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Autore: DarkAeris    19/02/2012    3 recensioni
Aurora è fidanzata con Ettore da cinque anni, ormai, ed è convinta di amarlo, sebbene il rapporto con il suo ex, Marco, non sia ancora del tutto cristallino. E quando Ettore chiede ad Aurora di sposarlo, i dubbi la divorano, costringendola ad aprire gli occhi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia ambientata dopo la mia "My words just blow away" e durante "Sulle Note di Cat Stevens"
 


I-io... sì.”
Quelle parole le risuonavano nella mente da ore. Ettore giaceva addormentato accanto a lei, con i capelli sciolti sparsi sul cuscino e un braccio muscoloso fuori dalla coperta.
Poche ore prima le aveva chiesto la mano.
La notte era tarda, ma le strade di Roma raramente erano silenziose e il rumore delle auto che passavano sotto la loro casa faceva da sottofondo ai pensieri di Aurora.
Aveva accettato, ovviamente. Perché non avrebbe dovuto? Lei lo amava, no?
Guardando il suo fidanzato – il suo futuro marito – non riusciva a trovare un motivo valido per il quale il suo assenso alla richiesta dell'uomo la facesse sentire così in ansia.
La realtà era che conosceva con precisione la causa della propria paura, era semplicemente troppo codarda per ammetterlo a se stessa.
Si rigirò nel letto, incapace di trovare il sonno che sperava arrivasse. Ma nella sua mente un volto appariva di continuo, privandola della ragione. Perché da quando aveva detto di sì pensava solo a lui? Dopo qualche minuto, si alzò in piedi, afferrò i vestiti che si era tolta prima di coricarsi, e andò in bagno ad indossarli.
Lasciò un biglietto frettoloso ad Ettore, nel caso si fosse svegliato, dicendogli che Silvia l'aveva chiamata per parlare di Davide e lei era corsa a casa dell'amica.
Una bugia: bel modo di iniziare un matrimonio.
Scese di corsa le scale, troppo agitata per aspettare l'ascensore, ed entrò in auto, riprendendo fiato.
Non appena ebbe infilato le chiavi, la radio si accese, facendola sussultare.

