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Autore: HappyCloud    19/02/2012    5 recensioni
Cecilia Molinari ha ventun anni, frequenta l'università a Verona e vive in simbiosi con un pesce rosso, l'unico componente della sua famiglia che la comprenda.
Matteo Maestri ha ventidue anni, frequenta l'università a Verona tra una partitella a calcio e un'altra e trascorre la propria esistenza cercando di sfuggire dalle grinfie di Gisella e Melissa.
Non si conoscono, nonostante s'incrocino quasi ogni giorno nei corridoi della Facoltà di Lettere. Ma se ci si mettono una festa in maschera, la strana proprietaria di un ancor più strano negozio e un orribile paio di scarpe, nessuno è al sicuro.
Una rivisitazione in chiave moderna e stravagante della fiaba di Cenerentola.
(Storia che avrebbe voluto partecipare al contest "Un mondo di fiabe" indetto da IoNarrante, ma che, come al solito, è arrivata in ritardo).
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II.


Lisa non fece altro che parlare della festa in maschera di Franzoni per tutta la mattina: cosa avrebbero indossato, come si sarebbero truccate e pettinate, che scarpe avrebbero scelto. Cecilia provava disperatamente a seguire la lezione di storia contemporanea, ma con un borbottio continuo di sottofondo, persino il professore faceva fatica a spiegare, lanciando di continuo occhiatacce alle due ragazze. 
- Ci divertiremo, me lo sento. Ah, giusto; non sai nemmeno cosa voglia dire 
divertirsi!  le mormorò in un orecchio, provocando uno sbuffo irritato dell'amica.
- Ora basta, 
 sussurrò Cecilia, che prese a riordinare le poche penne sparse sul piccolo tavolino a scomparsa davanti a sé. Racimolò i fogli mezzi scarabocchiati nel tentativo di prendere appunti e li ficcò nella tracolla colorata. Due ragazzi la guardarono con astio, mentre li costringeva ad alzarsi per uscire dalla fila, ed era certa che il suo movimento repentino non sarebbe passato inosservato nemmeno al docente, che detestava vedere gli studenti abbandonare la lezione anzitempo. Pazienza, perlomeno si era liberata del chiacchiericcio fastidioso di Lisa e dei suoi vaneggiamenti su trucco e parrucco per la serata.
Il chiostro dell'università era ampio, soleggiato e soprattutto poco frequentato, eccezion fatta per gli studenti di passaggio. Era il posto perfetto per ripassare prima di un esame, per gustarsi un libro nelle pause pranzo... o per fare spiacevoli ed inattesi incontri. Melissa Cedreo e Gisella Ferris rappresentavano al meglio l'espressione 
cervelli in fuga, con l'unica e determinante differenza che i loro neuroni non erano espatriati all'estero, ma semplicemente si erano dissolti nell'aere, polverizzati da un'inalazione intensa e prolungata di solvente per unghie o di fissante per capelli. Entrambe ventiduenni di belle speranze  un marito vecchio e ricco sarebbe stato il top , trascorrevano le giornate in facoltà alla ricerca di volantini di feste universitarie, trovando il tempo di sedersi in aula solo nei momenti in cui la stanchezza di camminare su trampoli s'impossessava dei loro corpi martoriati da lampade solari e diete dimagranti. Melissa, poi, aveva un ulteriore tarlo: era la sorella di Maria Carolina, l'adorabile compagna di Ferdinando, padre di Cecilia. Questo creava tra le ragazze una specie di vincolo parentale indesiderato da ambo le parti, una sorta di rapporto zia-nipote che era al limite dell'incredibile. Inutile precisare che nessuno avesse interesse nel rendere pubblica una tale complicata situazione familiare, perciò la miglior cosa da fare era ignorarsi il più possibile e sperare che, alla prossima cena a casa Molinari, l'altra non ci fosse.
- Ti sei fatta scaricare persino dalla tua amica stracciona?
