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Autore: KSherlocked    19/02/2012    1 recensioni
Io credo in lui e questa convinzione mi sta lacerando. Lui è morto. Eppure mi sento osservato, spiato mentre dormo - anche se non dormo- e mentre rileggo quei suoi appunti ermetici scritti sbrigativamente nel taccuino. Una parte di me, in modo discreto, spera ne suo ritorno. Una parte urlante, goffamente rumorosa e eccentrica SA che lui è vivo.
E forse, un giorno, smetterò di preparare una tazza di tea in piu destinata a freddare sul tavolo.
[ Prima fiction sulla coppia segretamente esistente [LOL] John\Sherlock. Siate clementi ._. ]
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay, lapidatemi. avevo promesso un capitolo piu...ehm... allegro. Lo è, credo.
Forse è troppo, ma sto cercando di immaginare cosa può significare un lutto simile ed in che modo possa incidere nella vita di ognuno di noi... Quindi, boh. La pianto di blaterare e vi lascio leggere ^^




IV capitolo.
 
Ho pensato che forse ritornare a scrivere mi possa fare bene. Credo di aver pensato male.
Ciao, Sherlock .
Ciao, amico.
Ciao Sherlock.     Mi sento stupido a scriverti perchè so che non potrai leggere.
Oggi ti ho sentito ho creduto di averti sentito. Ho sentito la tua voce. Penso di dover chiarire il fatto che per me eri solo un caro amico e che è normale  che senta la tua mancanza. Mi manchi. Ti voglio bene. Ti prego, ritorna.
 
Questo è quello che ho sputato di inchiostro su un foglio piegato quattro volte e che ora giace sulla sua tomba.  Non so perché ho voluto farlo. Sherlock non leggera mai queste parole e comunque non approverebbe tutti questi sentimenti.
Per amor di dio, sentimentalismo. Bleah. Ottura i condotti pensanti nel cervello, ti rincretiniscono e ti rendono stupido.
Eppure non mi sembra che abbia disdegnato la Adler. Direi che ne era stato quasi scioccato. Per poco, molto poco. Ma lo era stato e non avrebbe potuto negarlo.
La tomba è ricoperta di un leggero velo bianco, la neve ha iniziato a piombare sulle teste londinesi questa mattina presto. Gli ho lasciato davvero una lettera ? sono caduto così in basso?
<< John, mio caro medico normodotato.  Un giorno ti renderai conto ,come ho fatto io, che le emozioni ti spingono in un vicolo cieco. Io non posso permettere che la mia mente venga disturbata e soffocata dai sentimenti. È stupido. >>
Era stato furbo, lui. Ha capito in da subito che la vita va male finchè non riesci ad isolare corpo mente e cuore.
I fiocchi diventano piu fitti. In pochi attimi la lapide si imbianca, le lettere scompaiono sotto un pietoso velo ghiacciato. Un attacco di panico, mi pare si tratti di questo. Il fiato si fa immediatamente corto e annaspo per  aria. Le mani mi fanno un male immondo, il freddo le taglia in superficie. Eppure mi fiondo su il mio amico sepolto dal ghiaccio. Le dita raschiano via la neve con ferocia, le punte delle dita bruciano di freddo, ustioni gelide che partono dai polpastrelli e arrivano nel petto. Continuo a grattare il ghiaccio finchè le lettere dorate non vengono alla luce. SHERLOCK HOLMES.
<< Hey, non scomparire anche da qui. Non ti si legge nemmeno sui giornali. Non essere così tanto stronzo. >> sorrido e mi soffio sulle dita. Il dito medio destro sanguina.  Sbuffo. << Guarda, mi sono fatto male per te. Questo è essere amici. Non sparire senza avvertire.>>
Stavolta non piango. Mi limito a leccare via il sangue dal dito e a ficcarmi la mano in tasca. La neve sta tingendo di silenzio il cimitero che appare piu inquietante che mai. Le pietre mortuarie si stagliano infami sul bianco e svettano come funghi. Muore gente ogni giorno, penso. Ma c è qualcosa in mezzo a quel silenzio che fa un frastuono muto, un rumore che sta facendo annodare il mio povero stomaco. Una figura magra, scura.  È il tipo di ieri. È l’uomo che mi ha chiamato per nome. È lo stesso uomo che mi ha chiesto scusa, lo stesso che probabilmente mi ha fatto credere di essere morto. Lo stesso uomo che ha appena incontrato i miei occhi e si sta allontanando velocemente con ampie falcate.
Qualcosa mi sta nascendo nel petto, sento che prova ad uscire graffiandomi la pelle. Un urlo.
Ed è il suo nome che esce ruggendo dalle mie labbra. Uno << SHERLOCK >> misto fra un urlo e un singhiozzo sofferente.
Sto impazzendo. Non conosco nemmeno quel tipo. Non ho idea di chi sia. Non lo ho nemmeno visto in faccia eppure pretendo che sia Sherlock. Si, lo pretendo. Il MIO Sherlock.
Abbasso gli occhi sulla neve, sento che pizzicano. Non posso piangere, lui non approverebbe. Piangere produce enkfalina. Serve a scaricare la tensione e a far rilassare i muscoli tesi ed i nervi febbrili. Piangere significa emozioni, sentimenti. Lui non vorrebbe che io pianga. Mi direbbe che è superfluo.
Eppure… eppure i passi si sono fermati. La neve ha smesso di gemere sotto le scarpe del tizio moro. La neve ha zittito tutto. Anche il lontano eco del mio strillo è morto sotto la neve. Quello straniero si è fermato, ha le mani in tasca.  Vedo a malapena il suo respiro condensarsi nella fredda aria di neve. Il mio fiato è corto, mi grava sui polmoni e comprime la cassa toracica.
<< Sherlock… >>  stavolta non urlo, non ho forza per farlo. Quel silenzio mi sta dando un motivo per non gettarmi dal Bartolomew s Hospital.  È a meno di dieci metri da me. La sua figura nera mi ferisce gli occhi per il contrasto che ha creato sul mantello bianco. Londra non mi è mai sembrata piu silenziosa. Perfino al cimitero si sentono le macchine, in genere. Ma adesso non sento niente, se non il cuore che martella nelle orecchie.
Il suo capo si volta leggermente verso sinistra, il cappello lascia intravedere i capelli neri e gli occhi. Il naso.
Perché la terra sta girando? O meglio, perché così velocemente?  La neve si è bloccata a mezzaria. Il selciato si sta avvicinando pericolosamente al mio volto. 
Ora fa freddo. Le labbra sono fredde contro la neve, le guance bruciano contro la neve. Io sto bruciando contro la neve.  Sento di poter sprofondare nel vuoto facendo un buco nella neve, per quanto brucio. Autocombustione ?
Due idranti si insinuano sotto le mie braccia, sono freddi. Danno sollievo.
Non vedo bene, ma in un istante mi ritrovo sdraiato sulla schiena con il cielo plumbeo che mi sorride. Sto svenendo? Sono un medico, non dovrei chiedermelo. Sto svenendo. E questi due occhi ghiacciati a pochi centimetri dai miei devono essere un miraggio. Un bellissimo…vividissimo…mir…aggio. 
  
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