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Autore: micRobs    19/02/2012    10 recensioni
Nick/Jeff | One Shot | Slash
La mia primissima Niff, regalo di San Valentino un po' in ritardo! (:
Spero vivamente vi piaccia! è tipo tanto fluff e cose caramellose!
Dal testo: "Jeff non era preparato per aver a che fare con una persona diversa. Lui si era innamorato del Nick che a sei anni mangiava la carta, che quando rientrava più tardi lo aspettava sveglio, del Nick che passava solo a lui i bigliettini durante i compiti in classe e che da quando avevano sette anni si prendeva tutte le colpa al posto suo. Lui si era innamorato del suo migliore amico, non di un estraneo, non di una persona diversa, non di un ragazzo impacciato che cercava di affogare in una brocca d'acqua naturale. Jeff non era pronto per tutto quello e non sapeva come affrontarlo."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Descalimer: I personaggi non mi appartengono, altrimenti Glee sarebbe tipo la versione musical di Queer As Folk e i Warblers sarebbero i personaggi principali. 
Pairing: Nick/Jeff
Note: Niff di San Valentino un pò in ritardo! Ho paura di postarla perchè non ho mai scritto su di loro e non so bene se sia riuscita a caratterizzarli o meno! In ogni caso la rimando al vostro giudizio sperando di non deludervi. Vi devo avvertire che è tipo un fluff without plot perchè questi due mi ispirano tanto zucchero e miele! Tra l'altro, non so voi, ma io devo ancora riprendermi dalla performance di Glad you came e mi sono appena resa conto che il mio iPod ha superato le 70 riproduzioni. I'm going crazy!!!
Un grazie speciale a SereILU che mi ha dato un immenso aiuto nello scriverla e che mi ha suggerito il titolo e a Somo che l'ha letta in anteprima e me l'ha betata al volo: perdonami se troverai qualche virgola sbagliata, sono negata!
 
Edit del 19/04/2012:Avendo recentemente compreso i vari meccanismi che regolano la punteggiatura nei discorsi diretti, sto provvedendo a correggere tutte le mie storie perchè ho scoperto che mi viene l’orticaria al solo pensiero di vedere una virgola sbagliata o una maiuscola fuori posto. Già che c’ero, ho anche rifatto l’html e adesso il testo ha finalmente una grandezza accettabile. Sia ringraziato l’editor di Efp! Tanto per la cronaca, sul mio iPod "Glad you came" è arrivata a qualcosa tipo 230 riproduzioni e ancora non mi sono stancata di ascoltarla xD
 
 
 
 
 

“Chicken wings and loads of water”

 
 
