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Autore: _NyuKumi    16/02/2012    2 recensioni
Era la prima volta che viaggiavo da sola. A stento avevo preso il treno.
In quel momento invece mi trovavo in aeroporto, che osservavo lo schermo con i voli del giorno.
“Seoul.. “
Non sapevo cosa fare, come comportarmi. Sapevo solo che dovevo andarmene da quel posto. Dovevo scappare. E se non avessi approfittato di quel momento, sarei rimasta in quell'inferno per l'eternità.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Seobbiee~ Quanto sei carino oggi??”

“Jun.. levati dalle palle.”

Sussurrai piano quella risposta, un po' per non attirare troppo l'attenzione, un po' perché ero stufo di dar corda a quell'essere.

Yong Junhyung, così si chiamava.

Come potrei definirlo.. 'bullo'?

Sono quattro anni che mi usa come svago, puro divertimento.

Ogni giorno, lui e quell'altro, il suo scagnozzo, Hyunseung, non dimenticano di chiedermi soldi, nascondermi oggetti e altro. Con il passare degli anni diventano sempre più fastidiosi.

Quella mattina, alla fine dell'ora di matematica, non evitò di alzarsi e avvicinarsi a me.

Non voleva niente in particolare, solo rompere.

Picchiettavo nervosamente la penna sul banco, cercando di contenermi, mentre lui picchiettava la sua mano sulla mia guancia.

“Seobbie, puoi prestare qualche won al tuo amico? Sono finite le sigarette.. e non ho soldi.. Lo sai no?”

“Non posso.. non ne ho.”

“Yah! Non raccontarmi balle.. !”

Strinse forte la camicia della mia divisa, portando il suo viso a pochi centimetri dal mio.

“Tu. Yang Yoseob. Figlio degli avvocati più conosciuti di Seoul, esci senza soldi?! Non fare il difficile, altrimenti sai cosa faccio.”

Alle provocazioni di quel ragazzo era da parecchio che non rispondevo. L'ultima volta che successe, gli tirai un pugno in pieno viso, l'anno prima, rompendogli il naso. Non era mia intenzione arrivare a tanto, ma ero così incazzato che non sapevo cosa stavo facendo. Quello che successe dopo? Un casino. I professori, increduli, dovettero (a malincuore) sospendermi per un paio di giorni, insieme a lui ovviamente. I miei genitori erano fuori di loro, mia madre non mi rivolse la parola per settimane.

E tutto perché lasciai uscire un pizzico di me stesso.

Da quel giorno Jun non mi da pace e io rimango zitto, al mio posto. Il massimo che faccio è espormi poco, in silenzio, senza che nessuno se ne accorga. Era difficile, ma non potevo fare altro.

“Jun.. “

Mi alzai sospirando, ormai arreso.

“Quanto vuoi..?”

“Non rivolgerti a me con quest'aria d'insufficienza.”

 

Ma cazzo.. io accetto e non gli sta bene?!

 

“15 mila ti bastano?”

Presi una banconota dalla tasca dei pantaloni e gliela porsi infastidito. Me la tirò da mano con rabbia, mentre faceva cenno a Hyunseung di controllarmi le tasche.

“Questo atteggiamento di superiorità mi fa incazzare, e tanto. No, 15 mila non mi bastano.”

Hyunseung prese il resto dei miei soldi, lasciandomi in bianco.

 

Bene, anche oggi salto il pranzo quindi.

 

Alzai gli occhi al cielo mordendomi il labbro. Quanto mi risultava difficile non rompergli la faccia, non potete immaginarlo. Subivo tutto quello da sempre, fingendo di essere debole. E lui lo sapeva. Ne approfittava.

“Tsk.”

Disse mentre andava via, con i miei soldi.

Un attimo dopo, suonò la campanella.

 

Mi tocca chiedere elemosina, di nuovo.

 

 

“Ajusshi.”

“Ah.. Yoseob. Di nuovo senza soldi?”

“Mh.. non le dispiace se rimango qui, a studiare?”

“Mi è mai dispiaciuto? Nessun problema.. Ti offro del ramen.”

Era lì che andavo ogni giorno, dopo scuola: 'Tokyo Ramen', il negozio di ramen proprio di fronte il liceo. Quell'ajusshi era parecchio gentile.

Ogni volta, se non avevo soldi, mi offriva qualcosa da mangiare. Lo ripagavo il giorno dopo. Mi lasciava stare con lui tutto il tempo che volevo. Non avendo molti amici, rimanevo lì pomeriggi interi: a volte lo aiutavo con la clientela, altre (la maggior parte) studiavo. Non avevo altro da fare.

Guardandolo quel giorno, quando entrai dalla porta del negozio, sembrava piuttosto preoccupato. La sua espressione faceva capire chiaramente che c'era qualcosa che non andava. Quando mi portò il piatto a tavola notai che gli tremavano le mani. Ogni volta che squillava il telefono o entrava qualche cliente, sussultava. Non gli chiesi nulla, non volevo sembrare invadente, ma ammetto che ero curioso. In fondo, a quell'ajusshi ero legato.

Dopo una mezz'ora circa, il suo cellulare squillò e corse nell'altra stanza del locale per rispondere. Sentii perfettamente la conversazione, ma non capii nulla. Parlava in giapponese, credo.

Dopo pochi minuti attaccò il telefono e iniziò a camminare avanti e indietro, più nervoso di prima.

A quel punto non riuscì a trattenermi.

“Ajusshi.. posso sembrarle invadente forse, ma.. c'è qualche problema?”

Quando gli rivolsi quella domanda, sembrò si fosse svegliato da un sogno. Aveva la testa da tutt'altra parte. Si girò verso di me e fece per rispondermi, quando la porta del locale si aprì.

O meglio, si spalancò.

C'era una ragazza sulla soglia.

Gli rivolsi una semplice occhiata, ma ancora oggi riesco a descriverla perfettamente. Aveva il fiatone, gli occhi gonfi e rossi. Sulle spalle portava uno zaino dall'aria pesante e indossava una divisa.

O-otouchan*..”

Kumi-chan!!”

Scoppiò a piangere immediatamente, appena rivolse lo sguardo all'ajusshi dietro di me.

Lui fece lo stesso, correndo verso di lei per abbracciarla forte.

Mi sentivo come un pesce fuor d'acqua.

Non capivo cosa stesse succedendo, solo una cosa era certa: la mia presenza era di troppo.

Avrei potuto facilmente lasciare la stanza, ma non ci riuscivo.

Non riuscivo a non distogliere lo sguardo da quella ragazza.

Mi ricordava tanto.. il mio.

 

 

*Papà.

  
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