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Autore: Giulietta_3    19/02/2012    3 recensioni
Mi sono sempre chiesta ' E dopo? Cosa sarà successo? ' Bhè ho cercato un po' di interpretare il significato del manga e ho provato ad adattarlo al futuro dei personaggi. Non aspettatevi nulla di eccezionale xD
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
Sorellina, sorella, sorellona.

 
Ero agitato e anche un cretino!
Come cavolo avevo fatto ad invitarla?
Forse mio padre mi aveva messo qualcosa di particolare nei cereali quella mattina.
In quel momento l’unica cosa che pensavo era “Perché cavolo sono qui?”
‘Akito sbrigati! Domani c’è il ballo e ancora non hai comprato il vestito’
Terence, Oh Terence. “Me la pagherai per questo!” pensai.
‘Lo sai che lo faccio per te’ davvero, mi stava prendendo in giro?
‘Smettila di fare la mammina Terence! Piuttosto sceglimene uno e andiamo’ riflettendoci lui era stato veramente come una madre, un padre e un fratello per me.
E poi era arrivata lei…
“Akito non incominciare a pensare a lei, tu sei un duro!”
‘Terence velocemente però!’
‘Senti Aki io non li so i tuoi gusti. Prendine uno a caso e provalo’
‘Posso esservi d’aiuto ragazzi?’una commessa minuta e dagli occhi verdi si era avvicinata a noi.
‘Si grazie, domani è il giorno del ballo e il mio amico non ha ancora il vestito. Può darci qualcosa di semplice ma elegante allo stesso tempo?’ allora li conosceva i miei gusti!! Farabutto … “Me la pagherai damerino”
Dopo un ora di shopping me ne andai.
Quel cretino parlava solo di Aya, Aya e ancora Aya.
“Ho capito sei innamorato ma mi stai davvero scartavetrando le parti basse!!”
Prendemmo appuntamento per il giorno seguente.
Ero un impedito e sarebbe venuto a casa mia ad aiutarmi.
Fino a qualche hanno prima mi sarei vergognato solo di rivolgere la parola ad una ragazza, adesso ne avevo addirittura una e l’amavo davvero.
Ancora non ci eravamo detti “Ti amo” ma almeno per quanto mi riguardava era così palese che sarebbe stato inutile.
Io l’amavo, certo, ma non ero sicuro che per lei fosse la stessa cosa.
Nel senso, lei mi amava ma … mi amava quanto io amavo lei?
La domanda affollava i miei pensieri da tempo ormai.
Io la guardavo e mi chiedevo come la gente in mezzo alla strada non le saltasse addosso, voglio dire Sana era bellissima.
E un’altra domanda ancora più difficile, ancora più tormentosa.
Perché io?
Insomma,non ero particolarmente bello né intelligente, non ero simpatico, ma arrogante e ironico.
Una volta le avevo chiesto ‘Perché me?’ e lei con il suo solito sorriso e gli occhi dolci mi aveva risposto:
“ Perché ti guardo e non c’è nient’altro che vorrei. E’ tutto di te di cui mi sono innamorata.”
Non era una vera e propria risposta ma me la feci bastare.
Infondo l’importante era che stesse con me per sempre.
Ero egoista l’ammetto, ma una cosa a discapito mio l’avrei fatta.
Se lei avesse desiderato allontanarsi da me, l’avrei fatto.
Se avesse preferito un altro, l’avrei capita.
L’unica cosa che contava era la sua felicità.
Appena entrato in casa mi catapultai in camera mia.
Andai a letto presto quella sera come tutte le sere.
Non ero mai stato un tipo particolarmente loquace e quindi non mi intrattenni molto a tavola.
La situazione a casa era molto migliorata ma non si poteva parlare di vera e propria famiglia.
Non fraintendetemi volevo molto bene a mio padre e mia sorella ma io avevo bisogno di qualcosa di più.
Avevo bisogno di un papà, non di un padre.
Avevo bisogno non di Natsumi, ma di mia sorella maggiore.
Non lo avrei mai ammesso, questo era ovvio.
Mio padre era un uomo impegnato, non aveva mai un momento libero, neanche per i suoi figli.
L’unica cosa che mi era rimasta, un unico ricordo del nostro rapporto padre-figlio, quasi assente, erano quei dinosauri posati sul davanzale della mia stanza.
C’era una cosa che non avevo mai detto a nessuno.
Io odiavo i dinosauri.
Quel giorno, mentre passeggiavo con mio padre e vidi un bambino giocare con un pupazzo di dinosauro provai tanta malinconia.
Era probabilmente un regalo dei genitori, un regalo che avevano fatto con il cuore.
Per questo quando ne scorsi uno in una vetrina di un negozio di giocattoli lo desiderai ardentemente.
Non era in realtà il regalo in se ciò che volevo, ma, piuttosto, che mio padre mi dimostrasse il suo affetto.
Poi, quando ormai la situazione stava precipitando in casa, quando ormai non c’era nessun altro posto dove rifugiarmi, andai lì, in quel ricordo dove c’era ancora una parte di me che desiderasse l’affetto del padre.
Mi ero costruito una barriera, di quelle che facevano male.
Quella barriera doveva rimanere perfettamente intatta, se volevo sopravvivere.
Ma quando Sana era nei paraggi tutto diventava più difficile.
Anche solo respirare era un problema.
Per questo iniziai ad odiarla, non perché era allegra, non perché era felice.
L’odiai perché stava distruggendo quel muro dentro di me.
Non dormii molto quella sera.
Ero molto agitato.
Troppi erano i pensieri che mi tenevano sveglio.
Uno dei primi era il ballo.