 
La ragazza bionda stava ancora chiacchierando.
Le sue mani gesticolavano più freneticamente, rispetto all'ultima volta che Jeff aveva controllato, e l'argomento della discussione era apparentemente cambiato, ma il punto fondamentale era che quella maledetta ragazza non aveva smesso di parlare neanche per un attimo, neanche per dare al suo interlocutore il tempo di rispondere, o scappare a gambe levate.
Jeff aveva intuito che stesse raccontando alla sua amica i suoi incantevoli ed esaltanti piani per il giorno dopo, ma non ci avrebbe giurato, troppo impegnato com'era a studiare un modo per tapparle definitivamente la bocca piuttosto che a comprendere le motivazioni per le quali essa continuasse a muoversi.
Stava appunto per alzarsi e andare a ficcare un tovagliolo nella sua prolifica cavità orale, quando la voce della cameriera, che gli chiedeva se fossero pronti per ordinare, lo riportò alla realtà.
«Un altro momento ancora, il mio amico è andato un attimo ai servizi» rispose educatamente. 
Lei sorrise comprensiva, allontanandosi e annunciando che sarebbe ripassata dopo.
Jeff la guardò sconsolato, alternando lo sguardo dalla sua schiena ondeggiante al posto vuoto di fronte a lui.
Le cose si erano sviluppate troppo velocemente per poter essere comprese agevolmente e ora Jeff si ritrovava con la testa affollata di pensieri rumorosi e con l'unica persona in grado di dissiparli persa chissà dove nel bagno del locale.
Oltretutto, come se ciò non bastasse, la suddetta persona era l'unica con cui avesse voglia/motivo/bisogno/ragione di condividere le sue preoccupazioni, ma, dal momento che ne era essa stessa la causa, parlargliene era un'idea neanche da prendere in considerazione.
«Ehi» 
Il cuore di Jeff tremò appena, quando la voce di Nick lo sorprese assorto nei suoi pensieri, lo sguardo perso nel vuoto.
«Scusa se ci ho messo tanto» continuò quello.
Jeff sorrise nervoso. «Ma no, figurati. Con tutta l'acqua che hai bevuto...»
Arrossì furiosamente rendendosi conto di cosa avesse appena detto e insinuato.
«No, non era quello che intendevo» cercò di rimediare.
«Stai calmo, Jeff, ho capito» lo tranquillizzò Nick, prendendo posto. «È solo che quando sono nervoso bevo tanto, lo sai» spiegò pratico, distogliendo lo sguardo e giocando distrattamente con una mollica di pane.
«Sì, ma non devi... Cioè, non vi è nulla per cui agitarsi... Insomma, non è la prima volta che usciamo insieme...» balbettò Jeff incoerentemente.
«Hai ragione» cedette l'altro aprendosi in un ampio sorriso, «adesso è tutto diverso però.»
Jeff sperò di aver capito male o, in alternativa, che Nick non fosse stato davvero tanto insensibile da dire una cosa del genere al loro primo appuntamento.
Quello in effetti complicava ulteriormente le cose.
Jeff non era preparato per aver a che fare con una persona diversa. Lui si era innamorato del Nick che a sei anni mangiava la carta, che quando rientrava più tardi lo aspettava sveglio, del Nick che passava solo a lui i bigliettini durante i compiti in classe e che da quando avevano sette anni si prendeva tutte le colpa al posto suo. Lui si era innamorato del suo migliore amico, non di un estraneo, non di una persona diversa, non di un ragazzo impacciato che cercava di affogare in una brocca d'acqua naturale. Jeff non era pronto per tutto quello e non sapeva come affrontarlo.
«Vogliamo ordinare?» Propose l'altro, all'improvviso.
«Sì, insomma... non lo so, come vuoi.»
Ottima idea, Jeff! Entrare, sedersi, guardare il tuo compagno finire due brocche d'acqua e andar via senza ordinare.
Come se quella serata non fosse già abbastanza imbarazzante e disastrosa. 
Quando Nick gli chiese se andasse tutto bene, Jeff desiderò soltanto sotterrarsi o evaporare  − oppure sotterrarsi e poi evaporare lontano da occhi indiscreti −perché era incredibile come stesse davvero andando tutto storto.
Jeff non ci avrebbe mai scommesso un soldo bucato su di loro. Quando aveva realizzato di essersi preso una cotta per il suo migliore amico, aveva subito dato per scontato che fosse una causa persa in partenza e che fosse meglio evitare di fomentare sentimenti non corrisposti per preservare almeno la loro decennale amicizia.
Ma poi, qualche giorno prima, Nick lo aveva abbracciato, fra le sicure mura della loro camera, e gli aveva sussurrato che per lui le cose erano cambiate e che aveva paura di rovinare tutto.
Jeff aveva sorriso, con il cuore traboccante di gioia, rispondendogli che no, non avrebbe mai potuto rovinare nulla.
Almeno fino a quella sera.
Fino che non gli aveva chiesto di uscire alla vigilia di San Valentino, fino a che non aveva riempito un bicchiere dopo l'altro non appena Jeff apriva bocca, fino a che non era scappato in bagno per un tempo incredibilmente lungo, fino a che non gli aveva detto che tra loro adesso era tutto diverso.
 