You once held me in your arms,
you made me feel so right.1

Cat Stevens.
Mise il piede sull'acceleratore e partì, sfrecciando tra le macchine, infischiandosene dei limiti di velocità, ai quali di solito avrebbe dato tutta la sua attenzione.
Erano cinque anni che non si recava più in quella casa, eppure il suo corpo ce la stava conducendo quasi meccanicamente, come se non avesse aspettato altro durante tutto quel tempo.
Si fermò sotto il palazzo, tentando di calmare il battito feroce del suo cuore, mentre chiudeva l'auto e si recava verso il portone.
Lo trovò aperto e decise di entrare, senza citofonare. Salì le scale, fissando tutti i gradini, chiedendosi ancora cosa ci facesse lì, intimandosi ancora di andarsene subito, illudendosi ancora che avrebbe potuto farlo.
La porta che aveva varcato tante volte anni prima le si presentava davanti ora come l'antro che l'avrebbe portata al passato, come il passaggio verso un futuro dal quale forse non sarebbe più riuscita a tirarsi indietro.
Suonò il campanello, immaginandosi il viso dell'uomo - sicuramente seccato dall'ora tarda – recarsi ad aprirla.
Poi un pensiero le attraversò la mente: e se fosse stato con Michela?
Aurora sgranò gli occhi, pensando di scappare via, maledicendosi per l'egoismo che aveva appena dimostrato nel non pensare a quest'ultima possibilità.
Fece un passo indietro e la porta si aprì.
Gli occhi neri di Marco la attraversarono come la lama di una spada, inchiodandola al suolo.
Mugugnò qualcosa, evidentemente sorpreso nel vederla lì, ma lei non riuscì a capire nulla di quanto disse. Notò solo il suo volto distendersi in un modo strano, per poi sciogliersi in un tranquillo sorriso, che la invitava ad entrare. Dalla bocca di Aurora, non più padrona delle proprie azioni, uscirono sei parole, senza che potesse fermarle.
Ettore mi ha chiesto di sposarlo.
L'aveva detto velocemente, l'aveva vomitato via, come se non potesse tenere la frase dentro di sé ancora a lungo.
Studiò la reazione di Marco, fissando ogni suo movimento, ma lui non si scompose.
Sgranò solo gli occhi un secondo e poi aprì le labbra in un sorriso, esclamando:
Ma cosa gli fai tu agli uomini?!”
Aurora avvertì allo stomaco una fitta violentissima, che quasi le fece perdere l'equilibrio.
Marco stava sorridendo.
Cosa si era aspettata che avrebbe fatto? Che le avrebbe strillato addosso che non poteva sposare Ettore, perché lui la amava?
Sì.
Perché non urli? Dimmi di rimanere, dimmi che è con te il mio posto.
Ma Marco non era più suo, Marco non lo avrebbe fatto, non avrebbe lottato per lei.
Era giusto così, sì.
Accettò l'invito ad accomodarsi sul divano, mentre l'uomo le portava dei biscotti al cioccolato – i preferiti di entrambi – e si sedeva accanto a lei.
Avvertiva le lacrime divorarla dall'interno, mentre rispondeva con sorrisi e risate alle battute di Marco.
Allora...” esclamò Marco, dopo qualche minuto. “Queste nozze! Sei emozionata?”2
Emozionata? Già, perché non lo era stata?
Beh, sì”. Arrossì un po' per la bugia che la svuotava. “Non riesco ancora a crederci...”
Marco le diede un buffetto sulla guancia, regalandole un altro sorriso.
Non si può dire di no ad Ettore, ti capisco!”
Certo, perché avrebbe dovuto dire di no ad Ettore? Lui l'amava ed era un uomo fantastico...
Aurora si spostò una ciocca dietro l’orecchio, gli occhi tristi rivolti al tappeto. Quella domanda le rimbombava nella testa da minuti e la tirò fuori, ancora una volta senza deciderlo davvero:
Secondo te faccio bene?” Quando si accorse di averla detta, aggiunse frettolosamente: “stiamo insieme solo da cinque anni...”. Giusto, erano solo cinque anni, era normale che fosse insicura.
Lui si passò una mano tra i capelli scuri e rispose, tranquillo:
Chiedere a me è il massimo dell’indelicatezza possibile.”
Il cuore di Aurora esplose.
"
Vi amate, no? E cinque anni non mi sembrano neanche pochi".
Era troppo tardi.
Le disse, come se niente fosse, che si era lasciato con Michela, ma continuò a tranquillizzarla sul matrimonio prossimo con Ettore.
Lui non ti ama più, non vedi?3
E perché avrebbe dovuto biasimarlo? Due persone ancora innamorate l'una dell'altra dopo tanto tempo passato lontane? Non era naturale.4
Sorseggiò il vino che le offrì e si abbandonò sulla sua spalla, godendosi almeno la sua vicinanza, sapendo che comunque non avrebbe potuto rinunciare a lui, qualsiasi ruolo avrebbe avuto nella propria vita.
Ho paura...” esclamo dopo qualche secondo.
Marco la guardò, stringendola teneramente a sé. “Non ti chiedo neanche di cosa, è normale.”
Cat Stevens cantava nell'aria, facendo, come sempre, da colonna sonora alla loro vita, provocando un brivido e un' angoscia intollerabile in Aurora.
Lo so, ma...se non fosse lui la persona giusta per me?”
Quanto era patetica. Aveva davvero bisogno che lui le dicesse che non doveva sposarlo per capire che non voleva farlo? Perché non diceva chiaramente a Marco che era una stupida, che non aveva mai capito niente di se stessa?
Lui mormorò qualcosa, ma Aurora non lo sentì, persa tra le sue amarezze e il timore che presto avrebbe dovuto lasciare quella casa e non tornarci mai più. Che presto tutto sarebbe stato finito.
Alzò la testa verso di lui e gli sussurrò, debolmente:
Cos’hai detto?
Che andrà tutto bene, certo che è la persona giusta per te, no?
Ma in quel momento la vide: negli occhi di Marco c'era disperazione.
Lentamente si chinò su di lei e le sfiorò le labbra, timoroso, e d'un tratto tornò tutto com'era una volta, quando i loro corpi non chiedevano altro che essere uniti.
Marco voleva ancora lei, non l'aveva dimenticata.
Delle lacrime rigarono il volto di Aurora, subito baciate dall'uomo che amava, che la strinse al proprio corpo, spogliandola, accarezzandola ed entrando in lei con una delicatezza che spezzava tutte le certezze fasulle che la passione di Ettore aveva costruito in lei.
Marco era lì.