La voce fastidiosamente acuta di Gisella la raggiunse, ma lei finse di non coglierla. Scendere al livello delle loro provocazioni sarebbe stato troppo nocivo per l'umore già terribilmente provato del suo lunedì mattina.
- Lasciala perdere, Gis, 
 la rimproverò Melissa, turbata dal dover anche solo parlare con una persona tanto indesiderata.
- Sarà meglio che non ci siate da Fil stasera, non vorrei che ci fosse odore di rotture di scatole sin dall'entrata, 
 la minacciò l'altra.
Benissimo, ora Cecilia poteva dire di avere un'altra ragione per volere disertare la festa: un'intera nottata in compagnia delle due vipere con cui Lisa e lei erano in aperta lotta praticamente da sempre era da considerarsi suicidio o quanto mento eutanasia. L'inimicizia e l'acredine che intercorrevano tra le quattro ragazze avevano origine così lontano nel tempo 
 probabilmente si erano azzuffate per la prima volta mentre la cicogna le smistava alle rispettive madri  da risultare difficile persino dire quali fossero le vere ragioni che le avevano spinte a detestarsi; differenti stili di vita, opposto approccio alle persone e la presenza o meno di materia grigia erano, a grandi linee, le diversità che le portavano ad un reciproco odio.
Le due se ne andarono presto, ancheggiando sui tacchi e lasciando uno sgradevole ricordo della loro presenza nella giornata della ragazza che se ne stava a gambe distese sotto il pergolato, arresa alla serataccia che l'aspettava.
Un turbine colorato arrivò trafelato fino a lei, non prima di aver urtato una decina di persone: Lisa l'aveva raggiunta di nuovo, piena di idee ed indirizzi per trovare un costume a buon mercato per la sera. Aveva deciso che si sarebbero travestite da cortigiane ottocentesche, possibilmente con una grande maschera a celare il viso per scongiurare la malaugurata ipotesi di incontrare Niccolò o le due galline appena schivate.
Cecilia capì che il proprio pomeriggio di studio sarebbe saltato, non appena Lisa trasse dalla tasca una lista stropicciata di negozi da vedere. Tra una piega e l'altra, si potevano leggere siti internet da consultare e la bozza di una mappa per raggiungere una piccola bottega nella città antica, il quartiere che corrisponde grossomodo alla Verona di epoca romana. 
- 
Sale in zucca, vicoletto della Polvere 13, - lesse la biondina ad alta voce. Non aveva mai sentito di quel negozio e nemmeno di quella stradina dal nome curioso.  Lo conosci?
L'amica alzò le spalle e scosse la testa, ma consultò il piccolo schizzo che aveva scarabocchiato sul foglio, spiegando come avesse trovato tutte le indicazioni su di una pergamena ingiallita attaccata alla bacheca della facoltà.
- Sembrerebbe vicino a vicolo San Sebastiano, sono solo dieci minuti a piedi da qui, 
 proseguì.
S'incamminarono, una sorridente ed iperattiva, l'altra che avrebbe volentieri attinto ad un po' della sua energia per trovare la voglia di travestirsi. Era solo una stupida festa in maschera, che prendeva a tutti?
La giornata era calda e tranquilla, il traffico scorreva senza intoppi tra i semafori e le strade affollate del centro e l'atmosfera autunnale 
 le foglie colorate a foderare i marciapiedi, le prime brezze fredde a solleticare il viso  sembrava essere rimandata almeno di un paio di settimane. 
La parte vecchia di Verona era quanto di più bello e suggestivo Cecilia avesse mai visto nella vita; ogni edificio, ogni finestra e persino ogni sampietrino per terra aveva da raccontare qualcosa, un evento, una persona, una storia. Non poteva frenare la propria immaginazione di fronte a tanti spunti e allora la fantasia correva ad altre epoche, dove un'altra lei, 
 magari stretta in un corsetto ricamato ed una gonna ampia, i capelli arricciati in boccoli dorati schiacciati da un cappellino e un ombrellino a proteggerla dal sole  stava passeggiando piano, godendosi il tenero calore del pomeriggio.