*°*°*°

 
La cena si era conclusa esattamente come era iniziata. Nick aveva continuato a bere come un assetato nel deserto e Jeff non era riuscito a mettere due parole in croce senza balbettare e dire cose stupide.
Non ci teneva particolarmente, ma era pur sempre il loro primo San Valentino. Non non aveva grosse pretese ma desiderava almeno riuscire a stare un po’ con lui e, magari, a portare a termine una conversazione di senso compiuto, anche senza effusioni e smancerie. Solo loro due, una pizza e un film splatter.
Quando scesero dalla macchina, Nick era silenzioso. Continuava a giocare con il laccetto della felpa, evitando accuratamente di guardare Jeff negli occhi. Quest’ ultimo non sapeva davvero cosa pensare. Era sicuro che se mai avesse dovuto avere un ragazzo, quello sarebbe stato sicuramente Nick. Erano cresciuti insieme, conoscevano tutto l’uno dell’altro e avevano quindi già ampiamente superato la fase del conoscersi/piacersi/capirsi. Era perfetto, erano perfetti. Erano bastati un abbraccio più sentito, un bacio appena accennato all’angolo delle labbra e un paio di parole più intime perché cambiasse tutto. Jeff non era sicuro di volerlo a quelle condizioni. Era innamorato, anche un cieco lo avrebbe capito, ma non avrebbe mai permesso ad un cuore spezzato di buttare al vento una delle cose più importati della sua vita. Se lui e Nick non erano in grado di stare insieme come fidanzati, tanto valeva mettere subito le cose in chiaro ed evitare imbarazzanti ripercussioni sul loro rapporto futuro.
«Nick» esordì Jeff sottovoce, stringendosi nel giubbotto.
L’altro voltò appena la testa verso di lui, mugugnando in segno di assenso.
«Possiamo parlarne?» Continuò, titubante, sperando che Nick comprendesse subito l’argomento in questione.
In tutta risposta, l’altro infilò le mani nelle tasche, volgendo lo sguardo al cielo. «Di cosa dobbiamo parlare, Jeff?» Domandò, serafico.
Jeff si impose di non pensare che erano circa ottantaquattro ore che “stavano insieme” e che erano circa ottantaquattro ore che Nick non lo chiamava Jeffie. Perché doveva essere tutto così maledettamente così difficile?
Era sempre stato Nick quello più risoluto fra i due e Jeff davvero non riusciva a capire le motivazioni che lo avevano spinto a dichiarargli i suoi sentimenti se poi doveva comportarsi come se non gli importasse. Come se non gli importasse dei suoi sentimenti e di spezzargli irrimediabilmente il cuore. Per cosa, poi? Jeff non lo sapeva ma aveva compreso che, se voleva cercare di capirci qualcosa in quella situazione strana, doveva fare una cosa che con Nick non aveva mai avuto bisogno di fare: parlare.
«Nick» ripeté, sicuro, fermandosi sul posto. «Piantala, ti prego.»
L’altro si voltò, arrestandosi e rispondendo semplicemente, «Jeff, è tutto okay?»
Jeff poteva vedere la confusione sul suo volto e ciò gli fece pensare che, probabilmente, Nick davvero non aveva idea di cosa stesse facendo. Nonostante tutto, questo gli fece tanta tenerezza.
«Siamo amici da quanto? Dodici anni?» Chiese, esasperato. Nick annuì impercettibilmente. «Perché dobbiamo comportarci come due ragazzine in piena crisi ormonale?»
«Jeff io…» iniziò l’altro, ma Jeff lo interruppe repentino.
«Se ti sei pentito di quello che è successo» provò, una fermezza nella voce che non sentiva realmente, «di quello che mi hai detto, allora è okay, non c’è problema, Nick, davvero.»
Nick lo osservò, la bocca schiusa e gli occhi visibilmente sorpresi, «Jeff… cos-?»
«Io posso farmene una ragione, non c’è nessun cuore spezzato che una confezione di affogato al caramello non possa curare» sorrise, amaro, un doloroso nodo che legava la bocca dello stomaco «Ma ho realmente bisogno che tu sia chiaro con te stesso e con me.»
Nick annuì, la testa persa in chissà quali pensieri e i denti che mordicchiavano nervosamente un labbro. Jeff non lo aveva mai visto così.
Sospirò e poi, tutto d’un fiato, disse, «vuoi salire in camera con me e comportarti come se io e te fossimo ancora gli stessi idioti di ottantaquattro ore fa? Qualunque cosa tu decida di fare, intendo.»
Nick annuì e sorrise sereno, prima di estrarre il telefono dalla tasca e fissare per un attimo lo schermo, confuso.
«Jeff» mormorò, incerto, «devo… ho una cosa da fare. Ci- ci vediamo sopra.»
Jeff chiuse gli occhi, ingoiando la bruciante delusione. Non voleva neanche sapere cosa vi fosse scritto su quel telefono. Gli bastava sapere che, qualunque cosa fosse, era evidentemente più importante del discorso che stavano affrontando in quel momento.
«Okay» sussurrò, la voce ferma a mascherare le lacrime che gli appannavano la vista. No, non avrebbe pianto. Né per Nick, né per nessun altro. Jeff era forte e, probabilmente, questo Nick ancora non lo aveva compreso. Jeff aveva posto una domanda e quella, a conti fatti, valeva come una risposta. Una risposta piuttosto eloquente.
Si incamminò verso l’imponente entrata dell’Accademia, sordo alla voce del compagno che gli chiedeva di aspettare ma, anzi, accelerando il passo per impedirsi categoricamente di voltarsi e correre da lui.
 