La voce di Manuel nell'altra stanza riempiva l'aria, ma Aurora non stava ascoltando una sola parola.
Ettore aveva invitato Manuel e Davide, per avvertirli del loro ruolo di testimoni dello sposo e i tre stavano amabilmente scherzando.
Lei giaceva a letto da due giorni, fingendo di essere malata.
Era passata una settimana da quella notte con Marco, ma niente era cambiato. Niente.
La mattina dopo lei se ne era andata, pensando che lui le avrebbe detto di rimanere, o che presto sarebbe andato a cercarla, a reclamarla con il suo destriero bianco.
Era così sciocca. Perché viveva in un mondo tutto suo? Perché non tirava fuori la forza necessaria per lasciare Ettore e tornare da Marco?
Non riusciva a darsi pace per questa mancanza, ma, in realtà, con suo sommo disgusto, l'unico pensiero che veramente le invadeva la mente era la paura che, se lei avesse lasciato Ettore, Marco si sarebbe tirato indietro.
Le faceva venire la nausea il suo essere così debole. E si detestava per quello che stava facendo ad Ettore.
Aurora appoggiò la testa sul cuscino, sospirando, continuando a ripetersi che presto glielo avrebbe detto, che presto avrebbe intrapreso la strada giusta, liberando entrambi da un futuro infelice. Si era accorta, ora che i suoi occhi erano aperti, che il suo fidanzato la conosceva meglio di quanto lei stessa potesse dire di sé. Avrebbe capito, sì.
Non si accorse della figura di Ettore, che si chinò su di lei, sedendosi al suo fianco.
Le accarezzò i capelli, facendola sussultare, e, prima che potesse voltarsi verso di lui, lo sentì sussurrare:
Ti amo.”
Aurora rimase immobile, con il viso sul cuscino, mentre l'uomo si alzava e si recava nella stanza accanto, dai suoi due amici.
Un tentativo di reprimere un singhiozzo e un pianto disperato.


La macchina avanzava come a rallentatore.
La Chiesa era vicina, cominciava a vedere le campane, mentre l'autista davanti a lei bofonchiava qualcosa riguardo ai matrimoni felici e di quanto lui nella vita non avesse avuto che dispiaceri.
Aurora, normalmente, lo avrebbe ascoltato e si sarebbe anche dispiaciuta per la sua storia, ma in quel momento l'unica cosa che albergava nella sua mente era un urlo.
Un urlo disperato, agonizzante e infinito. Ma nessuno sembrava sentirlo e lei stessa non faceva che ignorarlo.
L'auto si fermò e l'uomo scese dalla vettura, per andarle ad aprire lo sportello, pronto ad aiutarla con il vestito. Aurora guardò fuori dal finestrino, notando i primi invitati ancora fuori dalla Chiesa, e si stupì del fatto che sembravano allontanarsi man mano.
Si voltò verso l'autista, chiedendosi il motivo dell'improvvisa messa in moto dell'auto, e sgranò gli occhi: Marco.
Mi spiace, principessa, ma ho troppa paura di scontrarmi direttamente con Ettore!”
Era arrivato, il cavaliere era davvero arrivato a salvare la principessa.
Ma quella non era una favola e lei non doveva essere salvata da nessuno, se non da se stessa e dalla sua codardia.
Riportami indietro.”
Perché si era fatto vivo solo adesso? Cosa pensava di poter fare con quel gesto estremo?
L'uomo accostò la macchina, continuando a fissare la strada, non incrociando mai i suoi occhi con quelli di Aurora.
Immagino che non verrai.”
Era piena di risentimento. Aveva sperato così tanto in quel momento, ma ancora non riusciva a capire il perché di quel ritardo. Continuava a ripetersi che per lui forse era solo un gioco tutta quella situazione. Forse voleva unicamente vendicarsi di Ettore.
“Non sposarlo”.
Finalmente la guardò ed Aurora sentì già il proprio orgoglio vacillare.
Dammi un motivo.”
Ti prego...
Ti amo.”
Erano due semplici e stupide parole, ma cosa diavolo avrebbe voluto sapere di più?
Parti – ripeté Aurora, voltandosi verso di lui. – Portami via.5



1: Another Night, Cat Stevens
2: Sulle Note di Cat Stevens - MedusaNoir
3: Non ti amo più, Marco Masini
4: Frase parafrasata da Nobu, Nana
5: Sulle note di Cat Stevens - MedusaNoir
   
 
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