La gomitata nelle costole di Lisa la fece tornare al presente. La guardò con stizza, mentre, sempre senza aprire bocca, le indicava un vicoletto che non ricordava di aver mai visto prima, nonostante passasse di frequente da quelle parti. 
Una piccola insegna lilla recitava 
Sale in zucca, ma la scritta era poco visibile, coperta da una folta edera rampicante che cadeva da entrambi i lati del cartello rettangolare. C'era una sola vetrina, dove due ampi costumi, uno da ranocchio e uno da principe azzurro, erano stati stipati con malagrazia sopra due grucce. Entrarono un po' timorose, accolte da un parquet scricchiolante e da una fragranza di lavanda, spruzzata da due angioletti appesi alle pareti. Non appena mossero un passo all'interno del modesto spazio, sovrabbondante di costumi di ogni sorta  da Batman a Pippi Calzelunghe, da un dragone cinese a due candelieri  la loro vista fu sopraffatta da tutto quell'affascinante disordine di stoffe, nastri, pizzi e merletti. Una grande cassettiera occupava un'intera parete ed alcuni tiretti erano rimasti aperti, traboccanti di bottoni e cerniere che ne impedivano la chiusura.
- Ti ho trovato, canaglia!
Una signora cicciottella, alta poco più di un metro e quaranta, balzò in piedi da dietro il bancone, lanciando per aria una striscia di tulle e centinaia di paillettes color bronzo e stringendo tra l'indice e il pollice di una mano una gemma verde.
Cecilia fece un balzo all'indietro spaventata e Lisa afferrò l'unico appendino disponibile come arma di difesa. Si calmarono solo quando la donna regalò loro uno splendido sorriso rassicurante sul volto paffuto. La osservarono meglio: indossava un maglione azzurro acceso e una sottana scura, sotto un grembiule bucherellato da aghi e spilli; in testa, i capelli rossicci erano raccolti in uno chignon arrangiato rapidamente, sostenuto da uno spillone di legno un po' più lungo di quelli che le ragazze avevano sempre visto in commercio. Al collo portava un medaglione rotondo con dei ghirigori floreali che le poggiava sul seno prosperoso. 
- Ehilà! 
 le salutò cortese.  Sono Fatima, buongiorno.
- S-salve, 
 tentò Cecilia.  Vorremmo dei costumi.
- L'avevo capito, sapete? 
 strizzò loro l'occhio e allargò le braccia, come a dire che non aveva altro che vestiti da offrire alla clientela.  Tu, Lisa, da cosa vorresti travestirti? Un procione a quadri, un unicorno arancio, un panda a pois...? No, aspetta, forse sei più tipo da pipistrello rosa con le ali cosparse di brillantini?
Cecilia era esterrefatta, avevo un mucchio di domande da fare a proposito di quella stramba signora: come diamine faceva a sapere il nome della sua amica? Dove diavolo era stato quel negozio negli ultimi vent'anni e, cosa più importante, chi mai poteva comprare un costume da pipistrello rosa pieno di glitter?
Lisa, però, non sembrava altrettanto scossa dall'alone di mistero che attorniava la figura di Fatima; al contrario, si era fatta coinvolgere dal modo di fare disinvolto e non convenzionale della negoziante, che la stava facendo piroettare da un lato all'altro della bottega. Le mostrò con cura tutto ciò che poteva offrirle, a seconda della sua corporatura e dei suoi tratti somatici; la ragazza risolse di affittare un lungo abito verde acqua con dei volants attorno al collo ad abbellire una severa giacca chiusa da cinque bottoni. Dietro la schiena e ai due polsi dei piccoli fiocchetti arricchivano la stoffa, leggermente più chiara sull'ampia gonna, che presentava dei drappeggi appena accennati.