*°*°*°

 
Avrebbe dovuto procurarsi una confezione di gelato, ormai era chiaro. Pensandoci, sarebbe stato piuttosto ridicolo entrare al Supermercato per comprare una vaschetta di gelato a metà febbraio, ma Jeff rifletté che non vi era nessun’altra medicina tanto efficace per una cocente delusione amorosa, così decise che la figuraccia ne valeva la pena.
Anche Nick ne valeva la pena.
Sbuffò, rigirandosi nel letto per l’ennesima volta e fissando, ostinatamente, il muro. Nulla di tutto ciò aveva senso e Jeff non riusciva a farsene una ragione.
«Ma che mi importa» sussurrò, rannicchiandosi sotto le coperte. «Lo ha voluto lui. Che idiota.»
Oltretutto non era ancora rientrato. Ora, se fosse stata una di quelle serate normali, prima delle fatidiche ottantaquattro ore, Jeff avrebbe provato ad aspettarlo sveglio. Si sarebbe messo a leggere o a guardare la TV e poi, con ogni probabilità, si sarebbe addormentato. Nick allora sarebbe rientrato e lo avrebbe trovato con la testa nel libro o, in ogni caso, in una posizione scomodissima. Lo avrebbe svegliato e avrebbero trascorso il resto della notte a parlare della serata di entrambi, fino a poi addormentarsi testa contro testa ovunque si trovassero.
Jeff ricacciò indietro le lacrime che inevitabilmente gli arrivarono agli occhi.
«Sarebbe stato tutto più semplice se non mi fossi innamorato di te» mormorò al vuoto.
Sussultò nell’udire la serratura scattare e la porta aprirsi.
Trattenne il fiato conscio che, da quella posizione, Nick non potesse vederlo in volto. Lo ascoltò chiudere a chiave e togliersi il giubbotto. Sentiva fruscii e rumori che non riusciva a ricondurre a nessuna azione Nick compisse abitualmente. Non sapeva come comportarsi. Temeva che presto il suo cuore lo avrebbe tradito, visto quanto forte batteva, ma non era certo che avesse voglia di far capire a Nick che era sveglio.
Bah, a quanto pare non ce ne era bisogno.
«So che sei sveglio, Jeff» esordì Nick, la sua voce calda, rassicurante e fin troppo vicina al letto del compagno.
Jeff chiuse gli occhi, indeciso se voltarsi oppure fingere di star dormendo e vedere dove Nick volesse arrivare.
«Jeff» continuò l’altro «non dormi mai in questa posizione e il tuo respiro non è regolare. Ti volti, per cortesia?» Domandò, tranquillo.
Jeff arrossì e non poté impedirsi di sorridere al pensiero che Nick lo conosceva così bene e che, magari, lo aveva osservato altre volte mentre dormiva. Non poteva perdere tutto quello.
Si voltò, sistemandosi sotto le coperte e rivolgendo lo sguardo a Nick che, nel frattempo, si era accovacciato accanto al suo letto e ora lo fissava dritto negli occhi.
Il cuore di Jeff mancò un battito, nel ritrovarselo così vicino.
«Ehi» sorrise Nick.
«Ehi» rispose Jeff.
La stanza versava ancora nella semioscurità, ma Jeff non aveva difficoltà a distinguere i lineamenti di Nick e i suoi occhi che brillavano nonostante il buio.
Non sapeva cosa dire, perché, fondamentalmente, lui la sua parte l’aveva già fatta. Nick era a pochi sospiri da lui, le labbra schiuse e lo sguardo perso nel suo. Jeff non lo aveva mai visto così ed era sicuro di ricordare che, in tanti anni di conoscenza, non si era mai sentito così connesso a lui come in quel momento.
Vi era silenzio, vi era solo il respiro accelerato di Nick e il cuore di Jeff che batteva forte.
«Ho fatto un gran casino» mormorò Nick dopo qualche istante.
«Tu fai sempre casini, Nick» gli fece notare l’altro.
«E tu, puntualmente, li risolvi per me.»
Jeff trattenne per un attimo il fiato prima di chiudere gli occhi e sospirare. «Ci sono casini che io non posso sistemarti.»
«E io non ti sto chiedendo di farlo, Jeff.»
Un brivido gli scivolò lungo la schiena quando le dita di Nick si posarono tra i suoi capelli.
«Ti ho davvero dato questa impressione, Jeffie?» Domandò sottovoce.
Jeff non sapeva se sentirsi più emozionato nell’udire Nick chiamarlo nuovamente così, oppure per la sensazione delle sue dita delicate che gli accarezzavano i capelli.
Nick dovette interpretare l’incertezza nel suo sguardo come un invito a spiegarsi, perché proseguì. «Credi davvero che io mi sia pentito?»