Non avevo idea di come si ballasse, né di come un vero gentiluomo si dovesse comportare in quelle situazioni.
Mi alzai presto e arrivai fuori casa Kurata dieci minuti prima.
‘Buongiorno Aki’ mi disse raggiante dopo un abbondante ritardo.
‘Buongiorno’ dissi e la baciai.
Era un bacio casto, di quelli che presagivano, almeno per me, una cattiva giornata.
Non avrei potuto baciarla per il resto della giornata.
La feci passare avanti come ogni mattina mentre ballava, saltava e diceva cose pazze per tutto il tragitto.
Era diventata una donna ormai.
I capelli erano lunghissimi e al loro colore rosso si era aggiunto anche il biondo.
Il suo fisico era slanciato, anche se non era altissima e poi le gambe, Oh Dio le sue gambe erano lunghe, snelle e sode.
Tutti l’amavano per la sua simpatia, vitalità e allegria ma non notavano quanto fosse bella.
Volevo chiederle come ci si sentisse ad essere osservata da tutti ma non essere mai vista realmente.
‘Sana posso chiederti una cosa?’ dissi all’improvviso.
‘Certo dimmi’ rispose sorridendo e venendo verso di me.
Tutto ciò che riuscii a dire dopo aver scrutato i suoi occhi fu un chiassoso silenzio.
Come potevo farle una domanda che l’avrebbe ferita in quel modo?
‘Akito?’
‘Quanto ti è cresciuto il seno?’ ero nei guai, “Ti prego Dio fa che non l’abbia detto davvero!”
AKITO!!!!’ mi diede uno schiaffo.
L’avevo detto sul serio.
La mattinata, dopo quell’episodio, passò tranquilla.
Sana era andata via e io non l’avevo rincorsa.
Avevo troppe cose per la testa.
Al ritorno non si era fatta vedere.
Arrivato a casa mi sorpresi trovando mia sorella intenta a cucinare.
‘Nazumi che ci fai qui?’
‘Oggi sono uscita prima dall’università. Terence mi ha detto che questa sera ci sarà il ballo giusto?’
Avevo già accennato al fatto che l’avrei ucciso?
‘Purtroppo…’
‘Vuoi una mano?’disse in imbarazzo.
Ero sconcertato.
Non mi avevo mai chiesto una cosa del genere, neanche quando facevo i compiti.
Rispetto a mio padre, Nazumi aveva tutte le sue ragioni.
Anche lei era cresciuta senza una figura materna, anche lei era rimasta sola.
Non le avevo mai fatto una colpa il suo odio verso di me.
Anche io mi odiavo.
Anche se molte volte mi aveva dimostrato molto più affetto di quanto facesse trasparire dai suoi modi.
Quando ero piccolo avevo il terrore del buio.
Così mio padre ogni notte fino all’età di cinque anni veniva in camera mia e mi cantava una ninna nanna che la mamma cantava a Nazumi prima di addormentarsi.
Dopo però mi disse che avevo un’età tale che la mia paura del buio doveva cessare.
Ero diventato grande!
Ma diciamoci la verità, quale bambino a sei anni non ha paura del buio?
Così ogni notte cercavo di cantarmi la canzoncina da solo.
Ma non funzionava, non aveva alcun senso in quel modo.
Imparai a dominare la mia paura, quella del buio e quella della solitudine ma era in realtà tutta una menzogna.
Una volta nel cuore della notte mi svegliai e sentii Nazumi dalla sua stanza (affianco alla mia) cantare la ninna nanna appoggiata al muro.
Era grazie alla sua voce che mi addormentavo ogni notte.
E fu proprio per quel motivo che in quel momento non le risposi “Grazie ma non ho bisogno del tuo aiuto”
Infondo in qualcosa sarebbe stata utile…
‘Ecco … mi potresti insegnare a … ballare?’ mi sentivo ridicolo, mi aspettavo risate e sguardi di scherno.
Tutto ciò che ricevetti invece fu un tenero abbraccio.
Mi insegnò i passi di base e iniziammo a volteggiare intorno al divano.
All’inizio ero una frana, ma alla fine avevo imparato i passi necessari per non pestare i piedi a nessuno.
Alle sette arrivò Terence e ci iniziammo a preparare.
Odiavo vestirmi da pinguino, mi dava l’idea di… UN PINGUINO ecco!
Dovevo ammettere però che non il vestito mi vestiva a pennello.
Era un completo semplice nero con camicia bianca, portava anche un papillon ma mi rifiutai categoricamente di indossarlo.
‘Come sto?’ mi chiese speranzoso Terence.
‘Non sei male, ma sembri un pinguino!’ iniziammo a ridere.
Era forse da un ora che continuavo ad evidenziare il fatto che sembravamo pinguini.
Scendemmo le scale lentamente, eravamo in orario.
Ai piedi delle scale c’era mia sorella che scattò una foto a tradimento.
‘Siete bellissimi ragazzi’ disse quasi in lacrime.
‘Ti prego non sono momenti in cui fare ironia questi!’ risposi stizzito.
Fu in quel momento che capii.
Non so per quale motivo, forse per il tono dolce della voce o il suo sguardo orgoglioso.
Finalmente capii.
Lei per me non era mai stata solo Nazumi.
Era sempre stata la mia sorella maggiore, la mia sorellina nei momenti brutti.
Anche quando non me lo meritavo, anche quando mi odiava.
Così prima di uscire la chiamai sul ciglio della porta.
‘Sorellona?’
‘Si’
‘Ti voglio bene’
E chiusi la porta.

Salve ragazzi!! ^_^
Scusate l'attesa ma c'erano alcuni punti che ho voluto rivedere.
Il capitolo dovrei postarlo più o meno verso il 27.
Spero che vi piaccia : D Fatemi sapere se potete.
Come si dice ' MAI PER COMANDo xD'
A presto XOXO. 
  
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