica mia. Lady Lillian è isterica, ma quando non lo è? Zia Victoria è parecchio agitata, anche più del solito… Se Tanya non si deciderà a fare questo salto, credo che a tutti i membri della famiglia verrà un esaurimento nervoso! >>
<< Ma perché dovrebbe essere per forza Tanya? >> domandò, ma vedendo il mio sopracciglio incurvato si affrettò a spiegare << Voglio dire, tutti date per scontato che la dodicesima viaggiatrice debba essere Tanya Denali, ma se così non fosse? Mai pensato che potresti essere tu? >> la fissai per qualche minuti, poi… scoppiai in una fragorosa risata, facendo voltare tutti i passanti della piazza.
<< Hai umorismo, Angela! Devo ammetterlo! >>
<< Ma perché no, scusa? >> domandò lei, sbuffando.
<< Perché grandi nomi hanno stabilito che l’ultima viaggiatrice sarebbe nata il 13 Settembre 1994, al calar del sole! È Tanya quella nata il 13 Settembre, io sono venuta al mondo solo il giorno dopo – il 14 Settembre – e, per giunta, a mezzogiorno! >>
<< Tutti sbagliano, Bella. >>
<< Oh, certo, dillo a Newton! >>
<< Cosa c’entra Mike? >> ridussi gli occhi a due fessure, colpendola sulla nuca.
<< Isaac Newton! >> precisai, riscoppiando a ridere.
Un clacson interruppe la nostra ilarità, facendoci voltare di scatto. Finalmente quelle due arpie erano arrivate!
<< Ciao ragazze, come avete passato il pomeriggio? >> cinguettò Jessica, mentre salivamo in auto << Io e Tanya abbiamo fatto un sacco di shopping! Bella, ogni tanto potresti venire anche tu, il tuo stile ti ringrazierebbe! >>
<< Non perdere tempo, Jess. >> rispose Tanya, al mio posto << Rendere presentabile mia cugina è come fare sei secco al superenalotto! >> concluse, scoppiando a ridere.
Alzai gli occhi al cielo, pensando che ero superiore a loro e alle loro battutine scadenti. Non rispondendo avrei fatto più bella figura.

* * *

Era da una settimana, ormai, che avvertivo queste vertigini e la cosa cominciava a rendermi nervosa. Detestavo stare male, senza contare il fatto che dovevo vedermela da sola. Mia madre era un tantino apprensiva, con me, e se le avessi detto che non mi sentivo in forma mi avrebbe fatto prescrivere chissà quali analisi di controllo. Ed io odiavo gli ospedali, più di quanto odiassi Tanya.
Era notte quando il senso di nausea mi costrinse a scendere al piano di sotto, per prepararmi una tisana. La casa era buia e silenziosa, tutti dormivano.
Raggiunsi la cucina con la massima attenzione, se avessi svegliato Lady Lillian avrei passato una terribile mezzora – figurarsi se fosse stata Tanya a destarsi! L’aria fresca della notte entrò con una folata, dalla finestra aperta. Rabbrividii, ma quell’innaturale gelo mi fece sentire meglio. Decisi, così, di lasciar perdere la tisana e uscire in giardino. Mi avvolsi nella mia vestaglia lilla e, circondandomi le braccia intorno al corpo per stare più al caldo, varcai la soglia della porta sul retro.
La notte era quasi spettrale; la luna piena rendeva il paesaggio magico, ma inquietante al tempo stesso. Mi voltai, per guardare l’enorme villa che, in quel preciso momento, sembrava più un castello dei Carpazi. Metteva paura, per la sua maestosità.
Quando tentai di rientrare in casa una vertigine, più accesa e potente delle altre, mi colpì in pieno stomaco, facendomi girare la testa come mai prima. Tutto, intorno a me, perse colore e forma. Mi sentii sollevare in aria, per poi vedere il buio avvolgermi. Chiusi gli occhi, sperando che la paura cessasse e, quando li riaprii, mi resi conto che qualcosa era cambiato. La vertigine, per prima cosa, era sparita. Mi sentivo bene, molto bene. Ma c’era qualcosa che non andava. In primis, la casa era troppo nuova; in secundis, il cespuglio di rose rosse – che cresceva al centro del giardino – era stato estirpato molto, molto tempo prima della mia nascita.
Non riuscivo a capire quello che stava succedendo. Forse, supposi, ero svenuta e adesso stavo sognando. Decisi, comunque, di rientrare in casa. Pessima idea! La cucina era diversa, completamente. Mi diressi in salotto, ma anche quello era totalmente cambiato. Vecchie fotografie; tappezzeria antiquata; candelabri…
<< Oddio! >> sussurrai, ma subito mi tappai la bocca con la mano. Possibile che Angela potesse avere ragione?
<< E tu chi saresti? >> saltai per aria, quando percepii una voce alle mie spalle.
Non ebbi il tempo di rispondere che, nuovamente, il senso di vertigine – e poi di vuoto – si impadronì di me. Ripiombai nel mio vero salotto che era ancora notte fonda.
Oh, oh
, pensai. E poi corsi come una razzo in camera mia, sperando che quello fosse stato solo un brutto sogno.
.

Eccomi con il primo capitolo, cosa ne pensate? Alcune delle vostre domande avranno sicuramente trovato risposta, almeno lo spero. Come vi ho accennato prima - e come vi è scritto nelle note - questa long è una crossover. Avete potuto vedere, infatti, che la prozia Jenna altri non è che la zia di Elena Gilbert nel telefilm TVD, così come Mr. Saltzman. Altri personaggi si aggiungeranno alla nostra avventura... Ma per scoprire chi saranno dovrete solo continuare a leggere! ;)
Il prossimo capitolo verrà pubblicato Mercoledì prossimo! Adesso, perciò, sta' a voi... ;)

Un bacione! :*

  
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