Fatima insisté perché Cecilia ne affittasse una copia quasi identica, azzurra come i suoi occhi, con l'unica variante di un semplice corpetto a vista, sotto un elegante bolero blu. La biondina non ne era molto convinta, ma quando la donna le propose una maschera argentata con un bordino celeste e due farfalle ai lati, non ebbe più dubbi: ciò che più le interessava era far sparire la sua faccia dalla festa, per evitare Niccolò, Gisella, Melissa e l'eventuale presenza di ex compagni di liceo. Non le era chiaro chi altro potesse rimanere 
 viste le scarse conoscenze di Franzoni , ma avrebbe passato tutto il tempo con Gianluca, Carlo e Lisa, perciò non valeva nemmeno la pena di pensare ad altre persone.
Pagarono ciascuna il proprio costume e salutarono educatamente la proprietaria del negozio, prima di voltarle le spalle e raggiungere la porta.
- Riportatemeli prima di mezzanotte, mi raccomando, o rimarrete nude, 
 urlò Fatima dal bancone. Le due ragazze si voltarono verso di lei e si scambiarono un'occhiata perplessa; Lisa, la più razionale delle due, pensò alla tempistica: come avrebbero mai potuto riconsegnare i vestiti puliti e stirati solo un'ora dopo l'inizio della festa? Cecilia, invece, sprofondò nello sconforto, immaginandosi la scena di se stessa nuda di fronte a Niccolò. Beh, non che fosse proprio una fantasia, era più un ricordo; c'era già stata in passato e non era finita bene, perché purtroppo anche qualcun'altra aveva avuto la stessa idea.  Oh, suvvia, sto scherzando!
La signora ridacchiò sotto i baffi, mentre Lisa si sforzava di sorriderle, sistemando gli occhiali che le erano scivolati lungo il naso. Quella Fatima era davvero strana, non c'erano dubbi. Le salutò con un bacio volante e lanciò loro, nel vero senso della parola, un biglietto da visita. Cecilia lo afferrò al volo e lo guardò, mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.


"Sale in zucca"

di Fatima Turchetta
Vicolo della Polvere, 13
Quando c'è il bel tempo, Verona.


Seguiva una piccola miniatura del faccione rotondo della proprietaria, il cappuccio di quello che pareva un mantello lilla in testa e un bel sorriso materno.
Quando c'è il bel tempo? Pensò la ragazza, sempre più perplessa, girando il cartoncino per vedere se anche sull'altro lato ci fossero delle stranezze. Rimase quasi delusa nel constatare che il retro era candido come la neve, intonso. Lo passò all'amica che lo reclamava e ripresero a camminare verso vicolo San Sebastiano per arrivare alla fermata dell'autobus.
- Fa molto 
Ok, il prezzo è giusto la posa della signora, non credi?  commentò Lisa, sghignazzando e restituendole il foglietto. Cecilia fece per cacciarlo in uno scomparto della borsa, ma si raggelò quando vide che nella stampa ora Fatima le stava facendo l'occhiolino, un pollice della mano verso l'alto. Ma non stava sorridendo fino a qualche istante prima? Che c'era ora, la festa di Franzoni le dava pure le allucinazioni?
I vestiti, impacchettati da uno strato di cellophane per preservarli, pesavano una tonnellata ed erano molto più voluminosi di quello che avevano pensato. Le ragazze s'infilarono a fatica dentro il bus ed andarono filate verso casa di Lisa, perché quest'ultima era davvero molto inquieta riguardo l'ultimo problema da affrontare in previsione del party: la questione 
scarpe.
Cecilia non aveva nulla di adatto da indossare sotto un costume da dama ottocentesca e la sua amica di certo non le avrebbe permesso di fare una ricostruzione storica approssimativa, abbinando al pregiato damasco del corpetto ricamato, un paio di ballerine del 2011 grigio metallizzate. Nemmeno le babbucce di Scooby Doo le sarebbero piaciute, probabilmente...