Jeff aveva la gola secca e una gran voglia di piangere. La cosa che gli faceva più male non era tanto la domanda che gli aveva posto, ma la risposta che stava, purtroppo, per dargli.
Annuì lentamente, incapace di organizzare i suoi pensieri in una frase di senso compiuto.
Riuscì a scorgere la tristezza e la delusione nello sguardo di Nick e, se possibile, il nodo alla bocca dello stomaco si strinse ulteriormente.
Nick sospirò prima di allontanarsi da Jeff e alzarsi in piedi, tendendogli la mano.
Jeff la osservò titubante prima di scostare le coperte, afferrarla saldamente e posizionarsi di fronte a lui.
L’escursione termica fra la stanza fredda e il letto caldo lo fece rabbrividire appena ma non dovette preoccuparsene più di tanto visto che, prima di riuscire a rendersene conto, si ritrovò avvolto fra le braccia di Nick e schiacciato contro la sua spalla.
Jeff sorrise intenerito nel notare che Nick si era alzato sulle punte per riuscire ad abbracciarlo più agevolmente.
«Stavamo così» sussurrò l’altro, respirando sul suo collo. «Circa ottantaquattro ore fa» aggiunse.
Jeff sgranò gli occhi, il cuore che batteva forte e gli occhi che pizzicavano. Annuì, portando le braccia intorno alle spalle di Nick e stringendosi a lui.
Si odiò appena un po’ per quel piccolo cedimento ma, davvero, aveva bisogno più che mai di sentire che, nonostante tutto, Nick sarebbe rimasto sempre lì con lui.
«Dicevo davvero, Jeffie» riprese, «ogni singola parola» precisò.
«E io ci ho creduto» mormorò Jeff. «Ad ogni singola parola.»
Nick si immobilizzò. Poi, lentamente, si allontanò da Jeff cercando il suo sguardo e posando le mani sui suoi fianchi.
«Ho detto una scemenza prima, so che ci sei rimasto male, ma non intendevo davvero quello. Ero solo nervoso e ho parlato senza pensare ma non volevo darti l’impressione di non importarmene o di aver preso la decisione sbagliata o di avere ripensamenti su di noi.»
Jeff faticava a tenere il passo con la sua voce, tanto che parlava veloce. Avrebbe voluto dirgli che nessuno gli correva dietro e che se continuava a mangiarsi le parole non avrebbe mai capito nulla, ma vedere Nick così imbarazzato e mortificato era uno spettacolo per pochi eletti e Jeff voleva goderselo fino in fondo.
«Io e te non siamo cambiati» affermò risoluto. «Siamo gli stessi due idioti di qualche giorno fa. Solo che adesso siamo idioti insieme
Jeff sorrise, distogliendo lo sguardo imbarazzato.
«E io voglio che le cose rimangano esattamente come sono adesso» continuò Nick.
«Anche io» concordò l’altro, sincero. «Davvero.»
«Voglio che continuiamo a parlare di tutto» iniziò, deciso. «Voglio che continui a lanciarmi le scarpe appresso quando non voglio alzarmi la mattina, voglio che continui a raccontarmi ciò che ti passa per la testa e a prendermi a pugni quando ti prendo in giro, voglio che continui a prendermi in giro e a dirmi che puzzo e che non so ballare. Voglio che continuiamo ad essere noi, Jeffie, e si, sono un idiota, lo so.»
«Si, su questo almeno siamo d’accordo» commentò Jeff.
«Eddai, Jeff, devi per forza avercela con me?»
Jeff finse di pensarci su. «In effetti sì, mi riesce piuttosto bene» rispose poi.
Nick gli diede una botta sulla spalla, poi si allontanò e si avvicinò alla scrivania. «Per fortuna sapevo che avresti risposto così» rispose, afferrando una busta di carta e voltandosi di nuovo con un sorriso a trentadue denti.
Jeff inarcò una sopracciglio, incrociando le braccia al petto e fissandolo scettico. «E questo?» Chiese.
«Jeff, sei uscito dal ristorante con solo un’insalata nello stomaco, so che stai morendo di fame. Wes mi ha accompagnato a comprare qualcosa»
Jeff ignorò con grazia il suo stomaco brontolante. «Se tu non mi avessi fatto passare l’appetito, questo non sarebbe mai accaduto» lo accusò.
L’altro sbuffò, avanzando verso di lui con sguardo scocciato. «Mi permetti almeno di rimediare?» Domandò.
E Jeff davvero non poté impedirsi di aprirsi in un sorriso gioioso e annuire alla dolcezza di Nick.
Ne valeva la pena, lo sapeva.
 