Trascorsero tutto il pomeriggio a passare in rassegna mentalmente ciò che era sistemato e ciò che ancora era da perfezionare. Cecilia passò da casa solo per lavarsi veloce; di recente, meno restava in quell'appartamento da sola, meglio stava. Sua madre non c'era mai, troppo impegnata tra lavori ed amante, e Van Gogh ormai si rifiutava di sorbirsi le sue continue paranoie, rifugiandosi in un angolino dell'acquario. Cosa poteva esserci di peggio di non essere ascoltata da un dannato pesce?
Si fecero i boccoli a vicenda, incastrando i capelli tra le forcine e l'elastico della maschera, perché di certo non correvano il pericolo di volersele togliere. L'unico inconveniente rimaneva ancora la decisione circa le calzature.
- Ho trovato! Saranno perfette per te! 
 strillò dal nulla un'entusiasta Lisa. Aprì due ante del grosso armadio in ciliegio della sua camera e prese a trafficare nella caotica moltitudine di vestiti e accessori.  Eccole! Sei fortunata, a me non vanno più. 
Cecilia guardò la scatola che l'amica le porgeva, pensando che evidentemente non condividevano lo stesso concetto di 
fortuna. Non aveva bisogno di togliere il coperchio per ricordare quale orribile paio di scarpe fossero state accuratamente sistemate all'interno. Due stivaletti color cuoio, alti qualche centimetro sopra la caviglia, stringati, con un insulso tacchetto di due dita. Lisa aveva gridato al miracolo quando li aveva scovati in un mercatino vintage, durante un viaggio a Roma, ma il solo miracolo che aveva visto Cecilia era che qualcuno avesse avuto il coraggio di indossarli. Era proprio un tiro mancino quello che il destino le stava facendo: sarebbe stata lei a calzare quei... cosi, perché di sicuro non avrebbe mai avuto il fegato di dire a Lisa che quelle scarpe erano quanto di più brutto ci fosse al mondo. Non che temesse di ferire i sentimenti dell'amica  non era nemmeno sicura ce li avesse, i sentimenti , ma avrebbe fatto la parte dell'ingrata, considerato come l'altra si fosse prodigata per la riuscita della serata.
- G-grazie, 
 disse quindi, in un tono a metà tra una domanda ed un'affermazione. Cercò di mantenere un sorriso smagliante anche nel momento in cui fu costretta ad aprire la scatola; non era mai stata brava a fingere, però si fece forza e lasciò l'aria schifata ad altre occasioni dove, era certa, non sarebbe stata così condiscendente con il vestiario di Lisa.
Impiegò il maggior tempo possibile ad infilarsi quei dannati scarponcini, crogiolandosi nella magrissima consolazione che li avrebbe utilizzati solo per una sera e, tutto sommato, forse gli altri nemmeno li avrebbero notati, sotto tre strati di stoffa pesante. Purtroppo, Lisa finì di truccarsi alla svelta e la costrinse a sfoggiare gli stivaletti con qualche minuto di anticipo. E ora se ne stavano lì, splendidi nel loro aspetto orripilante – visivo e olfattivo, perché sapevano di pelle vecchia, tattile e persino uditiva, perché scommetteva che quelle suole dell'anteguerra avrebbero cigolato a meraviglia sul pavimento di prezioso marmo di villa Franzoni. In compenso, il vestito le stava discretamente, le metteva in risalto gli occhi e la scollatura, e i capelli sembravano tenere la piega.
Tinky Winky e Dipsy  rispettivamente Gianluca e Carlo  passarono a prenderle con i canonici dieci minuti di ritardo. Erano semplicemente ridicoli in quei costumi da Teletubbies e ciò che più faceva sganasciare le due ragazze era che i due sembravano a perfetto agio, conciati da mostriciattoli.
Lisa impiegò tre secondi esatti per far evaporare Rastrelli dal sedile anteriore, con la scusa del vestito ingombrante e la minaccia di fare di lui
un novello Farinelli. La faccia perplessa del ragazzo la indusse a fornire ulteriori chiarimenti.