*°*°*°

 
«Sai» esordì Nick leccandosi un dito, «non capisco perché le chiamino alette di pollo.»
Se ne stavano tranquillamente seduti a terra, Jeff a gambe incrociate e Nick spaparanzato come suo solito, la schiena al letto di Jeff e varie porzioni di cibo spazzatura sparpagliate dinanzi a loro.
Jeff lo osservò confuso, prima di afferrare una patatina fritta e portarsela alle labbra «Emm» mugugnò con la bocca piena, «forse perché è esattamente quello che sono?»
«Sei un caprone» lo rimproverò Nick, urtandolo con la spalla. «Nessuno ti ha insegnato che non si parla con la bocca piena?»
Jeff tossì, prendendo un sorso di Coca Cola e mandando giù il boccone. «E a te nessuno ha mai insegnato che se non hai qualcosa di intelligente da dire faresti meglio a tacere?» Lo rimbeccò.
«Ma così tu dovresti stare perennemente zitto, Jeffie caro» gli fece notare.
«Almeno eviterei di dire continuamente puttanate» constatò Jeff. «La mia reputazione ne gioverebbe senz’altro.»
«Quelle le mangi?» Cambiò discorso Nick, indicando la sua porzione di patatine.
«Ovviamente si» rispose Jeff, afferrando la confezione portandosela al petto. «Tu hai la tua.»
«Dov’è finita la condivisione? E poi le mie sono finite!» Piagnucolò Nick.
«Dovevi pensarci prima di strafogarti tutto» rispose, maligno, afferrando sensualmente una patatina e assaporandola con estrema lentezza. «Mmmm, è deliziosa» commentò.
Nick, sgranò gli occhi, bevendo un sorso di acqua e mettendo su un broncio adorabile. «Sei una persona pessima» commentò.
Jeff gli fece una linguaccia, prima di scoppiare a ridere all’espressione di Nick.
«D’accordo» cedette, «ma solo una» chiarì, afferrando una patatina e avvicinandola alle labbra di Nick.
Jeff non sapeva spiegare come ma, in quel momento, accaddero molte contemporaneamente. Nick tornò improvvisamente serio e lui smise all’istante di ridere. Jeff lasciò cadere ciò che aveva in mano e Nick gli afferrò dolcemente il polso.
Non seppero come, ma si resero entrambi conto che il momento era improvvisamente cambiato. Un attimo stavano ridendo e scherzando come sempre, l’attimo dopo si ritrovavano pericolosamente vicini, occhi negli occhi e i battiti accelerati.
Jeff aveva la gola secca e la pelle bruciava là dove Nick lo teneva stretto.
«Le tue labbra sapranno di patatine fritte e Coca Cola?» Sussurrò Nick, avvicinandosi lentamente.
Jeff non pensò che quella fosse una cosa davvero stupida da dire prima di baciare qualcuno. Pensò, semplicemente, che era esattamente nello stile di Nick e che quella era, forse, la dimostrazione più grande che le cose fra di loro non sarebbero mai cambiate.
«E le tue di alette di pollo, immagino» rispose, la voce ridotta ad un mormorio indistinguibile.
Nick sorrise, scuotendo la testa e portando una mano al collo di Jeff senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
«Non era così che volevo farlo, te lo assicuro» lo informò Nick, un sorriso storto ad illuminargli il viso.
«Non avevi messo in conto che ci saremmo ingozzati con una quantità ignobile di cibo spazzatura?» Chiese, Jeff, ridendo.