- Cielo, dimentico sempre la tua ignoranza. Carlo Broschi, in arte Farinelli, è il più famoso cantante lirico castrato della storia, 
 gracchiò acida, ma l'espressione confusa non sparì dal volto del suo interlocutore.
- Vuoi trasformarmi in un cantante lirico? 
 chiese, ingarbugliato tra i concetti mal spiegati, a suo dire, di Lisa.
Cecilia appoggiò la fronte sul vetro freddo del finestrino e roteò gli occhi: sapeva con certezza che la lentezza di comprendonio dell'uno e l'alterigia dell'altra avrebbero presto portato ad una discussione di ben poco spessore culturale.
- Ti voglio castrare, idiota! 
 sbottò infatti lei, dandogli a fatica uno scappellotto sulla nuca. Finalmente, il concetto chiaro e tondo raggiunse l'unico neurone solitario rimasto ad abitare il cervello di Carlo, che ridusse gli occhi a due fessure e fece correre veloce il criceto per rispondere all'offesa.
- Vai a cagare, saputella del cavolo! 
 sbraitò infine. E la trivialità fu servita.
Lisa, come al solito, non si scompose ed attinse al suo vasto repertorio di curiosità inutili saccheggiate da ogni singola pagina di Wikipedia.
- Martin Lutero ha scritto le 
95 tesi sul water; soffriva di costipazione cronica, poverino. Perciò, mi risulta difficile intendere questa tua frase come un'offesa. Rastrelli... andrà meglio la prossima volta, dai!  lo canzonò. 
Carlo la guardò in tralice e se i suoi occhi avessero potuto ucciderla, lo avrebbero fatto: Lisa sarebbe morta incenerita in un nanosecondo. Fortunatamente per lei, la mole imperiosa di casa Franzoni era comparsa nel campo visivo dei quattro nell'auto, ricordando loro che era arrivata l'ora di scendere e godersi la festa. 
La villa era fastidiosamente opulenta, nell'architettura pretenziosa di stile neoclassico e nell'entrata degna di un palazzo reale. Nel curatissimo giardino, i fiori estivi tardivi e i primi boccioli d'autunno riempivano l'aria di un fresco e delicato profumo. All'interno, l'arredamento era costoso e lussuoso in ogni dettaglio, dal caminetto antico impreziosito da intarsi elaborati, ai quadri d'arte moderna e contemporanea. Era stomachevole l'aura di superiorità intrisa in ogni muro, nel lampadario di cristallo che creava effetti colorati a contrasto con le luci artificiali, nel divano di pelle italiana su cui ci sarebbero state comodamente sdraiate almeno sei famiglie. Ma ormai le due damigelle e i due Teletubbies erano giunti a destinazione, nell'immenso salotto colmo di gente, e il gioco di maschere e costumi stava per iniziare. Non rimaneva che ballare.

Lo so, nessuna traccia di Matteo, ma, già dall'inizio del prossimo capitolo, il protagonista sarà lui.
Preciso una cosa: forse qualcuna storcerà il naso di fronte all'uso di parolacce e situazioni ambigue (che leggere da qui in avanti). È una fiaba, ne sono conscia. Ma è anche una rivisitazione in chiave moderna e i protagonisti sono ragazzi. Perciò, sì, dicono parolacce, oltre a fare 'cose normali', come uscire in compagnia e andare all'università. Trovo più realistico che abbiano anche atteggiamenti 'negativi', piuttosto che proporvi dei personaggi che sono perfetti. Se non è quello che cercate, mi dispiace. Questa è la mia scelta, voi siete liberi di fare la vostra.
Ringrazio Nessie e SunshinePol per l'aiuto con la stesura e il betaggio, IoNarrante per il bellissimo banner e voi che avete letto e recensito.

P.S.Non abituatevi ad aggiornamenti fuori programma: ho idea che questo rimarrà un caso isolato.

 Buona serata, 

S.


   
 
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