«No» soffiò Nick sulle sue labbra. «Non avevo messo in conto che avrei desiderato baciarti nonostante le ignobili quantità di cibo spazzatura che abbiamo ingerito.»  
«Questo è davvero stucchevole» commentò Jeff con una smorfia divertita.
Ma ogni ulteriore protesta venne immediatamente messa a tacere dalle labbra di Nick che si posarono, incerte, su quelle di Jeff.
Jeff si era chiesto tante volte come sarebbe stato baciare il suo migliore amico e, ora che finalmente poteva trovare risposta ai suo interrogativi, spense semplicemente il cervello lasciandosi andare a quella spirale di emozioni e sapori che era Nick.
Avvertì le dita dell’altro posizionarsi tra i suoi capelli e il suo corpo avvicinarsi al suo. Le labbra di Nick erano dolci e delicate e assaporavano le sue come se non avessero desiderato fare altro per tutta la vita. Si sistemò meglio contro il letto, permettendo a Nick di accedere più facilmente alla sua bocca e carezzandogli la guancia coperta appena dalla barba.
L’emozione era tanta e l’incertezza forse era anche di più. Jeff non riusciva bene a realizzare che si, Nick era davvero lì e che la sua mano era ancora stretta al suo polso e che il suo corpo era così vicino al suo e che la sua lingua era impacciata e discreta mentre cercava la sua. 
Nick gli posò un bacio all’angolo delle labbra, prima di allontanarsi e cercare subito i suoi occhi.
Il cuore di Jeff perse un battito nello scorgere le sue labbra arrossate e il suo respiro affannato, lo sguardo acceso da una luce meravigliosamente accecante e nuova.  
Riprese fiato, spezzando il silenzio imbarazzato che era sceso tra loro con la prima cosa che gli venne in mente. I silenzi imbarazzati non erano ammessi in quella relazione.
«Pensi che dopo questo inizierò a chiamarti “zuccherino” o “amorino cicci picci”?» Domandò, soffocando una risata all’espressione ancora abbastanza demente di Nick.
«No» mormorò l’altro, riprendendosi improvvisamente e tornando ad avvicinarsi a lui. «Penso solo» mormorò sulle su labbra, «che adesso sarà molto più semplice rubarti le patatine fritte» Ghignò.
Così dicendo, balzò improvvisamente in piedi, stringendo, trionfante, la confezione arancione che fino a poco prima giaceva davanti a Jeff.
«Nick! Maledetto!» Ringhiò Jeff raggiungendolo e cercando di riappropriarsi del suo tesoro.
Nick scoppiò a ridere, aprendo la porta e fiondandosi fuori dalla camera inseguito a ruota da un Jeff furioso ma, comunque, sghignazzante.
 
Qualche porta più in là, uno sconcertato Trent e un gongolante Flint, furono costretti ad accostarsi al muro per evitare di venire investiti da quei due pazzi che correvano a perdifiato.
«Mi devi dieci dollari, caro» gioì Flint, vittorioso.
Trent sbuffò. «Non ci voleva mica in genio a capire che sarebbero finiti insieme» commentò, mettendo mano al portafoglio.
Flint sghignazzò, intascando la vincita e volgendo uno sguardo al corridoio dove i due erano spariti.
«Che idioti» sospirò, compiaciuto.
 
The End.
 
   
 
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